di Antonio Corsa
Abu Dhabi, 16 dicembre 2017. Con un gol di Cristiano Ronaldo, il Real Madrid batte il Gremio in finale e si aggiudica il Mondiale per Club. È l’ultimo trofeo di un anno straordinario arricchito dalla vittoria della Liga, della Champions League e di un paio di Supercoppe. Di lì a 2 settimane, l’attaccante portoghese avrebbe bissato anche la vittoria del Pallone d’Oro, il secondo consecutivo, il terzo in quattro anni e il quinto totale.
Dopo la partita, pressato dalla stampa, Ronaldo dichiara: «Mi piacerebbe concludere la mia carriera a Madrid». Per i media spagnoli, è una dichiarazione d’amore.
Lui, però, ci aggiunge anche altro: «… ma non dipende da me. Non sono io quello che gestisce il club, la scelta è di quelli che decidono. Il mio lavoro è sul campo e penso che lo sto facendo bene. Il resto, non posso controllarlo».
La lettura dei giornalisti, unanime, è: sta battendo cassa. “E fa bene, non scherziamo, si merita i soldi che chiede e di certo non meno di quelli che prende Messi!“. Cose di soldi. Cose sistemabili, come sempre fatto fino ad allora. ”Florentino sborserà quello che deve, figuriamoci se si farà scippare Ronaldo”.
Stavolta, però, è diverso. La ferita è reale, profonda e risale già a qualche mese prima, quando Cristiano si sente lasciato solo nella sua causa con il fisco spagnolo. E poi c’è Messi, l’eterno rivale nei confronti del quale Ronaldo ha davvero un’ossessione. Messi che, pochi mesi prima, era stato ricompensato con uno stipendio fuori dal mondo da 40 milioni a stagione, il doppio del suo.
Inaccettabile.
La relazione con il presidente delle Merengues è logora, ridotta ai minimi termini. Ed è qui che si inserisce Andrea Agnelli.
Avete presente quando alle superiori vi piaceva la tipa della III B, ma era già fidanzata? Bene, Agnelli ha intravisto la crisi nella relazione prima di tutti, ci ha creduto ed ha iniziato un pressing costante per far capire a Cristiano, uscendo di metafora, che in caso di rottura lui sarebbe stato disposto non solo a riconoscergli il giusto stipendio, ma anche e soprattutto ad affiancarlo, quasi come un amico, oltre che come datore di lavoro. Ad aiutarlo, a collaborare con lui. Un tipo di rapporto giovane, moderno, che Perez non era disposto a offrire a nessuno, nemmeno al giocatore più forte del mondo.
Si narra di numerose telefonate e di apprezzamenti da parte del presidente bianconero dopo quel gol meraviglioso all’Allianz Stadium. E sì, anche la reazione del pubblico: non è che uno cambi squadra per un applauso, ci mancherebbe. Ma è una di quelle cose che fanno piacere.
Agnelli ha continuato a martellare, tanto che la cosa che a tutti pareva impossibile, ovvero l’addio di Cristiano dal Real, è iniziato a diventare possibile ogni giorno di più. Sino alla rottura avvenuta dopo la finale di Champions, con il portoghese che ha manifestato pubblicamente la sua voglia di lasciare Real.
È lì che il lavoro svolto da Andrea nei mesi precedenti ha iniziato a portare i primi frutti, perché a quel punto Cristiano ha iniziato davvero a valutare la possibilità di andare alla Juve fino al punto che Mendes, che già era impegnato a portarci Cancelo, ad un certo punto ha preso sul serio la possibilità, e l’abbiamo fatto anche noi.
Mentre il procuratore lavorava ai fianchi Florentino, alla Juve iniziavano a lavorare sulla stesura di un contratto, sugli scenari economici, sulla sostenibilità dell’operazione. “Si può fare”. Anzi, “Facciamolo!”. Anzi, “Cazzo, facciamolo veramente!”.
Il resto è storia, compreso Andrea Agnelli che, mostrando ancora una volta un rispetto e un’ammirazione senza pari, si mette in elicottero con la famiglia e va a trovare Cristiano in Grecia, dove è in vacanza, strappando il sì finale.
“Segno di debolezza”, ho letto. Ma per piacere!!
Cosa voglio dire con questa storiella? Che per me si tratta potenzialmente della migliore operazione finanziaria della storia della Juventus, e sicuramente il fatto di poter aumentare i ricavi e trarre vantaggio dall’uomo più mediatico al mondo rendono quest’acquisto un capolavoro assoluto.
Ne stiamo già vedendo i primi frutti tra la Borsa esplosa e gli Store presi d’assalto. Siamo circondati da articoli che parlano di “boom”, di capolavoro commerciale, di Ronaldo che risolleverà addirittura tutto il calcio italiano…
Ma sarebbe davvero ingeneroso non partire dall’aspetto che per primo ha mosso tutto: quello sportivo. Dalla visione, dal sogno, dall’ambizione.
Ronaldo è stato preso innanzitutto per vincere, perché la Juventus vuole davvero vincerla, “la puttana” (cit.). La mission di Andrea Agnelli è collezionare trofei, tanti. Compreso quello. È non accontentarsi e, badate bene, con i suoi 1.75 trofei vinti / anno (nessuno meglio di lui), potrebbe anche farlo guardando i suoi predecessori dall’alto al basso.
Questo è davvero l’acquisto del secolo. Ma il capolavoro vero non l’ha realizzato un contabile, bensì un uomo innamorato della nostra maglia e dei nostri colori. E poi da una società solida e da una proprietà coraggiosa.
Avevo promesso che avrei scritto un articolo su Juventibus se fossimo riusciti davvero a portare a casa il portoghese. Lo faccio volentieri dedicandolo ad Andrea Agnelli per ringraziarlo, cosa che mi sono reso conto di non aver fatto abbastanza in questi anni, dandolo come un po’ tutti noi per scontato.
Mamma mia, Pres! Mamma mia che roba!
I record di Cristiano Ronaldo:
Unico calciatore ad aver vinto nello stesso anno solare la Champions League, l’Europeo, il Mondiale per club e il Pallone d’oro.
Uno dei due calciatori, insieme a Ronaldo, ad aver vinto nello stesso anno solare il Pallone d’oro, il FIFA World Player of the Year, la Scarpa d’oro e il UEFA Club Footballer of the Year.
Uno dei due calciatori, insieme a Lionel Messi, a vincere cinque Palloni d’oro (nel 2008, nel 2016 e nel 2017 con il premio assegnato da France Football e nel 2013 e 2014 quando il premio della rivista francese si è fuso col FIFA World Player of the Year dando vita al Pallone d’oro FIFA).
Unico calciatore, insieme a Lionel Messi, ad aver vinto la Scarpa d’oro per quattro volte.
Uno dei tre calciatori, insieme a Thierry Henry e Lionel Messi, ad aver vinto la Scarpa d’oro per due stagioni consecutive (2013-2014 e 2014-2015).
Uno dei due calciatori, insieme a Luis Suárez, ad aver vinto la Scarpa d’oro in due campionati differenti (Premier League e Liga).
Unico calciatore ad aver realizzato più di 50 gol stagionali in sei stagioni consecutive (2010-2011, 2011-2012, 2012-2013, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016).
Unico calciatore ad aver segnato almeno una rete in 4 europei e 4 mondiali consecutivi (Euro 2004, Mondiali 2006, Euro 2008, Mondiali 2010, Euro 2012, Mondiali 2014, Euro 2016, Mondiali 2018).
Calciatore, insieme a Miroslav Klose, Pelè e Uwe Seeler, a segnare in quattro edizioni diverse della Coppa del Mondo (Mondiali 2006, Mondiali 2010, Mondiali 2014, Mondiali 2018).
Calciatore, ad aver segnato più gol (85) in una nazionale europea.
Calciatore, ad aver segnato più gol (395) nei cinque maggiori campionati europei (Spagna, Germania, Inghilterra, Italia e Francia).
Uno dei due calciatori, insieme a Michel Platini, ad aver segnato più gol (9) nella fase finale dei campionati europei.
Unico calciatore ad aver segnato in quattro diverse edizioni degli europei (2004, 2008, 2012, 2016).
Calciatore ad aver segnato più gol (29) ai campionati europei, incluse le qualificazioni.
Calciatore ad aver giocato più partite (21) nella fase finale dei campionati europei.
Calciatore ad aver segnato più gol (123) nelle competizioni UEFA per club.
Calciatore ad aver fatto più gol (107) con lo stesso club nelle competizioni UEFA per club.
Calciatore ad aver segnato più gol (121) in UEFA Champions League.
Unico calciatore ad aver vinto per sette volte la classifica marcatori della UEFA Champions League (2007-2008, 2012-2013, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016, 2016-2017, 2017-2018).
Unico calciatore ad aver vinto per sei volte consecutive la classifica marcatori della UEFA Champions League (2012-2013, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016, 2016-2017, 2017-2018).
Unico calciatore ad aver segnato almeno 10 gol in un’edizione di UEFA Champions League per 7 stagioni consecutive (2011-2012, 2012-2013, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016, 2016-2017, 2017-2018).
Calciatore ad aver realizzato il maggior numero di reti (17) in una singola edizione di Coppa dei Campioni/Champions League (2013-2014).
Calciatore ad aver segnato più gol (19) in Champions League in un anno solare (2017).
Unico calciatore ad aver vinto cinque UEFA Champions League.
Calciatore ad aver segnato più gol (32) in partite internazionali in un anno solare (2017)
Unico calciatore ad aver segnato in tutte e sei le giornate della fase a gironi di Champions League (2017-2018).
Unico calciatore ad aver segnato per undici partite consecutive in Champions League.
Unico calciatore ad aver segnato in tre finali di UEFA Champions League.
Calciatore ad aver segnato con due squadre diverse in una finale di UEFA Champions League, al pari di Mario Mandžukić e Velibor Vasović.
Calciatore ad aver realizzato più doppiette (34) in UEFA Champions League.
Uno dei due calciatori, insieme a Lionel Messi, ad aver realizzato più triplette (7) in Champions League.
Calciatore ad aver realizzato più triplette (3) in una singola edizione di UEFA Champions League (2015-2016).
Calciatore ad aver segnato più gol (12) su calcio di punizione in UEFA Champions League.
Calciatore ad aver vinto più edizioni della Coppa del mondo per club (4), insieme a Toni Kroos.
Calciatore ad aver segnato più gol (7) nella Coppa del mondo per club.
Uno dei due calciatori, insieme a Pelé, ad aver realizzato una tripletta in una finale di Coppa Intercontinentale/Coppa del mondo per club.
Unico calciatore ad aver realizzato almeno 30 gol per 6 stagioni consecutive del campionato spagnolo (2010-2011, 2011-2012, 2012-2013, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016).
Calciatore ad aver realizzato il maggior numero di triplette in Liga (34).
Calciatore ad aver realizzato più gol su calcio di rigore nella Liga (61).
Calciatore ad aver segnato più gol (22) nel derbi madrileño.
Nel Real Madrid
Calciatore con più marcature segnate (450) in tutte le competizioni ufficiali.
Calciatore con più marcature segnate (311) in campionato.
Calciatore ad aver segnato più gol (105) in Champions League.
Calciatore con più marcature segnate (107) in tutte le competizioni UEFA per club.
Nella nazionale portoghese
Calciatore con più presenze (154).
Calciatore con più marcature segnate (85).
7 aneddoti per capire Cristiano Ronaldo
Di Cristiano Ronaldo abbiamo parlato già moltissimo, e non poteva che essere così. Abbiamo analizzato l’acquisto del secolo dal punto di vista sportivo (presente e futuro), emozionale, commerciale e chissà quant’altro. Oggi però lasciamo spazio ai racconti, agli aneddoti di chi Cristiano l’ha conosciuto e ha condiviso con lui parte della sua straordinaria carriera, alle parole di Ronaldo stesso, alle storie vere che ci aiutano a capire chi è veramente il calciatore, ma soprattutto l’uomo, che sta già cambiando la storia della Juventus e del calcio italiano.
L’ossessione di Ronaldo per il successo non fu sempre compresa nelle squadre in cui ha giocato. Quando aveva 17 anni, la stella delle giovanili dello Sporting fu chiamata ad allenarsi con la squadra principale, dove giocava Paulo Bento, suo futuro ct in nazionale. Era l’occasione che aveva tanto atteso e voleva farsi vedere. Lottò così tanto su tutti i palloni per prendere la palla e fare bella figura con l’allenatore, che un veterano delle squadra gli disse “Vedi di calmarti, ragazzino!”. Ronaldo si fermò, si girò e gli rispose “Voglio vedere se mi parlerai ancora così quando sarò il migliore al mondo!”.
(Febbraio 2015, traduzione di BausciaCafé.com di un articolo della rivista portoghese sabado.pt)
Al Manchester United esistevano, ed esistono, diversi torelli; c’era il torello “Champions League” coi titolari, quello con gli stranieri e quello coi più giovani. Inizialmente Ronaldo fu inserito nel torello “Championship”, con gli stranieri di seconda fascia come Fortune, Forlàn, Saha e Kleberson. A poco a poco fu accettato nel torello coi migliori, non venne invitato, fu una naturale evoluzione delle cose. “All’inizio passava moltissimo tempo in mezzo a rincorrere la palla, non gli piaceva difendere” – racconta Phil Neville – “Quando si trovava all’esterno del cerchio, Giggs e compagni gli lanciavano palloni fortissimi o imprendibili, oppure se faceva un tunnel gli riservavano un’entrata killer che era costretto a evitare per non farsi veramente male. Pian piano iniziò a ricevere passaggi migliori: lo avevano accettato. Ma per Cristiano il torello era un’esercitazione per la sua tecnica più che per i passaggi: spostava il pallone con la suola, fingeva di calciare con un piede per poi colpuire con l’altro, giocava di tacco o si faceva passare il pallone tra le gambe per fare un velo. Ovviamente queste “novità” non furono ben accolte, pensavamo ci stesse prendendo in giro. Poi un giorno Giggs tentò un passaggio di spalla, Scholes fece una giocata di suola, anche Gary (Neville, ndr) tentò qualcosa di diverso. Cristiano Ronaldo ci aveva insegnato un nuovo modo di fare torello, e se cambia un torello cambia anche lo stile di un club“.
(Gennaio 2016, dal libro “Cristiano Ronaldo – La Biografia, di Guillem Balagué)
Ho visto Cristiano Ronaldo per la prima volta in Portogallo, in una partita contro l’Uniao Desportiva de Leira. Ci saremmo allenati dopo, quindi siamo rimasti a guardare la partita; a un certo punto è passato Cristiano e ho detto al mio assistente “Ecco il figlio di Van Basten”. Era un attaccante, i suoi movimenti erano eleganti e possedeva grandissime qualità tecniche. Mi ha subito ricordato l’olandese, era strano… non sapevo nemmeno il suo nome, ma devo ammettere che ci stupì tutti perché si ergeva molto più in alto di qualsiasi altro membro della squadra.
(Maggio 2012, José Mourinho parla di Cristiano Ronaldo al periodico spagnolo Marca)
C’è stato un momento nella gara dei playoff per la qualificazione ai mondiali del Portogallo, vinta 3-2 contro la Svezia, in cui, mentre Ronaldo si stava ancora dirigendo verso la porta avversaria, l’attaccante Hugo Almeida ha alzato le braccia in segno di vittoria. Tale era la fiducia di Almeida nell’abilità del suo capitano che non considerava necessario aspettare che il gol fosse di fatto segnato. Quel giudizio si è rivelato corretto: Cristiano si portò avanti fino a spedire il pallone alle spalle del portiere Isaksson. Era solo uno dei suoi tre gol di quella memorabile serata a Solna.
(Maggio 2014, la Guida Ufficiale della Uefa alla Coppa del Mondo 2014 commenta i playoff qualificazione tra Portogallo e Svezia).
“Voglio dare un consiglio a chiunque riceva un invito a cena da parte di Cristiano Ronaldo: non ci andate per nessun motivo, non lo fate. Una volta andai a mangiare da lui dopo l’allenamento, ero stanchissimo. Mi siedo al tavolo e c’erano solo insalata e pollo. Solo acqua, niente bibite. Iniziamo a mangiare e credevo che dopo avrebbe portato altro, ma niente… Cristiano finisce in pochissimo tempo di mangiare, si alza e comincia a giocare con un pallone. Mi dice di alzarmi e di fare qualche scambio al volo, gli chiedo se posso almeno finire di mangiare. Poi lo accontento e dopo pochi minuti mi dice di andare in piscina. A quel punto mi fa: ‘Ma siamo venuti qui per mangiare o perché domani abbiamo una partita?’. Ecco perché non consiglierei a nessuno di andare a cena da Cristiano: è una macchina che non vuole mai smettere di allenarsi. Una volta perse a ping pong contro Rio Ferdinand. Noi abbiamo iniziato ad esultare ma abbiamo notato che Cristiano era molto infastidito dalla cosa. Così mandò immediatamente il cugino a comprare un tavolo da ping pong. Si allenò per due settimane ininterrottamente, poi sfidò nuovamente Rio Ferdinand e vinse davanti a tutti. Questo è Cristiano Ronaldo e non mi sorprendo della sua voglia di continuare a vincere altri Palloni d’Oro e di conquistare il Mondiale”.
(Giugno 2018, Patrice Evra racconta Cristiano Ronaldo a ITV Sport, traduzione di Sky Sport)
La cerimonia del Pallone d’Oro è in mano a Edson Arantes Do Nascimento, detto Pelé. Ma quando sale Pelé inciampa, perché è più emozionato degli altri, e poi ci sorprende: non dice subito Cristiano Ronaldo, apre la busta e poi dice “Mi ricordo l’anno scorso quando lo consegnai a Kakà, dissi in portoghese all’altro che c’era qui di fianco a me “L’anno prossimo tocca a te“. Il vincitore del Pallone d’Oro 2008 è Cristiano Ronaldo”.
(Gennaio 2009, Pelé consegna a Cristiano Ronaldo il suo primo pallone d’oro, da Sky Buffa Racconta)
“Le mie vittorie? Devo ringraziare il mio amico Albert Fantrau. Per molto tempo abbiamo giocato nella stessa squadra in un campionato giovanile; un giorno venne a vederci l’allenatore dello Sporting Lisbona, e disse che avrebbero preso il giocatore che avrebbe segnato più gol. La partita finì 3-0, io segnai il primo gol, Albert raddoppiò di testa, ma la terza rete fu qualcosa di incredibile: dopo aver dribblato il portiere, davanti alla porta vuota, invece di tirare Albert mi passò il pallone che io poi misi in rete. Dopo la partita gli chiesi il motivo del suo gesto, la risposta fu “Perché tu sei più forte di me, farai più strada“”.
Molti anni dopo un giornalista si recò a casa di Albert per verificare la veridicità di tale storia ed egli confermò, aggiungendo che il suo sogno di diventare un calciatore professionista svanì quel giorno e che al momento era disoccupato. Disorientato, il giornalista chiese “Ma come fai a permetterti una casa così grande, a possedere una macchina del genere e a mantenere la tua famiglia?”.
“E’ tutto merito di Cristiano“, rispose Albert con un sorriso.
(Giugno 2014, dopo la vittoria per 4-1 in finale di Champions League contro l’Atletico Madrid e il successivo abbraccio tra Ronaldo e Albert Fantrau)
Cristiano Ronaldo come LeBron James. E viceversa
“CR7 e King James sono in una fase simile della carriera: entrambi 33enni, nell’ultima stagione hanno giocato a un livello impensabile per atleti della loro età, mostrando un dominio tecnico, fisico e mentale sui rispettivi sport che in pochi hanno potuto esercitare nella storia. Sia Cristiano che LeBron sono a un livello tale da essere al di sopra di ogni sospetto o critica: non c’è più niente che debbano davvero dimostrare al mondo, la loro legacy è al sicuro e il loro posto nella storia è assicurato tra i migliori di sempre”. Basterebbero queste parole di Dario Vismara (qui il pezzo integrale sul sito di Sky Sport) per sintetizzare il senso dell’estate potenzialmente più significativa di tutte per chi ha la fortuna di tifare Juventus e Los Angeles Lakers. O anche solo per chi, in ossequio all’americanissimo principio del “Real recognize real”, non può fare a meno di notare le analogie nella parabola sportiva ed umana di due tra i più grandi atleti del nostro tempo (i primi due, secondo una recente classifica di ESPN).
Che si sia appassionati di calcio, di basket, di entrambi o di nessuno dei due, il rapporto di diretta proporzionalità dell’ ultima scelta di carriera e di vita dei due – in una sfida prima a stessi e poi agli altri, come è quasi normale che sia per due personalità di questo tipo -, che si è manifestato in una serie di contingenze troppo numerose ed incredibili per essere considerate casuali – compresa la presentazione minimalista ai nuovi tifosi -, è il filo rosso cui si annodano una narrazione e una considerazione che trascendono il mero aspetto sportivo (il giornalista di Marca Mikel Sainz de Vicuna ne aveva scritto già nel gennaio del 2017, all’indomani di un 2016 che aveva consegnato ai due protagonisti i successi più significativi della carriera). James e Ronaldo sono molto altro e molto di più del cestista e del calciatore più forte del mondo (e, forse, di sempre: relativamente a CR7 – con Messi – ne avevo scritto qui): sono icone globali e globalizzate, rappresentazione di quell’idea di ricerca della perfezione che si traduce in quell’ossessività feroce, in quella fame atavica, in quella voglia di essere il migliore a tutti i costi perfettamente riconoscibili nel loro modo di stare in campo e al mondo.
“Real recognize real”, dicevamo…
E’ questione di personalità, di durezza mentale, di capacità di essere all’altezza di aspettative impensabili e di resistere a pressioni spaventose per qualsiasi altro essere umano, di fiducia nei propri mezzi che deriva dalla consapevolezza di aver allenato duramente il proprio talento in una sorta di trasposizione moderna del concetto di “superuomo”. I problemi, veri o presunti, con gli ormai ex datori di lavoro, sono solo una faccia – la meno importante – della medaglia: a prevalere è stata quell’ancestrale competitività che li ha spinti ad abbandonare la propria comfort zone – l’essere il primus inter pares della squadra più famosa del mondo guidata a quattro Champions in cinque anni CR7; il dominare l’intera Eastern Conference al punto da arrivare alle Finals Nba per otto stagioni consecutive LBJ – alla ricerca di nuove sfide, di nuovi stimoli, di nuovi limiti da raggiungere e superare. Perché va bene il talento, va bene l’allenamento, va bene il professionismo above and beyond, ma non si può essere LeBron James e Cristiano Ronaldo se non si è animati da quel fuoco che ti porta a metterti in gioco sempre, comunque, contro chiunque, ignorando logica, età, buonsenso, potenziale appagamento, critiche feroci e spesso immotivate. Come in quel commercial di qualche anno fa con Michael Jordan, modello di ossessività e mentalità vincente comparabile (o addirittura superiore):