Missione compiuta

La Juve va agli ottavi di Champions grazie al 2-0 sull’Olympiacos firmato Cuadrado e Bernardeschi

Missione compiuta: la Juve supera l’Olympiacos ed è agli ottavi di Champions. Il 2-0 con cui i bianconeri tornano da Atene non sarebbe neanche servito per passare il turno, visto che il Barcellona ha superato con analogo punteggio lo Sporting, ma i bianconeri fanno da soli e con la rete di Cuadrado nel primo tempo e quella di Bernardeschi in chiusura di gara regolano la pratica.

CUADRADO COLPISCE

Come annunciato alla vigilia Allegri deve rinunciare a Pjanic e Buffon, premiato prima della partita dal vicepresidente dell’Olimpiacos Savvas Theodoridis, ma ripropone comunque il 4-2-3-1, con Douglas Costa e Cuadrado ai lati di Dybala e alle spalle di Higuain.
Il Karaiskakis è rinomato per essere uno stadio caldo e mantiene le promesse spingendo i suoi a chiudere dignitosamente il girone e non trattenendo il fiato neanche quando Dybala fa secco Nikolaou e cerca l’angolino, trovando però una deviazione in angolo. Al 15′ però per un attimo anche i tifosi più irriducibili si ammutoliscono, quando Matuidi pesca Alex Sandro con fendente di quaranta metri e il brasiliano centra per Cuadrado che, solo nell’area piccola, deve solo appoggiare in rete. Un’azione da manuale che è il giusto premio per l’indiscussa supremazia dei bianconeri, impensieriti solo da un destro dalla distanza di Elabdelleaoui, bloccato da Szczensy in due tempi.

SZCZESNY, CHE RIFLESSI!

La Juve continua a comandare il gioco anche dopo il vantaggio e dà più volte la sensazione di poter raddoppiare: ad esempio con Cuadrado che, servito da Higuain in area, viene anticipato dall’uscita di Proto, o con Douglas Costa, che approfitta di un passaggio errato di Nikolaou, ma si allarga troppo e non riesce a concludere. Il dominio è netto e non riuscire a tradurlo in un punteggio più ampio è un delitto, anche perché potrebbe bastare un episodio a complicare le cose. Come quello che alla fine del primo tempo vede Nikolaou staccare più alto di tutti sugli sviluppi di un corner e servire Djurdjevic, appostato a due passi dalla porta. L’attaccante serbo schiaccia di testa, ma Szczesny ha un riflesso prodigioso e, pur preso in contro tempo, riesce a respingere con il piede.

ORGOGLIO GRECO

Il portiere è protagonista anche in avvio di ripresa, anche perché i bianconeri sono meno precisi nell’impostare e a finiscono per lasciare l’iniziativa all’Olympiacos, vicino al pareggio prima con il destro di Pardo e poi con l’incursione di Marin. Le due occasioni neutralizzate da Szczesny finiscono per rinvigorire i greci e per far ulteriormente aumentare il volume del tifo del Karaiskakis. Allegri corre ai ripari sostituendo Dybala con Pjanic e avanzando il raggio d’azione di Khedira nella zona occupata in precedenza dall’argentino. Poco dopo tocca a Rugani rilevare Barzagli ed è proprio il nuovo entrato a duellare in area con Ben Nabouhane, quando l’attaccante delle Comore arriva per primo sul traversone di Koutris e centra in pieno l’incrocio dei pali.

BERNARDESCHI CHIUDE I CONTI

Allegri spende l’ultimo cambio mandando in campo Bernardeschi al posto di Cuadrado e la mossa è azzeccatissima: l’azzurro si presenta con una sventola dai venti metri respinta non senza difficoltà da Proto e, al 90′ entra in area dalla sinistra, salta Koputris e piazza sul secondo palo il pallone che chiude i conti. La Juve vola agli ottavi e, soprattutto, dopo quella di Napoli, centra la sua seconda esterna in quattro giorni. Un ottimo biglietto da visita in vista del prossimo match con l’Inter.

OLYMPIACOS-JUVENTUS 0-2

RETI: Cuadrado 15′ pt, Bernardeschi 45′ st

OLYMPIACOS
Proto; Elabdellaoui, Engels, Nikolaou, Koutris; Romao, Tachtsidis; Pardo, Odjadja (17′ st Fortounis), Sebà (1′ st Marin); Djurdjevic (26′ st Ben Nabouhane)
A disposizione: Choutesiotis, Botià, Androutsos, Gillet
Allenatore: Lemonis

JUVENTUS
Szczesny; De Sciglio, Barzagli (26′ st Rugani), Benatia, Alex Sandro; Khedira, Matuidi; Cuadrado (39′ st Bernardeschi), Dybala (17′ st Pjanic), Douglas Costa; Higuain
A disposizione: Pinsoglio, Asamoah, Marchisio, Mandzukic
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Fernandez Borbalán (ESP)
ASSISITENTI: Cabanero (ESP), Barbero Sevilla (ESP)
QUARTO UFFICIALE: Martínez (ESP)
ARBITRI D’AREA: Estrada (ESP), Martinez Munuera (ESP)

AMMONITI: 32′ pt Koutris, 43′ pt Djudjevic, 4′ st Benatia, 10′ st Engels

Olympiacos-Juve 0-2: che sia solo il primo passo

bernardeschi

Cuadrado più Bernardeschi, sono i due esterni d’attacco a decidere il match in casa dei greci dell’Olympiacos, una vittoria che vale il pass per gli ottavi di finale di Champions League: traguardo che poteva essere tagliato molto prima di stasera, ma che la Vecchia Signora alla fine è riuscita a mettere al riparo dagli attacchi dello Sporting Lisbona, sconfitto nell’altra sfida del girone contro il Barcellona.

Ha cominciato subito forte la Juve, anche se qualche imprecisione di troppo, portata avanti poi lungo l’arco di tutta la partita, ha visto finire col nulla di fatto più di un’azione potenzialmente pericolosa. Il gol dello 0-1 ricorda molto da vicino quello che permise alla squadra di Allegri di cominciare la rincorsa nel campionato di due anni fa, quello siglato nel derby d’andata proprio da Cuadrado, proprio servito da Alex Sandro. Le note stonate della serata arrivano, però, ancora una volta dal brasiliano, evidentemente sconnesso mentalmente e a tratti indisponente. Da rivedere anche Khedira, che ormai in tal senso non fa più notizia, e Dybala: la speranza è che la Joya si sia tenuto fra i piedi le giocate giuste in vista dei match caldi che attendono la Juve in A contro Inter e Roma prima di Natale. Grande impatto sul match, invece, per Bernardeschi: entrato nella fase finale, molto attivo sia nel dialogo coi compagni che in fase di conclusione, lì dove sfiora prima il gol e poi lo trova alla sua maniera, con tiro secco sul secondo palo rientrando da destra, dopo un’ottima azione corale con un prolungato possesso palla poi sfociato appunto nella giocata individuale dello 0-2.

Adesso bisognerà attendere un infuocatissimo sorteggio per capire con chi se la vedrà la Vecchia Signora a febbraio/marzo, nel frattempo ci sarà tutto il tempo per tentare di fare quello che Allegri promette da ormai qualche settimana: mostrare la vera Juve, prima in campionato, poi appunto quando sarà negli ottavi.

Fabio Giambò.

Del centrocampo a due con questo Khedira

La Juventus raramente ha giocato dei bei gironi di Champions. Quello di quest’anno non ha fatto eccezione ma poco male: tanto, “la vera Champions inizia a febbraio” (cit.).

Tuttavia, per quanto forse sia eccessivo esaminare con la lente d’ingrandimento la partita del Karaiskakis, molte delle difficoltà emerse in terra greca sono purtroppo una costante della stagione bianconera.

Nella ripresa, la Juve ha fatto male soprattutto per i molteplici errori tecnici dei propri interpreti in tutte le fasi, Dybala su tutti, che hanno perso una mole di palloni e vanificato situazioni interessanti. Basti pensare al grossolano svarione di Barzagli, che servendo una Joya braccata da due avversari ha provocato una delle occasioni più nette dell’incontro.

 

Tatticamente, però, la mediana a due (o meglio, questa mediana a due) ha mostrato seri limiti, soprattutto nel secondo tempo, che hanno dato verve all’Olympiakos e fatto soffrire la Juve. Prima di tutto, con Khedira e Matuidi è mancato un riferimento nella costruzione dal basso. In tal modo, si è spesso provato a risalire il campo quasi unicamente con azioni individuali, che non sempre andavano a buon fine.

Inoltre, si sono rivelati fallimentari i tentativi di pressione più alta, coi due centrocampisti – anche mal accompagnati dal resto della squadra – fuori tempo, si p quindi creato parecchio spazio alle loro spalle. In una di queste situazioni, solo la provvidenziale uscita di Benatia (con intelligente uso del fallo tattico) ha evitato un’azione pericolosa.

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La squadra è parsa indecisa se adottare larghe fasi di difesa posizionale come a Napoli o se invece approcciare tentativi di recupero palla più in avanti. Il risultato è che si è vista una fase di non possesso inefficiente per larghe fasi della ripresa: Dybala né schermava i mediani né aggrediva il portatore di palla, col 442 che ha coperto  male il centro del campo. Una squadra poco palleggiatrice (eufemismo…) come l’Olympiakos è quindi riuscita a trovare con continuità l’uomo tra le linee, approffittando di coperture degli spazi errati, con troppa libertà sulla trequarti e retroguardia scarsamente protetta. Ergo, reparti sfilacciati tra loro.

 

 

In realtà, l’ingresso di Pjanic e Dybala non è stato dovuto solo allo scarso stato di forma dell’argentino, bensì all’esigenza di rinforzare un centrocampo costantemente in affanno. E, pur senza un impatto monstre sulla gara, il bosniaco ha per lo meno reso più qualitativa la costruzione dal basso, aggirando con più continuità il pressing greco, intenso ma allo stesso tempo confuso.

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In generale, la Juve sa svolgere in modo perfetto, per tutti i 90′, partite difensive in cui si mantiene il baricentro basso, non lasciando quasi spiragli agli avversari. Il problema è quando si cerca (vedasi Sampdoria-Juve), per intenzione o necessità, di alzare il proprio raggio d’azione: la squadra non sa stare corta e viene bucata con relativa facilità, con la difesa non è protetta a dovere.

Senza dubbio, tutto ciò viene accentuato quando si gioca a due in mezzo – anche considerando che, con l’eccezione di Matuidi, in mezzo al campo la Juve non possiede atleti molto dinamici, basti pensare a un Khedira in grosso affanno -, ma è sbagliato ridurre tutto alla quantità di centrocampisti schierati da Allegri. Senza arrivare fino a Juve-Lazio, anche contro l’Olympiakos a tratti Matuidi e Khedira si sono fatti attrarre eccessivamente dal pallone lasciando Pjanic in totale solitudine contro le ripartenze avversarie.

 

 

 

Insomma, quando c’è da difendere bassi, i bianconeri sono un meccanismo in qui quasi tutto funziona alla perfezione. I problemi sorgono quando ci si trova costretti a giocare in spazi più larghi: diversi uomini sono in affanno e i reparti paiono scollegati tra loro, soffrendo anche contro avversari impronosticabili. La Juventus, quindi, non si può ancora definire corta come vorrebbe.

Jacopo Azzolini.

6a Champions League: Olympiacos – Juventus 0-2

di Andrea Lapegna

Troppa Juve per l’Olympiacos: i bianconeri si qualificano agli ottavi di Champions League senza troppi patemi


I gironi di Champions League regalano, specialmente all’ultima giornata, sfide dal sapore molto diverso per le squadre coinvolte. L’Olympiacos sta vivendo stagione poco felice. Un solo punto in 5 partite di Champions, peraltro arrivato in maniera inaspettata con il Barcellona, e secondo in Superleague ad un punto dai cugini dell’AEK – dopo aver già compiuto il primo avvicendamento in panchina. La partita per loro aveva poco da dire, ma l’ultimo match in Europa è un’occasione per i tifosi per dimostrare il proprio dissenso. La Juventus, dal canto suo, non ha la qualificazione a rischio, ma semmai l’incognita di potersi complicare la vita in caso di risultati clamorosi a Barcellona. Insomma, l’occasione giusta per far vedere di che pasta son fatti i vice-campioni, anche per dare un mini-segnale alla massima competizione europea.

Per questo, Allegri sceglie il 4-2-3-1 d’ordinanza, cambiando quei pochi interpreti la cui presenza o meno non pregiudica il sistema di gioco, né tantomeno la filosofia. Szczęsny e la mediana Khedira-Matuidi sono le novità più importanti. O forse, altrettanto importante è dare continuità a Douglas Costa, schierato largo a sinistra con Cuadrado a destra.

Come nel match di andata, l’Olympiacos sceglie un 4-3-3 talmente accorto che sa di 4-1-4-1. La formazione ellenica è pensata per mettere sabbia negli ingranaggi bianconeri, puntando a disseminare il campo di duelli individuali in cui far affogare le ambizioni della Juventus. Un ruolo centrale è rivestito da Panagiotis Tachtsidis, vecchia conoscenza del calcio italiano.

Il piano gara dei greci prevede grande intensità nei primi minuti di gioco. Paradigmatici proprio i primi istanti, in cui la formazione di casa è venuta a pressare il portatore juventino sino al portiere. L’approccio alla partita è molto fisico: il pressing è accompagnato da tackle al limite del regolamento, la corsa degli uomini si ferma solo sull’avversario, con lo scopo di mettere in evidenza eventuali problemi individuali. D’altronde è pur vero che la Juve non schiera i migliori palleggiatori né in difesa né in centrocampo.

Sedici secondi di gioco e l’Olympiacos è già tutto nella metà campo avversaria, con la Juventus che collassa a destra sotto il peso della pressione greca. Barzagli, anziché cercare l’appoggio corto su De Sciglio, tenterà il lancio lungo.

I trigger della pressione sono molteplici, come il passaggio al terzino, o tra centrali, o anche all’indietro. Quando Barzagli porta palla, infatti, non esce nessuno. Il contraltare di questa strategia è che quando la Juventus riesce a superare la prima pressione senza rallentare i ritmi di gioco, trova la squadra avversaria insostenibilmente lunga. Buon esempio di queste situazioni è la prima occasione del match, il tiro di Dybala scacciato via da Proto.

Dal canto suo la Juventus non sembra avere fretta. Alterna la paziente (per quanto consentito) costruzione bassa e le accelerazioni verticali, a fasi di difesa posizionale ordinata e concentrata. Per giunta, l’Olympiacos non ha particolari sistemi per far risalire il pallone, e ricorre spesso e volentieri al lancio lungo verso la prima punta, al fine di attaccare poi le seconde palle. Nella prima frazione di gioco la partita vive di ritmi abbastanza alti.

Un’ulteriore zona grigia del piano dell’Olympiacos è rappresentata dalle situazioni di gioco in cui la prima pressione non ha portato i propri frutti. Il blocco del 5-4-1 è stretto tra la volontà di potenza del pressing e l’imperativo categorico di negare la profondità alle frecce bianconere. Con poca efficacia, dato che sia Costa che Cuadrado hanno potuto effettuare tagli profondissimi dietro la linea difensiva, fino ad arrivare sula fascia opposta. Inoltre, per quanto ci sia turnover, le qualità dei bianconeri rimangono assolutamente superiori a quelle degli avversari. Queste due considerazioni sono entrambe presenti nel gol del vantaggio della Juventus: il movimento di Alex Sandro è perfetto, ancorché scolastico. Elabdellaoui è un complice forte, perché prima lascia tre metri tra sé e l’avversario, poi legge in ritardo sia la finta del brasiliano che il lancio di Asamoah (su cui comunque è in ritardo la copertura dell’ala). Alex Sandro è già sul fondo, e Cuadrado può depositare in rete, sfruttando anche la scompaginazione della difesa greca provocata dalla percussione del compagno.

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Il vantaggio ospite ha spento lo spirito ellenico. Il pressing ha perso di coordinazione, tanto che la punta Đurđević si è lamentata più volte con i propri compagni per un’immeritata solitudine tra i centrali bianconeri. Il tutto ha rafforzato l’autostima della Juventus, che nei minuti immediatamente successivi alla rete ha preso fiducia anche nelle giocate. I dialoghi sono più stretti, più interni, ed avanzati. Dybala è coinvolto in porzioni di terreno più alte, e può appropriarsi della amata zona 14. Per di più, il compito degli avanti è facilitato da un paio di errori da matita rossa da parte dei centrali di centrocampo.

Ma anche in altre posizioni gli scambi sono più proficui. Menzione speciale in questa fase di gioco per Mattia De Sciglio, prodigatosi in sovrapposizioni interne da applausi (per Allegri) e in ottime chiusure difensive. Dialoga bene con il proprio punto di riferimento in avanti (Cuadrado), con quello interno (Khedira) e anche con gli altri difensori in uscita dal pressing, prendendosi persino qualche rischio. Segno che c’è sia fiducia che concentrazione.

La partita viaggia infatti su binari emotivi, prima ancora che tattici. Ma sono i binari che vuole la Juve. Qualsiasi situazione è imputabile alla vena bianconera: quando vuole accelera dà l’impressione di poter far gol a piacimento, quando si rilassa gli avversari possono mettere il naso fuori (com’è successo quando ci hanno ricordato che bel portiere è Szczęsny).

Il secondo tempo comincia all’insegna di una miriade di errori tecnici, da entrambe le parti. Questo provoca cattive spaziatura, repentine accelerazioni nel ritmo partita e altrettanto improvvise frustrazioni delle velleità delle due squadra. Posso dire senza paura d’essere smentito che non sembrava quasi una partita di Champions League. La serie di passaggi a vuoto della Juventus, prima mentali e poi tecnici, ha dato nuova linfa alla manovra biancorossa. D’altra parte il recupero palla ha beneficiato degli errori dei giocatori bianconeri, proiettando l’azione dei greci in porzioni avanzate del campo in maniera del tutto estemporanea e gratuita.

Il cambio di Dybala (opaco) per Pjanić è stato più di un accorgimento tattico. Ha permesso alla squadra di avere un centrocampista in più, e anche di esercitare più controllo sul pallone. Il che ha definitivamente spento gli ardori degli avversari. Sul finale, il gol di Bernardeschi – cercato, quasi che Allegri gli avesse detto di provarci dalla media-lunga distanza – ha suggellato il punteggio sullo 0-2 finale. Il gol è da attribuirsi alla lunghezza insostenibile della squadra greca, e alle capacità del 33 bianconero.

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Al netto degli errori della Juve, che ha praticamente messo il pigiama dopo il primo gol, l’Olympiacos ha dato saggio delle ragioni che la collocano all’ultimo posto del girone. Nonostante un avversario annoiato, i greci non hanno saputo sfruttare la svagatezza della Juventus, con errori tanto in impostazione che in rifinitura è in finalizzazione. La scelta di giocarsela sul piano dell’aggressività ha finito per fagocitare la squadra stessa, dal momento che i reparti si sono allungati molto, troppo perché la Juve non ne approfittasse. Dal canto suo, e tralasciando gli errori tecnici pachidermici, la Juventus ha saputo mantenere una struttura compatta, efficace, e un buon dialogo tra centrocampisti.

Nel 4-2-3-1 senza Pjanic, è Khedira ad abbassarsi per far uscire il pallone. Passmap cortesia di 11tegen11

Come è stato detto nell’ultimo podcast, ci si attendeva acché la Juventus vincesse in scioltezza, pur con un significativo turnover, ma l’importante è che la vittoria arrivasse “senza psicodrammi”. Così è stato, anche se effettivamente la Juventus ha rischiato più di quanto fosse lecito aspettarsi. È difficile descrivere perché, ma in redazione abbiamo tutti avuto la sensazione che la partita era in pugno (sì, anche sulla traversa dell’Olympiacos). Non sono in grado di spiegare le ragioni, ma è come se la squadra sapesse di vincerla: anche se si fosse preso gol, era assolutamente plausibile farne un altro subito dopo. Non chiedetemi spiegazioni razionali per quest’ultima frase, non ne ho. La qualità più impressionante di Allegri – e di conseguenza della squadra – è l’impeccabile gestione psicologica e di partite importanti e giocatori.