Nove giornate. Poche. Ventisette i punti in ballo.
Il pareggio esterno con la Spal non deve far preoccupare quanto allo score: un pareggio in trasferta ci può stare; perché susseguente dodici vittorie, alcune delle quali a ridosso di impegni di coppa; e non intacca la differenza reti che, nella denegata ottica di un ex aequo finale, ci avvantaggia.
Il pareggio esterno con la Spal deve, invece, far preoccupare per assicurazioni date e dati ripetitivi.
Le prime: la squadra entrerà in forma a marzo, quando comincerà il periodo cruciale della stagione e noi dovremo essere dentro a tutte le competizioni. Vero, ci siamo. Le energie fisiche? Vanno presunte, andiamo oltre. Quelle mentali? Ci dicono che la squadra, al momento, non ne ha. Ah. Né va sottovalutata l’incidenza che il vicino campionato del mondo (per i non pochi calciatori che forniremo alle nazionali) può determinare, condizionando grinta e sacrificio nelle prestazioni. Sui motivi e sulle prospettive di questo “temporaneo calo prestazionale”, individuale o collettivo che sia, ognuno può dibattersi tra la tradizione, che ci ha visto, in passato, risollevarci da momenti di opacità anche peggiori, e la realtà, che propone, per la prima volta dopo anni, una rivale che tiene il nostro passo, ancora agli sgoccioli della stagione.
Le seconde: la squadra difende da squadra, ma non (sempre) attacca da squadra. Le azioni individuali, portate da Costa o, estemporaneamente, persino da Chiellini, testimoniano un’alternativa debole all’assenza di schemi offensivi ed inconsistenza del centrocampo (soggetto ai maggiori stravolgimenti). A volte va bene, ma non può essere tutto qui il gioco della squadra. Diversamente, infatti, i passaggi orizzontali, i tempi di gioco persi per controllare passaggi troppo forti o troppo lenti, l’assenza di movimenti mnemonici, che incoraggiano il pressing avversario, alimentano complessità che, con nove partite cruciali rimaste e un Real stratosferico in arrivo, non dovrebbero esserci.
Rinunciare ad una competizione non fa parte del DNA della società; ma una rosa limitata da infortuni, qualche cessione apparsa frettolosa e persino qualche giocatore inaffidabile, possono proiettare il presente in una dimensione di inaspettata incertezza. Il voler andare avanti in tutto, con queste attuali premesse (che sono diverse da quelle di inizio anno), comporta eventualità non rosee comunque da mettere in conto con equilibrio di giudizio, nonostante non venga logico accettarlo, se si pensa al tasso tecnico della squadra. Inoltre, alla Juve ci hanno insegnato che non conta ciò che hai fatto in passato, ma solo nella stagione corrente e, quindi, non trovo coerente ricordare i sei scudetti vinti, peraltro grazie anche a molti giocatori che, oggi, non sono più in squadra.
Al passivo, la sconfitta in Supercoppa Italiana e, all’attivo, due punti di vantaggio su un Napoli mai domo (il gol di Albiol contro il Genoa mi ha ricordato, per la sua importanza, quello di Giaccherini al Catania nel marzo 2013), un quarto di finale di CL contro i (fortissimi) campioni in carica e una finale di Tim Cup contro un Milan in ripresa. Non male, per carità, ma attenzione. Il cammino in campionato passa soprattutto dalla sfida, ancora, contro il Milan, ed altre tre “big” (Roma e Inter, di cui l’ultima contigua allo scontro con il Napoli); oltre alle insidiose trasferte di Crotone e Benevento (di cui ricordiamo l’assai sofferta partita casalinga di andata, nel giorno dei nostri primi 120 anni) che, tutto lascia supporre, potranno essere analoghe, per atteggiamento agonistico, a quella di Ferrara. Di contro, il Napoli, dovendo affrontare soltanto noi e il Milan, ha un calendario residuo più agevole e senza altri impegni di sorta. Preoccuparsi non è campato per aria.
Se la nostra “tradizione” si ripeterà, fantastico; ma – senza catastrofismo, perché il calcio è imprevedibile – occorrerà fiducia per immaginarlo, a questo punto avanzato della stagione, finché il nostro unico asso nella manica saranno singoli exploits, più o meno procurati da fortuna, iniziativa o bravura individuale. Adesso, occorrono organizzazione, lucidità e voglia. Un (altro) mezzo passo falso può separare l’ennesima stagione trionfale da un segnatempo.