Provo a dire tre cose su cui siamo tutti d’accordo:
INVOLUZIONE DEL GIOCO
La Juve 17-18 ha subito un’involuzione sul piano del gioco, capacità di dominare le gare, uscite dalla difesa, velocità del giro palla, qualità del palleggio a centrocampo, capacità di produrre volume di gioco e valorizzare le capacità tecniche degli attaccanti. Infine, si rileva (nascosta dalla straordinaria difesa posizionale) una diminuzione del ritmo in non possesso e nella capacità di difendere alti e recuperare palla nella metà campo rivale, il che implica la difficoltà nel tenere lontani giocatori e squadre di qualità (vedi Barcellona o Tottenham).
SLITTAMENTO DELLA ROSA
La Juventus negli ultimi anni, privilegiando le opportunità di mercato ad un progetto tattico definito, ha “svuotato” uno dei migliori centrocampi di sempre (Pirlo, Vidal, Pogba), rinforzando l’attacco o gli esterni (negli ultimi mercati le spese più onerose sono: Dybala, Higuain, Pjaca, Cuadrado, Bernardeschi, Douglas Costa) e “accontentandosi” di centrocampisti di alto livello ma in parabola discendente a costi accessibili (Khedira, Matuidi) . Al contempo la Juve non ha più creduto o è stata costretta a privarsi di alcuni giovani come Coman, Morata, Lemina, rinnovando invece alcuni giocatori ultratrentenni (Barzagli, Marchisio, Lichtsteiner, Mandzukic).
RIPENSAMENTO TATTICO
Negli ultimi mesi del 2016-2017 la Juve di Allegri aveva trovato il miglior gioco del quadriennio, con un modulo logorante ma spettacolare ed efficace (4231) capace di far coesistere tutto l’attacco con grande sacrificio fisico. Il modulo era “stiratissimo” sulla rosa tant’è che si è arrivati, specie a Cardiff, senza brillantezza e senza alternative. Quel modulo, su cui era lecito provare a costruire una nuova stagione, necessitava di due ricambi (o sostituti) di assoluto livello per i tre a cui si chiedeva lo sforzo fisico maggiore (Khedira, Cuadrado e Mandzukic) per sostenere il centrocampo a due (con un giocatore “non fisico” come Pjanic) e la compresenza di Higuain e Dybala.
Sappiamo come è andata: la Juve ha rinunciato a Bonucci e si è vista costretta a rinunciare a Dani Alves, due costruttori di gioco dal basso, e a Schick (alternativo alle punte) e ha puntato sulle opportunità Douglas Costa e Bernardeschi.
Per “rimpiazzare” Alves e Bonucci si sono fatte scelte di ripiego e rilancio su De Sciglio e Howedes, e, in mezzo, dopo non aver affondato sulla scelta Tolisso e aver fallito nel rincorrere uomini adatti al 4231 (N’Zonzi o Matic), si è ritornati su un vecchio pallino: Matuidi. Alla base di tutto c’è poi la prima scelta societaria: la conferma di Allegri.
ALLEGRI DR. JEKYLL
Ora. Poniamoci nel mister.
La rosa era quella: lacune a centrocampo dovute al calo fisico (prevedibile) di Khedira, al decadimento fisico di Marchisio (prevedibile), alla difficile reiterazione di prestazioni da centrocampista laterale di Mandzukic (prevedibile) e alla disponibilità di un interno sinistro poco adatto al 4231 –Matuidi- (prevedibile) e di un volante 20enne all’esordio in Europa, Bentancur, da “costruire” (prevedibile).
Allegri è un mister reattivo. Non propone dogmi, non imposta un suo piano monolitico, non sbotta perché sul mercato non gli stato preso chi vuole: reagisce, si adatta, sperimenta.
Viene fuori una Juve stranissima. Nelle prime 13 di A, un 4231 che non regge il centrocampo a 2, ma con produzione offensiva pazzesca, un numero di tiri e xG ai livelli del primo Conte (e delle big europee) convertiti, grazie alle punte, in un numero di gol impressionanti (37 gol in 13 gare, più di 3 a partita).
Il morale è che la Juve segna tanto ma becca 14 gol nelle 13 gare (più quelli presi al Camp Nou).
E’ una forzatura. Khedira ha un passo inadatto e abbandona Pjanic a sé stesso; Matuidi aggredisce altissimo, fin troppo, ma la difesa non sa accorciare e si creano buchi da 40 metri in cui si infilano Messi o Immobile; Mandzukic getta la spugna del sacrificio e non è più uno e trino, ma spesso nullo, Higuain e Dybala alternano onnipotenza a inefficacia. Le soste della Nazionale (con l’aggiunta dello psicodramma con la Svezia) minano il tutto: 4° posto, dietro Napoli, Inter e Roma. 3° posto dietro Barca e Sporting.
A quel punto. Un allenatore NON alla Juve avrebbe continuato a lavorare sull’ibrido, sul 4231, sistemato faticosamente l’equilibrio, continuato a puntare su Bentancur, così come su Rugani. Lavorato sulle cose buone dei primi tempi contro Atalanta, Lazio e Samp, cercando di migliorare i difetti senza badare ai risultati. Avanti così, alla ricerca di un’evoluzione di gioco in grado di sfruttare e valorizzare lo spostamento di tecnica (e investimenti) in attacco.
MR. HYDE-ALLEGRI
Ma questa è la Juve, questa è la Serie A e in panca c’è Allegri.
E così Allegri trasforma la Juve, per fare ciò che andava fatto. Come nel primo anno la Juve era passata dall’efficace 352 in Italia al 4312 più produttivo in Europa, come l’anno scorso si era passati al 4231 –due evoluzioni migliorative del gioco-, quest’anno invece la variazione è stata conservativa (come il secondo anno, quello della rincorsa allo stesso Napoli): passaggio al 433, brutto, sporco e vincente, soprattutto impenetrabile.
Non è casuale questa alternanza nelle evoluzioni: quando la Juve ha avuto vita facile in A, Allegri sperimenta e i risultati gli hanno dato ragione (2 finali proprio il 1° e il 3° anno). Quando la Juve ha un rivale duro in A, Allegri tira i remi in barca, si corazza ed affida ai punti di forza: difesa e capacità di trasformare in oro lo scarso numero di occasioni.
Quando sei più forte, sai difenderti e hai attaccanti fortissimi e un centrocampo coi buchi, fai ciò che reputi più efficace per fare ciò che ti dicono di fare: difendere, segnare, difendere, gestire,vincere.
Nelle gare successive alla Samp, col 433 la Juve segna molto meno (Sassuolo a parte), gioca meno bene, e vince in modo molto meno entusiasmante. Involuzione, anzi, fine dell’evoluzione.
C’è un contro-altare: la Juve ha subito 1 gol in 14 gare in A ed in 18 totali in Italia (4 di Coppa Italia) con una proiezione assurda di 2-3 gol subiti in un torneo di 38 gare. Pazzesco. Questa è la vera anomalia statistica. Partire con un clean sheet quasi sicuro implica la necessità di produrre meno per vincere le gare, anche grazie alla % realizzativa degli attaccanti.
Tutto ciò però porta a gare come contro la Spal, in cui si concede zero ma l’affaticamento psicofisico non consente ai singoli di sopperire alla mancanza di un gioco fluido con volume offensivo adeguato, e in cui l’essere difensivamente mostruosi serve a poco.
Ora, aldilà di come andrà il finale di stagione (quello conta per i tifosi, il museo e per il destino di Allegri), si possono individuare alcune linee di azione che la Juve potrebbe attuare per abbinare efficacia ad evoluzione del gioco, solidità difensiva a capacità di dominare il gioco e valorizzare l’attacco, appoggiarsi a giocatori di esperienza e trainanti, senza rinunciare però a valorizzare e far crescere giovani talenti.
Provo quindi, come all’inizio, a dire 3 cose su cui si potrebbe essere tutti d’accordo:
A) SVECCHIAMENTO
Salutare e ringraziare TUTTI gli ultra trentenni non più al top che potrebbero dare ormai alla Juve un contributo solo di esperienza e leadership da spogliatoio non più giustificabile coi limiti fisici: Buffon, Barzagli, Lichtsteiner, Khedira, Mandzukic. Parallelamente puntare su “non-giovani” già controllati o di prospettiva ritenuti validi: Caldara, Rugani, Spinazzola, Mattiello, Lirola, Pellegrini, Cristante, Barella, Bentancur, Pjaca, Kean o chi per essi (la lista è lunga e Paratici sa il fatto suo).
B) FUNZIONALITA’ TATTICA
Aldilà delle dinamiche di mercato e della scelta di proseguire o meno con Allegri, è opportuno che la società cerchi di conciliare le opportunità con l’esigenza di seguire un piano tattico preciso, rinunci a privilegiare la duttilità tattica puntando invece sulle specificità tecniche, senza peripezie e stravolgimenti di ruoli: terzini che facciano solo i terzini, interni che siano davvero interni, esterni messi sul lato giusto e riserve che accettino di farlo, senza pretese di titolarità dovute allo status o al curriculum.
C) CENTROCAMPO
Tornare a investire in modo massiccio su “titolari” di centrocampo, siano essi Emre Can o Milinkovic-Savic o altri nomi che la società riuscirà ad individuare (anche qui la lista è lunga), puntando quelle fiches notevolissime che in questi anni sono state invece impiegate altrove.
Per il resto, il fatturato resta quello (tra il 10° e il 12° in Europa), le tentazioni dei vari Dybala o Alex Sandro di andare in club più ricchi e in tornei migliori resteranno e, soprattutto, la Juve resterà la Juve, coi suoi pregi e difetti e gli allenatori che deciderà di confermare o di assumere dovranno in ogni caso muoversi all’interno di questi pregi e difetti.
Sandro Scarpa.