Perché non esultiamo per il +16? Perché questa tristezza?

Ce lo ha detto Luca Momblano che l’Ottavo è praticamente arrivato, a otto giorni da un altro ottavo: “LA” partita, la grande incognita, la grande sfida.

La Juve cannibale, cinica, arroccata porta a casa i 3 punti dal San Paolo, vincendo una partita delle sue, di quelle di fine stagione, in cui succede di tutto e poi però si ricorda solo un episodio (ci ha illuminati al riguardo Massimo Zampini). La Juve sfrutta l’unica debolezza degli avversari, la capitalizza con due gol e su questi costruisce l’arrocco, quasi fosse una provinciale inaspettatamente in vantaggio in casa di una grande.

E’ sempre Momblano che già in serata ci fa riflettere:

Ecco: perché adesso non riusciamo ad esultare? Perché questa malinconia ci pervade tutti, quasi come se  una stagione senza ancora una sconfitta in campionato fosse già da dimenticare?

Forse è perché veniamo da un’estate troppo esaltante, che abbiamo vissuto nell’incredulità, poi nell’attesa, già proiettati nella stratosfera.

Forse perché avevamo sognato una Juve diversa, ancora più forte, più devastante; e l’avevamo anche  vista, questa Juve, maramaldeggiare a Old Trafford, ma l’abbiamo assaporata per troppo poco tempo, è svanita troppo presto, ci ha lasciato con l’amaro in bocca, in un centrocampo senza più idee.

Forse, siamo tristi perché vediamo il nostro campione perso intorno al cerchio di centrocampo sbracciarsi verso i compagni e finire le partite con aria mesta; non sufficientemente operaio, lui che per tanti tratti di questa stagione si è messo a servizio dei compagni.

Forse siamo amareggiati perché comprendiamo che il ciclo di Allegri è finito, e non sappiamo cosa ci sarà oltre: e se fosse l’inizio della fine? Se il nostro campione se ne andasse in Cina con anticipo? E se non riuscissimo più ad attirarne altri, di campioni?

Che dovesse essere una grande stagione era, chissà perché, dato per certo ed ora ci sentiamo smarriti; abbiamo perso il pathos già a marzo: è quasi con rassegnazione che guardiamo avanti; forse dimentichiamo tutti che il 12 marzo deve ancora venire, siamo già certi di non farcela; siamo i primi a non crederci, troppo inviperiti per una squadra che non ci ha più dato le sensazioni dell’autunno e che troppo spesso le prende, anche se porta a casa il risultato.

A chi affidarsi, per questa attesa snervante? Chi mostrerà le doti di leadership necessarie? Chi toccherà le corde giuste per farci uscire da questa tristezza? Non c’è molto da attendere, giusto cinque giorni.

Leonardo Dorini.