La lezione di Cristiano: chi dorme…

Ogni favola, fiaba o filastrocca, seppur con un finale triste o sorprendente, contiene una morale nelle ultime battute. Una frase, un gesto o un simbolo, capace di farci ricordare che – anche nelle situazioni più difficili – la vita ci sta insegnando la lezione più grande di tutte: viverla. La presunzione è un peccato mortale nel calcio, punito severamente da squadre che, in casa tua, si chiudono, ripartono velocemente e colpiscono ad una minima distrazione difensiva. Questa volta, la lezione, è stata data dal Genoa di Juric: la morale, al termine del match, invece, l’ha scritta il nostro campione indiscusso, Cristiano Ronaldo.

Ogni partita insegna qualcosa…

1. Il ritorno allo Stadium ci ha insegnato che la fascia di capitano appartiene, come un’ostrica nella metafora di Verga, al singolo che tiene in vita la comunità. È Giorgio Chiellini che ci riunisce, ci fa sentire invincibili e concentrati in ogni istante della gara. Alla prima di Bonucci, tra stupore e polemiche, la sua prova non è stata all’altezza. Ci sei mancato Capitano, o mio capitano.

2. Il blackout difensivo ci ha insegnato che qualsiasi pallone va giocato al 100%, anche se sembra destinato in calcio d’angolo. La fame di Kouamè e Bessa, infatti, non è stata la stessa della retroguardia juventina: nel gioco delle “belle statuine” la difesa a 4 bianconera avrebbe sicuramente vinto a mani basse. Il Grifone, intanto, ringrazia sentitamente.

3. Il secondo tempo di Juve-Genoa, invece, ci ha insegnato che questa squadra ha lo stesso valore letterario di dottor Jekyll e mister Hyde. Bella, rilassata e dominatrice nel primo tempo. Brutta, frettolosa e senza idee nella ripresa. Max Allegri non si spiega come i suoi ragazzi abbiano staccato la spina in modo così repentino, dando la colpa a Manchester. Ma valeva la pena concedere tutti i nostri pensieri a Mourinho senza chiudere prima la partita?

4. I tre cambi di Allegri ci hanno insegnato che, nessuno in nessun caso, può cambiare il corso degli eventi se la testa della squadra è rimasta negli spogliatoi (o in albergo, ndr). Douglas Costa si è portato dietro quell’ombra di inutilità “da circo” che tanto lo aveva contraddistinto al Bayern, Dybala e Bernardeschi – invece – hanno inciso poco per motivi differenti. La Joya ci ha anche provato, dopo l’infortunio in Nazionale, ma ha “strozzato” la sua occasione di essere decisivo. Risparmiato, invece, Berna33 che non è riuscito nel “miracolo” di trovare l’asso nella manica negli ultimi minuti di gioco.

5. La sosta ci ha insegnato, a nostro discapito, che qualsiasi squadra deve essere rispettata nonostante il valore sproporzionato delle rose in campo. Non si vince con gli stipendi, con lo Stadium o con la supponenza: si vince con forza, grinta e carattere. Anzi, la più brutta Juve della nuova stagione, ci ha fatto notare come – nelle ultime uscite – la squadra bianconera avesse aggiunto anche la classe alle sue giocate. Quella si è spenta, addormentata sul più bello, in una ripresa stile “assedio all’arma bianca”: siamo naufragati nel nostro stesso mare.

6. Max Allegri ci ha insegnato che non ha la “bacchetta magica”, trovando sempre la formazione migliore ed i cambi che ti risolvono la partita. È umano, come direbbe Fantozzi, e per questo non ha nascosto il suo rammarico: “È la prima volta che mi succede un blackout simile sulla panchina della Juventus”. In realtà noi ne ricordiamo altri, soprattutto allo Stadium, tra i ringraziamenti speciali di Lazio, Udinese e Sampdoria tra le altre. Dobbiamo fermarci e riflettere su noi stessi: siamo in testa, imbattuti ma come tutti gli altri. Se non ci siamo con la testa, siamo fragili.

7. Cristiano Ronaldo ci ha insegnato che, nonostante i trofei, i riconoscimenti ed i record, si nasconde un giocatore unico nel suo genere. Un’altra partita da leader, offensivo e non, che lascia alla squadra il compito di crescere partita dopo partita, anche con “incidenti di percorso” come quello di ieri sera. CR7 ha segnato il suo 400esimo gol nei maggiori campionati europei. A casa nostra, all’Allianz Stadium di Torino, ed è stata una goduria immensa vedere la solita rabbia mostrare il suo numero 7 ai giovanissimi tifosi bianconeri presenti in tribuna. Dobbiamo ripartire dalle sue parole, dai suoi gesti e da tutto ciò che ci potrà insegnare l’asso portoghese. La battaglia ci ha visto indietreggiare, ma abbiamo voglia di portare a casa la Guerra più importante.

Sabino Palermo.