30 secondi di Joya!!!

Dybala risolve la sfida con la Lazio nell’ultimo minuto di gioco con una prodezza straordinaria

SPAZI CHIUSI

All’Olimpico Allegri rispolvera il 3-5-2 e rilancia Dybala dal primo minuto al fianco di Mandzukic. Con gli schieramenti delle due squadre praticamente speculari, il centrocampo è a dir poco intasato, ma, una volta superato “il traffico”, si può provare ad accelerare il gioco negli ultimi venticinque metri e a puntare l’area. Un altra soluzione sono ovviamente i calci piazzati, come quello di Pjanic che permette a Mandzukic di colpire di testa a due passi dalla porta, mettendo però sopra la traversa. La Lazio manovra bene, sfrutta l’ampiezza del campo e ha la qualità per eludere le marcature con il palleggio. Al 20′ si rende anche pericolosa con Milinkovic-Savic che, pescato in area da Luis Alberto, schiaccia di testa, trovando Buffon piazzato. Il portiere bianconero deve anche intervenire per deviare in angolo una sventola dal limite di Immobile, sempre insidioso quando parte dalla sinistra e trova lo spazio per accentrarsi. Intorno alla mezz’ora Allegri cambia, passando alla difesa a quattro e alzando Lichtsteiner sulla linea degli attaccanti. Così la Juve riesce a dare più continuità al proprio gioco, anche se gli spazi a disposizione sono a dir poco limitati e, fino all’intervallo non si vede altro che un destro di Khedira, deviato in angolo.

ERRORI E DIFESE

Non offre certo di più l’avvio di ripresa, in cui entrambe le squadre commettono errori in serie e sembrano più attente a non scoprirsi che a costruire gioco. Al 12′ Allegri richiama Lichtsteiner e manda in campo Douglas Costa e la Juve alza il baricentro, ma di fronte ha sempre un muro di maglie biancocelesti, perché Inzaghi tiene tutti i suoi uomini dietro la linea del pallone, puntando esclusivamente sul contropiede. L’altra mossa è Alex Sandro al posto di Mandzukic, per cercare maggiore velocità sulle fasce, e la Juve prende pieno possesso del campo, ma c’è sempre un errore di troppo, o una chiusura tempestiva dei padroni di casa, a impedire ai bianconeri di arrivare in porta.

30 SECONDI DI JOYA

La partita si trascina così senza un’emozione, senza un sussulto, senza un’azione degna di questo nome fino a 30 secondi dalla fine. Già, altri 30 secondi e sarebbe terminata con uno 0-0 che definire noioso sarebbe stato un eufemismo. Ma quando si ha in squadra uno come Paulo Dybala, in 30 secondi possono accadere una marea di cose, 30 secondi possono essere un’eternità. Alla Joya bastano per agganciare il pallone al limite dell’area, infilare un tunnel a Luizx Felipe, resistere alla carica di Parolo che lo sotterra letteralmente e, cadendo, piazzare il pallone sotto l’incrocio. Per 30 secondi così, valeva la pena aspettare…

LAZIO-JUVENTUS 0-1

RETI: Dybala 48′ st

LAZIO

Strakosha; Luiz Felipe, De Vrij, Radu; Lulic (45′ st Murgia), Parolo, Leiva, Milinkovic-Savic, Lukaku; Luis Alberto (25′ st Felipe Anderson); Immobile (34′ st Caicedo)
A disposizione: Guerrieri, Vargic, Wallace, Bruno Jordao, Patric, Bastos, Crecco, Nani

Allenatore: S. Inzaghi

JUVENTUS
Buffon: Barzagli, Benatia, Rugani; Lichtsteiner (12′ st Douglas Costa), Khedira, Pjanic, Matuidi, Asamoah; Dybala (50′ st Chiellini), Mandzukic (27′ st Alex Sandro)
A disposizione: Szczesny, Del Favero, Howedes,  Sturaro, Marchisio, Bentancur
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Banti
ASSISTENTI: Costanzo, Vuoto
QUARTO UFFICIALE: Damato
VAR: Irrati, Peretti

AMMONITI: 27′ pt Luis Alberto, 30′ pt Luiz Felipe, 48′ pt Lichtsteiner, 30′ st Alex Sandro, 43′ st Lulic

Quel sabato in cui il destino (mi) chiamò e gli rispose Dybala

Qualche giorno fa, nel commentare la fallacia della strategia comunicativa della Juventus in relazione al “caso Tare” (ottimo Francesco Alessandrella qui), in uno dei tanti, troppi gruppi WhatsApp, il mio amico Francesco mi ha chiesto “Ma c’è una cosa di questa squadra che ti vada bene?”. Sul momento, riavvolgendo velocemente il nastro di una stagione molto più complessa del previsto, mi è venuto da rispondergli di no, ma ho sbagliato. Avrei dovuto dirgli che trovo ammirevole, al limite del commovente e al netto delle criticità endemiche che stanno funestando il 2017/2018 in bianco e nero, il modo in cui la Juventus si sta opponendo a un destino apparentemente già scritto. Perché se da un lato sono fermamente convinto che nello sport ad alti livelli il margine in cui fortuna e sfortuna incidono si sta riducendo sempre di più, dall’altro non riesco a non ignorare quando il destino (mi) lancia certi segnali inequivocabili. Non necessariamente quelli connessi al numero di infortuni o al modo di approcciare le partite. o agli incroci di un campionato in cui anche un 2-2 a Bergamo o uno 0-0 interno con l’inter di tre mesi fa rischiano di fare tutta la differenza del mondo.

Come quelli di oggi. Mi trovavo a Londra quando è iniziato il nostro campionato con il Cagliari, mi trovo a Londra oggi quando il nostro campionato potrebbe finire e non solo metaforicamente. Il tempo è grigio (sai che novità, Londra è grigia 320 giorni l’anno), il volo è in ritardo, l’autobus che dall’aeroporto mi deve portare a Victoria pure e mi stupisco della serenità con cui abbraccio l’ipotesi di non potermi vedere la partita, nemmeno in steaming. E mentre sui tanti troppi gruppi WhatsApp di cui sopra rimbalza la notizia del 3-5-2 con Douglas Costa e Alex Sandro in panchina, il mio sguardo fuori dal finestrino incrocia quello di una vecchia signora che inciampa sul marciapiede di fronte: “bene – mi dico – come presagio non c’è male”. Contrariamente alle mie previsioni (tenete aperta quest’icona che tornerà utile) arriverei anche in tempo a casa per accendere il computer e trovare uno streaming decente: invece il diabolico strumento del demonio non collabora e sono costretto a ripiegare su Radio Rai.

Come al solito, quando manca Francesco Repice, cerco di immaginarmi una gara alla cieca. Cerco il conforto dei compagni di chat, chiedendo lumi, provando a informarmi se stiamo davvero giocando così male, se davvero l’encefalogramma è così piatto come sto ascoltando attraverso quelle cuffiette che sono diventate una prigione dalla quale vorrei scappare. E, con il passare dei minuti, una lucida rassegnazione, mista a una calma che non saprei definire quanto di facciata, mi assale: comincio a pensare che doveva andare così, che bisognerà ripartire, imparare dalla lezione ricevuta, che si poteva e doveva fare di più sotto parecchi punti di vista. Concetti che immagino come ordinare in questo pezzo che state leggendo, mentre al minuto 92 e ad uno dalla fine salta anche il segnale radio. Vabbè a quel punto cosa importa. Mi alzo, faccio per prendere il pc, vedo il cellulare che vibra a ripetizione. E capisco: Paulo Dybala aveva deciso che non doveva essere oggi. Che non doveva essere così. Che il destino doveva aspettare ancora un po’.

Claudio Pellecchia.

Lazio-Juve 0-1: niente paura ci pensa la Joya ci han detto così

dybala

Quant’è brutta la Juventus, quant’è soporifera questa Juve, quant’è poco attraente la Vecchia Signora: tutto vero, ma quanto carattere c’ha, anche, questa squadra? E’ vero che si aspettava con ansia la “Juve di marzo”, sicuramente non sarà questa la creatura immaginata e tanto citata da mister Allegri nelle scorse settimane, ma questa vittoria rischia di pesare clamorosamente sul corso di tutto il resto della stagione: ed è poesia pura che sia Paulo Dybala a firmarla con una giocata alla Dybala. Una partita in difficoltà la sua, a tratti irritante, ma poi quella giocata che ripaga tutto sgusciando fra i difensori avversari e piazzandola all’incrocio opposto.

Allegri l’aveva preparata per non rischiare, il ritorno al 3-5-2 si spiega abbastanza facilmente così, il campo della Lazio non è sicuramente fra i più semplici della lega, e l’infermeria piena consigliava prudenza: missione compiuta in fin dei conti, anche perché Buffon, al netto di qualche intervento da ordinaria amministrazione, non ha dovuto compiere chissà quale miracolo. Anzi.

Le note stonate, però, non possono restare inascoltate: mettiamo da parte la solida prestazione difensiva, per il resto poco altro. Centrocampo poco propositivo con Pjanic a predicare nel deserto in mezzo al solito (…) Khedira e al pasticcione Matuidi, da crampi agli occhi la posizione di Lichtsteiner, inutile sparare sulla croce rossa sottolineando l’ennesima prestazione così così in fase offensiva di Mandzukic, stasera abbastanza in difficoltà anche fisicamente.

Adesso, però, serata relax con Napoli-Roma, ma occhi aperti che la trasferta di Wembley si avvicina: c’è da continuare una storia maledetta, una storia a cui cancellare quella parola successiva. Maledizione!

Fabio Giambò.

 

 

27a Serie A: Lazio-Juventus 0-1

di Kareem Bianchi


La Juventus vince una partita fondamentale in ottica scudetto grazie a una giocata di Dybala all’ultimo secondo. Fino alla fine, sì, ma con diverse difficoltà.


“Nella gara con la Lazio bisognerà venir fuori con un risultato positivo. Dobbiamo mettere in campo la miglior formazione per la partita.” Massimiliano Allegri presenta così la sfida in quel di Roma, la penultima partita di una serie di gare giocate fuori casa. Ormai si sa, la corsa verso lo Scudetto è una maratona a due: tra Napoli e Juventus. Ogni passo falso può risultare decisivo e dunque bisogna affrontare ogni partita come fosse una finale. La Lazio, reduce da un’eliminazione in Coppa Italia ai danni del Milan, dopo un periodo in cui sembrava fosse in ripresa, ha dato l’impressione di essere in calo fisiologico, peccando in brillantezza e lucidità.
La Juventus si presenta a Roma con un undici insolito, che lascia presagire un approccio alla gara conservativo, volto ad annullare i punti di forza degli avversari per gran parte della partita, per poi andare all’assalto nell’ultimo quarto di gara. Lo schieramento bianconero recita un 3-5- 2 composto da: Buffon in porta, salvaguardato dalla retroguardia formata da Lichtsteiner, Barzagli, Benatia, Rugani e Asamoah; il trio di centrocampo legge Khedira e Matuidi mezz’ali con Pjanić in cabina di regia; in attacco torna dopo più di un anno il duo Mandžukić-Dybala.
La Lazio scende in campo anch’essa con il suo consueto 3-5- 1-1 (o 3-4- 2-1, che dir si voglia): Strakosha a difesa dei pali, schermato da Luis Felipe, De Vrij e Radu, Lulić, Parolo, Leiva, Milinković-Savić e Lukaku a centrocampo e Luis Alberto alle spalle di Immobile.

Le difficoltà in costruzione riscontrate dalla Juventus

La sorprendente scelta di Allegri di schierare una difesa a tre aveva l’obiettivo di negare profondità ad Immobile e di difendere le transizioni negative con maggior copertura, oltre a poter uscire con aggressività sulle ricezioni negli half-space di Savić e Luis Alberto. L’inizio gara vede una Lazio contenta di aspettare gli ospiti, disposta in un 5-3- 2 volto alla copertura del centro cercando di convogliare il possesso bianconero verso le fasce; qui gli esterni biancocelesti uscivano aggressivamente sulle ricezioni di Asamoah e Khedira (il quale si allargava con Lichtsteiner che era praticamente in posizione di ala destra). Inoltre le mezz’ali laziali si alzavano sui centrali laterali ospiti ogniqualvolta entravano in possesso e Pjanić veniva marcato a uomo da Luis Alberto. Questi aggiustamenti sull’uomo e, in generale, lo schieramento dei padroni di casa hanno causato non poca difficoltà alla manovra juventina, che ha gestito un possesso perimetrale senza riuscire a trovare sbocchi in avanti.

Gli aggiustamenti sull’uomo della Lazio

 

Una soluzione iniziale ai problemi in costruzione sono state le combinazioni sulle fasce tra terzino, mezz’ala
e mediano. Data l’aggressività sull’uomo dei giocatori della Lazio, la Juventus è riuscita a manipolare le uscite degli avversari per creare spazio alle spalle dell’ultimo difensore (il centrale del lato palla uscito sulla mezz’ala) e andare al cross. Da questa situazione è nata infatti una potenziale occasione pericolosa con Lucas Leiva che ha atterrato Dybala in area di rigore.

 

Con le combinazioni tra la catena laterale di sinistra la Juventus arriva in area di rigore

Va detto, però, che questa trama di gioco non è stata ricercata con continuità e per gran parte del primo tempo la Juventus ha continuato a spostare la palla da un lato all’altro senza creare alcuna superiorità o aprire linee di passaggio. Complice anche una lentezza nel giro palla ed errori tecnici banali.

Le transizioni della Lazio

La squadra di Inzaghi è una delle più pericolose in Serie A nelle transizioni, aspetto sottolineato dallo stesso Allegri in conferenza stampa. La compattezza del blocco medio della Lazio permette di intercettare con relativa facilità i passaggi in verticale e l’aggressività con cui i giocatori biancocelesti escono sull’uomo, permette di recuperare palla in posizioni favorevoli per le ripartenze. Contro la Juventus, la miglior difesa in Serie A, la Lazio non è riuscita a trovare le sue solite combinazioni tra le linee in fase di attacco posizionale scontrandosi contro il muro bianconero, maggiormente rassodato dalla presenza di 5 giocatori sull’ultima linea, di cui tre centrali che uscivano sull’uomo in possesso con aggressività.

Il 5-3- 2 della Juventus; da notare la compattezza verticale tra la prima e seconda linea

Uno dei giocatori più importanti nella manovra della Lazio, se non il più importante è Lucas Leiva. Il brasiliano ha la responsabilità di ricevere dai centrali difensivi e collegare il centrocampo con l’attacco, innescando le combinazioni tra i giocatori più creativi della squadra. Allegri ha riconosciuto la sua importanza all’interno dei meccanismi della Lazio e ha quindi chiesto alle prime due linee di rimanere strette tra loro, in modo da schermare la ricezione di Leiva. La tendenza nel difendere in avanti di Khedira ha però aperto delle linee di passaggio sfruttate dalla Lazio per far avanzare il possesso. Il tedesco saliva spesso in pressione su Radu sguarnendo l’half-space di destra e costringendo Pjanić e Matuidi a difendere molto campo orizzontalmente. Questa situazione si è ripetuta diverse volte, rischiando di mandare a monte un piano difensivo altrimenti quasi perfetto ma, le letture perfette all’interno di prestazioni notevoli dei centrali difensivi hanno rimediato agli errori di Khedira.

Khedira sale su Radu e apre una linea di passaggio verso Savić

Il passaggio al 4-3- 3

Intorno al trentesimo minuto, la Juventus è passata al solito 4-3- 3, con Lichtsteiner in posizione di ala destra, Mandzukić a sinistra e Dybala centravanti. La nuova disposizione ha reso più efficace il giro palla bianconero e, con due uomini in fascia, ha facilitato la risalita del campo mediante le catene laterali. La risposta della Lazio è stata di alzare il pressing aprendo però una linea di passaggio da Rugani per Mandzukić, dato che Parolo non copriva l’half-space durante la pressione sul centrale azzurro. La Juventus nei primi dieci minuti del secondo tempo è riuscita a trovare con continuità le ali negli spazi di mezzo, invitando la pressione e verticalizzando immediatamente. Per massimizzare la superiorità posizionale creata, Allegri ha sostituito Lichtsteiner con Douglas Costa, il quale ha aggiunto maggiore qualità e velocità. L’ingresso verso la fine di Alex Sandro per un Mandzukić spento è stato un chiaro tentativo del tecnico livornese di vincere la partita dopo aver gestito gran parte della gara.

Conclusione
La fortuna aiuta gli audaci e, come in altre occasioni la Juventus ha vinto dopo una performance opaca grazie al colpo di un campione, in questo caso Dybala. Non vanno però ignorati i segnali negativi, soprattutto in vista Champions. La Juventus mostra ancora grandi difficoltà in palleggio e nel risalire il campo contro squadre ben disposte e che effettuano un pressing aggressivo e organizzato. Questo, oltre alla sensazione che come organizzazione difensiva la Juve non sia più la corazzata di una volta e che basta una squadra abile nel palleggio a disordinare lo schieramento bianconero. Finora le eccezionali prestazioni individuali dei centrali difensivi hanno nascosto alcune pecche nel posizionamento dei centrocampisti – Khedira, in particolare – ma chissà cosa potrebbe succedere se il rendimento dovesse calare.  Segnali tutt’altro che promettenti, che già mercoledì potrebbero costare caro.