Cristiano Ronaldo trascina con una tripletta i bianconeri a una rimonta pazzesca. 3-0 al’Atletico, la Signora è ai quarti di Champions
Il marziano è sbarcato sulla terra. In realtà prima è decollato due volte, per pareggiare i conti con l’Atletico. Poi, una volta al suolo ha piazzato anche il rigore che consegna ai posteri una serata memorabile, che forse non molti credevano possibile. Tra chi chi ha sempre creduto c’erano di sicuro Allegri e i suoi straordinari uomini, e il marziano, appunto. CR7 si carica la squadra sulle spalle, e dev’essere stato comunque un peso lieve, perché oggi i suoi compagni hanno volato come lui, annichilendo l’Atletico. Ronaldo trascina la sua Signora ai quarti di Champions, regalando una rimonta da sogno a tutto il popolo della Juve, che torna a casa senza voce, ma felice come non mai.
CR7 DECOLLA, E UNO!
Lo Stadium è un tuono e spinge i bianconeri con una carica pazzesca. Al 4′ arriverebbe già anche il gol, con Chiellini che spinge in rete un pallone vagante, perso però da Oblak dopo un contatto con Ronaldo, giudicato falloso dal signor Kuipers. La Juve gioca con un’intensità pazzesca e,com’era prevedibile, va a sbattere contro il muro eretto da Simeone a difesa della propria area. Attaccare per vie centrali è pressoché impossibile e si cercano con insistenza le fasce, specie la sinistra, dove Spinazzola gioca con la personalità di un veterano. Ronaldo svaria molto e per sfuggire dalla marcatura di Godin e soci deve spesso uscire dall’area. Quando però ci rientra al 27′, puntando il pallone calciato da Bernardeschi, sovrasta nello stacco Juanfran e incorna nell’angolino.
JUVE A TUTTO GAS
Il vantaggio è un’ulteriore scarica di adrenalina per i bianconeri, che continuano a spingere. Bernardeschi dopo l’assist cerca il gol, prima su punizione, poi con una spettacolare sforbiciata e in entrambi i casi manda alto di poco. Ronaldo ci riprova di testa, questa volta sul cross di Spinazzola, mettendo però a lato. È invece tra i pali la zuccata di Chiellini, intercettata da Oblak, mentre proprio negli ultimi secondi del primo tempo, arriva a staccare anche Morata, che si libera della marcatura di Bonucci e mette sopra la traversa, facendo correre un brivido a tutto lo Stadium.
ANCORA CRISTIANO!!!
Si riparte e la Juve è ancora indemoniata. Un primo traversone di Ronaldo vede Mandzukic anticipato di un soffio, ma su quello di Cancelo è ancora CR7 a svettare e anche se Oblak ci arriva, il pallone ha già varcato la linea. La goal line technology fa il suo dovere e il signor Kuipers indica il centrocampo. Ora è tutto pari, ma per passare non basta.
CR3!!!
Allegri gioca il tutto per tutto e al 22′ sostituisce Spinazzola con Dybala, sposta Cancelo a sinistra e arretra Emre Can sulla linea dei difensori, mentre a dieci minuti dalla fine cambia Mandzukic con Kean. Il ragazzo, appena entrato, ha un’occasione d’oro e partendo in velocità sul Chiellini si presenta in area, ma angola troppo il sinistro. Subito dopo però l’occasione è ancora più ghiotta: Bernardeschi scappa a Correa, taglia in area e viene spinto alle spalle dal 10′ dei colchoneros. È rigore e sul dischetto si presenta Ronaldo. Ed è CR3! Ed è l’impresa che si completa! E sono quarti di finale! Sofferti, voluti, meritatissimi!
JUVENTUS-ATLETICO MADRID 3-0
RETI: Ronaldo 27′ pt , 4′ st e 41′ st (rig.)
JUVENTUS
Szczesny; Cancelo, Bonucci, Chiellini, Spinazzola (22′ st Dybala); Can,
Pjanic, Matuidi; Bernardeschi, Mandzukic (35′ st Kean), Cristiano
Ronaldo
A disposizione: Perin, Caceres, Rugani, Bentancur, Nicolussi Caviglia
Allenatore: Allegri
ATLETICO MADRID
Oblak; Arias (32′ st Vitolo), Godin, Giménez, Juanfran; Saul, Rodri, Koke, Lemar (12′ st Correa); Griezmann, Morata
A disposizione: Adan, Savic, Montero, Carro, Kalinic
Allenatore: Simeone
ARBITRO: Kuipers (NED)Al 4′ la Juve
ASSISTENTI: van Roekel (NED), Erwin Zeinstra (NED)
QUARTO UFFICIALE: Higler (NED)
VAR: Makkelie (NED), van Boekel (NED)
AMMONITI: 20′ st Bernardeschi, 28′ st Juanfran, 41′ st Gimenez, 46′ st Vitolo
Cristiano Ronaldo, i tre rintocchi dell’uomo dei Sogni
Quel pomeriggio estivo, quando abbiamo ufficializzato l’arrivo di quell’uomo lì, la storia recente della Juventus (senza andare a scomodare il passato remoto più per rispetto che per altro) si è spezzata in due: Avanti Cristiano e Dopo Cristiano. La Juventus D.C. ha raggiunto questa sera la piena consapevolezza che in questo momento, con questi uomini, con quel numero 7 lì davanti, nessun risultato terreno può esserle precluso.
Nessuno aveva mai eliminato l’Atletico di Simeone dalla fase a eliminazione diretta della Champions League a parte Lui, nessuno gli aveva mai segnato 3 gol senza subirne dagli ottavi in avanti, nessuno aveva saputo rimontare ai colchoneros un 2-0 subìto al Vicente Calderòn o al Wanda Mètropolitano.
Poi c’è Cristiano Ronaldo, che sale in cielo due volte e due volte buca quell’Oblak che nemmeno un mese fa sembrava impenetrabile. C’è Cristiano che riscrive il mito della trinità, ora centravanti, ora ala sinistra, ora centrocampista, c’è Cristiano che dopo la doppietta ritrova il gusto del dribbling barocco eppur efficace che aveva lasciato nei pressi di Manchester.
C’è quel Cristiano maledetto che dal dischetto, quando conta di più, non sbaglia MAI, che lo scorso anno ci aveva fatto sanguinare infrangendo il sogno di Gigi, lo stesso sogno che oggi lui ha preso in mano ed è intenzionato a portare a compimento, perché 5 Champions League non le vinci per inerzia.
C’era, anzi se l’erano inventato, un Cristiano cecchino in campionato ma dalle polveri bagnate nella sua competizione preferita, che “non aveva aggiunto niente” a una Juventus che vincerebbe lo Scudetto pure senza di lui, che nella gara d’andata aveva sbattuto più e più volte contro il muro di gomma e granito eretto dagli uruguagi Godin&Gimenez, gli stessi che stasera si sono strappati i capelli vedendolo spuntare ovunque.
C’è il Cristiano che ama le sfide e reagisce a modo suo alle provocazioni avversarie: prima segna, ne fa uno, poi due, poi quello quello che significa qualificazione, e allora decide che può scimmiottare l’allenatore che oggi è uscito triturato dal confronto con la Juventus, col suo manager e coi suoi campioni.
C’è infine quel Cristiano, che magari non avevate visto perché stavate piangendo come me, ma lo sapete in fondo, che butta palla avanti per prendersi un fallo dopo aver corso come un dannato per 90′, che carica i compagni a ogni momento morto, che morde l’erba a ogni piccolo errore, che in questo preciso momento storico vuole bene alla Juventus quanto gliene vogliamo noi.
Alla Juve D.C. serviva una sveglia, meglio se potente, per rendersi conto di essere tale, scrollarsi di dosso le insicurezze e i dubbi della Juve A. C. e calarsi in pieno nella sua nuova veste. Cristiano voleva esser sicuro, così i rintocchi del suo pendolo stasera sono stati ben 3, rubando la scena a tutti ma nel contempo paradossalmente esaltando anche la prestazione di un collettivo mai così unito in questa stagione.
Adesso possiamo davvero sognare insieme a lui.
Alex Campanelli.
Nell’ombra di CR7, ci illumina Bernardeschi
Siamo più lucidi adesso. È passata la sbronza del 3-0, della tripletta di Ronaldo, della remuntada storica contro l’Atletico di Simeone…ma a chi la sto raccontando?! Cioè, sto ancora festeggiando (in religioso silenzio tra le mura domestiche) e guardo incredulo la programmazione di Sky Sport 24 in loop da ormai un’ora e mezza.
Bene, torniamo seri. Un uomo ha dominato la partita dello Stadium, sopra tutto e tutti, trascinando la squadra al passaggio del turno e al “miracolo sportivo” della stagione bianconera. Cristiano Ronaldo? Sì certo, uno che fa tre gol così non può che essere protagonista, ma avete notato che la sua ombra ha la stessa “immagine e somiglianza” di Federico Bernardeschi?
È stata la partita che potrà cambiare l’intera carriera del ragazzo di Carrara. Un affresco sublime, difficile da scordare, che ha fatto ammutolire tutti gli scettici della vigilia: ha vinto il ballottaggio con Dybala e si è preso lo scettro della squadra. La Corona, ovviamente, a Re Cristiano. L’alloro che gli dona quel tocco artistico nell’ultimo guizzo, all’84 minuto: forza, carattere, gambe ed un pizzico di furbizia. Si conquista il rigore che sigilla i Quarti di Finale di Champions League.
Federico ha concluso il match così come lo aveva iniziato. Colpisce di spada, recuperando palloni e contrastando tra le linee, e perisce di fioretto (o quasi). In sequenza: ci prova dalla distanza, sfiorando il gol su punizione, duetta con Cancelo e crea superiorità numerica, infine confeziona l’assist delizioso per il primo gol della Juve targato CR7. Una partita pazzesca, quanto inaspettata, perché un talento così è sbocciato improvvisamente dopo qualche “steccata” nelle ultime uscite di campionato. Ora il vestito bianconero gli calza a pennello, cucito su misura nella serata migliore della Juve di Allegri.
Insaziabile. È sembrato il Bernardeschi contro l’Olympiacos, contro il Chievo o il Frosinone, o più semplicemente il giocatore che tutti ci aspettavamo che diventasse. Non ha trovato la via della rete? Si è preso le sue responsabilità, nel ruolo ibrido di trequartista-esterno, e ha deciso la partita con le sue qualità innate. Non potevi scegliere momento migliore Federico, e solo i miei vicini sanno quant’ho urlato quando Correa ti ha messo giù in area di rigore. Grazie.
“Anche il sogno non è che un’ombra.”
E se lo dice anche William Shakespeare, non ci resta che continuare a sognare.
Sabino Palermo.
Can terzo centrale (e non solo) cambia la Juve
Nella gara di andata, non aveva sorpreso tanto la sconfitta: in casa dell’Atlético sono cadute squadre fortissime. Il problema è che, contrariarmente al suo storico, Allegri non aveva fatto modifiche ad hoc, proponendo esattamente la squadra che male aveva fatto nei mesi precedenti. La Juve era così andata incontro, nei modi, alla peggiore sconfitta europea da quando il tecnico livornese siede sulla panchina bianconera.
Leggendo la formazione della gara di ritorno, si poteva pensare che Allegri “intendesse morire” con le sue idee: nulla di più sbagliato. Anziché la solita sbobba con Can e Matuidi molto staccati dal vertice basso, la Juve nella prima impostazione si è schierata con un rombo arretrato ideale per contrastare una pressione dell’Atlético che, per quanto eccezionale, non è mai stata alta. Emre Can ha infatti fatto il terzo centrale di destra, con Chiellini a sinistra e Pjanic più alto. Un po’ l’esatto contrario dei mesi precedenti, in cui Allegri aveva utilizzato l’ex Liverpool come interno soprattutto offensivo.
Questa mossa ha sortito un duplice (e cruciale) effetto: prima di tutto, la Juve ha disposto di più soluzioni di passaggio e “registi” in avvio di azione. Scegliendo di abbassare Can accanto ai centrali ha ulteriormente portato l’Atletico a rinunciare a una pressione alta già normalmente portata di rado, inoltre si è così sempre potuto trovare l’uomo libero senza pressione addosso. Sia il bosniaco che il tedesco sono bravi a giocare sul lungo, quindi hanno potuto con tempestività cambiare campo e servire Cancelo o Spinazzola in corsa. Inoltre, ha consentito di proteggersi alla grande da quelle transizioni colchonere che all’andata avevano seminato il panico. Can ha dimostrato quelle straordinarie capacità difensive ammirate a Liverpool, mentre Chiellini ha accorciato con grande cattiveria e tempestività. La Juventus ha così offerto una riaggressione efficiente come mai in stagione, che ha permesso di schiacciare l’Atlético e recuperare palla in avanti. Più ancora che Thomas Partey, i colchoneros hanno patito molto l’assenza di Diego Costa, con Morata che spalle alla porta ha manifestato parecchi limiti e sofferto l’aggressività dei marcatori rivali, non aiutando quindi la propria squadra a risalire anche per merito di una strepitosa Juventus nelle transizioni negative, dove i tre difensori centrali erano sempre in superiorità numerica.
L’aspetto forse sorprendente è stata l’estrema efficacia del “crossing game” nonostante si giocasse contro una squadra maestra nel gioco aereo. Certo, il movimento nei mezzi spazi è stato molto più costante rispetto all’andata, e ha così consentito di creare indecisioni tra le linee dell’Atlético. Tuttavia, la Juventus ha mantenuto una struttura molto verticale, pungendo soprattutto su cross (ben 38). Nonostante enormi difficoltà palla al piede, i colchoneros tutto sommato stavano tenendo botta, senza concedere nette occasioni da rete contro un avversario che pure stava dominando. Non è mai scontato fare due gol di testa all’Atlético (anzi, è quasi un record), quindi vanno evidenziati i meriti enormi di CR7, il quale grazie a gesti atletici eccezionali ha realizzato due gol che pochi altri avrebbero segnato contro avversari di questo tipo.
Anche se Allegri in conferenza predicava calma (“Se al 70′ siamo sullo 0-0, possiamo ancora passare il turno”), a fare la differenza è stato il ritrovarsi sul 2-0 dopo appena 50′: l’Atléti è maestro negli ultimi minuti a difendere le situazioni di svantaggio, di contro quando attacca si allunga ed è facilmente attaccabile in ripartenza. Cosa di cui la Vecchia Signora ha approfittato nel finale.
Insomma, quando messa con le spalle al muro, la Juventus di Allegri continua a sfornare prestazioni eccezionali che ribaltano i pronostici. Pur mantenendo alcuni princìpi di gioco a sé cari (è stata comunque una Juve diretta e verticale), Allegri ha fatto diverse modifiche che hanno consentito ai giocatori di esprimersi meglio, e forse non è un caso che la squadra si sia mostrata molto più vincente nei contrasti, proprio perché più sicura di come era disposta sul terreno di gioco. Dopo l’impresa di Torino, oggi non si può non considerare la Juventus come una delle massime favorite nella strada che (ri)porta al Wanda.
Jacopo Azzolini
Ottavi di Champions League: Juventus – Atlético Madrid 3-0
13 Marzo 2019 8 min lettura
LA partita è finalmente arrivata. Dopo 20 giorni in cui i più svariati stati d’animo si sono susseguiti nell’universo bianconero, Juventus e Atlético Madrid scendono in campo all’Allianz Stadium per giocare i secondi 90 minuti di questo affascinante ottavo di finale di Champions League. I Colchoneros hanno letteralmente dominato la partita di andata riuscendo a imporre, a dire il vero, senza troppa difficoltà, il piano di gioco a loro più congeniale contro una Juventus che ha invece manifestato con palmare evidenza tutti gli equivoci tattici, tecnici e psicologici accumulati nei mesi precedenti. Entrambe le squadre arrivano a questo appuntamento consapevoli che la Champions League rimane l’unico trofeo in cui potersi giocare qualcosa da qui a fine stagione poiché entrambe hanno sostanzialmente archiviato le competizioni nazionali, seppur con esiti differenti.
L’Atlético Madrid arriva a questo appuntamento priva di Diego Costa e Thomas, squalificati, e di Filipe Luis e Lucas Hernandez, infortunati. Lo schieramento però rimane il consueto 4-4-2: Oblak; Arias, Gimenez, Godin, Juanfran; Saul, Koke, Rodrigo, Lemar; Griezmann; Morata.
Anche Massimilano Allegri deve fare i conti con un discreto numero di assenze: Alex Sandro (squalificato), De Sciglio, Khedira, Barzagli e soprattutto Douglas Costa il cui tentativo forzato di recupero ha portato a una ricaduta durante l’allenamento di lunedì. A questi si aggiunge il lungodegente Cuadrado che però non risulta nemmeno inserito in lista Champions. In virtù delle numerose defezioni Allegri schiera una formazione inedita: dal primo minuto Spinazzola, al suo esordio in Champions, che completa la cerniera difensiva a 4 (sulla carta) con Cancelo, Bonucci e capitan Chiellini; Pjanić, Emre Can e Matuidi a centrocampo; Bernardeschi insieme a Ronaldo e Mandžukić davanti. Stupisce, ma non troppo, l’assenza di Dybala finalizzata ad avere un cambio spacca-partita in panchina.
Difendere in avanti ed Emre Can
Il primo mattone della straordinaria prestazione bianconera va individuata nell’efficacia con cui gli uomini di Massimiliano Allegri hanno adottato una strategia continua di riaggressione una volta perso il pallone e un sistema di marcature preventive che ha funzionato ininterrottamente per 90 minuti. La mossa decisiva di Allegri per questo match va identificata in Emre Can come terzo di difesa: quasi come una salida lavolpiana in cui però il centrocampista non si abbassa centralmente tra i due difensori ma si posiziona come terzo di destra in una difesa a 3. Con questa disposizione, tenuta pure in non possesso di fatti, i bianconeri hanno sventato qualsiasi velleità di ripartenza avversaria con Chiellini a uomo su Griezmann ed Emre Can su Morata. In caso di anticipo a vuoto ci sarebbe stato Bonucci pronto a intervenire. A differenza del passato, però, questa tattica è stata notevolmente esasperata con Chiellini ed Emre Can pronti a riaccorciare quasi fino ai 25-30 metri dalla porta avversaria.
Ha impressionato proprio la partita del tedesco che è stato finalmente utilizzato assecondando le sue caratteristiche in maniera non dissimile da quanto fatto da Klopp a Liverpool. Il numero 23 bianconero ha una fisicità dominante e una qualità pressoché unica nell’anticipare o nell’intervenire in contrasto oltre che a coprire ampie porzioni di campo sia in orizzontale sia in verticale. In questa partita ha semplicemente messo in luce tutto questo non consentendo mai a Morata di girarsi o di toccare palla. Probabilmente sarebbe stato interessante vedere un duello con Diego Costa, molto più abile dell’ex Juve nel giocare spalle alla porta (ma sarà per un’altra volta dai, poco male!). Oltre però alle egregie marcature preventive di Chiellini e Can va sottolineato che, una volta persa palla, i giocatori bianconeri vicini al pallone hanno tentato immediatamente il recupero della sfera senza indietreggiare ma anzi avanzando se necessario e impedendo di fatto all’Atlético di ragionare o di imbastire un disimpegno sicuro.
Ed è proprio in situazioni di gioco come queste, il cosiddetto “difendere in avanti”, che sono fondamentali giocatori come Matuidi il quale ha giocato una partita di altissimo profilo. Con questo atteggiamento di fatti la Juventus non si è pressoché mai trovata costretta a difendere posizionalmente con le due consuete linee da 4 e ha potuto mantenere un baricentro alto. Ha stupito la totale incapacità dell’Atletico e di Simeone di trovare una soluzione per poter respirare ma in questo senso l’assenza di Diego Costa ha inciso e non poco. Nel video sottostante alcuni esempi di questo modo di difendere
Questa strategia ha dato ampiamente i suoi frutti non avendo concesso all’Atlético né un tiro in porta né tanto meno un calcio d’angolo.
Sfruttare l’ampiezza
Per recuperare era ovviamente necessario eseguire una fase di possesso migliore rispetto a quanto mostrato nella partita di andata. E così è stato grazie al 3-4-3 disegnato con Emre Can terzo di difesa e gli esterni piuttosto alti. In primis la Juventus ha fatto circolare il pallone con maggior velocità sia sul corto sia sul lungo. Pjanić da questo punto di vista è stato egregio dettando i tempi ma soprattutto effettuando scelte molto sapienti. Molto spesso il bosniaco è stato accusato, a ragione, di verticalizzare poco o di giocare molto sotto ritmo; al contrario contro l’Atlético di prima o a due tocchi la sua gestione del pallone è stata ottima. Pjanić funziona, però, quando funziona la Juve e quest’oggi ad aiutarlo ci sono stati due fattori importanti: innanzitutto un baricentro alto tenuto dalla squadra; in secondo luogo i triangoli che si sono formati lungo tutta l’ampiezza del campo (soprattutto con gli esterni e Bernardeschi che ha svariato sia a destra sia a sinistra).
Anche per quanto concerne la fase di possesso va citato Emre Can: il tedesco soffre nel giocare nello stretto, soprattutto se aggredito, ma se ha tempo e spazio con la fronte rivolta verso la porta può sfoggiare una tecnica e una visione di gioco più che discrete che sono state molto utili per iniziare l’azione quando Pjanić era schermato dagli attaccanti avversari. In effetti il rombo formato da Chiellni, Bonucci, Emre Can (in atipica salida lavolpiana) e appunto Pjanić ha consentito di gestire il pallone sempre con una certa dose di sicurezza grazie alla superiorità numerica.
L’Atletico Madrid è una squadra però abilissima nel difendere l’area di rigore e soprattutto nel proteggere il centro. Ne è stata una dimostrazione la partita dell’andata dove Dybala è stato letteralmente fagocitato dal centrocampo e difesa avversari. Allegri pertanto, saggiamente, ha schierato due esterni abili nell’1vs1 e in grado di spingere con una certa continuità provando a scardinare la difesa avversaria proprio sulle fasce, prive, sponda Atletico, di Filipe Luis e Lucas Hernandez. L’offesa bianconera si è poi concretizzata fondamentalmente in un crossing-game continuo, 38 i cross totali nel match. L’Atletico ha comunque dimostrato le sue grandi abilità difensive concedendo spiragli davvero solo sull’esterno, senza concedere mai il tiro dalla distanza e resistendo discretamente bene all’avanzata bianconera.
Lo scacchiere bianconero in fase di possesso si conclude con Bernardeschi libero di svariare, muoversi e combinare con i compagni. La sua occupazione degli half space si è rivelata spesso utile per mettere in difficoltà il terzino (Juanfran), indeciso se uscire o se coprire sull’esterno. Ronaldo e Mandžukić possono giocare da attaccanti con almeno uno dei due in grado di attaccare il palo difeso dal terzino e non da uno dei due centrali. L’assedio bianconero ha vissuto una prima folata di 15 minuti a cui sono seguiti 5 di respiro per l’Atletico. Ma dal 23esimo circa la Juventus ha ripreso a spingere e ha trovato il gol del vantaggio su cross di Bernardeschi che pesca Ronaldo proprio sul secondo palo.
Dopo altri 15 minuti di assedio la Juventus rifiata negli ultimi 5 minuti del primo tempo rientrando negli spogliatoi sul risultato di 1-0.
Il secondo tempo
L’inizio di secondo tempo segue
la falsariga del primo se non per un Atlético che, vistosi totalmente
inerme nella prima frazione, prova ad alzare maggiormente il pressing
per impedire alla Juventus di riversarsi troppo facilmente in avanti.
Poco male per i bianconeri, perché con un Atlético più lungo riescono
comunque a trovare gli spazi per avanzare palla al piede e dopo due
minuti arriva il gol del 2-0.
Nemmeno nelle più rosee previsioni Allegri si aspettava di essere in vantaggio per due reti a zero dopo nemmeno un’ora di gioco. Simeone nel frattempo non riesce a cambiare l’inerzia del match: probabilmente il Cholo non si aspettava di subire due gol in così poco tempo né tanto meno si attendeva una Juventus così organizzata nel recupero del pallone e, complici le assenze, non ha le carte per modificare il corso degli eventi.
Contrariamente a quanto qualcuno, legittimamente, potesse pensare la
Juventus non si ferma e cerca di velocizzare i tempi per segnare il
terzo gol. Al minuto 57 Simeone inserisce Correa in luogo di Lemar, ma
la musica non cambia. Stavolta anche Allegri risponde con un cambio
inserendo Dybala al posto di Spinazzola e passando a una difesa a 4
pura: Emre Can terzino destro, Bonucci, Chiellini e Cancelo che si
sposta a sinistra; Pjanić e Matuidi a centrocampo; Bernardeschi libero
di svariare e Dybala che fa compagnia agli attaccanti. In fase di non
possesso Dybala e Bernardeschi si abbassano sulla linea dei
centrocampisti per formare una linea da 4. Gli ultimi venti minuti sono
caratterizzati da una Juventus meno arrembante, complice la stanchezza,
ma anche da un Atlético più lungo che concede spazi alla squadra di
casa. Allegri al minuto 80 si gioca la carta Kean al posto di
Mandžukić
ed è proprio il classe 2000 ad avere un’enorme possibilità di segnare
al minuto 81 sfruttando gli spazi lasciati da un Atlético sempre più
lungo. Il tiro però termina a lato di poco. Passano pochi minuto e
Bernardeschi con un’azione che è un condensato della sua partita si
guadagna un calcio di rigore che CR7 non sbaglia e che consegna alla
Juve il pass per i quarti di finale.
Approdo ai Quarti
La Juve doveva giocare davvero una partita straordinaria viste le qualità difensive dell’avversaria e con la spada di Damocle del 2-0 subito all’andata. Lo ha fatto e ha passato il turno dimostrando di essere una squadra e un gruppo in grado di poter battere chiunque. Vincere 3-0 è una dimostrazione di forza non indifferente. Allegri, giustamente messo in discussione dopo la pessima partita dell’andata per questioni tattiche e di gestione della rosa, ha letto magistralmente questo match mettendo i suoi giocatori nelle migliori condizioni per esprimersi e sfruttando i pochi punti deboli difensivi avversari. Ecco quindi l’importante ruolo degli esterni, Cancelo e Spinazzola (esordio eccellente in Champions), che hanno attaccato per tutta la partita con continuità e qualità lì dove l’Atletico soffre di più. Ecco quindi Emre Can terzo di difesa con compiti in marcatura preventiva per prevenire le ripartenze e in riaggressione, aspetti in cui ha pochi eguali al mondo (e lo ha dimostrato). Ecco quindi una Juventus molto aggressiva nel recuperare il pallone appena perso, quasi in gegenpressing (leggasi, Matuidi). Ecco quindi Cristiano Ronaldo che ha avuto la possibilità di muoversi da attaccante e ha segnato una tripletta da fenomeno per il quale è difficile trovare aggettivi. Nello specifico, segnare due gol di testa all’Atletico è un evento più unico che raro. Nota di merito anche per Bernardeschi che ha giocato una partita sontuosa per quantità e qualità a tutto campo andandosi a guadagnare il rigore decisivo. L’Atlético ha provato a resistere con una strenua difesa posizionale, ma si è scoperto incapace di ripartire, affidandosi alle proprie qualità nella difesa dell’area di rigore; ma una buona partita difensiva non è stata sufficiente contro una Juventus dominante e contro Cristiano Ronaldo. Questa partita segna, indelebilmente, una strada che, si spera, possa portare fino a Madrid, una seconda volta.