Non è una novità, l’Italia è quel gran bel Paese che ogni tanto riesce a far passare in secondo piano il proprio fascino perché in qualunque contesto si privilegia il caos, la polemica, il proprio interesse, ed ovviamente il calcio – una volta fiore all’occhiello – non fa eccezione: il decadimento del mondo pallonaro tricolore non è di certo una novità dell’ultima ora, al netto di rare eccezioni che comunque assomigliano più a conferme per la regola di cui prima. E’ questo il contesto in cui si cala alla perfezione la presa di posizione di Marcello Nicchi, presidente dell’Aia, ultimo in ordine temporale a giudicare lo sfogo di Gianluigi Buffon dopo l’eliminazione della Juventus dalla Champions League al Santiago Bernabeu: “Minare l’indipendenza e la terzietà della classe arbitrale potrebbe significare l’inizio di una nuova Calciopoli. Io faccio di tutto per calmare gli arbitri, ma se un giorno qualcuno arriverà al campo e non troverà l’arbitro non si sorprenda. Quando siamo a certi livelli bisogna stare attenti a ciò che si dice, perché ci ascoltano i bambini. In Italia io avrei difeso l’arbitro, non può essere minacciato“.
Parole che però emettono un suono decisamente stonato: Buffon, atleta esemplare, capitano della Nazionale italiana, uno degli sportivi azzurri più noti, ammirati e rispettati nel mondo, rappresenterebbe una minaccia per gli arbitri, o addirittura il padre putativo di una nuova Calciopoli. E poi, Calciopoli, un ex arbitro ed ora dirigente arbitrale, che sottolinea quale sarebbe il suo ruolo e quale sarebbe stato il suo operato se fosse stato chiamato in causa direttamente, può davvero parlare di quello scandalo con tanta leggerezza? Non può non sapere cos’è stata davvero Calciopoli, non può non sapere qual è stato il destino di tanti suoi amici arbitri, non può non sapere quale massacro hanno dovuto vivere coloro che sono stati messi in mezzo ad un qualcosa che ha macchiato evidentemente certi cammini senza che i dirigenti di quella classe arbitrale muovessero un dito anche solo per dire “ue’ ragazzuoli, facciamo attenzione a quello che si dice”. Oggi Nicchi pensa ai bambini, la parte più sana che c’è: bambini ai quali si insegna “Juve merda” ancor prima di dire “papà” o “mamma”, ma Nicchi si ricorda oggi di loro, e non quando la sua classe viene costantemente attaccata anche da giornalisti di professione di essere uno strumento della Vecchia Signora per raggiungere determinati risultati. In quel caso non si minacciano scioperi, non vanno prese le distanze da simili accuse. In quel caso gli arbitri non sono oggetto di minacce? O se lo sono, è colpa di Buffon? Buffon ha minacciato l’arbitro? Facciamo i seri.
Chi scrive Calciopoli se la ricorda bene, si ricorda che la Juventus è stata spedita in Serie B a causa di “rapporti unici e privilegiati con i vertici arbitrali”, e sa quanta fantasia è stata prodotta per porre in essere una conclusione del genere: Calciopoli con Buffon non c’entra né dalla porta, né dalla finestra, Buffon con le minacce e il rischio che i bambini si rendano protagonisti di atteggiamenti poco piacevoli non c’entra né dalla porta, né dalla finestra. Chiamiamo le cose col loro nome, commentiamo quello che c’è da commentare, possibilmente in tempi nei quali vale la pena commentare, sennò va bene tutto il contrario di tutto, ed ancora una volta avrebbe ragione Oscar Wilde: avete presente, no?
Fabio Giambò.