Il successo dell’uomo di cui parliamo dovrebbe rendere sordo tutto e tutti ed ascoltare solo un’azione: l’applauso. Lui, proprio lui, è il miglior pubblico di sé stesso; applaudire, bisogna applaudire, anche se quella che è appena terminata non è esattamente una commedia.
Nell’A.D. (anno domini) 2018, l’A.D. cessa di essere il signore della nostra gestione.
Marotta non ha dato le dimissioni e non le ha rifiutate: dunque, dismissione è la parola. Non confermato o una roba simile, a voi la versione più zuccherina.
In tempi recenti, Giuseppe non era tutto orecchie e all’improvviso si è ritrovato ad ascoltare tanto, troppo. E tutto insieme. “Lei lascerà l’incarico. È questa l’offerta. Le consiglio di accettarla”. Pace e bene. Amici come prima, più o meno. Non c’è alcunché di vergognoso nell’essere allontanato. O sì?
Il nostro Giuseppe procedeva abbastanza velocemente, perlopiù solo. Frattanto, i colleghi sorti da poco andavano spediti e più lontano. L’investimento nel capitale umano della società, cui lui ha contribuito in grandissima parte, incoraggia mobilità e vivacità: arriva il boomerang che prima guardi di fronte con soddisfazione e poi accusi alle spalle.
La Juventus subisce una perdita in settimane (meglio, in epoche) in cui il cielo è sempre blu: c’è questa contraddizione in essere tra l’armonia universale e l’amara separazione. Vive la consapevolezza che Marotta donasse qualcosa che sia soltanto in suo possesso e che comunque vada perduto; non è improbabile la sottrazione di buona lena a tempo determinato a causa di questo evento.
Bene intendere sùbito che, d’ora in poi, ci troveremo a parlare di un avversario in più. Uno dei tanti. Di un eccellente amministratore piuttosto che di un importante direttore sportivo, che si appronta a scegliere tra l’essere una risorsa anti-Juve oppure una risorsa del Paese.
Nel primo caso, a quanto pare il più gettonato, il nuovo capo Fabio Paratici e compagnia foggiata manifesterebbero che l’antagonista sia il loro più grande maestro. Giuseppe sarebbe il rivale più amato, affinché divenga neppure un rivale.
Gli applausi silenziosi saranno molto importanti e forse saranno l’unica cosa che conta. Come una ricevuta. L’unico spettatore che non applaudirà sarà il Signore che vede tutto e tutti da lassù, ma avrà osservato meglio di chiunque quello che questo signore ha fatto per la nostra squadra del cuore.
Giacomo Scutiero.