Tutto quello che c’è da sapere di quel poco che possiamo sapere
Il “caso” Allegri vs Bonucci non lascia indifferente nessuno.
Titilla le fantasie degli avversari (di campo e non) in piena sindrome da gruppo di ascolto di “Anche i ricchi piangono” che spalancano gli occhi sentendo spifferi che vengono da portoni solitamente serrati.
Dall’altra parte l’incredulità dei tifosi juventini, come noi, che facciamo fatica a vedere uno dei simboli della squadra mandato a scaldare la tribuna senza motivi di natura fisica.
Che dire?
Innanzi tutto che per quanto possiamo sforzarci di farci un’idea, non sappiamo tutto, e poco filtrerà oltre alle parole di Allegri dette ieri in conferenza stampa.
Partiamo quindi da quelle (come sempre grazie a SuperFly per il video, l’intervista al mister parte dal minuto 29):
Riassumiamo le dichiarazioni:
“Domani Bonucci va in tribuna, questo non vuol dire che la cosa si è ingigantita. Era giusto per rispetto dei tifosi e della società che io prendessi questa decisione. Ho fatto questa scelta in accordo con la società, aggiungo anche mi scuso con tutti perché ho avuto una reazione che non è nelle mie abitudini, quindi farò una donazione a chi avrà bisogno. Ho parlato con Leonardo, sabato mattina gli ho comunicato la mia decisione. C’è sempre qualcuno che paga, diciamo che è stato sfortunato. Se fosse stato il primo episodio di nervosismo non sarebbe toccato a lui. Ora il caso è chiuso”
È chiaro che Allegri inizi mentendo sapendo di mentire: “la cosa non è ingigantita” è ovviamente una balla perché un senatore che rimane fuori per motivi disciplinari è una cosa gigante senza bisogno di troppi giri di parole.
Dice di avergliela comunicata sabato mattina. Qui tocca fidarsi, anche se a questo punto non si capisce che senso abbia averlo convocato. Probabile anche un altro scenario: “intanto lo porto, poi vediamo”.
“Ho fatto io questa scelta in accordo con la società” questa frase è, il punto centrale.
Chi prende la decisione? Allegri e la società lo appoggia.
Ad oggi 22 febbraio 2017 non sappiamo quale sarà il destino del mister finita la stagione, ma sappiamo che la società ha mandato un messaggio chiarissimo a tutta la squadra e cioè “fino giugno comanda Allegri”.
Dice anche molto la scelta comunicativa: l’assenza di Bonucci poteva essere presentata come effetto di un diplomatico “acciacco fisico”, una botta presa contro il Palermo, una vecchia (a fagiolo) ricevuta in allenamento, un attacco influenzale ecc ecc, insomma qualcosa di verosimile tanto per salvare la faccia all’esterno e lavare i panni sporchi in casa.
Invece sorprende la decisione (4 giorni dopo il fatto) di dire chiaramente cosa è successo e perché. Se consideriamo la routine societaria questo fatto rappresenta una novità.
“Farò una donazione a chi avrà bisogno”. Questa è una supercazzola degna del conte Mascetti, manca solo il riferimento allo scappellamento a destra. D’altra parte sempre di toscani parliamo (e qui Stanis LaRochelle avrebbe una sua interessante teoria…).
“C’è sempre qualcuno che paga, diciamo che è stato sfortunato. Se fosse stato il primo episodio di nervosismo non sarebbe toccato a lui. Ora il caso è chiuso”
Bonucci è sfortunato perché è la goccia, l’ultima, grossa. Ma è anche colpevole, perché le sue parole e i suoi gesti pesano un macigno, soprattutto quando espressi in pubblico.
Anche questo è un dato significativo, perché in una stagione in cui sta andando tutto bene non è la prima volta che si vedono reazioni poco “bianconere”. Non è questione di stile, che non c’entra niente; è questione di mentalità, di ambiente e abitudine, di policy aziendale: i ruoli si rispettano, sempre e comunque. I panni si lavano in casa, anche quelli leggermente macchiati.
Ed in questo è significativa la scelta della società di appoggiare il responsabile dell’area tecnica e le sue decisioni. Non delegittimarlo, piuttosto riconfermare la sua leadership fino in fondo.
In nessun ambito lavorativo, nessuno, ti puoi permettere di mancare pubblicamente di rispetto a un tuo superiore senza subire conseguenze. Un atteggiamento del genere indebolisce la posizione di colui la cui posizione non può e non deve essere indebolita. Mai.
Certo, preoccupa il fatto che si debba arrivare ad escludere un titolare fisso per motivi disciplinari. Comunque la si voglia vedere non è un bel segnale e sa tanto di estremo rimedio preso di fronte ad un estremo male, o a ciò che si ritene tale.
Che sotto il pentolone qualcosa borbotti è chiaro e l’impressione (perché sempre di apparenze parliamo) è che l’allenatore stia perdendo il comando a poco a poco.
Qualcuno dice “eh, ma se fosse toccato a Higuain”…
Non abbiamo la controprova (fortunatamente) ma con Bonucci non ci andiamo molto lontano, per importanza dentro e fuori il campo.
La Juve è la Juve perché la maglia, la squadra, il collettivo ha sempre contato più del singolo, anche di fronte ad un ottavo di Champions.
In questi casi quindi, senza ingigantire troppo una cosa comune negli ambienti in cui si lavora a stretto contatto, è bene parlare prima, perché il campo inevitabilmente altererà i giudizi sulla vicenda: se la Juve stasera dovesse uscire dallo stadio do Dragão con un bel risultato sarebbe un tripudio di lodi alla società con gli attributi, mentre se la partita dovesse andare male (speriamo di no ma conosciamo bene la “Bella Stronza”…) allora non basterebbero i server di questo sito per contenere le critiche al presidente, AD, DG, Allenatore e giù fino al magazziniere, paragonati al marito che si evirò per fare un dispetto alla moglie.
Willy Signori
5 motivi per goderci Porto-Juve
Ci siamo. E’ tempo di Champions League!
Ecco cinque motivi per goderci Porto-Juve:
DIMENSIONE – E’ la nostra nuova dimensione, dopo 5 anni di trionfi domestici, dopo aver battuto ogni record storico e immaginabile di serie A (e Coppa Italia) il next step è l’ossessione Europea, la sfida di un Davide che non è più così piccolo e inerme come all’inizio della scalata contro dei Golia che non sono così invincibili e lontani. Tutti i piccoli passi compiuti dall’insediamento della nuova Presidenza, tutta la costruzione di una rinnovata cultura del lavoro, della consapevolezza, della compattezza e (perché no) del rispetto convergeva verso il vertice europeo. Tutta la maieutica messa in atto da Conte nel ritirare fuori la Juve maiuscola sepolta nel post-calciopoli, tutto il lavoro di halma, tehniha e audacia cazzeggiante di Allegri nell’approcciare le gare di Champions senza eccessivi blocchi e tensioni, tutte le operazioni brillanti (con qualche passo falso) di Marotta e Paratici ci hanno portato a sfide come quella di stasera, in cui siamo favoriti ma senza testa tra le nuvole, in cui siamo consci del valore dell’avversario e dello stadio da violare ma senza piedi di piombo troppo piantati in terra. Una sbirciatina alle altre big ma sguardo dritto verso l’obiettivo. Andare avanti. Poi si vedrà
CONSACRAZIONE – La Juve è titanica in Italia ma ancora non stabilmente imponente in Europa. La finale di Berlino vista spesso come episodica, il KO contro il Bayern soppesato come tipica impresa che le vere grandi non falliscono, il primo posto nel girone di quest’anno considerato come combinazione di fattori fortunosi aldilà del gioco espresso. Abbiamo un gruppo storico italiano che in Europa è apprezzato ma solo come unlucky loser, un portiere leggenda col vuoto colossale della Champions. Poi c’è un numero 9 messo spesso tra i top 5, i top 3, che però in Champions ha solo una manciata di gol più di Bendtner. C’è una Joya inserita nell’Olimpo futuro dei palloni d’oro, ma che in Europa non ha mai inciso. La voglia e la fame di consacrazione di tutti i nostri titolari, sospinta da tre che la Champions l’hanno già alzata (Dani Alves, Khedira e Mandzukic) DEVE fare la differenza.
SUPERIORITA‘ – Stasera non ci saranno i Rizzoli, i Tagliaventus, i video che spuntano su Inter Channel. Stasera non avremo contro (sul campo) i ninja che ci odiano, i neo-borbonici che ci denigrano, gli allenatori che si inventano rigori o ci misurano il fatturato, presidenti che vedono cose poco simpatiche e parlano di cazzimma. Stasera sono tutti a casa, il teatrino dei Simoni, dei Toldo, dei Vinicio, i giornalisti stercorari dei fallimenti Juve, del flop Higuain, della reputazione. Stasera si vola altissimo, nessuno spazio per ‘ndrangheta, acciaio scadente e testate immaginari. Dimentichiamoci per una serata della zavorra che ci trascina verso il basso di un sistema mediocre che accumula ritardo. Facciamogli vedere cos’è la Juve.
ITALIANITA‘ – Se si vola alti rispetto all’italico circo Barnum, la Juve dovrà anche far valere la rinnovata lezione tattica italiana. Nei 6 ottavi visti finora il ritmo è stato vorticoso, spesso troppo frenetico con attacchi stellari e continui, ribaltamenti di fronte e continui colpi di scena, centrocampi ipersonici e ipertrofici, difese svagate e un mix di qualità turbinosa e precarietà difensive. La Juve ha il suo gioco, i suoi ritmi, ha la sua maestria difensiva e il suo controllo del gioco, al quale ha aggiunto uomo dopo uomo, modulo dopo modulo, una dimensione europea nel gusto dell’attaccare, nella qualità diffusa nei piedi dei titolari senza però tradire il concetto autarchico della compattezza, del difendere in 11 attaccando in 9. Non facciamoci trascinare nel gorgo della corsa sfrenata, nell’audacia scriteriata. La Juve sa cosa fare e quando farlo. A modo suo.
REGOLE – L’uomo dei gol decisivi al fulmicotone, l’uomo che ha lottato contro scommessopoli con la Juve al fianco, l’uomo che forse più di ogni altri incarna la nuova juventinità della grinta, della volontà di potenza, del #FinoAllaFine, il calciatore che da limitato è diventato l’MVP della Serie A, il difensore perno della nostra manovra, desiderato dai Guardiola e dai Conte, Leo Bonucci, stasera sarà fuori. Senza pretesa di esprimere un giudizio tombale sulla vicenda (bastano le parole del capitano Buffon) a noi piacerebbe vedere stasera una Juve anche senza Bonucci e anche PER Bonucci. Per dimostrare al potenziale Capitan Futuro che la Squadra è compatta, gioca e vince per consentirgli di guidarla al ritorno e dai quarti in poi. Chi lo sostituirà ha l’obbligo di offrire una prestazione all’altezza del miglior Bonucci, quello che sfoga e sublima la tensione esultando dopo una scivolata, un gol o a fine gara. E Leo applaudirà dagli spalti, come il primo dei tifosi.
Ci siamo. E’ tempo di Champions League!