ZERO – A Pecoraro che prima rivolge l’accusa più infamante (incontrava boss mafiosi) ad Agnelli, sulla base di “intercettazioni evidenti” e poi dopo 15 giorni precisa che “non ha mai associato Agnelli alla ‘ndrangheta” e che “leggendo meglio” non si tratta di intercettazione ma di “interpretazioni del PM (pubblica accusa) di Torino, non legate ad Agnelli ma ad altri dirigenti“. In serata poi si va sotto lo zero, con la Procura di Torino che lo smentisce e Pecoraro che ri-smentisce sé stesso. Da LSD
UNO – solo è il dato dei passaggi chiave di Dybala al San Paolo, anche banale. Zero tiri per la Joya che si è mosso bene per i primi 30 minuti sia in sacrificio, cercando di infastidire Diawara, sia proponendosi in appoggio all’asse destro Alves-Cuadrado. Poi nient’altro, a parte un po’ di fallacci subiti. In ritardo dopo lo stop forzato e lontano dalla sfavillante condizione vista contro il Milan. La migliore Juve ha bisogno del miglior Dybala, 7 giorni per ritrovarlo.
DUE – ai soliti giornalistucoli che si attaccano ai tiri in porta, al possesso palla, alla supremazia territoriale. Solo chi ha visto la gara sul televideo o con occhi faziosi non ammette che nella prima ora, fino alla papera di Neto, la Juve ha fatto il gatto famelico che gioca col topolino sarrista. Del resto ricordiamo bene cosa postavano gli stessi giornalistucoli quando la Juve vinceva 4-0 (“si scansano”), o faceva 30 tiri a 2 contro il Milan (“arbitraggio vergognoso“) o surclassava il Napoli di Sarri all’andata, come quello di Benitez e Mazzarri (i 20 cm di Llorente, il falso offside di Caceres, i presunti errori di Valeri).
TRE – i trofei in stagione di quel maledettisimo “triplete“, parola odiosa che ci riporta ad un’annata di bravura mista a fortuna sfacciata di quell’Inter alla fine di un ciclo fondato dalla farsa di Calciopoli. Essere in corsa su tre fronti è l’obiettivo primaverile a cui la Juve deve sempre ambire. La leggenda del sesto scudetto e del terzo double di fila sono alla portata, quell’”altro” trofeo è un sogno che non dipende solo da noi ma anche da episodi e gare infelici di squadre che, al momento, ci sono ancora superiori.
QUATTRO – a Sarri, che può anche fare il gioco -perdente- più bello del mondo (la pensano così anche a Villareal e Madrid?) ma, tra volgarità, piagnistei, alibi e lezioni alla rovescia su un normale gesto di fair play negato, non può insegnare nulla a nessuno e palesa limiti extra-campo che gli zavorrano la carriera.
CINQUE – a De Laurentiis, capopopolo che cavalca il sentimento popolare dei suoi clienti. Al Bernabeu attacca Sarri perché non varia il gioco, poi capisce l’antifona e dopo le delusioni in casa contro Real e Juve esalta il gioco offensivo e accusa la Juve di catenaccio. Bene, che restino nei loro confini ideologici, paraculi e piccini.
SEI – a Rincon che sfodera una gara maschia e lucida, di contenimento e proposta, lotta e governo, senza sfigurare affatto contro i fenomeni giovani del Napoli. Gara da 7 pieno, abbassata però da quel colossale errore sotto porta.
SETTE – a Barzagli che dopo giorni di accuse infamanti e gare scricchiolante entra in campo da duro quando i duri iniziano a giocare. Subito nel vivo in un fase calda e in una zona bollente, sventa un paio di potenziali minacce e blinda la difesa che, senza Chiellini e con un Benatia sicuro per un tempo ma scherzato sul 3-2, cominciava a perdere colpi.
OTTO – a Diawara. Va detto. Se per qualche mese abbiamo rimpianto uno Zielinski brillante in impostazione, inserimenti e balistica, alla lunga l’acquisto migliore del Napoli si rivela questo 19enne, migliore in campo dei suoi, che dopo aver giostrato magistralmente a Madrid ritorna ad essere il più lucido con personalità e mezzi tecnici impressionanti. Non possiamo comprarli tutti noi, ma il ragazzo sembra davvero un gioiello.
NOVE – ad Allegri. Dopo 3 giorni di attacchi e insinuazioni che sviliscono il suo lavoro da tre anni a questa parte: “Giocate male...”, “Napoli spettacolare…”, “Se giocate così al Camp Nou…”, “Higuain non assistito...” e ancora ieri le provocazioni “Gli errori dell’andata di Valeri…”, “Sarri non vi ha restituito la palla…“, “De Laurentiis la accusa di essere catenacciaro...”, “Conte è ancora amatissimo…“, sfoggia una classe monumentale sia in Rai che davanti al fuoco di fila delle domande dei cronisti partenopei. E può centrare il terzo double di fila… #Allegrimania
DIECI – ad Higuain. Accusato, additato come traditore, infamato, ingiuriato, bersaglio di anatemi e maledizioni, fischiato ed insultato per 180 minuti più riscaldamento, messo alla berlina per i gol che non arrivano, per la pancia, per l’avidità, per il cuore di pietra. Prestazione prodigiosa, due gol con due tiri, quattro in totale alla sua ex-squadra, una rabbia agonistica incontenibile e una classe immensa fusa in un cinismo spietato. Poi il sorriso e gli abbracci col gruppo. Pipa mio quanto sei diventato Juventino!!
Sandro Scarpa