Non sono nato per stupirvi, quindi racconterò anche io di Kean.
Però arrivo tardi sul tema del giorno, quindi su esultanza e dintorni mi limito a ribadire che a mio parere, in quei subumani che imitano le scimmie, prima ancora che il razzismo, prevale sempre il desiderio primitivo di far male all’avversario, anche nel modo più becero e incivile possibile: so che il nero soffre gli ululati, ululo; so che chi ha perso la mamma sarà scosso da un coro su di lei, lo faccio; so che ferisco i napoletani con quei cori su colera e simili (o Genova sull’alluvione, o altri su tragedie varie), mi scateno così; so che Ronaldo è alle prese con un’accusa infame, gli grido “violador”. E così via.
E non è una giustificazione, tutt’altro, semmai un’aggravante: pur di innervosire il rivale, sono pronto a scendere sotto gli abissi della civiltà, che magari nella vita di tutti i giorni non sfioro neanche. Una visione, ripeto, primitiva, del calcio e del tifo, da non limitare con il termine “razzismo”, perché così resterebbero fuori i selvaggi cori su Heysel, Paparelli, Superga, parenti deceduti, drammi personali.
L’unica altra riflessione che faccio sulla vicenda è che, quanto a esultanze, reazioni e dintorni, è legittimo avere qualsiasi opinione. Ma solo a un patto: che si racconti la verità. E la verità è che quegli ululati ci sono stati anche prima (e l’anno scorso), che Kean non ha provocato (al più “reagito”) e che con quell’esultanza non ha offeso proprio nessuno. Se si parte da questi tre dati – troppi media NON sono partiti da questi tre dati, anzi li hanno capovolti, e il presidente del Cagliari ha fatto perfino peggio -, è legittima qualunque opinione.
Ciò detto, la partita di Kean la ricorderò per altri tre segnali, totalmente incoraggianti:
- Il post simulazione
Sia chiaro, non mi è piaciuta la simulazione. Bene ha fatto Chiellini a riprenderlo su quello: già, come è facile rilevare, Kean sarà sotto l’occhio del ciclone di media e avversari per ogni suo minimo comportamento (questo sì, per una forma latente di razzismo che porta immediatamente ad associarlo a Balotelli, altro nero italiano, quindi necessariamente identico a lui in pregi e difetti), se si li aiuta con qualche atteggiamento antisportivo le cose peggioreranno. Lui, però, viene colto in flagrante e conseguentemente redarguito con un giallo. Una testa calda, un immaturo, uno sbruffone (lo abbiamo visto fare a giocatori ben più esperti e acclamati) reclamerebbe, affermerebbe che un contatto c’è stato, che comunque non era da giallo. Insomma, banalmente, protesterebbe, principale attività di buona parte degli attaccanti del nostro campionato. Lui no. Cade, si rialza, si becca il giallo, torna indietro un po’ da cane bastonato, che ha sbagliato e capito. Bene così.
- La “spallata”
Nei commenti calcistici gira una leggenda: se intervieni di spalla, puoi fare quello che vuoi, con l’intensità che preferisci, nella parte del campo che più ti aggrada. Così, il buon Lykogiannis, già ammonito, con il pallone ormai fuori pensa bene di sbattere fuori dal campo Kean, che finisce sui cartelloni pubblicitari. Ora, premesso che il greco è già ammonito e noi come sapete solitamente adoriamo gestire i cartellini, l’arbitro non fischia neanche fallo. Il nostro sbatte sui cartelloni, si ritrova a terra, resta qualche secondo dolorante, intorno sta per accendersi una rissa, lui si rialza tranquillo, tra compagni e avversari. Si riprende con un fallo laterale per il Cagliari. The show must go on.
Benissimo così.
- La partita
Non è stata la sua miglior partita. Anzi, diciamoci la verità: Moise è partito malino, sbagliando controlli e giocate. Viene ammonito per simulazione. Fischiato, diciamo così, dallo stadio. Buttato fuori dal campo con una spallata (diciamo così, anche qui). Ci sarebbe tutto, se fosse davvero Balotelli, per esplodere, o quantomeno per uscire dalla partita. Lui, invece, reagisce. Scatta e cerca un pallonetto. Supera due avversari e si trova a tu per tu con il portiere. Tiene palla. Segna anticipando il difensore. Resta in partita fino all’ultimo secondo di una giornata potenzialmente pessima.
E allora vai, Moise. La strada è ancora lunga, lunghissima. Ma tu la stai percorrendo alla grande.
Il Maestro Massimo Zampini
Siamo tutti Kean, e perché Bonucci sbaglia
Moise Kean in questi mesi è stato perfetto, in campo e fuori, per gol, professionalità e comportamenti.
A Cagliari ha sbagliato controlli e tocchi, ma si è mosso bene, è rimasto vivo, anche quando ha sprecato un paio di occasioni è stato comunque pericoloso, concentrato, pronto. Per un talento predestinato era questione di tempo metterla ancora dentro. 7 gol alla sua sesta tra Juve e Nazionale.
A quel punto, quando
si è fermato davanti a quei tifosi che (in parte) l’avevano molestato
per tutta la gara, con indegni buu, si è temuto potesse reagire in modo
eccessivo, ancorché comprensibile.
Invece Kean è stato “perfetto”:
fermo, braccia aperte, sguardo serafico e non sbruffone, non rabbioso.
Eccomi, sono qui, forte, positivo, faccio ciò che mi rende speciale,
rispondo sul campo al vostro atteggiamento. Un giovane simbolo di forza e
bellezza, ciò che c’è di bello e consapevole nel nostro calcio e del
nostro Paese, contro ciò che c’è di più odioso e indecente. Come un
cristo che porge la guancia serena del suo talento.
Allora perché Bonucci, in modo paradossale e contro-intuitivo, lo bacchetta? Perché, in modo smorzato, anche Allegri, così come Condò nello studio Sky, stigmatizzano quella sua esultanza?
Dopo quei cori, in uno stadio che già l’anno scorso aveva attaccato Matuidi, sarebbe stata umana anche un’esultanza “alla Ronaldo” contro i tifosi Atleti: dopo 80′ di buu, segno e ti esulto in faccia.
Bonucci (ed in parte Allegri e Condò) sbagliano a censurare Kean, dando in qualche modo la stura alle allucinanti dichiarazioni di Giulini. In quel momento eravamo tutti Adani, così schifato e indemoniato, da lasciarsi andare a parole durissime.
Perché un compagno di squadra navigato e iper-protettivo come Bonucci sbaglia? Perché un allenatore sempre impeccabile ai microfoni e un giornalista lucido, sempre corretto, pur condannando “quegli imbecilli“, parlano di “atteggiamenti di Kean da smussare“
Le parole esemplari di Chiellini, rendono forse più comprensibili quelle di Bonucci.
Eccole:
“Moise è un patrimonio del calcio italiano, un ragazzo d’oro che sta facendo tutto il meglio quindi non deve uscire per quello che non è.
Ho rivisto le immagini, perché dal campo non ti rendi neanche conto
bene e non ha fatto niente. Passata stasera, si deve pensare a Moise
come a Zaniolo, Chiesa, Barella, una figura positiva del calcio, perché
se lo merita. E non si meritava gli insulti ricevuti”.
Moise è di tutti, una figura positiva, dopo stasera DEVE passare come quello.
E: “dal campo non ti rendi conto, ma rivedendo le immagini, lui non ha fatto niente“
Chiellini, come Bonucci e Allegri, conoscono da vicino, la parabola di Balotelli, giocatore e uomo DIVERSISSIMO da Kean, per doti, indole e atteggiamenti.
Sanno però che, inevitabilmente, Moise è già incasellato in quella
stessa cornice. Per il tritacarne mediatico che offre narrazioni ottuse e
semplicistiche, Kean è già “Balotelli 2.0″, per impatto mediatico e capacità di assurgere, suo malgrado, a emblema contro il razzismo dilagante o strisciante.
Sanno che Balotelli è stato, per sue mancanze, schiacciato dalla sua stessa immagine di simbolo divisivo.
Kean è diverso.
Chiellini, così come Bonucci, gli hanno consigliato di restare alla
Juve, di respirare con calma una scuola tecnica, tattica e mentale, che
può tutelarlo, renderlo ancor più forte -dentro-.
Bonucci (e
Chiellini) difendono Kean come fratelli maggiori da questo tritacarne e,
quando (da dietro), lo vedono esultare davanti alla curva dove erano
assiepati anche chi ha paura e odio per la forza, ma soprattutto per la
pelle di Kean, hanno un déjàvu: un uomo che fa parlare di sé non come “figura positiva, italiana, a 360°“, ma come simbolo di scontro, di esultanze provocatorie, di rottura.
Sanno che Kean non è Balotelli, lavora, impara, attende in modo corretto, “non merita gli insulti (come tutti)”, non merita di essere un simbolo di contrapposizioni, fenomeno sociale, ma figura positiva, come gli altri, come quelli dalla pelle bianca. (medievale ricordarlo nel 2020 ma così è, purtroppo).
Bonucci
sbaglia, travisa l’esultanza e concettualmente commette l’errore di
esporre pubblicamente un pensiero paternalistico, con toni eccessivi,
quasi sbalorditivi e raccontati (sui media europei) come parziale
apologia del razzismo.
Bonucci parla troppo e male –quel chiarimento doveva avvenire negli spogliatoi-, lo fa per istinto di protezione e affetto per Kean: “deve esultare coi compagni, snobbare i tifosi che lo insultano”.
Detto da chi esulta in modo raccontato come provocatorio, da chi in
carriera ha avuto reazioni smodate e incontrollate, suona molto
stridente.
Allegri sbaglia in parte, in modo paternalistico, vuole un ragazzo che cresca senza eccessi, senza apoteosi che possano rendere, per contrasto, apocalissi quei normali bassi che aspettano Kean: “deve maturare senza esultanze, senza colpi di tacco, senza esalazioni”. È un papà troppo prudente, con troppi lacciuoli ad un talento deflagrante, lo fa “perchè conosce i giovani“, ma ogni giovane è diverso.
Sbagliano perché, tutelando Kean, chiedendogli un’atarassia trascendente rispetto a quanto subito, finiscono per fare il gioco di chi racconta Kean come simbolo di contrasto e figura di rottura.
Nessuno (ad es.) si sarebbe sognato di stigmatizzare la reazione di Matuidi, uomo che storia ed un’esperienza mondiale, furioso e incontrollabile per quei buu; nessuno si sognò di criticare oltremodo le reazioni di Koulibaly, di Boateng, di altri uomini molto più maturi ed esperti di Kean, che invece ha avuto una compostezza infinitamente migliore.
Si può sbagliare per troppo affetto, troppa tutela, troppa prudenza, ma si sbaglia.
Perfetto invece Chiellini, che pubblicamente rivendica il valore positivo ed universale di Kean e magari in privato si sarà chiarito con lui per quella esultanza forse travisata in campo.
Sandro Scarpa.
Kean, la vittima diventa colpevole.
Lo sappiamo tutti.
Non è la prima volta, non sarà l’ultima.
Però il razzismo è una questione troppo seria per far finta di niente, trovare giustificazioni, accusare qualcuno, farne questione di parte, e di tifo in ambito calcistico, e non parlarne perché “tanto non cambieremo mai”. No, quando accadono episodi razzisti come si è purtroppo verificato a Cagliari è necessario essere fermi, condannare severamente e prendere i provvedimenti previsti per questi episodi.
È invece, finora, successo qualcosa di molto distante. Giustificare gli ululati e gli epiteti razzisti con “Kean ha sbagliato a esultare” equivale a sostenere che “quella ragazza se l’è andata a cercare perché girava in minigonna”. No. Non esiste. Questo ragionamento è completamente scorretto, è il sintomo evidente del “io non sono razzista, ma” che sentiamo troppo spesso. O sei razzista o non lo sei.
C’è chi, come Bonucci, afferma che la responsabilità è anche di Kean per aver esultato sotto la curva in maniera polemica. Ok, ammettiamo sia così. Una esultanza simile potrebbe provocare una reazione condita da insulti ed epiteti vari, ma se sei razzista quello che ti esce dalla bocca è un ululato o le parole che si usano per insultare una persona per via del colore della pelle. E Kean prima, Alex Sandro durante, Matuidi poi sono stati vittime di razzismo. Giulini dice che la stessa reazione ci sarebbe stata se fosse stato Bernardeschi a esultare in quella maniera? Cazzate. Lo avrebbero insultato per il suo colore della pelle? Perché, guarda caso, è stato Matuidi e non Chiellini a essere bersagliato da parte della tifoseria? Perché è campione del mondo? Non prendiamoci per i fondelli e diciamo le cose come stanno: è stato razzismo.
Questa versione, però, non è corretta. Perché presuppone che Kean abbia provocato, sia stato lui a scatenare l’episodio. No. Non è successo questo. Perché l’esultanza di Kean, silenziosa, iconica, da postare oggi sui social (ed è un peccato la Juventus non lo abbia fatto) è la reazione a un trattamento vergognoso e razzista cui è stato sottoposto per tutta la partita. Lui come Alex Sandro. E questi video chiudono definitivamente la questione.
È vero, come sostiene Giulini, che i tifosi del Cagliari non abbiano fischiato Kean e Matuidi se non dopo l’esultanza per il gol del 2-0? ❌ I fischi e persino qualche ululato sono iniziati sin dal primo minuto. (segnalazione @enrydd)https://t.co/xPqG7akG9b— Juvecheck (@juvecheck) 3 aprile 2019
È in torto marcio Bonucci. Può darsi non si sia accorto di quanto è successo, ma a maggior ragione non parli se non sei sicuro. Non vai a dare la colpa anche a Kean. Poi succede, giustamente, che ti prendono per il culo e ti deridono in tutto il mondo. Ragionare prima di parlare è essenziale. Ed è la differenza con un uomo più riflessivo e maturo, qual è Chiellini, perfetto nelle sue dichiarazioni post partita. Giulini, invece, mi auguro possa presto uscire dal mondo del calcio, perché non possiamo permetterci di mantenere persone che difendono questo comportamento dei propri tifosi, accusano le vittime di sceneggiate (dimenticandosi che episodio simile era già avvenuto l’anno scorso). Ed è qui che deve intervenire la Federazione: servirebbero provvedimenti duri, la chiusura dello stadio, il Daspo definitivo e per tutta la vita per chi è protagonista di questi episodi, la sospensione per qualche mese di Giulini. Su questo punto ha pienamente ragione Allegri.
Sono in torto marcio tutti quelli che trovano una scusa, quelli che accusano Kean, tutti quelli che parlano di esultanza provocatoria. Lo è Condò, il primo in tv a dire questo “Kean si poteva risparmiare quell’esultanza. Non deve succedere né una cosa né l’altra”. No, questo pensiero è da respingere con forza. Ed è il motivo per cui s’erge Daniele Adani, il primo a indignarsi pubblicamente, a smontare la difesa di Giulini, il primo a dire “individuate gli imbecilli e fuori dai coglioni”.
Il razzismo lo si combatte coi fatti e con le parole. In Italia siamo lontanissimi dal combattere fermamente questo fenomeno. Ci sentiamo non razzisti. Troviamo una scusa. Ed è imbarazzante vedere giocatori, dirigenti, opinionisti e giornalisti che accusano la vittima.
Davide Terruzzi.