Alex-gol, Signora, il Derby è tuo

Higuain lascia subito il campo per infortunio, ma il brasiliano, schierato attaccante per sopperire alle assenze, ripaga la scelta di Allegri con il gol decisivo.

La Juve vince il terzo Derby stagionale di misura, mostrando con un carattere e una qualità che vanno ben oltre lo 0-1 finale firmato da Alex Sandro, che ripaga nel miglior modo possibile la scelta di schierarlo come punta per sopperire alle assenze. E a proposito di assenze: perdere Higuain per infortunio dopo pochi minuti, avendo già fuori mezzo attacco, sarebbe un colpo durissimo per qualsiasi squadra. La Juve, questa Juve, invece sa esaltarsi di fronte alle difficoltà e riesce comunque a condurre la partita, annullando gli avversari e imponendo il ritmo che le è più congegnale.

LA JUVE PERDE HIGUAIN

L’episodio che potrebbe risultare decisivo e che i bianconeri riescono invece a superare senza scorie arriva subito: Pjanic viene seguito ovunque da Baselli, ma dopo appena tre minuti riesce comunque a servire un pallone goloso a Higuain, anticipato in area dall’uscita a valanga di Sirigu. Nello scontro l’argentino rimedia un colpo duro alla caviglia, prova a stringere i denti, ma al 16′ costretto a lasciare il posto a Bernardeschi. E così la Juve, già priva di Mandzukic influenzato e di Cuadrado, ancora in via di recupero, perde anche il Pipita e Allegri deve reinventare completamente l’attacco. Alex Sandro aveva già iniziato la gara come esterno alto di sinistra e ora la prima punta è Bernardeschi, mentre a destra agisce Douglas Costa, l’unico dei tre non fuori ruolo. Non è un caso che sia proprio il brasiliano a trovare il fondo e a pennellare per Asamoah, che incrocia di sinistro e costringe Baselli ad un salvifico intervento a pochi passi dalla linea.

BERNARDESCHI INVENTA, ALEX COLPISCE

Anche a causa dell’infortunio di Higuain la gara stenta a decollare. Il Toro, aggressivo e ordinato, concede ben poco e quando riparte cerca di sfruttare l’ottima condizione di Belotti, che arriva a girare sull’esterno della rete lo spiovente di Iago Falque. La Juve aspetta, prende le misure ai granata concedendo solo un colpo di testa di De Silvestri bloccato da Szczensy, e pian piano, nonostante manchi un punto di riferimento come il Pipita, ritrova le proprie geometrie. I campioni del resto sanno adattarsi anche posizioni diverse da quelle abituali e così, dopo una punizione di Pjanic respinta da Sirigu, ecco che la giocata risolutrice arriva proprio dalle due punte “riadattate”: Alex Sandro parte centralmente e apre per Bernardeschi sulla destra. L’ex viola brucia Molinaro con un guizzo e chiude l’ampio triangolo con il brasiliano che segue l’azione e, appostato nell’area piccola come un attaccante di razza, deve solo spingere in rete.

TORNA DYBALA

Il Toro ha meno soluzioni e meno idee dei bianconeri e Mazzarri prova a ravvivarle nella ripresa con l’ingresso di Niang al posto di Baselli. Allegri risponde al 21′, richiamando Douglas Costa e inserendo Dybala, che va ad occupare l’antica posizione di centravanti. Al primo pallone toccato, la Joya tenta un di anticipare l’uscita di Sirigu con il destro, mettendo a lato. Al secondo, colpisce di prima intenzione il cross di Alex Sandro e spara alto da buona posizione. Al terzo, ubriaca di fine N’Koulou, ma calcia debolmente dal limite. Tutto in tre minuti. L’impatto dell’argentino sul match è notevole e costringe il Toro ad una maggiore attenzione in fase difensiva. I granata si rifanno vivi in avanti solo con un’iniziativa personale di Iago Falque, neutralizzata da Szczesny senza problemi. La Juve non va mai in affanno, fa girare il pallone e tiene gli avversari ben lontani dalla propria porta, rimanendo in assoluto controllo del match fino al fischio finale di Orsato, che decreta un successo meritato e pesantissimo. Non solo per la classifica e per la supremazia cittadina, ma anche e soprattutto perché afferma, ancora una volta, che questa squadra può trovarsi di fronte a mille difficoltà, a infortuni e defezioni improvvise, ma ha il carattere, la classe e l’esperienza, per mantenere sempre e comunque la propria identità. Un’identità vincente.

TORINO-JUVENTUS 0-1

RETI: Alex Sandro 33′ pt

TORINO
Sirigu; De Silvestri (35′ st Edera), N’Koulou, Burdisso, Molinaro; Rincon; Iago Falque, Baselli (10′ st Niang), Obi (27′ st Acquah), Ansaldi; Belotti
A disposizione: Milinkovic-Savic, Ichazo, Moretti, Bonifazi, Barreca, Valdifiori, Berenguer, Ljajic
Allenatore: Mazzarri

JUVENTUS
Szczesny; De Sciglio, Rugani, Chiellini, Asamoah; Khedira, Pjanic, Sturaro; Douglas Costa (21′ st Dybala) , Higuain (16′ pt Bernardeschi, 47′ st Lichtsteiner), Alex Sandro
A disposizione: Buffon, Pinsoglio, Barzagli, Howedes, Benatia, Bentancur, Marchisio, Bernardeschi
Allenatore: Allegri

ARBITRO: Orsato
ASSISITENTI: Di Fiore, Tegoni
QUARTO UFFICIALE: Banti
VAR: Irrati, Vuoto

AMMONITI: 20′ st De Sciglio, 47′ st Molinaro

Torino-Juve 0-1: rischio calcolato, ora la svolta

Ci sono momenti della stagione nei quali bisogno essere bravi, aspettare, soffrire, tentare di limitare i danni e cercare dopo di dare tutto quello che rimane per arrivare a raccogliere i risultati posti come obiettivi: il match di oggi in casa del Torino è una di queste tappe, una di quelle partite nelle quali hai solo da perdere, e che ti ritrovi costretto a giocare con l’handicap di un primo quarto d’ora regalato a causa dell’infortunio di Higuain (incrociamo le dita) che di fatto paralizza i compagni, dunque il gioco, ed anche Allegri che aspetta per capire meglio. Una partita totalmente rivoluzionata perché preparata in una certa maniera, ed invece ti ritrovi a dovertela giocare con Douglas Costa centravanti e Bernardeschi acciaccato in campo, oltre all’adattato Alex Sandro alto a sinistra, ma comunque preziosissimo non solo per il gol che decide tutto.

Novanta minuti di sofferenza che, botta ad Higuain a parte, ha visto il solito copione: Toro a picchiare, innocuo in fase offensiva, Vecchia Signora lenta seppur stavolta con tanti alibi, ma assoluta padrona della situazione. Szczesny è entrato in gioco solo per controllare tiri dalla lunghissima distanza, per il resto uno schermo praticamente perfetto con Pjanic direttore d’orchestra, e qualche solista che spezza l’equilibrio. Quei solisti che rispondono al nome di Bernardeschi, protagonista di un assist al bacio, quei solisti che rispondono al nome di Alex Sandro, gol da centravanti e tante altre belle cose lungo l’arco del match.

Dietro, come detto, nessun rischio: Rugani non fa rimpiangere Benatia, Chiellini è il solito attentone, De Sciglio regge bene contro chiunque giri dalle sue parti, anche contro Niang spendendo un intelligente cartellino giallo per un fallo tattico che rompe un contropiede granata che sarebbe potuto diventare molto pericoloso. Segnali di risveglio da Khedira, anche se ancora la condizione fisica sembra davvero lontana dall’essere accettabile per certi palcoscenici, meglio Sturaro, e qui permettete una piccola parentesi: se Marchisio non trova spazio neanche in questo contesto, significa che la sua via del tramonto sembra già essere a buon punto.

Tre punti importanti, si resta incollati al Napoli, dunque, si guarda all’infermeria sperando che non si riaffolli nuovamente, ed infine una speranza: o si svolta anche sul palleggio, sulla velocità d’esecuzione, su questo e quell’altro, o…

Fabio Giambò.

La flessibilità della Juve passa da Alex Sandro

sandro

Il successo ottenuto dalla Juventus nel derby è pesantissimo non soltanto in termini di classifica e di calendario (il Napoli se la deve vedere sia con Inter che Roma), ma anche per come pareva essersi messa la partita alla luce dell’infortunio di Higuain, che ha di fatto costretto Allegri a sperimentare e cercare soluzioni alternative vista l’assenza di una prima punta di ruolo. I bianconeri, infatti, sono comunque riusciti a centrare piuttosto agevolmente il successo contro una delle squadre più in salute del campionato.

Entrambi gli allenatori presentavano novità che sulla carta rendevano non semplice definire l’assetto tattico delle due compagini. Se per il Toro è stato fatto overthinking (si è visto un classico 433 con Ansaldi ala a tutti gli effetti sulla stessa linea di Iago e Belotti), la Juve ha mostrato, con Alex Sandro esterno, uno schieramento più flessibile: il brasiliano, fin da subito, ha agito infatti molto stretto verso il centro, con Asamoah alto a dare ampiezza a sinistra. Sull’altro lato, invece, Costa partiva più largo.

Con l’infortunio di Higuain (la sua sofferenza era visibile in particolare dalla totale rinuncia ad andare in pressing sul portatore di palla), i bianconeri – anche se con un interprete diverso – hanno replicato quanto fatto vedere in Juve-Genoa di Coppa Italia, ossia schierare un falso nueve (questa volta è toccato a Costa).

Non è scorretto dire che i veri attaccanti siano stati gli interni, che colmavano il vuoto alle spalle dell’ex Bayern. Rispetto a Dybala, poi, Douglas ha dato ancora meno riferimenti al centro, partendo anche da posizione più larga. Ne è un esempio il gol vittoria, dove il brasiliano è partito da sinistra, col centro dell’area riempito da Alex Sandro, Sturaro e Khedira. Paradossalmente, pur senza mezzali di grande livello tecnico negli ultimi metri, questa soluzione ha dato molta imprevedibilità alla Juve, con un elevato movimento senza palla in zona d’attacco.

Per il resto, i bianconeri hanno sofferto anche meno di quanto fosse logico aspettarsi contro un Toro che pure è privo di grande varietà nelle soluzioni offensive. Se nella prima parte di gara i granata hanno a tratti creato dei pericoli con qualche break e inserimento dell’ala su tracce interne (Iago Falque, su servizio di Ansaldi, non è arrivato di un soffio su una delle situazioni classiche del Toro di Mazzarri), nella ripresa non hanno praticamente mai dato la sensazione di poter creare anche solo qualche presupposto per fare male.

Il palleggio è stata davvero poca cosa e non è riuscito a disorganizzare minimamente la struttura difensiva della Juve. Con l’ingresso di Niang hanno provato a insistere sulla sinistra con decise percussioni a testa bassa dell’ex Milan, ma De Sciglio lo ha tenuto piuttosto bene (nota di elogio per il terzino, reduce da ottime prestazioni difensive).

Soffrendo anche meno di quanto fosse logico aspettarsi, Allegri ottiene quindi altri 3 punti importantissimi. Oltre a un Bernardeschi entrato bene come forse mai in stagione, sarà interessante vedere come ora il mister toscano intenda gestire il ritorno di Dybala, visto che il suo inserimento nel 433 era una delle incognite maggiori. Sperando che Higuain non abbia alcun problema grave, ovviamente.

Jacopo Azzolini

25a Serie A: Torino-Juventus 0-1

di Andrea Lapegna


Rimaneggiata al massimo, prima e durante la gara, la Juventus ha ragione di un Torino povero di idee grazie al talento dei singoli


La retorica de “il derby non è mai una partita normale” vive un nuovo capitolo alla venticinquesima giornata di campionato. La Juve si tuffa nella stracittadina con la necessità di smaltire le scorie mentali della rimonta subita in casa contro il Tottenham, ma anche con il bisogno di far sentire il fiato sul collo alla capolista Napoli. Il Torino invece, forte delle sicurezze acquisite dopo il cambio di allenatore, rispetta la tradizione che vuole il derby maggiormente sentito al di qua del Po. Mazzarri, peraltro, si presenta al derby con un ruolino di marcia perfetto in casa: 3 vittorie su 3 partite, 8 gol segnati e nessuno subito.

Con il ritorno di Coppa alle porte, Allegri misura con il contagocce il turnover (anche in considerazione degli infortuni). Così, in campo vanno: Szczęsny; De Sciglio, Rugani, Chiellini, Asamoah; Khedira, Pjanic, Sturaro; Douglas Costa, Higuain, Alex Sandro. La novità più importante è certamente l’avanzamento di Alex Sandro sulla linea degli attaccanti, complice l’attacco influenzale che ha colpito Mandžukić. A Sturaro il compito di non far rimpiangere Matuidi (in gruppo da lunedì). Anche Mazzarri devia dal percorso volto a far assimilare ai suoi giocatori quei principi di gioco che ne hanno definito nel tempo l’identità tattica. L’allenatore toscano manda in campo un 4-3-3 che si declina così: Sirigu; De Silvestri, Nkoulou, Burdisso, Molinaro; Rincón, Baselli, Obi; Ansaldi, Iago, Belotti.

Il piano gara della Juventus prevede l’attacco della circolazione bassa del Torino, ma a folate. Gli avversari hanno manifestato incertezze croniche nel far uscite palloni puliti dalla difesa e sebbene Mazzarri abbia aggiustato i problemi strutturali, la resistenza al pressing avversario rimane una criticità. A dire il vero, il pressing della Juventus si declina più con Khedira e Sturaro (specialmente dopo l’ingresso di Bernardeschi) che non con il tridente. Le due mezzali giocano in porzioni di campo talmente avanzate da essere loro a portare pressione sull’impostazione avversaria. In fase di possesso è l’interpretazione atipica di Alex Sandro a dettare gli sbocchi della manovra, e spesso anche i tempi: il brasiliano stringe molto la sua posizione di partenza, quasi fosse attratto magneticamente verso il centro del campo. È Asamoah allora, generosissimo nelle sortite offensive, ad aprire il campo da quel lato. D’altra parte l’asimmetria regna padrona nello schieramento di Allegri, e da quel lato passerà il 38% delle azioni offensive della Juve.

Due situazioni di pressing della Juve. Nella prima, la pressione e l’eventuale recupero palla sono affidati alle mezzali, prima ancora che agli attaccanti. Bernardeschi è chiamato in causa solo con il pallone al terzino (come poi accadrà in questa azione), mentre Sandro entra dentro il campo.
In quest’altra diapositiva Khedira e Sturaro sono profondissimi, con quest’ultimo che ha seguito il pallone sin da Sirigu e il tedesco che lo copre a destra. Bernardeschi è molto basso, fuori dall’inquadratura, con lo scopo di  farsi trovare pronto ed ostruire la risalita del campo tra mite le catene laterali.

Mazzarri ha scelto il 4-3-3 per mantenere la squadra compatta attorno al centrocampo della Juventus: in fase di non possesso, infatti, Ansaldi scende accanto ad Obi e la squadra si assesta su un più prudente 4-4-2. Le linee sono molto strette, e la squadra è attenta in campo, negando così il fraseggio alle catene laterali: il Torino avrà lungo tutta la partita una larghezza media di soli 27.56 metri, un dato molto basso. Questa formazione è stata preferita al tradizionale 3-5-2 probabilmente per rimanere corti e compatti senza rinunciare alla parità numerica a centrocampo. In fase di non possesso infatti, le consegne di Mazzarri sono semplici. La squadra stronge verso il centro del campo, e l’unica deroga ad una altrimenti difesa posizionale statica con orientamento sull’avversario è la marcatura di Baselli, a uomo pura, su Pjanić. Oltre, come spesso visto in altre squadre, al pressing sulle situazioni non dinamiche, ovvero le rimesse dal fondo e le rimesse laterali basse.

Allegri, dal canto suo, chiede che  il palleggio della difesa sia teso a liberare le mezzali per la ricezione avanzata e quindi l’appoggio ad Higuaín. Questo piano se ne va allegramente alle ortiche con l’infortunio del numero 9 bianconero, che va ad aggiungersi a Mandžukić, Matuidi e Cuadrado in fila all’infermeria. Senza rischiare (per adesso) Dybala, arruolato più per dargli minuti che non come vera e propria arma, Allegri manda in campo Bernardeschi (neanche lui al meglio) e sposta Douglas Costa in punta – come confermano le posizioni medie. Il brasiliano non è un falso nueve come lo abbiamo apprezzato nel Messi versione 2008/2009, e per quanto sia abile a venire incontro alla palla non ha la difesa della sfera spalle alla porta tra le sue caratteristiche migliori. Allora, gli scarichi alle mezzali devono essere elaborati velocemente per lanciare Sandro e Bernardeschi in profondità, ma il giochino non riesce spesso. A causa della densità del doppio esterno granata, e anche della maggiore aggressività della squadra di casa questa opzione non sarà praticamente mai percorsa. È una partita tesa e contratta, in cui nessuna delle due squadre riesce ad imporre il proprio contesto: la Juve per una scarsa gestione dei movimenti del centrocampo (nonché per il fisiologico riassetto dopo il cambio di centravanti) e il Toro a causa di povertà ideologica nella metà campo avversaria.

Infatti, Mazzarri ha sì impostato una partita reattiva – con piena legittimità e financo cognizione di causa – ma la squadra non ha gestito le ripartenze come l’allenatore si sarebbe atteso, soprattutto nel primo tempo, quando cioè la Juventus ne aveva concesse. Un’insolita superficialità da parte di Iago Falque si è andata ad aggiungere all’arcinota imprecisione tecnica di Belotti. Considerando che erano i due deputati a condurre i contropiedi granata, non una bella notizia per il Torino. A maggior ragione se pensiamo che la Juve, specialmente nella prima metà della gara, di potenziali ripartenze ne ha concesse, complice un assetto a centrocampo poco armonioso.

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In un derby il cui cronometro è spinto dall’inerzia, il gol non poteva che arrivare da giocate dei singoli. Per fortuna, è la Juve ad avere la scuderia migliore in questo senso. Pessima la scalata delle marcature in centro area del Torino; molto utile invece da parte nostra avere entrambe le mezzali in area. 

Una cosa che è mancata ai campioni d’Italia, specialmente nella prima frazione di gioco, è stata una circolazione palla efficace. Le posizioni avanzate di Khedira e Sturaro hanno rappresentato un deterrente in questo senso: da un lato privano la manovra di sbocchi naturali per il palleggio, e dall’altro portano Pjanić e Chiellini a forzare la giocata verticale. Non è un caso che Allegri abbia chiesto a più riprese una circolazione più prolungata e più pulita per stanare i granata dalle loro posizioni, ed è questa stessa circolazione che ha ridato geometrie e spazialità alla struttura posizionale della Juventus, in particolar modo sul finire della prima frazione. In questo sia la staticità di Khedira, sia l’incapacità di Sturaro a trovare la posizione hanno giocato un ruolo importante, in negativo.

Pjanic sta per entrare in possesso della sfera, ma le mezzali gli scappano via. Sturaro parte in moto perpetuo verso la metà campo avversaria e si autoesclude dalla manovra, Khedira è addirittura fuori inquadratura (!). Costa si abbassa, ma è seguito dal diretto marcatore, e Sandro deve venire dentro al campo nella posizione di mezzala. La scelta, conservativa, sarà per Chiellini (fuori inquadratura in basso a destra). 

Con una manovra asfittica sul groppone, nella ripresa Mazzarri inserisce Niang e passa al 4-2-3-1. In questo modulo è Iago Falque a pressare Pjanić, ma lo spagnolo gli lascerà diverse ricezioni fronte alla porta. In compenso, l’atletismo del francese arricchisce di soluzioni offensive il mazzo di carte del Toro. I granata sono forse più offensivi, ma a parte le iniziative individuali non sono soluzioni adeguate poiché manca un contesto tattico in cui sfruttarle.

Sull’altra panchina Allegri individua nel cambio di passo la necessità più stringente, per evitare che la partita sia lasciata agli episodi e mettersi al riparo da eventuali contingenze. Dybala prende il posto di Douglas Costa per prendersi il centro dell’attacco, e approfittare del maggiore squilibrio che il nuovo modulo ha portato in dote al Torino. L’argentino gioca da 9, e riesce a far spendere meglio l’associatività di Bernardeschi: nei 28 minuti in cui è stato in campo ha preso 3 falli a ridosso dell’area avversaria e tirato 3 volte verso Sirigu (una sola conclusione ha raggiunto il portiere azzurro), segno tangibile della centralità di Dybala nella manovra e nell’economia della squadra. Segnali positivi, soprattutto per la “voglia” con cui è entrato in campo.

Negli ultimi minuti la Juve lascia scemare la partita difendendosi con il possesso. Dybala diminuisce progressivamente il numero dei giri in fase di non possesso, mentre sia Sandro che Bernardeschi abbassano la loro posizione. La Juve adesso tiene le fasce con un 4-5-1 neanche troppo velato, mette la museruola ad un già docile Toro e congela la partita con grande forza mentale, senza concedere l’ombra di un’occasione ai cugini.

In conclusione, mi accodo alla narrativa da derby secondo cui notoriamente la classifica non conta ed è una partita particolare. Ma la scia del match porta in dote qualche preoccupazione, principalmente legate alle condizioni di Bernardeschi e di Higuaín. E se gli infortuni traumatici sfuggono al nostro controllo, ha destato qualche perplessità il vuoto a centrocampo. Sicuramente le posizioni altissima di Khedira e Sturaro sono state un’indicazione precisa di Allegri, ma ha provocato la litania ormai familiare che lascia Pjanić desolatamente solo a difendere le transizioni negative. I loro movimenti, tutt’altro che diatonici con lo spartito suonato dalla squadra, hanno penalizzato la fluidità e la resa corale, tanto che il modo preferito dalla squadra per risalire il campo è stato il lancio lungo (o le sgroppate di Chiellini palla al piede). Non solo, ma nel primo tempo il vuoto ha chiamato lo stesso Chiellini a salire accanto al bosniaco in impostazione, e sebbene le sue doti di lettura – con e senza palla – non siano in discussione, il pisano non è un regista e non può permettersi a sua volta di lasciare Rugani sistematicamente in uno vs uno. Se non altro questo ha permesso a Rugani di smentire le malelingue su di lui, con un’ottima prestazione. In modo opposto, è stato rinfrancante vedere la squadra limare gli estremismi e compattarsi con spaziature migliori sul finire del primo tempo, come richiesto dall’allenatore a gara in corso.

Le note positive su cui costruire le prossime partite vengono invece da Alex Sandro, MotM per distacco e gargantuesco in qualsiasi zona del campo; finalmente “leader”, ha coniugato il solito atletismo con un impeccabile decision-making come non gli capitava da tempo. Sugli scudi è stato anche Bernardeschi, che sta viaggiando a medie stratosferiche in termini di incidenza (un gol o assist ogni 75 minuti circa). La difesa tutta, a cominciare da Rugani, si è mostrata attenta e concentrata, concedendo nulla al Torino e alternando controllo dello spazio a marcature preventive come nella miglior tradizione allegriana. Si tratta di una vittoria indiscutibilmente importante, in un turno che era più difficile per la Juve che per il Napoli, ed Allegri si leccherà le ferite col sorriso della vittoria, ma deve ancora trovare l’assetto definitivo e soprattutto imparare sopperire con continuità e in modo sostenibile all’assenza di Matuidi.