Ancora ventiquattr’ore. Ci si era lasciati così lunedì scorso, con il fiato sospeso. Ci ritroviamo così di giovedì, con lo sguardo curioso. Il senso di Juve-Atletico è proprio nei sensi, osservate come scorrerà veloce la giornata calcistica – ovvero la vostra giornata – e come il dibattito circa la prossima avversaria si trasformerà molto presto in un’occhiata lunga sull’intero percorso verso il 1 giugno. Un po’ grazie al nuovo tabellone tennistico che renderà il sorteggio oggetto d’analisi paranormali, un po’ tanto perché il passaggio del turno è avvenuto come sappiamo. Cioè con un crescendo, con un assoluto protagonista, con qualcosa che lo juventino del calcio postmoderno aveva soltanto vissuto da spettatore (dis)interessato. Sono giornate così, queste. Fluide, lievi, che non importa se devi prodigarti con la lavastoviglie o rispondere alla telefonata del padrone di casa; non disturba neanche il trillo del postino (che non è mai un buon segno, se c’è da firmare di giovedì) o il cane del vicino. E, davvero, garantito, non è perché la primavera è arrivata in largo anticipo.
Siamo curiosi, ma non abbiamo neanche fretta di sapere. Si galleggia. Si filosofeggia. Ci sente più alti, più forti, più giovani e se possibile più juventini. Escatologicamente non sussiste alcuna differenza tra Cristo e l’Anticristo, quindi continuiamo pure nell’universo-calcio a perderci nella dicotomia Ronaldo-Messi perché siamo figli o nipoti del nostro tempo, ma teniamo conto di ciò che per definizione ha a che fare “con problemi che riguardano o prospettano soluzioni molto lontane nel tempo, o addirittura irraggiungibili”. A meno che non la si voglia guardare dal lato della possibile sparigliata decisiva nel computo dei Palloni d’Oro.
Ma andiamo al sodo. Circa il sorteggio esprimo un ragionamento in assoluto, ma pur sempre soggettivo; non quindi su chi sia meglio pescare perché sulla carta se non è un nome è l’altro. Non avrebbe neppure senso scriverci, ma soltanto giocarsela. Porto, Ajax e Tottenham in questo ordine dal basso, tre modi diversi comunque di esprimere calcio, ma tutte squadre attaccabili sul campo anche a fronte dei pericoli che porterebbero rispettivamente attraverso la mentalità, l’entusiasmo e i picchi di alcuni singoli. Proprio il Barcellona di Messi – in assoluto, in assoluto, ripeto in assoluto – è la prima squadra che eviterei in gara secca, condizione nella quale mi farebbe certamente meno effetto il Manchester City di Guardiola. Non ho un pensiero invece compiuto sul Liverpool (nella vita non bisogna per forza avere un pensiero, una sentenza, su tutto), chiaramente possibile avversaria di prima fascia sulla quale, capitasse, mi lascerei trasportare dall’istinto quotidiano del conto alla rovescia. Non vedo l’ora.
Luca Momblano.