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SEMIFINALE!

I bianconeri al Camp Nou giocano una gara di enorme personalità a costringono il Barcellona allo 0-0. La Signora è tra le prime quattro d’Europa

La Juve è in semifinale di Champions League! Il sogno del Barcellona di compiere una nuova remuntada  si infrange contro la solidità dei bianconeri. I fenomeni balugrana ci provano in tutti i modi, ma alla fine, Buffon deve compiere non più di due interventi, per altro non particolarmente complicati per inchiodare lo 0-0 sul tabellone. Con qualche contropiede sfruttato meglio anzi la squadra di Allegri, in campo anche in Spagna con le cinque stelle, avrebbe potuto tornare a Torino con un nuovo successo

CHE PERSONALITÀ!


Il Camp Nou ha un’imponenza che può stordire. E quando è pieno come questa sera, con oltre 96.000 spettatori e gente accalcata perfino nei posti sistemati appena sotto i maxi schermi sa essere impressionante. La Juve però ormai ha una personalità tale, anche a livello internazionale, da non farsi intimidire da un simile palcoscenico né dai proclami della vigilia di Luis Enrique I bianconeri giocano subito a viso aperto, aggrediscono gli avversari sulla loro tre quarti e quando devono arretrare lo fanno compatti, cercando di limitare, per quanto possibile, lo spazio di manovra del tridente blaugrana. È anzi Higuain, dopo un rimpallo al limite, ad avere sul destro la prima occasione dell’incontro, ma spara sopra la traversa. Stessa sorte, due minuti dopo, per il tentativo di Rakitic dalla parte opposta.

RADDOPPI CONTINUI

Il Barcellona deve necessariamente alzare la pressione e quando lo fa, con il talento di cui dispone, è sempre pericoloso. Messi e Neymar intorno al 20′ hanno entrambi la possibilità di calciare di sinistro e entrambi non centrano la porta. Sono loro due gli uomini più pericolosi e più difficili da fermare e Messi alla mezz’ora costringe Buffon al primo intervento della serata per respingere il suo sinistro in corsa. La maggior parte delle azioni dei catalani passano per i piedi di Neymar e il suo duello tutto brasiliano con Dani Alves è uno dei più interessanti della serata. Per fermare giocatori simili però non si possono concedere gli uno contro uno, ma servono raddoppi continui. È quello che fanno i bianconeri che mai, in nessuna occasione, lasciano un compagno da solo.

Così facendo il Barcellona viene contenuto e si può anche provare a colpire. Cerca di farlo Higuain nel finale di primo tempo’, ma il suo tocco sull’assist di Pjanic è troppo morbido e centrale.

CUADRADO PUNGE IN CONTROPIEDE

Anche a l’inizio della ripresa è di marca bianconera: Dybala recupera un pallone sulla tre quarti e tocca per Higuain che libera Cuadrado al tiro. Il diagonale del colombiano è velenoso, ma troppo angolato. Nel Barcellona sono i soliti due, Neymar e Messi a farsi vedere, con due sventole alte sopra la traversa. I catalani producono il massimo sforzo per cercare di sbloccare il risultato e inevitabilmente concedono qualche ripartenza. Cuadrado ha la velocità per sfruttare gli spazi e arriva ancora al tiro, questa volta deviato in angolo.

SENZA TREGUA

Non c’è un attimo di tregua. Messi libera il sinistro e Bonucci arriva in scivolata a deviare fuori dallo specchio, mentre il destro di Pjanic, alzato a campanile da Umtiti, costringe Ter Stegen a togliere il pallone dall’incrocio. Il Barcellona insiste e colleziona calci d’angolo. Su uno di questi Buffon esce ma non trattiene e Messi si trova il pallone sul destro con la porta sguarnita, ma sbaglia la mira. Ed è fuori anche il sinistro di Sergi Roberto  che al 25′ fa trattenere il fiato a tutti i 96.000 presenti. Quando può la Juve si affaccia in avanti e arriva anche al tiro con Dybala, che mette a lato il sinistro a giro. La Joya lascia il campo alla mezz’ora, sostituito da Barzagli che va a dar man forte ai compagni.

TRA LE PRIME QUATTRO D’EUROPA

Ora gli schemi sono saltati. I blaugrana attaccano in massa, la Juve fa muro e Buffon respinge un insidioso tiro-cross di Neymar che per poco non trova Iniesta in area. I bianconeri avrebbero anche più di un’opportunità per far male in contropiede, ma peccano di precisione, sciupando fin troppo. Nel finale Allegri nel finale getta anche Lemina e Asamoah per Cuadrado e Higuain e ogni tentativo del Barça è respinto al mittente. Buffon non deve più intervenire e mantiene la porta inviolata anche nel terribile Camp Nou. La Juve è  tra le prime quattro squadre d’Europa. Venerdì saprà chi tra Real, Atletico e Monaco dovrà affrontare per giocarsi il viaggio a Cardiff.

BARCELLONA-JUVENTUS 0-0

BARCELLONA
Ter Stegen; Sergi Roberto (33′ st Mascherano), Piqué, Umtiti, Jordi Alba; Rakitic (13′ st Paco Alcacer), Busquets, Iniesta; Messi, Suarez, Neymar
A disposizione: Jasper, Digne, D. Suarez, Andrè Gomes, Aleñá
Allenatore: Luis Enrique

JUVENTUS
Buffon; Dani Alves, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Khedira, Pjanic; Cuadrado (38′ st Lemina), Dybala (29′ st Barzagli), Mandzukic; Higuain (43′ st Asamoah)
A disposizione: Neto, Lichtsteiner, Benatia, Rincon
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Kuipers (NED)
ASSISITENTI:van Roekel (NED), Zeinstra (NED)

QUARTO UFFICIALE: Diks (NED)
ARBITRI D’AREA: van Boekel (NED), Makkelie (NED)

AMMONITI: 41′ pt Iniesta, 44′ st Neymar, 12′ st Chiellini, 19′ st Khedira

Barcellona-Juve 0-0: calma, intelligenza, potenza

Calma, intelligenza, potenza: sono questi i tre ingredienti che la Vecchia Signora ha combinato insieme stasera per uscire indenne dal Camp Nou, casa del Barcellona, la squadra più forte degli ultimi 15 anni, sicuramente fra le migliori di sempre. Stasera, però, i blaugrana si accomodano nella saletta degli esclusi, a proseguire il cammino europeo è la Juventus di Massimiliano Allegri.

Il mister conferma la miglior formazione possibile, tutti dentro appassionatamente: Buffon così così fra i pali, l’indemoniato Dani Alves dietro a destra, la perfezione nel tandem difensivo composto da Bonucci e Chiellini, il contratto Alex Sandro a sinistra; in mezzo il muscoloso ma impreciso Khedira con l’intelligente Pjanic; nei tre trequartisti ovviamente Dybala in mezzo, il concentratissimo Mandzukic da un lato, un Cuadrado mai domo dall’altro; centrale lo spuntato Higuain.

Il primo quarto d’ora è molto simile a quello dello Juventus Stadium, mancano “solo” i gol di Dybala, uno l’avrebbe potuto fare il Pipita, ma la sua conclusione è alta. Comincia a spingere forte la squadra di Luis Enrique da metà frazione in avanti, ma le iniziative di Messi e compagni sbattono puntualmente contro il muro eretto dalla coppia centrale, con la fortuna a baciare in fronte i bianconeri nei momenti in cui non ci arrivano Bonucci e Chiellini: vedere fallire occasioni alla Pulce o a Neymar non è cosa che capita tutti i giorni, così come non è regola ma eccezione non avere notizie di Suarez per novanta minuti più recupero. Proteste a parte, ovvio, ma quello è un altro discorso. In avvio di ripresa il contropiede bianconero fa gelare la schiena di ter Stegen, poi il copione è sempre lo stesso: il Barça spinge, la Juve resiste, riparte, soffre, ma regge. E lo fa sino al fischio finale che al 93′ fa partire la festa nel settore ospiti dello stadio catalano.

La Juve, dunque, torna in semifinale, lo fa dalla porta principale vendicando la sconfitta di Berlino, lo fa con l’emblematica scena che racconta questa sfida: Dybala mette fuori la palla perché c’è Mandzukic a terra, i blaugrana non restituiscono il possesso. Tutto il mondo è paese, e da Torino stavolta si prosegue alla conquista dello stesso.

 

Barcellona-Juve 0-0. Kuipers tra i migliori in campo

Arbitro: Björn Kuipers
Nazionalità: Olandese🇳🇱

Molto bravo l’arbitro olandese. Qualche errore ma di certo non grave e in due occasioni la colpa è dei suoi assistenti che non lo aiutano a dovere. Non cade nel tranello e nelle simulazioni dei giocatori blaugrana, non si fa condizionare, richiama con durezza quando deve e dosa i giusti cartellini ma soprattutto usa lo stesso metro per tutta la partita. Decisamente promosso.

1° Tempo

1′ – Fallo di Busquets su Dybala. Kuipers è forse coperto e non fischia.
3′ – Rischia il giallo Rakitic che entra da dietro su Dybala. L’argentino chiede il giallo per l’avversario e viene richiamato in modo deciso da Kuipers per questo.
13′ – Tocca forse con un braccio Piquè entrato in scivolata su Cuadrado appena fuori dall’area di rigore. Sembra però involontario.
24′ – Fuorigioco fischiato a Dybala. C’è.
32′ – Piede a martello di Neymar su Khedira. Kuipers non vede. Manca un fallo per la Juve e un giallo per il brasiliano.
40′ – Fallo tattico e imprudente di Iniesta su Cuadrado. Giallo inevitabile.
43′ – Pjanic in ritardo su Messi, poi brutto fallo di Neymar che viene ammonito, ma è fortunato, in una gara con maggior tensione avrebbe potuto anche prendere il rosso.
46′ – Spintone di Rakitic su Khedira lontano dall’azione, l’arbitro è di spalle e non può vedere. Non lo aiutano i suoi assistenti. Manca una punizione dal limite per i bianconeri.

2° Tempo

57′ – Chiellini interrompe un’importante azione offensiva di Suarez. Giallo inevitabile.
63′ – Fallo imprudente di Khedira su Suarez. Giallo ineccepibile. Pesante però perché il tedesco era diffidato e salterà la semifinale di andata.
75′ – Tuffo in area di Suarez. Kuipers non abbocca.
76′ – Umtiti a terra dopo un contatto con Higuain ma non c’è nulla.
88′ – Cross di Busquets, Alex Sandro è vicino e va in torsione colpendo la palla col braccio che era però molto vicino al corpo. Colpo involontario, ma rischia molto il brasiliano. Qualunque decisione di Kuipers in questo caso non sarebbe stata censurabile.
92′ – Intervento imprudente di Piquè su Chiellini. Manca un giallo.

The Rumble in the Jungle (of the Camp Nou)

 

 “When we were kings” di Leon Gast è, a mio parere, il massimo ogni epoca per quel che riguarda la documentaristica e la narrattiva sportiva. Per chi non lo sapesse (e su YouTube è ancora possibile vederlo qui) è il racconto integrale del “Rumble in the jungle“, il mitico incontro di boxe disputato nel 1974 a Kinshasa in cui Muhammad Alì riconquistò il titolo di campione dei pesi massimi, battendo il favoritissimo George Foreman.

Facendo le debite (e doverose) proporzioni tra uno dei momenti più epici della storia dello sport in generale e un “normale” quarto di finale di Champions League, il modo di stare in campo della Juventus a Barcellona mi ha ricordato quello del campione di Louisville nel giorno più importante della sua vita, quello che lo consegnò all’immortalità. Come Foreman, anche il Barcellona, era un avversario sulla carta più forte che aveva tutto per far valere la propria legge: stadio, pubblico e Messi (a proposito: avrà anche peccato di mira ma quando accelera è un castigo divino); come Alì, la Juventus non aveva che una sola possibilità per uscirne: appoggiarsi alle corde (metaforicamente e non), far stancare il gigante rabbioso e poi colpire quando meno se lo sarebbe aspettato. Del resto, lo aveva anticipato anche Luca Momblano che, alla maniera di Allegri, aveva già visto tutto prima: dalla spavalderia avversaria al bluff sull’atteggiamento da tenere sul terreno di scontro. Proprio come “The Greatest”, che passò le settimane precedenti al match ad urlare ai quattro venti che avrebbe danzato intorno al rivale per tutto in tempo, salvo poi indietreggiare, aspettare e finire il lavoro alla sua maniera.

La differenza? I tre gol di vantaggio da poter gestire in relativa comodità grazie ad una fase difensiva molto meno italiana di quanto si pensi e molto più europea di quanto si creda. Un dettaglio che ha reso superfluo il colpo del ko definitivo. Anche se, a pensarci bene, quello era stato già dato una settimana fa. E per ben tre volte.

Adesso dateci pure il nostro “The Thrilla in Manila“. Augurandoci che contro Real/Atletico/Monaco finisca come con Joe Frazier il 1 ottobre 1975.

Champions League, ritorno Quarti di Finale: Barcellona-Juventus 0-0

di Davide Terruzzi


La Juventus spegne i sogni di remuntada di un intenso Barcellona grazie a una sapiente organizzazione difensiva che esalta le qualità dei singoli.


Juve is not Psg. Con questa convinzione e consapevolezza i giocatori della Juventus si sono recati a Barcellona per disputare la gara di ritorno dei quarti di finale. Il tre a zero dell’andata rappresentava un vantaggio solido, ma i blaugrana sono una formazione che nella propria storia è riuscita a ribaltare punteggi nettamente sfavorevoli ed è reduce da una delle remuntade più epiche nella storia del calcio. Se di fronte non avesse una squadra dal talento tecnico puro e inimitabile, la Juventus avrebbe potuto vivere una classica partita di routine in cui il compito principale sarebbe stato gestire tranquillamente il risultato; trovandosi però di fronte il Barcellona, e memore di quanto successo poco più di un mese fa col Psg, la formazione d’Allegri ha vissuto questo ritorno con l’ambizione di centrare il risultato tornando a casa con il pass per le semifinali. Una settimana non rappresenta nemmeno un arco di tempo sufficiente per cambiare, o rovesciare, il quadro tattico ed emotivo di una sfida; Luis Enrique ha provato a gonfiare il mito blaugrana delle remuntade sollecitando l’orgoglio dei propri giocatori, mentre Allegri ha presentato questa sfida come una gara da vincere giocando con lucidità e fiducia nelle proprie qualità. I due tecnici hanno quindi potuto apportare solamente degli adeguamenti; il tecnico asturiano presenta una formazione più razionale e logica per uno scontro ai massimi livelli, abbandonando il 3-4-3 a diamante e sposando nuovamente il 4-3-3: Jordi Alba viene schierato sulla sinistra, Busquets riprende il suo posto di muro e frangiflutti, Rakitić ritorna come interno di destra del centrocampo dietro alla MSN. La Juventus non cambia: il modulo e la formazione titolare sono questi, rappresentano una garanzia assoluta per Allegri.

Il tecnico bianconero è consapevole della necessità di un inizio aggressivo da parte dei suoi giocatori. La squadra juventina approccia la partita con un pressing alto teso a rallentare e ostacolare la manovra bassa del Barcellona, ma nasconde anche un messaggio psicologico agli avversari: “noi non abbiamo paura”. L’organizzazione collettiva della Juve in fase di pressing prevede un meccanismo in cui copertura degli spazi e marcature con relative scalate si sposano per imporre aggressività sul campo impedendo agli avversari giocate agevoli e ricezioni libere con le quali poi puntare la difesa. Contro un Barcellona che si sistema di partenza con un 4-3-3, i due attaccanti juventini si sistemano sulla coppia Umtiti-Piqué, mentre i due esterni sono pronti a uscire sui terzini: l’uomo in più a centrocampo viene assorbito grazie alle scalate in avanti da parte di uno dei centrali (spesso Chiellini) pronto a uscire su Rakitić.

Sopra e sotto, il pressing alto nei primi minuti della Juventus con un orientamento aggressivo sugli uomini.

Una volta superato il pressing, la Juventus si ordina nel proprio 4-4-1-1 sistemando l’altezza della difesa sulla propria trequarti prestando attenzione a non abbassarsi eccessivamente. Il castello difensivo della formazione d’Allegri, come nella gara d’andata, permette alla formazione di mantenere una granitica compattezza con le distanze tra i reparti minime; centrocampo e difesa lavorano assieme, con l’aiuto delle due punte, costruendo un blocco che prova ad allontanare dall’area di Buffon gli avversari. La coppia di mediani è chiamata a molteplici compiti: Pjanić e Khedira devono mantenersi stretti tra di loro e vicini alla difesa lavorando sulle linee di passaggio impedendo giocate in verticale e in diagonale. I due lavorano come una barriera che non si deve mai alzare, unendo al dispendioso compito tattico uno altrettanto arduo in pressione sugli uomini. Nella loro zona, quella centrale, infatti si trovano a muovere Messi e Iniesta, diventati da anni i veri registi del Barcellona: aiutati dai compagni di reparto, il loro compito è stato quello di chiudere i due fuoriclasse blaugrana accompagnando loro in zone meno pericolose.

L’organizzazione della Juventus senza palla. A tratti è più facile trovare un ago in un pagliaio che spazio tra le linee bianconere.

A questa immensa mole di lavoro si aggiunge quello che è richiesto con la palla: Pjanić ha nettamente brillato al Camp Nou mostrando una sapiente capacità di controllare tempo, spazio e corpo nonostante il pressing del Barcellona. Il bosniaco è stato il faro del centrocampo, il giocatore che doveva capire quando rallentare provando il palleggio o accelerare innescando il contropiede.

Nel video, i meccanismi di pressing delle due squadre e le diverse manovre offensive.

Le ripartenze sono state ovviamente l’arma migliore a disposizione della Juventus per provare a segnare. Allegri ha impostato la partita con un meccanismo efficace per superare le ondate di pressing avversario, simili sempre a continue e violente transizioni negative grazie alle quali tutti i giocatori del Barcellona (Messi più del solito partecipe in questa fase) accorciano circondando il possessore e chiudendo gli appoggi. Il tentativo bianconero è stato quello di innescare il contropiede al termine di combinazioni tra le punte, scarico su un centrocampista e giocata in verticale, o aperture, sulla destra dove Cuadrado ha rappresentato l’ideale sfogo per attaccare in campo aperto; per riuscirci il contributo tecnico delle due punte era fondamentale, ma la coppia composta da Piqué e Umtiti ha funzionato abbastanza bene con una efficace aggressività sugli uomini per impedire loro comode ricezioni spalle alla porta. La Juventus è riuscita così a rendersi pericolosa, anche a inizio gara, nonostante una fase offensiva in cui la lucidità non è sempre stata ottimale: l’impressione è che questa squadra fatichi più degli scorsi anni – per le qualità diverse dei giocatori – nelle transizioni sul lungo mentre sia molto più efficace in quelle su distanza più ridotte.

L’adeguamento tattico di Luis Enrique ha contribuito a evitare errori visti a Torino, quando il tecnico asturiano aveva progettato un sistema che esponeva la squadra a squilibri violenti sulla fascia di destra. Il 4-3-3 offensivo si è trasformato in un 4-4-2 senza palla che aveva due principali meriti: consentiva a Messi di risparmiarsi parzialmente in fase di non possesso, con Rakitić che s’allargava sulla destra; in più presentava un aspetto a specchio rispetto il posizionamento della Juventus. Il campo così si poteva riempire di continui duelli individuali: con un pressing sempre fortemente orientato sull’uomo, essere schierati come gli avversari aiuta.

Lo schieramento tattico del Barcellona senza palla. 

Messi è stato riportato al centro; partendo da una teorica posizione di partenza da esterno destro nel tridente offensivo, il fuoriclasse argentino è stato libero di trovare la collocazione preferita, cercando di trovare l’ossigeno nascosto all’interno del castello bianconero. Messi così si è trovato spesso a ricevere pallone più lontano dall’area della Juventus, partendo sulla trequarti dove con le sue progressioni o combinazioni nello stretto con i compagni riusciva a prendere velocità sfruttando anche la sua superiore intelligenza tattica. Ancora una volta, è stato l’argentino a creare i pericoli maggiori per Buffon; specialmente quando è riuscito a combinare con Iniesta. Il genio spagnolo ha risentito in positivo della presenza di un terzino di spinta come Jordi Alba: la sua continua spinta ha costretto Cuadrado a seguirlo, lasciando più spazio a Iniesta abile a ricevere palla come a buttarsi negli spazi. Neymar invece è sempre rimasto molto largo a sinistra, ben controllato da Dani Alves: il terzino brasiliano, come a Torino, restava un po’ più aperto per seguire il suo compagno di nazionale. Sulla destra, invece, Luis Enrique ha provato a riproporre una soluzione tipica della formazione che vinse a Berlino, tenendo però più defilato Rakitić con Sergi Roberto che entrava dentro il campo.

La capacità della Juventus di alternare vari scenari tattici all’interno della stessa partita ha messo in difficoltà un Barcellona che col passare dei minuti si è innervosito: le continue lamentele all’indirizzo dell’arbitro, così come l’episodio della mancata restituzione del pallone, sono stati tutti piccoli segnali di una squadra che perdeva fiducia nella possibilità di una remunatada e non trovava una soluzione per superare i bianconeri. L’inizio del secondo tempo prosegue così all’interno dello stesso contesto. La Juventus alternava un pressing ultra-offensivo a un posizionamento senza palla più basso, mantenendo sempre alta l’aggressività sugli uomini sposando questo atteggiamento a una compattezza tra i reparti che toglie il sole al Barcellona oscurando linee di passaggio e speranze. La squadra di Luis Enrique da anni ha abbandonato il calcio posizionale a favore di una manovra più diretta, ma resta una formazione in grado di passarsi il pallone con precisione e velocità con una qualità tecnica tra le migliori al mondo. Il Barcellona si è reso pericoloso sempre quando è stato Messi ad accendersi; Neymar è stato sì coinvolto, ha creato superiorità numerica con i suoi dribbling, ma di fatto non ha rappresentato un pericolo. L’abilità della Juventus di concedere quasi mai gli attacchi in campo aperto si unisce al sapiente controllo della profondità e al dominio all’interno dell’area di rigore: Bonucci e Chiellini sono stati magistrali nella lettura delle situazioni con chiusure e marcature che hanno sfiorato la perfezione.

Il Barça dopo il primo cambio di Luis Enrique.

Superata l’ora di gioco, Luis Enrique ha provato il tutto per tutto inserendo Paco Alcácer al posto di Rakitić. L’attaccante è stato chiamato a un duplice compito: nella fase offensiva doveva stringersi accanto a Suarez, mentre senza palla doveva abbassarsi sulla linea dei centrocampisti. Per cinque minuti il forcing del Barcellona si fa sentire, ma rappresenta l’ultima sfuriata. Il tecnico prova un’altra mossa, della disperazione, alzando Piqué sulla linea degli attaccanti: con la sostituzione tra Sergi Roberto e Mascherano, il Barça si sistema con una difesa a 2 (Umtiti e Mascherano), Alba largo a sinistra, Busquets davanti la difesa, Messi e Iniesta dietro le tre punte, Neymar largo a destra. Allegri risponde facilmente inserendo prima Barzagli al posto di Dybala, passando così al 5-4-1, poi finendo negli ultimi  con una linea difensiva composta da 6 uomini con l’ingresso di Asamoah. Il Barcellona apre delle praterie che la Juventus non riesce a sfruttare; davanti attacca per contratto e con disperazione facendo però il gioco della squadra juventina.

Il 5-4-1 dopo l’ingresso di Barzagli.

La formazione d’Allegri centra così il passaggio di turno. Non è un’impresa, ma un grandissima vittoria. Aver subito zero gol da quello che è considerato il miglior attacco al mondo è la realizzazione della solidità e della compattezza di una squadra che fa dell’unità e dell’organizzazione collettiva gli ingredienti per raggiungere il successo. Una Juventus attenta, agguerrita, precisa e puntuale. Fosse stata più lucida davanti e nel possesso palla (alcuni dei miglioramenti richiesti dal tecnico), la squadra sarebbe uscita con una vittoria, ma questi sono dettagli che perdono di consistenza di fronte all’intelligenza di questo gruppo. La Juventus è capace di giocare più partite all’interno della stessa alternando sapientemente vari registri tattici: il pressing alto, la difesa posizionale, la copertura degli spazi e le marcature sull’uomo, così come sa giocare in campo aperto o manovrare con pazienza. Non è mono dimensionale. Ed è una formazione che ha sempre più fiducia e consapevolezza nelle proprie qualità; il merito è soprattutto d’Allegri, allenatore che dal primo giorno in cui è sbarcato a Torino ha parlato dell’esigenza di essere stabilmente tra le grandi d’Europa. Questa Juventus, così rivoluzionata in due anni, è ora tra le grandissime. La crescita esponenziale di Pjanić in questo anno a Torino è uno dei biglietti da visita che l’allenatore livornese dovrebbe sempre portarsi dietro: da giocatore accolto con qualche scetticismo comprensibile (bravo ma leggero e sparisce nelle gare che contano) a perno intelligente del centrocampo. La maturità dei bianconeri dovrebbe cancellare le paure e le ansie dei propri tifosi, alcuni dei quali non hanno ancora fiducia in una squadra che può ancora migliorare in alcuni aspetti ma che sa giocare a calcio come poche altre con una impressionante e famelica voglia di vittorie. Si chiude così il ciclo europeo di Luis Enrique. La Juve non è il Psg; come successo anni fa col Bayern, la stagione scorsa con l’Atletico Madrid e nel 2010 con l’Inter, le rimonte non riescono con squadre alla pari, o fortemente organizzate. La sua squadra ha giocato con un’intensità violenta ma questo non è bastato a superare la Juventus. Il Barça dovrà ricostruire a centrocampo per aumentare l’efficacia del proprio palleggio.