Gli ottavi di Champions non sono ancora matematici, ma ormai manca davvero un soffio alla Juve, straordinaria anche questa sera nello sbancare l’Old Trafford 22 anni dopo l’ultimo successo. Nel 1996 era stato un penalty di Del Piero a decidere la sfida e anche questa volta tocca all’uomo con il 10 sulle spalle: Dybala segna praticamente un rigore in movimento e firma un successo ben più netto di quanto dica lo striminzito 1-0 finale.
LA JOYA COLPISCE ANCORA
La Juve si presenta in campo con una personalità straripante. Poche squadre si possono permettere di arrivare nel “Teatro dei Sogni” e imporre il proprio ritmo ai padroni di casa fin dai primi minuti. Le maglie rosse e i 75.000 sugli spalti normalmente bastano a intimorire anche i campioni più navigati, ma non i bianconeri. Allegri disegna un 4-3-3 aggressivo, con Cuadrado Dybala e Ronaldo che scambiano sovente posizione, mandando in confusione i padroni di casa. E quando CR7 decide di allargarsi sulla destra e di puntare il fondo, la supremazia iniziale viene ripagata: il marziano crossa, Cuadrado interviene ma viene bloccato e allora ecco Dybala, che arriva per primo sul pallone e spedisce in rete il suo quarto gol europeo della stagione.
SOLO JUVE
Il gol non appaga la Signora, che continua a macinare gioco come se si trovasse di fronte a una squadretta, non ai poderosi Red Devils. Cancelo sfiora il raddoppio con una sventola in diagonale che De Gea riesce a intercettare, poi è Bentancur ad alzare troppo la mira, arrivando a incornare il traversone dalla bandierina di Pjanic, quindi Ronaldo su punizione e Matuidi sulla prima respinta costringono il portiere a un doppio intervento tutt’altro che semplice. A chiudere un primo tempo di dominio assoluto arriva anche il sinistro di Dybala, fuori di un soffio, e non rende giustizia ai bianconeri, che meriterebbero ben più di un solo gol di vantaggio.
IL MANCHESTER SI FERMA AL PALO
Si riparte con la magnifica combinazione tra Pjanic, Cuadrado e Ronaldo che porta CR7 al tiro dal limite e De Gea a volare per togliere il pallone da sotto la traversa, ma con il passare dei minuti la Juve rallenta il ritmo e si fa più imprecisa, permettendo allo United di farsi vedere con maggior frequenza dalle parti di Szczesny. Per vedere una vera occasione però si deve attendere la mezz’ora, quando Pogba recupera un pallone ai limiti dell’area bianconera e piazza il sinistro, centrando il palo. Allegri interviene e dopo Bernardeschi al posto di Dybala, inserisce Barzagli al posto di Cuadrado e passa alla difesa a tre, mentre negli ultimi minuti tocca a Douglas Costa, in campo al posto di Cancelo. Così ridisegnata la Juve respinge ogni tentativo degli inglesi senza problemi e anzi li spaventa con qualche contropiede. E al fischio finale si ritrova, più che meritatamente, con un piede negli ottavi di Champions.
MANCHESTER UNITED-JUVENTUS 0-1
RETI: Dybala 17′ pt
MANCHESTER UNITED
De Gea; Young, Smalling, Lindelof, Shaw; Matic, Pogba; Rashford, Mata, Martial; Lukaku
A disposizione: Romero, Bailly, Darmian, Fred, Andreas, Ander Herrera, Chong
Allenatore: Mourinho
JUVENTUS
Szczesny; Cancelo (42′ st Douglas Costa), Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Bentancur, Pjanic, Matuidi; Cuadrado (36′ st Barzagli), Ronaldo, Dybala (33′ st Bernardeschi)
A disposizione: Perin, De Sciglio, Benatia, Kean
Allenatore: Allegri
ARBITRO: Mažić (SRB)
ASSISTENTI: Ristić (SRB), Djurdjević (SRB)
QUARTO UFFICIALE: Petrović (SRB)
ARBITRI D’AREA: Djokić (SRB), Grujić (SRB)
AMMONITI: 14′ st Matuidi, 33′ st Young, 38′ st Chiellini
Manchester United-Juventus 0-1: un vestito elegante per l’Old Trafford
Il brividino alla vista della maglia bianconera a Old Trafford, per la prima volta da 15 anni a questa parte in una partita ufficiale, è quasi fisiologico. Stadio che profuma di grandi sfide dall’esito agrodolce, che profuma di un’epoca in cui la Juve è stata in pianta stabile fra le dominatrici del continente.
Questo Manchester-Juve 0-1 ci ha restituito una Juve in effetti dominatrice, anche se con un sapore molto diverso dalle gare del passato. Chi si ricordava i bianconeri all’Old Trafford in veste di operai di lusso avrà strabuzzato gli occhi. Purtroppo lo avrà fatto anche chi si ricordava uno United tutte folate di classe e agonismo dirompente.
La realtà del 2018 è che la Juve si è messa un vestito fin troppo elegante per questa serata e per questo avversario, una nobile senza spirito prima ancora che senza contenuti, tutta aggrappata al talento scintillante – e a modo suo carismatico – di Paul Pogba. Il primo tempo infatti è stato un monologo bianconero, con la squadra di casa costretta sulla difensiva e rintontita dal moto incessante dell’11 di Allegri.
L’allenatore bianconero ha puntato forte sul terzetto di centrocampo Bentancur-Pjanic-Matuidi, in realtà spesso coadiuvato nella corsia centrale da un Cuadrado quasi in veste di guastatore atipico. Se finora le apparizioni di questo assortimento in mediana non sembravano aver convinto più di tanto, a Manchester il centrocampo della Juve ha dominato la contesa, trovando un’intesa tecnica che si è rivelata ingestibile per la compagine di Mourinho.
A fare la differenza i tempi di smarcamento e di servizio, i tanti palloni giocati di prima soprattutto da un ottimo Bentancur e da un Pjanic in cattedra per tutti i 90′ – per chi scrive la sua miglior prestazione in maglia bianconera dopo Barcellona-Juve 16-17.
Quasi tutti i filtranti dei nostri registi erano diretti verso la corsia di destra, dove le percussioni di Cancelo e gli inserimenti a turno delle punte e delle mezzali creavano sovraccarichi e rotazioni a ripetizione. Come nella situazione del gol del vantaggio, firmato da Dybala dopo una grande percussione di Ronaldo verso la linea di fondo, ma anche come in quasi tutti gli altri pericoli creati dalla Juve, inclusa una circostanza in cui ancora Dybala è mancato gravemente di cattiveria, preferendo il cross al tiro dopo aver ricevuto solo in area da Cuadrado.
Lo United? Non pervenuto, né in pressione alta né in difesa, né con le poche folate sulle fasce con cui il pubblico di casa ha provato a scaldarsi. Troppo isolato Lukaku, controllato facilmente dai nostri centrali in serata di grazia; poca roba le giovani frecce sulle ali, che hanno sofferto Cancelo e Sandro – entrambi fra i migliori in campo – in tutte le fasi di gioco.
La situazione ha rischiato di cambiare solo verso la metà del secondo tempo, non prima di una strepitosa parata di De Gea su una conclusione di prima intenzione di Ronaldo, ancora dall’angolo destro dell’area di rigore. La Juve, che ha cercato per tutti i 90′ di uscire palleggiando senza buttarla lunga, ha cominciato a commettere qualche errore di troppo in costruzione, dando qualche misera speranza a un avversario comunque troppo poco incisivo per riuscire ad approfittare delle transizioni. Sulla terza palla persa da Bentancur, fra i meno lucidi negli ultimi 20′, Pogba ha colpito il palo dal limite dell’area.
Poteva sembrare l’inizio di un assedio, invece è stato il canto del cigno per i Red Devils. L’ingresso di Barzagli ha contribuito a congelare la partita e la Juve ha ritrovato serenità nel palleggio e anche pericolosità davanti grazie alla freschezza di Douglas Costa, schierato trequartista per approfittare delle praterie centrali concesse dallo United.
Torniamo a Torino con tre punti, una grande prestazione e la sensazione di essere fortissimi, ma ancora un po’ ingenui. La fotografia migliore del nostro avversario invece sono i cori intonati dai tifosi juventini contro José Mourinho nel silenzio generale del pubblico di casa, che già da qualche minuto aveva cominciato, mestamente, a uscire dallo stadio.
Davide Rovati.
Il teatro dei sogni del gioco di posizione
L’identità della quinta Juventus di Allegri si va via via consolidando in una squadra sempre più ambiziosa nelle fasi di possesso, capace di annientare ogni velleità offensiva dell’avversario riaggredendo immediatamente a palla persa, dunque mantenendo pressoché intatto il rischio difensivo, ma il miglior aspetto di questa evoluzione è finalmente rappresentato da una grandissima fluidità posizionale che consente una copertura del terreno di gioco puntuale e ordinata, con i ruoli sempre più sfumati all’interno delle varie situazioni. Al di là dell’apparente sofferenza del secondo tempo, in particolare nell’ultima mezz’ora dove abbiamo assistito ad un evidente calo prestativo di tutta la catena di destra (sostituita quasi interamente da Allegri), la Juventus è stata capace di imporre la propria partita con grande efficacia e spettacolo nei primi 45 minuti con un assetto spregiudicato ma non frenetico, verticale ma non esasperato.
La Juve dei rombi
I bianconeri, aprendosi a dovere in possesso di palla, hanno scomposto il terreno di gioco in tante piccole zone rettangolari, dove si andavano a formare puntuali rombi in appoggio al portatore, che poteva sempre contare in due soluzioni di appoggio e una in profondità. Affinché questo meccanismo, alla base del gioco di posizione, trovi una corretta applicazione è indispensabile qualità e quantità di movimenti senza palla, non solo da chi fornisce le linee di passaggio ma anche dagli stessi portatori una volta scaricata la sfera. Questo registro tattico è sempre più evidente nel corso della stagione in corso, e si aspettava una controprova come il palcoscenico dell’Old Trafford per valutarne sia l’affidabilità della messa in atto, sia il grado di fiducia dell’allenatore verso gli uomini e le relative consegne.
Posizioni medie dell’undici titolare. Baricentro alto e grande densità di uomini e di tocchi sull’asse di destra.
L’obiettivo della Juventus è stato quello di sviluppare i propri possessi prevalentemente sulla zona di centrodestra del campo, sfruttando in maniera preziosa un sontuoso Bentancur (che è stato l’unico dei quattro impiegato fino al triplice fischio, nonostante fosse poi calato anche lui come gli altri) capace di posizionarsi sempre nella zona migliore per la composizione dei suddetti rombi oltre a fornire preziose doti di palleggio e un dinamismo consono al livello del contesto. Questa versatilità dell’uruguagio ha consentito rapidi interscambi di posizione tra Cancelo, Dybala e Cuadrado, che pur non essendo sempre precisi nelle scelte sono stati convinti e convincenti nelle risalite del campo.
La heatmap di Bentancur, altamente coinvolto in ampiezza
La presenza di Bonucci a supporto è stata un’arma preziosissima per variare il tema nel palleggio. Il difensore viterbese, infatti, oltre a rendersi protagonista dei consueti impeccabili passaggi lunghi non ha avuto paura nel proporsi anche sulla trequarti nelle giuste situazioni, persino in ampiezza, sempre per garantire un appoggio in più alle reti di passaggio che si venivano a creare, atteggiamenti che hanno ad esempio esaltato Piqué e i suoi compagni spagnoli nel corso degli anni, ma che non erano ancora usuali in casa Juventus, dato che il massimo del coinvolgimento offensivo dei centrali di difesa proveniva, escluse le mansioni di costruzione, dai famigerati break palla al piede.
Questo grande dinamismo collettivo ha inoltre finalmente consentito di liberare Pjanic su zolle più avanzate, potendo sfruttare le sue letture tecniche di verticalizzazione e spronando anche quest’ultimo a rischiare qualcosa in più in termini di accelerazione della manovra.
Una menzione importante ad Alex Sandro, autore di una gara di quantità e potenza, capace di tenere botta con grande pulizia in un secondo tempo sotto pressione e spesso di risalire in totale autonomia la fascia sinistra nonostante un apporto limitato di Matuidi, che però appare complessivamente beneficiare anch’egli sotto il punto di vista del palleggio di questo atteggiamento.
Insomma, questa Juventus è una squadra che viaggia sempre più efficientemente attraverso l’applicazione di questi principi di gioco, favorendo sempre più il gioco tecnico sul corto ed utilizzando quello lungo non più come tema principale, né solo come scappatoia in caso di emergenza; ma come credibile variante di sviluppo, per pescare rapidamente un giocatore smarcatosi a dovere in lontananza, sfruttando la densità di possesso creatasi altrove che funge da calamita inesorabile che attrae e scompone le linee di difesa dell’avversario. In questo caso, uno United che in fin dei conti è una squadra di norma ben organizzata nell’eseguire le marcature a uomo in certi frangenti, ha sofferto parecchio.
Margini di miglioramento
L’ultima parte di gara ci ha mostrato, insieme ad una buona reazione dei padroni di casa, un vistoso calo di lucidità dei protagonisti principali nello sviluppo del gioco a destra, che può essere stato causa o conseguenza di un abbassamento collettivo poi risultante in una maggior fatica nell’arrivare in porta. Nessuno dei tre subentrati è stato sufficientemente brillante, ma l’inerzia della partita è rimasta a favore della Juventus anche negli episodi e, in fin dei conti, i rischi corsi sono stati pochi e rocamboleschi, con l’occasione più ghiotta identificabile in un palo-schiena di Szczesny su un tiro di Pogba dai 25 metri.
Il progetto della Juventus 2018/19 è credibile ed efficace, e le migliorie apportabili sono facilmente identificabili. Riuscire ad integrare in pianta stabile almeno uno tra Bernardeschi e Douglas Costa senza rinunciare a Dybala pare essere una necessità, introdurli entrambi sarebbe un vero e proprio capolavoro. Le prestazioni del centrocampo senza Khedira sono state eloquenti, sia con Emre Can sia con Bentancur; addiritura entrambi danno ancora l’idea di non aver mostrato il 100% del proprio repertorio e della propria brillantezza. Con un atteggiamento di questo tipo le distanze sulla trequarti avversaria si riducono, diventa più facile trovare l’uomo tra le linee e a turno la parte interna del campo viene coperta un po’ da tutti. Per questo motivo riuscire ad impiegare giocatori che alzino ulteriormente il livello sia di esecuzione tecnica dei gesti che delle scelte può essere l’unico step possibile per aumentare le perfomance di una squadra già difficile da contenere.
Inoltre, una varietà superiore di rifiniture sarebbe una manna dal cielo per un attacco composto da giocatori di questo calibro, finora stupefacente per colpi e tempi di gioco, ma ancora forse troppo legato ad un crossing game eccessivo che in alcune gare potrebbe diventare superfluo. La sera dell’Old Trafford è stata, più che rivelatrice, una conferma: questa squadra può giocare il calcio che vuole in qualsiasi contesto, e il coraggio di perseguire questo tipo di atteggiamento può avere effetti di auto efficienza importanti, alimentando ed alimentandosi delle convinzioni e delle qualità tecniche degli stessi giocatori.
Dario Pergolizzi.