Era dal 1981 che la Juve non segnava 10 gol nelle prime tre partite di campionato. Il dato potrà anche avere un significato relativo, ma di sicuro dimostra che il potenziale offensivo dei bianconeri è fuori dal comune. Dopo Cagliari e Genoa se ne rende conto anche il Chievo, che, come i sardi all’esordio stagionale, esce dall’Allianz Stadium dopo aver subito tre reti e non aver mai avuto realmente la possibilità mettere in discussione l’esito della gara.
PRESSING ALTO E VANTAGGIO
Il tridente composto da Douglas Costa, Mandzukic e Higuain è la novità di giornata. Per supportarlo, Allegri schiera a centrocampo Matuidi e Sturaro ai lati di Pjanic. Pur senza Dybala, a riposo dopo le trasvolate intercontinentali, e Alex Sandro, fermato da un attacco influenzale, la Juve può mettere in campo una bella dose di qualità, ma ancor più dei piedi buoni va sottolineata l’aggressività con cui i bianconeri approcciano la gara. Il pressing alto, per recuperare palla già sulla tre quarti avversaria, l’attenzione alla fase difensiva, la fluidità delle ripartenze, trovano il giusto premio al 17′, quando Hetemaj devia di testa, nella propria porta, la rasoiata su punizione di Pjanic.
BENE I NUOVI
Il vantaggio non cambia l’atteggiamento della Juve, al limite quello degli ospiti, che ora osano di più e manovrano meglio. Szczesny può così “festeggiare” il suo esordio respingendo una sventola di Radovanovic da oltre venti metri e Benatia dà una mano al compagno arrivando per primo sulla ribattuta e mettendo in angolo, prima che Pucciarelli possa ribadire in rete. Oltre alla prontezza di riflessi del portiere polacco, destano buona impressione anche le accelerazioni di Douglas Costa e il dinamismo di Matuidi, gli altri due nuovi acquisti per la prima volta titolari. Il gioco dei bianconeri però passa soprattutto dai piedi di Pjanic che non solo all’intervallo fa registrare oltre i 90% di passaggi riusciti, ma è ancora il più pericoloso con un destro dal limite che Sorrentino vola a togliere dall’incrocio, tenendo a galla i suoi.
ENTRA DYBALA, SEGNA HIGUAIN
Il Chievo inizia la ripresa con più convinzione e la Juve fatica a far ripartire l’azione. Allegri interviene, richiamando Douglas Costa e inserendo Dybala che, dopo tre minuti dal suo ingresso in campo, mette lo zampino nel gol del raddoppio: la Joya parte dalla destra e si accentra, portando a spasso mezza difesa veronese e scaricando su Pjanic che, di prima, libera in area Higuain. Il Pipita ha il pallone sul destro e la porta spalancata davanti: praticamente una sentenza.
UNA JOYA PER GLI OCCHI
Dybala, sei gol nelle prime tre partite ufficiali, conferma ad ogni giocata il suo stato di grazia. Vederlo partire palla al piede al 20′ è uno spettacolo per l’Allinaz Stadium e un incubo per i difensori avversari, che riescono a fermarlo solo in area, proprio quando sta per concludere. Qualche giro di orologio ed eccolo controllare al limite, liberandosi per il tiro con un solo movimento e sfiorare il palo con un diagonale rasoterra.
Il Chievo prova a rispondere con il destro di Rigoni, deviato in angolo da Benatia, e con il colpo di testa di Pellissier e il calcio piazzato di Bielsa, entrambi fuori di poco, ma il “Dybala show” continua e al 38′ arriva anche il gol: la Joya riceve da Bernardeschi, in campo al posto di Sturaro, si accentra e scarica il sinistro sul primo palo, prendendo Sorrentino in contro tempo. Gli applausi per l’argentino si uniscono a quelli per Mario Mandzukic, costretto, per un fastidio alla gamba destra, a lasciare il posto a Bentancur, proprio mentre il compagno va in gol e sull’Allianz Stadium si scatena il nubifragio che, di fatto, chiude la partita ancor prima del triplice fischio di Fabbri.
JUVENTUS-CHIEVO 3-0
RETI: 17′ pt Hetemaj aut., 13′ st Higuain, 38′ st Dybala
JUVENTUS
Szczesny; Lichtsteiner, Benatia, Rugani, Asamoah; Matuidi, Pajnic, Sturaro (30′ st Bernardeschi); Douglas Costa (9′ st Dybala), Higuain, Mandzukic (38′ st Bentancur)
A disposizione: Buffon, Pinsoglio, De Sciglio, Howedes, Barzagli, Caligara, Cuadrado
Allenatore: Allegri
CHIEVO
Sorrentino; Cacciatore, Dainelli, Gamberini, Gobbi; Castro, Radovanovic, Hetemaj (23′ st Rigoni); Birsa; Inglese (31′ st Leris), Pucciarelli (21′ st Pellissier)
A disposizione: Seculin, Pavoni, Tomovic, Jaroszynski, Bani, Cesar, Depaoli, Garritano, Stepinski
Allenatore: Maran
ARBITRO: Fabbri
ASSISITENTI: Di Iorio, Longo
QUARTO UFFICIALE: Nasca
VAR: Di Bello, La Penna
AMMONITI: 23′ pt Hetemaj, 7′ st Mandzukic, 34′ st Matuidi
3a Serie A: Juventus-Chievo 3-0
di Kareem Bianchi
Un fuoriclasse è un giocatore superiore alla media, dotato di qualità eccezionali, che può cambiare le partite a suo piacere; Dybala fa parte di questa categoria. Il suo ingresso, unito al cambio di modulo dal 4-3-3 (non del tutto convincente, anche a causa degli uomini schierati) al 4-2-3-1 ha svoltato la gara.
La Juventus affronta il Chievo di Rolando Maran, una squadra sempre dura da sfidare poiché è formata da giocatori fisici e atletici che mediante il pressing e il predominio fisico possono mettere in difficoltà. Massimiliano Allegri ha dunque scelto un undici con molte seconde linee e giocatori all’esordio dal primo minuto, che potessero però offrire una fisicità tale da non soffrire contro la squadra clivense.
Allegri schiera un 4-3-3 caratterizzato da un ampio turnover che vede l’esordio in una gara ufficiale di Wojciech Szczesny alle spalle della difesa a 4 composta da Lichtsteiner, Rugani, Benatia, Asamoah e due linee di 3 uomini. A centrocampo giocano Sturaro e Matuidi in posizione di mezz’ala destra e sinistra, con Pjanic in cabina di regia e l’attacco è costituito dagli esterni Douglas Costa e Mandzukic e la punta Higuain.
Il Chievo entra in campo con il 4-3-1-1-1 costituito (partendo da destra) dall’esperto Sorrentino in porta, Cacciatore, Dainelli, Gamberini e Gobbi in difesa, Castro, Radovanovic e Hetemaj a centrocampo e Birsa alle spalle del duo d’attacco formato Pucciarelli e Roberto Inglese, neoacquisto del Napoli lasciato in prestito a Verona.
La Juventus inizia la partita in modo aggressivo, orientando il pressing sull’uomo, creando densità in zona palla e difendendo posizionalmente in un 4-5-1, con Sturaro che spesso si alza sulla linea degli attaccanti formando il consueto 4-4-2. Durante la gara la squadra di Allegri ha concesso perlopiù tiri da fuori (10 su 15) e l’unica grande occasione del Chievo è stata un colpo di testa di Pellissier all’interno dell’area di porta che ha sfiorato il secondo palo. Rispetto alla partita contro il Genoa la Juventus è riuscita a gestire bene le transizioni negative, stroncandole sul nascere grazie al pressing della linea di centrocampo e gli anticipi dei centrali.
Il pressing nel 4-4-2 in fase di non possesso. Da notare Matuidi che si alza sulla linea di Higuain.
In fase di possesso della Juventus il Chievo ha coperto molto bene gli spazi centrali, forzando la manovra avversaria sugli esterni e inducendo al cambio di gioco sul lato debole; un’altra soluzione per evadere il pressing del Chievo è stato il lancio lungo verso Mandzukic (eseguito già molteplici volte la scorsa stagione) e Higuain, spesso isolato alle spalle del centrocampo clivense.
In fase di non possesso la squadra di Maran, disposta in un 4-3-3, ha effettuato anch’esso un pressing orientato sull’uomo con le mezz’ali che si allargano sui terzini e Pucciarelli e Inglese che pressano i centrali di difesa coprendo le linee di passaggio verso il centro mentre Birsa e Radovanovic escono aggressivi rispettivamente su Pjanic e Matuidi. Come menzionato in precedenza, questo ha indotto la Juventus ad uscire per vie esterne e a sovraccaricare la zona palla per cambiare gioco sul lato debole. Per rendere più fluida la manovra offensiva bianconera, Douglas Costa o Sturaro avrebbero potuto accentrarsi per occupare la zona di campo orfana di Radovanovic, alzatosi in pressing su Matuidi, e delle mezz’ali in uscita sui terzini, lasciando un vuoto a centrocampo; tattica però non adottata dalla Juventus.
Il 4-3-3 del Chievo in fase di non possesso con Birsa che marca Pjanic a uomo.
Grazie ad i suoi 1,87m di altezza, Roberto Inglese agisce da riferimento centrale per i lanci lunghi (4 duelli aerei su 6 vinti) e per i cross, ed in fase di possesso il Chievo viene schierato con un 4-3-1-2 nel quale i giocatori vanno alla ricerca costante dell’attaccante pugliese mediante lanci lunghi, per allungare le maglie della difesa bianconera .
Con l’ingresso di Paulo Dybala al 54esimo la Juventus passa al 4-2-3-1, allargando Sturaro sulla fascia destra. La nuova disposizione ha permesso alla Juventus di risalire il campo con maggior qualità e facilità grazie ai movimenti incontro di Dybala; inoltre l’argentino, al contrario di Douglas Costa, ha occupato la zona lasciata libera da Radovanovic e dalla mezz’ala. Sulle rispettive fasce, Matuidi e Sturaro pressano il terzino e la mezz’ala cercando di recuperare la palla alta. Questa partita non ha offerto spunti tattici particolari, tranne forse lo stazionamento sulla trequarti avversaria consequenziale al ritorno al 4-2-3-1 che ha permesso ai giocatori della Juventus di accorciare meglio e recuperare il pallone in zone avanzate del campo.
Le note positive della gara sono sicuramente Dybala, che sembra un giocatore diverso da quando gli è stata assegnata la numero 10, Bentancur, che come a Genoa ha disputato 10 ottimi minuti, Pjanic che migliora di partita in partita e gli esordi dei nuovi acquisti. L’unica nota negativa è il 4-3-3, che però non può essere bocciato, dato che molto probabilmente la causa dello scarso successo è da attribuire agli interpreti.
La Juventus ha avuto un buon inizio di campionato e al contrario delle passate stagioni, già a settembre pare avere delle idee di gioco, da migliorare sicuramente, ma la squadra di Allegri sembra essere a buon punto. Il vero test sarà martedì, contro il Barcellona.
Juve-Chievo 3-0: Inno alla Joya all’Allianz Stadium
L’inno alla gioia è stato il punto sulla carriera di Ludwig Van Beethoven. La fine, il suggellamento di un qualcosa che doveva avere un inizio e finire ancora meglio di come fosse cominciato. É il 54′ minuto il momento in cui la platea si siede, dopo un primo caloroso applauso, pronta ad assistere ad una nuova forma di spettacolo fino a quel momento tutt’altro che soddisfacente. Entra Paulo Dybala e una Juve accartocciata, confusa e fuori tempo ritrova il suo direttore d’orchestra. E il match, signori e signore, finisce qui.
54 minuti appunto dove all’Allianz Stadium è un “si salvi chi può” (e tra questi c’è di sicuro il gregario Asamoah), manifestazione di una strategia conservativa sì (con vista Camp Nou), ma ancora troppo sgranata per essere vera. Il Chievo è comunque davvero pochissima cosa là davanti, quindi per oggi va bene anche così. Il 4-3-3 schierato dall’inizio è sembrato un po’ la sintesi di voler unire l’utile al non dilettevole, sintomo più di un cercato pragmatismo che di una vera e propria bozza di formazione sperimentale e riproponibile. Fuori gli acciaccati e i ritornanti dai voli transatlantici i bianconeri appaiono tecnicamente sotto tono e tatticamente bloccati. Mandzukic è la brutta copia dell’anno scorso, nel senso che fa inutilmente tutta la fascia avanti e indietro, dimenticandosi che a coprirgli le spalle c’è Matuidi. Costa è ancora fuori dal gioco e Sturaro (nonostante una discreta partita) è pur sempre Sturaro. Ci basta tuttavia un autorete nel primo tempo per affrontare la ripresa con una maggiore tranquillità e con la consapevolezza di avere in panchina l’uomo più in forma del campionato. E infatti è stato sufficiente che il sipario si sia chiuso per un attimo e poi riaperto per far cambiare la musica. Perché all’Allianz Stadium, da un po’ di tempo, ci sono ormai due inni, non solo quello ufficiale Juventus…
Gianluca Cherubini.
Juve-Chievo 3-0 / Scorbutica, tipica e indicativa (bentornato Benatia)
La Juve è come il Bayern Monaco, a meno che guardiate la Bundesliga; la Juve vince di forza e situazioni, vince di slancio e con i campioni, vince perché è programmata per vincere. Vince anche contro il Chievo, alla terza, spazzando le macchie della Supercoppa e del primo tempo di Marassi. Perché conta il nove su nove disponibili, conta segnare la differenza dal surreale abbrivio di due stagioni fa quando il Chievo arrivò a Torino proprio alla terza: un rigore di Dybala, calciato a quota zero punti, strappò una pareggio e nessun sorriso. Eppure quel pallone, in quel momento, e a poche settimane dall’approdo in bianconero dell’argentino, pesava un quintale. Non per i tifosi, ma per quel taburet di campione per cui la Juventus accettò di pagare un sovrapprezzo allo stretto valore di mercato del momento (i 40 milioni di allora sono 60/70 di adesso, stando alle proporzioni del mercato). Due anni dopo entra, ha la 10, il risultato non è proprio al sicuro ma ce la si cava in qualche maniera, il Chievo al solito parte con i suoi campionati “scarichi” dove si fanno tutti i punti utili nel girone di andata, e quella palla pesa come una piuma. Paulo Dybala non ha più bisogno di scaricarla, ma solo di accarezzarla. Le leggi della sua fisica, sempre a segno in gare ufficiali fin qui nel 2017/18, sono state ribaltate. Il 50% del merito è tutto suo, per attribuire il rimanente 50 ci si potrebbe accapigliare. Se ne riparlerà più avanti: ottimo step potrebbe essere la conclusione del girone di Champions League.
“La partita che doveva essere“, recita l’uomo che vive ormai solo più per la Champions. Del gioco a lui importa ancora meno dell’anno passato. E’ l’uomo che ha spazzato via Conte, Del Piero, Pogba, perfino Platini nonché le recite estive su Iniesta, Kroos e Verratti. “Avanti, avanti. Che ho fretta di arrivare a maggio“. Nota bene: a maggio, non a Kiev. Perché costui è anche un uomo furbo. Molto furbo. Quasi furbo come Allegri (che del 4-3-3 visto contro il Chievo mai farà sapere cosa ne abbia veramente tratto).