Skip to main content

Juve show, poker al Grifone

Bianconeri ancora da applausi: chiudono la gara in venti minuti con l’autorete di Munoz e il gol di Dybala, poi Mandzukic e Bonucci arrotondano. E per ora sono a più 11 sulla Roma

La Juve restituisce al Genoa, con gli interessi, i tre gol subiti a Marassi un girone fa e compie un altro importante passo verso il sesto scudetto consecutivo. Se qualcuno poteva pensare che l’impegno di mercoledì del Camp Nou avesse lasciato scorie nei muscoli dei bianconeri deve ricredersi in fretta, vendendo l’autorevolezza con cui la squadra di Allegri prende subito in mano il gioco e regola i rossoblu in venti minuti, per poi chiudere definitivamente i conti già alla fine del primo tempo e arrotondare ulteriormente nella ripresa.

DIFESA A TRE… ANZI A QUATTRO

Allegri inizia a sorpresa con Benatia al fianco di Bonucci e Barzagli, ma in realtà i bianconeri in fase di non possesso palla difendono a quattro, perché dei due esterni è il solo Asamoah ad arretrare, mentre Lichtsteiner rimane sulla linea dei centrocampisti, sulla quale scala anche Mandzukic, andando a formare un classico 4-4-2. Quando si attacca invece l’assetto cambia e il croato si porta al fianco di Higuain, mentre Dybala, pur partendo dalla destra spesso si accentra per muoversi alle spalle dei compagni di reparto. È dal piede della Joya che nascono le prime occasioni dell’incontro, con il suo cross deviato di testa dal Pipita a lato e il suo sinistro dal limite, violento, ma fuori bersaglio.

Il sorriso di Marchisio, dopo il vantaggio bianconero

L’esultanza della Joya per il 2-0: è la volta della Dybala-Mask!

UNO-DUE DA K.O

Per prendere il comando del gioco la Juve ci mette poco e ancora meno ci mette a stendere il Genoa. Accade tutto in due minuti, tra il 17′ e il 19′. Il vantaggio è un’autorete di Munoz che devia nella propria porta il tocco di Marchisio, servito da un delizioso pallonetto di Higuain. Il raddoppio è firmato da Dybala, che riceve dal Pipita al limite, scambia con Khedira e spara nell’angolino alla sinistra di Lamanna.

Mario Mandzukic festeggia così il 3-0 bianconero

MANDZUKIC CHIUDE I CONTI

La partita a questo punto sarebbe già virtualmente chiusa, ma i bianconeri pur abbassando leggermente il ritmo, rimangono assoluti padroni del campo, sfiorando il terzo gol già al 35′ con il sinistro di Higuain, che chiama Lamanna ad un intervento non semplice. Si devono invece aspettare altri sei minuti per aggiornare il tabellino, ma ne vale la pena: Dybala taglia il campo lanciando Mandzukic che parte come un treno e arriva al cross. Il pallone viene respinto, ancora sui piedi del croato però, che al volo, dal vertice sinistro dell’area di rigore, lo piazza nell’angolo opposto. E prima dell’intervallo potrebbe addirittura arrivare il poker, se Lamanna non riuscisse a ribattere il tocco sotto porta di Marchisio, servito da Lichtsteiner.

La tipica esultanza di Bonucci: Leo chiude il match con un potentissimo destro da fuori area: 4-0!

BONUCCI BOOM!

La ripresa a questo punto può offrire poco in termini di pathos, ma permette ancora di apprezzare qualche giocata notevole. La prima non cambia il punteggio, perché il signor Calvarese vede un fallo su Burdisso in area e annulla il gol di Bonucci, che aveva spedito in rete, al volo, la punizione calciata da Dybala. Il difensore si rifà non molto dopo, prendendo palla poco oltre la metà campo, avanzando fino al limite e infilando sotto l’incrocio una saetta da applausi.

FINALE DA APPLAUSI

E gli applausi continuano a scrosciare, quando nella stessa azione, Marchisio e Higuain centrano l’uno la traversa, l’atro il palo. Quando anche Asamoah scheggia il montante alla mezz’ora con un rasoterra dal limite. Quando Mandzukic, immenso come sempre, lascia il posto a Sturaro. Quando Dybala sfiora il palo dopo una percussione centrale. E quando Mandragora, nel finale, esordisce in bianconero sostituendo Marchisio. Insomma, la Juve diverte fino alla fine, in omaggio al motto, ma soprattutto dà ancora una volta, per tutta la partita, la sensazione non solo di essere in una condizione fisica impressionante, ma anche di aver ormai raggiunto una maturità e una consapevolezza tali da poter superare sfide estenuanti come quella contro il Barcellona e di ripresentarsi pochi giorni dopo tirata a lucido, per portarsi momentaneamente a più undici sulla Roma e continuare la sua marcia fenomenale. Su tutti i fronti.

JUVENTUS-GENOA 4-0

RETI:  Munoz (aut.)17′ pt, Dybala 19′ pt, 41′ pt Mandzukic, Bonucci 19′ st

JUVENTUS

Neto; Barzagli, Bonucci, Benatia; Khedira (24′ st Rincon), Marchisio (41′ st Mandargora), Asamoah; Dybala; Higuain, Mandzukic (37′ st Sturaro)
A disposizione: Audero, Del Favero, Dani Alves,  Rugani, Chiellini, Mattiello, Lemina, Alex Sandro, Cuadrado
Allenatore: Allegri

GENOA
Lamanna; Munoz, Burdisso, (22′ st Biraschi) Gentiletti; Lazovic (42′ stHiljemark), Veloso, Cataldi, Laxalt (3′ st Beghetto); Nitcham, Simeone, Palladino:
A disposizione: Zima, Faccioli, Orban, Brivio, Hiljemark, Cofie, Pandev, Ninkovic, Pellegri
Allenatore: Juric

ARBITRO: Calvarese
ASSISITENTI: Fiorito, Lo Cicero
QUARTO UFFICIALE: Tonolini
ARBITRI D’AREA: Mazzoleni, Nasca

AMMONITI: 34′ pt Burdisso

Grifone allo spiedo e un altro passo verso la Leggenda

 

Non c’è tempo per pensare al Monaco. A due giorni dal sorteggio delle semifinali ci rituffiamo subito nel campionato. Allegri aveva sottolineato l’importanza di questo match fin dall’immediato dopo-partita di Barcellona-Juve. Col Genoa ci si gioca una buona fetta di tricolore: tra stasera e venerdì a Bergamo occorre conquistare 6 punti per dare il colpo di grazia al campionato e affrontare la semifinale di Champions League con maggiore serenità.

C’è inoltre da vendicare il ko dell’andata, quando il Grifone riuscì a rifilare 3 goal alla Juve in 29 minuti (e viene quasi da sorridere ripensando ai proclami di Luis Enrique sui 3 goal in 3 minuti). Ma quella di novembre era ben altra Juve: per il modulo, per gli interpreti in campo e soprattutto per la considerazione di sé, della propria forza.

Dopo le fatiche di Barcellona, Allegri ricorre a un parziale turnover. Fra i pali Neto, con Buffon non convocato. Nella difesa a 4 i terzini sono Asamoah a sinistra e l’inossidabile Barzagli a destra, in mezzo Bonucci e Benatia. A centrocampo, complice la squalifica di Pjanic, Marchisio torna titolare da capitano dopo la brutta prestazione a Pescara e la tribuna a Barcellona (botta a un polpaccio). Accanto a lui, lo stratega Khedira. L’unica sorpresa è nei tre dietro la punta: sulla destra, al posto dell’acciaccato Cuadrado, non l’annunciato Lemina bensì Lichsteiner. Gli altri tre li sapete a memoria: Dybala, Mandzukic e Higuaín.

La Juve inizia con un buon approccio. Su una punizione di Dybala dalla sinistra, Higuaín ci prova di testa: fuori di poco. Il goal del vantaggio arriva al 17′: Gonzalo, nelle vesti di rifinitore, lancia Marchisio con un colpo sotto. Claudio, inseritosi perfettamente in area, sbaglia il controllo davanti alla porta, ma Muñoz devia nella propria rete. Appena un minuto dopo la Juve raddoppia: Dybala sguscia in area, si libera di tre difensori scambiando con Khedira e sulla palla di ritorno lascia partire un sinistro imprendibile per Lamanna. Al 41′ la Juve chiude il match. Mandzukic recupera palla in difesa, dà l’avvio all’azione e scappa sulla sinistra. Il suo cross è ribattuto, ma Mario si avventa sulla palla con un destro a giro imprendibile che si infila sul secondo palo. Un goal bellissimo, il giusto premio al sacrificio e all’agonismo che il croato ha messo in campo negli ultimi mesi, adattandosi al ruolo di ala sinistra.

La prima frazione si chiude sul 3-0, proprio come la gara di andata. Nella ripresa la Juve è in totale controllo della gara, e ciò permette di non disperdere energie in questo momento decisivo della stagione. Dopo un goal annullato a Bonucci, il poker è servito proprio dal numero 19 con una bella azione personale: dopo una percussione centrale tra gli inermi centrocampisti rossoblu, evita un difensore e lascia partire un tiro centrale ma dalla balistica perfida. A metà del secondo tempo Allegri fa rifiatare Khedira e mette dentro Rincón. Gli altri cambi sono Sturaro per Mandzukic (standing ovation per lui) e Mandragora per Marchisio: applausi per Claudio ed esordio per Rolando, dopo tanti mesi passati in infermeria. Al 24′ Marchisio e Higuaín decidono che è ora di vincere anche lo “scudetto dei pali” e prendono due legni nel giro di pochi secondi, emulati da Asamoah pochi minuti dopo. L’ultimo guizzo è di Dybala, che aggredisce la difesa genoana con una percussione solitaria, ma il suo sinistro finisce a lato.

Un’ottima prestazione per la Juve, che dopo la grande prova a Barcellona mette in cascina altri 3 punti fondamentali per la corsa al Sesto scudetto consecutivo. Manca sempre meno alla Leggenda.

 

Cosa nascondono i quattro gol al Genoa

Juventus-Genoa era la partita fantasma, inevitabile l’onda lunga di quanto fatto anche a Barcellona. Juventus-Genoa era la partita-scudetto, e che l’onda lunga non avesse travolto Allegri lo si poteva comprendere ascoltandolo ai microfoni dopo il Camp Nou. Vanno ripescate, quelle interviste. Riviste a distanza di cinque giorni valgono un 4-0 in campionato.

Insomma, c’è uno spudorata dote che Allegri serve fredda come la vendetta più feroce: farsi dare ragione a posteriori. Subito dopo, come dopo i due quarti di Champions; a lungo termine, la Juve di gennaio 2016 e adesso la Juve di marzo (con ragione ad aprile) 2017; oppure, appunto, quando parla e non si capisce dove vada a parare. Su quest’ultimo punto credo ne sappiano qualcosa di più gli stessi calciatori, da Pjanic che fa ormai il centrale basso senza sapere di fare ciò che non vorrebbe fare (godendone) a Barzagli che finisce terzino con una pacca sulla spalla mentre si allaccia i calzettoni nel tunnel.

Questo Juventus-Genoa consegna dunque il sesto scudetto consecutivo ai bianconeri. Tre di Conte, tre di Allegri, che anche questa volta, oggi non si sa esattamente come, annuncia il titolo alla sua maniera. Il calendario della Roma non conta più niente, depotenziati in un solo colpo (non si esattamente neanche perché, a oggi non è dato sapere ma il bello sta proprio qui) il friday night di Bergamo e un derby-zecca dentro i sei giorni delle semifinali europee. La squadra ne godrà, di questo spirito. Ne è convinto il mister, che usò una strategia comunicativa simile appena prima della doppia trasferta in una Napoli che si era preparata a fare la parte del mostro nel momento più delicato dell’anno.

Consegna anche altro, la partita, e si va oltre il tecnico. Consegna volti e abbracci, li consegna ai gol. Da Marchisio a cui si riesce a strappare un sorriso a Dybala che con l’anca guarda da una parte e con il piede infila dall’altra, dedicandosi poi alla Sud con tanto di maschera e contratto, per la prima volta insieme; da Mandzukic che torna al gol e nessuno capisce comunque quanto sia liberatorio e ripagante per lui, ultimo dei cavernicoli senza apparenti emozioni, nessuno tranne coloro che fanno il campo per abbracciarlo; chi ti abbraccia ha un senso, e vale anche per Bonucci che sentiva il gol nel sangue, perché per primo c’è un Higuain mai così sereno nel lasciare la scena. Anche il Pipita ha capito che qui è tutto vero. Che lo Scudetto ha una forma fatta di sostanza, primo di tanti magnifici dettagli a seguire. Dovunque porteranno gli altri sentieri stagionali.