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ORGOGLIO JUVE!

Bianconeri più forti del Valencia e della curiosa espulsione di Ronaldo alla mezz’ora. Pjanic segna due volte su rigore e Szczesny ne para uno nel recupero. Al Mestalla è 2-0

Esordire in Champions vantando il giocatore più micidiale della competizione e vederselo espellere dopo mezz’ora di gioco, senza non comprenderne nemmeno il motivo, stroncherebbe qualsiasi squadra. Non la Juve, che dopo aver dominato in quella mezz’ora, si scrolla di dosso i cattivi pensieri, inevitabili dopo il rosso a Ronaldo, e mette in campo tutta l’esperienza, il carattere e la classe di cui dispone e regola comunque il Valencia a casa sua, con due sacrosanti rigori di Miralem Pjanic.

OCCASIONI A RAFFICA

Giocare così, su un campo del genere, non è da tutti, perché il Mestalla ha atteso il ritorno dei suoi beniamini in Champions per tre anni e si scatena subito per aiutarli a imporre il proprio ritmo alla gara. La Juve contiene la frenesia iniziale, prende ben presto il comando delle operazioni e dopo una decina di minuti potrebbe già passare, ma la girata sotto porta di Mandzukic, servito da un tiro cross di Ronaldo, è alta. Stessa sorte, ed è ancora più incredibile, per la conclusione di Khedira al quarto d’ora: Ronaldo se ne va sulla sinistra e sforna un cross perfetto per Bernardeschi, il cui tocco delizioso libera il tedesco nell’area piccola. Sembra fatta e invece la mira è ancora sbagliata. L’occasione più clamorosa arriva però al 20′, quando il cross di Alex Sandro trova Mandzukic. Il croato viene chiuso e il pallone arriva a Bernardeschi che spara a botta sicura: l’ex Neto compie il primo miracolo riuscendo a respingere e riesce a ripetersi anche su Matuidi, il più veloce ad arrivare sul pallone.

SI FERMA KHEDIRA, ESPULSO RONALDO

La Juve è in palla, gioca in scioltezza e sembra poter sbloccare la gara da un momento all’altro. In sei minuti però i bianconeri perdono due pedine fondamentali: al 23′ Khedira si blocca e lascia il posto ad Emre Can e al 29′ tutto si mette in salita quando, mentre il pallone termina in fallo laterale sulla sinistra, a centro area scoppia una scaramuccia tra Ronaldo e Murillo. Non sembra nulla di grave, ma il signor Brych, dopo essersi confrontato con l’assistente d’area Fritz, estrae il rosso diretto per il portoghese, che lascia il campo disperato e i compagni in dieci. È la sua prima espulsione in 154 partite di Champions disputate.

PJANIC, DOPPIETTA  DI RIGORE

Il Valencia prende coraggio e Batshuayi arriva a impegnare Szczesny con un diagonale da distanza ravvicinata, ma la Juve non si abbatte e quando riparte è ancora pericolosissima: Bernardeschi è straordinario nel far partire l’azione, nel seguirla e nel liberare poi Cancelo in area. Il portoghese prima incespica, poi riesce a colpire, ma centra in pieno la traversa. Sembra una maledizione, ma l’azione prosegue e nella mischia che si crea in area, Cancelo, ancora lui, subisce il fallo di Parejo. È rigore e Pjanic è perfetto nell’esecuzione che manda la Juve al riposo sopra di un gol.

Si riparte con il Valencia più aggressivo e dopo la sventola di Batshuayi a lato, è il colpo di testa di Rodrigo, bene servito da Gaya, a impegnare Szczesny. Giusto il tempo di capovolgere l’azione con una cavalcata di Cancelo, che frutta un angolo e sul corner di Pjanic dalla bandierina, Bonucci viene steso in area da Murillo. È ancora rigore ed è ancora il bosniaco a battere Neto, calciando nello stesso angolo del primo tempo.

CONTROLLO TOTALE

Soler prova a guidare la riscossa dei suoi con due conclusioni dalla distanza, la prima fuori, la seconda messa in angolo da Szczesny. Al 20′ Allegri opera il secondo cambio della gara, inserendo Douglas Costa al posto di Pjanic e ridisegnando la squadra con un 4-4-1. I bianconeri ora rifiatano, lasciano l’iniziativa agli avversari, ma difendono con un ordine maniacale e non concedono altro se non un colpo di testa di Rodrigo alto e qualche conclusione dalla distanza non preoccupante. La nota stonata è l’uscita dal campo di un Douglas Costa zoppicante, che deve lasciare il posto a Rugani.

SZCZESNY PROTAGONISTA NEL RECUPERO

Un cambio forzato, ma comunque utile per contenere gli ultimi, vani tentativi dei padroni di casa.  In pieno recupero sale in cattedra anche Szczesny, che respinge il rigore di Parejo, concesso per un presunto fallo di Rugani. Finisce con un meritatissimo 2-0 per i bianconeri, capaci  di normalizzare un’ impresa, perché questo è vincere al Mestalla giocando con un uomo in meno per un’ora, e di iniziare la Champions alla grande, perché è con simili dimostrazioni di forza, che si fa strada in Europa.

VALENCIA-JUVENTUS 0-2

RETI: Pjanic rig. 45′ pt e rig. 6′ st

VALENCIA

Neto; Ruben Vezo (12′ st Cheryshev), Gabriel, Murillo, Gaya; Soler, Parejo, Wass, Guedes (25′ st Santi Mina); Rodrigo, Batshuayi (25′ st Gameiro)

A disposizione: Doménech, Torres, Piccini, Diakhaby

Allenatore: Marcelino

JUVENTUS

Szczesny; Cancelo, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Khedira (23′ st Emre Can), Pjanic (21′ st Douglas Costa 44′ st Rugani), Matuidi; Bernardeschi, Mandzukic, Ronaldo

A disposizione: Perin, Benatia, Cuadrado, Dybala

Allenatore: Allegri

ARBITRO: Brych (GER)

ASSISTENTI: Borsch (GER), Lupp (GER)
QUARTO UFFICIALE: Häcker (GER)

ARBITRI D’AREA: Dankert (GER), Fritz (GER)

AMMONITI: 43′ pt Parejo, 5′ st Murillo, 9′ st Ruben Vezo, 14′ st Alex Sandro, 37′ st Szczesny, 51′ st Rugani
ESPULSI: 29′ pt Ronaldo

La maturità di Bernardeschi

La prima di Champions della Juve di CR7, tra l’altro in uno stadio che il portoghese conosce benissimo, è andata in modo rocambolesco, piuttosto diverso da come i tifosi se l’erano immaginata. Tuttavia, si è chiusa lo stesso con un trionfo, che tra l’altro evidenzia bene la forza mentale che una squadra che vuole arrivare fino in fondo deve possedere. Il non essersi sciolti dopo la (incredibile) espulsione di Ronaldo ma essere anzi rimasti compatti in tutto e per tutto è un segnale piuttosto forte lanciato dalla Vecchia Signora.

L’intensità con cui il Valencia ha approcciato la gara è stata momentanea: la squadra di Marcelino non è solita né tenere il possesso per larghe fasi del match, né pressare in zone alte.  E infatti è stata la Juve, più o meno dal 10’ in poi, a gestire il possesso, col Valencia chiuso col solito 442 e i due attaccanti (Batshuayi e Rodrigo) che lasciavano campo ai difensori e si preoccupavano solo di schermare Pjanic.

In non possesso, le squadre di Marcelino chiudono il centro del campo e spingono l’avversario ad andare sulle corsie esterne. Secondo il tecnico asturiano, la semplicità dei meccanismi del 442 è uno dei modi migliori per ottenere equilibrio difensivo (e infatti in questi anni le sue squadre sono state tra le meno battute della Liga). Il problema è che i movimenti difensivi stanno funzionando piuttosto male in questo avvio di stagione. La Juventus lo ha evidenziato bene, in particolar modo con la grande facilità con cui ha creato nette occasioni da rete.

Nella prima frazione, infatti, la Juventus ha costruito – sia in 11 che in 10 – 4 occasioni pericolose nello stesso identico modo: nonostante il Valencia volesse fare sviluppare il gioco dei rivali sulle corsie esterne, hanno difeso malissimo in fascia. Soprattutto a destra, dove sia Soler che Vezo (terzino adattato) hanno sofferto tanto. La Juventus ha sempre sfondato in quel lato del campo, soprattutto con Sandro e Ronaldo, con quest’ultimo che ha agito molto defilato in combinazione col brasiliano proprio per approfittare delle difficoltà del Valencia. Inoltre, quando si andava al cross, si creavano praterie sul lato debole: Gayà si stringeva, Guedes era lontano e la Juve trovava sempre l’uomo sul secondo palo. Come in occasione del primo rigore, con Cancelo liberissimo nonostante il Valencia fosse in superiorità numerica.

Probabilmente, il vantaggio della Juve subito dopo l’euforia per l’espulsione di Ronaldo ha contribuito a creare nervosismo ad una squadra non abituata al palcoscenico della Champions. Oltre a questo, si sono viste chiare difficoltà tattiche nello scardinare una difesa posizionale di livello. Di conseguenza, la Juve è andata a nozze con questa situazione: il Valencia ha trovato pochissimi varchi, nessuno spazio tra le linee e obbligo di sovraccaricare l’area di cross nel tentativo di rendersi pericolosi. Tuttavia, i campioni d’Italia sono maestri nel difendere i pressi della porta di Szczesny, con una quantità impressionante di palloni conquistati (Chiellini sontuoso).

Lo stesso corner che ha portato al secondo rigore rappresenta una fotografie delle difficoltà tattiche degli spagnoli: quasi da fermo e con la difesa della Juve bassa e ben schierata, Guedes ha provato a saltare Cancelo. Il terzino portoghese ha recuperato palla, vincendo il duello e involandosi verso l’area rivale con un break dai suoi.

Oltre all’ex Inter, chi ha disputato una prova sublime è stato Bernardeschi: se nel primo tempo era stato molto incisivo negli ultimi metri (sia a destra che a sinistra), nella ripresa ha dimostrato un’attenzione difensiva da grande giocatore, alternando sacrificio a concentrazione. La scivolata generosa con cui al 94’ impedisce a Gayà di crossare fotografa bene la sua gara.

Insomma, oltre a una prova che fa capire come mai la Juventus sia una delle favorite, a gara in corso si è visto una discreta novità da quando Allegri siede in panchina. Ossia, con l’uomo in meno e la necessità di difendere un doppio vantaggio, a poco più di 20’ dalla fine non ha aumentato (o mantenuto) il numero di giocatori “difensivi”, ma anzi ha tolto Pjanic e inserito Douglas Costa, schierando un 441 col brasiliano a sinistra e Bernardeschi a destra.

Una partita maiuscola che deve far passare l’amarezza per un arbitraggio surreale. Le uniche preoccupazioni di stasera, al massimo, possono arrivare dall’infermeria.

Jacopo Azzolini.

 

Prima in Champions? Una giostra da cui usciamo leoni

Fatemi riprendere fiato, diamine. Si è appena conclusa una maratona infinita, durata soltanto 96’ minuti, ma nei nostri cuori un’agonia interminabile. La Juve, la vera Juve di quest’anno, vince a Valencia. Ma la notizia non è questa: vince 2-0, in dieci, e strappa applausi da tutti i tifosi bianconeri.

Partiamo con la solita formazione. Cancelo e Alex Sandro (ma non era squalificato?) a spingere, tre moschettieri a centrocampo e Bernardeschi che vince tutti i ballottaggi e si prende la maglia da titolare insieme alla coppia Ronaldo-Mandzukic. La panchina della Juventus recita: Dybala, Douglas Costa, Emre Can, Cuadrado e compagnia cantante. Una roba fuori dal comune, che porta con sè un mare di polemiche.

Eppure l’inizio è arrembante, sembriamo i Pirati dei Caraibi sbarcati a Valencia per saccheggiare il Mestalla. Jack Sparrow lo fa, a sorpresa, Bernardeschi: il 33 è un ragazzo speciale, oltre il cuore ha un piede mancino che questa sera gira a meraviglia. Li fa impazzire tutti, facendo sembrare Sandro anche prossimo parente del primo visto in bianconero. Arano la fascia meglio de “Il contadino cerca moglie”: li stiamo asfaltando ma siamo ancora 0-0. Tensione alle stelle.

Dalle stelle alle stalle, appunto. Ronaldo pettina Murillo in area di rigore e abbaglia con la sua bellezza il giudice di porta: il portoghese viene espulso per la prima volta dopo 153 partite in Champions League. L’immagine delle sue lacrime farà il giro del mondo in pochi minuti e sarà il simbolo della rimonta juventina. Perché la Juve, da quel momento, sarà un fiume in piena e concederà ben pochi rimpianti ai propri tifosi.

Postilla su CR7 e sul non utilizzo del VAR in Champions League: ci penseranno i miei illustri colleghi, ma a quale stronzata colossale abbiamo assistito?

BOOM! L’arbitro si accorge di aver fatto la frittata buttando fuori, a caso, il miglior giocatore al mondo ed ora comincia ad ammonire a destra e a manca le maglie bianche del Valencia. Cancelo, però, ha una marcia in più mezzo a tutti, messo giù l’arbitro concede il rigore: penalty che Pjanic trasforma in mezzo al boato di tutti i tifosi bianconeri.

Giuro di aver sentito gli applausi ai ragazzi di Allegri fino a questo bar di Cinisello Balsamo (Milano, n.b.) da dove vi scrivo. Mi avete fatto godere come non mai, anche se potevamo essere già a 3-0 all’intervallo.

Khedira ci ha lasciati, ma Emre Can è un cane rabbioso in mezzo al campo. Ronaldo piange in panchina (oh, aspettatelo ragazzi perché adesso viene il bello) ma abbiamo Pjanic che ci “regala” un altro calcio di rigore chirurgico. Questa volta Murillo è protagonista negativo, altra pettinata per il colombiano ex Inter, e Juve sul 2-0.

Qui viene il difficile, anche se – a dir la verità – il Valencia ancora non ha sporcato i guanti a Szczesny. E non lo farà quasi mai in tutti i 30’ minuti successivi: la sagra del tiro da fuori mi fa salire un’ansia micidiale. Anche perché il solito cambio Douglas Costa (esce Mire, bravo Max per il coraggio) non viene servito al meglio per liberarci della pressione del Mestalla.

Resistere e combattere. Siamo soldati al fronte che devono portare a casa il risultato massimo. Anche perché, nel frattempo, Pogba fa il fenomeno con i Beach Boys e lo United passeggia all’Old Trafford. Ma noi ci siamo, grazie al cuore di Chiellini e Bonucci, ai respiri di Matuidi e Can, al cuore immenso di Bernardeschi. Io non mi immischio nelle pagelle, ma una statua a FB33 stasera gliela facciamo o no?

OOOOOOOOPS! Il Valencia non ha mai trovato un pertugio nella difesa juventina, siamo nei minuti di recupero e Rugani è l’ultima carta di Allegri (fuori DCosta, chissà che ne sarà di lui dopo la scavigliata). Ed è proprio il ragazzo toscano, preferito a Benatia (i finali per il marocchino non sono proprio nel repertorio), a causare un altro rigore: MA LA PARA SZCZESNY.

Un boato più grande del vantaggio, più grande delle bestemmie dopo l’espulsione di CR7, più grande della tensione in questo maledetto bar. La Juventus è tornata padrona, in 10 uomini, al Mestalla di Valencia, e con il destino ancora tutto da scrivere.

Toglietemi tutto, ma non la gioia della Champions. E Ronaldo quanto sarà incazzato non lo sapete nemmeno voi….

 

Il primo tempo di Valencia

Erano anni che non si vedeva un esordio in Europa così convincente da parte della Juventus. La prestazione col Valencia è ricca di personalità, figlia della mentalità vincente, di una durezza capace di andare oltre gli episodi più sfortunati, di un’esperienza che porta a saper gestire al meglio gli sbalzi emotivi, ma è stata soprattutto una dimostrazione della qualità dell’organizzazione della squadra di Allegri, capace di controllare tutto il primo tempo, tenendo a bada la sfuriata iniziale degli spagnoli, per poi colpire sfruttando più volte i punti deboli.

I primi 45 minuti sono allo stesso tempo un punto d’arrivo e una base di partenza per la stagione che sarà: la Juventus ha dimostrato pienamente di essere andata in Spagna con la consapevolezza e la fiducia di poter fare il risultato, rispettando l’avversario, mostrando di voler imporre il proprio gioco. Si potrebbe dire un bel gioco, perché la manovra bianconera è stata pulita, veloce, eseguita bene tecnicamente, con buone spaziature, paziente e non frenetica, organizzata nelle spaziature sul campo, chiara e determinata nel realizzare il proprio piano partita. Studiare le caratteristiche degli avversari è fondamentale, e non solo per prenderle le misure e adeguarsi a livello difensivo, per cogliere i punti deboli, comprendere come sfruttare le loro difficoltà e colpire poi in partita.

Il Valencia è stato schierato col consueto 4-4-2 di sacchiana memoria, basato sulla zona pura, un sistema che richiede grande intensità per mantenere le giuste distanze tra i reparti e tra le maglie della stessa linea; Marcelino predilige bloccare il centro per mandare l’avversaria sulle fasce, dove il campo è ovviamente più stretto, e far scattare il pressing. La Juventus, però, non disdegna di risalire il campo sulle corsie esterne, sfruttando le qualità tecniche dei propri terzini, coinvolgendo totalmente anche gli esterni alti: con il 4-3-3 disegnato da Allegri, fondamentali sono risultate le catene laterali, specialmente quella della sinistra. I bianconeri hanno potuto manovrare dal basso con la coppia centrale – il Valencia ha voluto tenere la coppia d’attaccanti più bassa, prendendo in mezzo Pjanic -, risalendo il campo con pazienza, calma, velocità e buona esecuzione tecnica: l’idea di fondo è stata quella di chiamare il pressing del Valencia sulla zona destra, facendo iniziare il gioco dai piedi educati di Bonucci e Cancelo; dopo aver fatto collassare gli spagnoli su un lato, la Juventus muoveva velocemente il pallone all’indietro, o al centro coinvolgendo Pjanic, per cambiare campo e passare sulla sinistra, dove si son fatti trovare larghi, sfruttando al massimo l’ampiezza, Alex Sandro e Cristiano Ronaldo (o Bernardeschi nel caso di scambi di posizione), mentre Matuidi attaccava il corridoio centrale.

Il 4-4-2 del Valencia senza palla. Larghissimi Ronaldo e Sandro. Spesso l’asso portoghese si è abbassato per essere lui a puntare la difesa, col terzino brasiliano più avanti e pronto per ricevere palla al piede. Sotto, è Bernardeschi a trovarsi sulla sinistra.

È dalla sinistra che son nate le quattro occasioni clamorose create dai bianconeri nel primo tempo. La difesa del Valencia, stringendo sempre fortemente sul lato del pallone, ha dimostrato le consuete criticità: difficoltà a riempire e difendere l’aria piccola; problematicità eccessive sulla zona debole; imbarazzo nell’ assorbire gli inserimenti senza palla dei centrocampisti. La pigrizia di alcuni valenciani, uno su tutti Guedes, hanno amplificato la capacità davvero brillante da parte della Juventus di eseguire il proprio piano partita.

 

L’espulsione di Cristiano Ronaldo è stata gestita bene da parte degli uomini d’Allegri, abili a usare il possesso palla per congelare il ritmo della partita, manovrando con pazienza e lucidità, evitando di innescare il temuto contropiede valenciano; gli spagnoli, invece, hanno dimostrato scarsa capacità nella lettura della situazione, continuando a tenere un pressing non offensivo, permettendo così alla Juventus d’iniziare la manovra senza difficoltà.

La maturità e la lucidità della grande squadra. 

Senza il portoghese, il talento di Bernardeschi, decisamente la sua miglior prestazione con la maglia juventina, è stato essenziale: nell’azione che porta al rigore, l’ex Fiorentina ha seguito lo sviluppo del gioco, spostandosi dalla destra sulla sinistra, creando quella superiorità fondamentale per sfruttare il lato debole.

Avvio della manovra dal basso, coinvolgimento di Bernardeschi come mezzala, Valencia spostato da sinistra al centro e infine ancora sinistra per poi sfruttare il lato debole.

La Juventus ha giocato bene. Un concetto spesso equivocato, ma che si basa sull’organizzazione di una squadra, sulla esecuzione tecnica e sulla capacità di leggere le caratteristiche degli avversari. Il primo tempo di Valencia, esclusa l’espulsione di Ronaldo, ha un solo limite: aver sbagliato troppi gol. La prestazione è ciò che ci s’aspetta da una delle principali candidate alla vittoria finale: personalità, maturità, compattezza, esperienza, qualità diffusa, organizzazione, difesa.

Bisogna ripartire da qui. Lavorando per essere più precisi sotto porta, insistendo nel controllo ragionato della partita, mantenendo il possesso palla, con movimenti chiari e netti senza palla, sfruttando tutte le qualità per trovare la rete. Ci saranno formazioni più brave rispetto al Valencia, ma la strada da seguire, a mio avviso, è chiaramente questa e dovrebbe essere l’obiettivo di campo della stagione intera.

Bonustrack: Bernardeschi tra diagonale in transizione e sombreri.

PS La partita col Valencia è l’ennesima dimostrazione della necessità urgente d’inserire il Var quanto prima. Non è ammissibile che la massima competizione internazionale di squadre di calcio di club non sia all’avanguardia: cosa sarebbe successo se il rigore assurdo concesso nel finale (e lasciamo stare l’espulsione di Ronaldo) fosse stato decisivo per un passaggio di turno? Valencia è anche la dimostrazione che in 10 per un’ora si può vincere: basta sapere giocare bene a calcio, essere maturi, forti e avere grande personalità. E questo è da pochi.