Novanta minuti, proprio come una partita di calcio, per raccontare la sua Juve, i trionfi conseguiti e quelli ancora da inseguire, e soprattutto la sua visione del presente e del futuro del calcio. Il Presidente Andrea Agnelli è stato protagonista oggi di un inedito botta e risposta su Sky Sport e ha risposto per un’ora e mezza alle domande di dieci intervistatori. “90 minuti con…#Agnelli risponde”: questo il titolo del format che ha visto il Presidente affrontare i temi più disparati. Eccone alcuni.
Gestire la Juve
«Gestire la Juventus nell’ultimo decennio è profondamente diverso, rispetto anche solo ai primi anni ’90. Oggi siamo una grande società, con un fatturato di circa 350 milioni e circa 700 dipendenti. La nostra non è più una dimensione ludica, ma quella di una grande azienda, in uno dei pochi settori al momento in espansione. Negli ultimi sei anni, siamo passati da una perdita di 90 milioni, all’equilibrio finanziario e i piani triennali approvati sono sempre stati rispettati. La società è bene impostata per reggere le sfide dei prossimi due, tre anni, poi si dovrà capire cosa accadrà nel calcio italiano ed europeo».
Lo sviluppo del calcio
«Dobbiamo capire qual è il nostro modello, quale dev’essere la mission della serie A e stilare un piano per rimanere competitivi a livello internazionale.
Nell’ultimo consiglio di Lega abbiamo discusso per un’ora sul Boxing Day, arrivando poi a stabilire di fissarne uno solo tra due anni, anche se, durante le festività, gli stadi sarebbero pieni. In quel contesto mi sono sentito dire che sono abituato a innovare, mentre in Italia dobbiamo proteggere. Ecco, dobbiamo eliminare questo principio, perché in questo momento abbiamo poco da proteggere molto da innovare.
Il 2006 è stato un momento di grande discontinuità per il calcio italiano, dopo il quale abbiamo iniziato a perdere terreno rispetto agli altri campionati. Per le società italiane ora competere a livello internazionale è più difficile e non solo per i fatturati, ma per i modelli di sviluppo e la programmazione nel medio, lungo periodo. Se penso alla Spagna o all’Inghilterra, noto che le squadre storiche per eccellenza sono il Real Madrid e il Manchester United, eppure guardo ill Barcellona, o il Chelsea che sono diventati dei fenomeni globali, sfruttando magnificamente gli ultimi 10, 15 anni, arrivando in ogni casa del mondo con un semplice click. Questo ha permesso di monetizzare attività come il merchandising, o gli abbonamenti digitali e non sono solo ed esclusivamente il botteghino o la pay per view».
L’ultima stagione
«Abbiamo iniziato e finito la stagione alzando un trofeo: prima la Supercoppa in Cina, poi la Coppa Italia a Roma. Questa è stata la parte migliore. Quella più difficile è stata la gestione da inizio settembre a novembre. Un periodo sfidante, che ci ha dato la conferma di quanto l’unione di intenti possa fare la differenza. La rosa di quest’anno era probabilmente la più completa degli ultimi sei anni e anche se sapevamo ci sarebbe stato bisogno di un periodo di rodaggio, non pensavamo fosse così lungo. Da contraltare abbiamo poi centrato un filotto straordinario di vittorie, che ha bilanciato la media punti».
Il suo contributo ai successi
«La mia attività è saper scegliere le persone, con una distribuzione di deleghe e responsabilità. Ho la fortuna di avere un gruppo dirigente straordinario, giovane e se dovessimo rimanere insieme i prossimi cinque anni, diventeremmo davvero i migliori in Europa».
Il rapporto con Marchionne
«Sergio è una persona con cui mi piace dialogare, ha grande esperienza, competenza e cultura. Confrontarmi con lui ogni mese mi arricchisce e aiuta moltissimo»
La Famiglia e Torino
«Sono molte le cose che legano la mia famiglia a Torino. Intanto la residenza, mia e di mio cugino John. Se pensiamo ai grandi investimenti che sono stati fatti negli ultimi anni in città, dobbiamo pensare allo stadio della Juventus e alla fabbrica della Maserati a Grugliasco. La sede civile di FCA oggi è in Olanda, ma Torino è uno dei quattro centri direzionali, quello per l’Europa e l’Africa, e quindi è assolutamente centrale. E poi, al di là degli investimenti, rimane il grandissimo affetto per la città».
I due quinquenni e lo stile Juve
«Mio nonno ha tracciato la via, ora siamo molto felici di averlo eguagliato. Il fatto che la figlia (Maria Sole Agnelli N.d.R.), che aveva visto il primo quinquennio, abbia portato al Museo il trofeo del secondo quinquennio, ha trasmesso il senso del tempo, la continuità, la tradizione e, in fondo, lo stile Juve. In effetti non so esattamente cosa sia lo stile Juventus, è qualcosa che gli altri hanno detto di noi. Lo stile Juventus è vincere».