L’insostenibile pesantezza del vincere

Quando qualche mese fa ci svegliammo con i social invasi dal trend topic #juveout mai avrei potuto immaginare di dovermi trovare ad accettare e commentare l’esistenza di una frangia (tutto meno che esigua) di tifosi juventini, o presunti tali, che avrebbero usato quel “out” associato al nome di Allegri o, peggio ancora, che avrebbero palesato la stessa isterica rabbia che da decenni contraddistingue i nostri “rivali” italiani per lanciare invettive contro la propria squadra.

Saranno sicuramente fenomeni da ignorare, in alcuni casi sarà forse colpa della rabbia a caldo dopo l’eliminazione dalla Champions League, ma faccio comunque fatica ad accettare il concepimento di una mostruosità come il rifiuto della vittoria “dell’ennesimo scudettino” o l’invito a non festeggiarlo per far sentire la propria voce nel malcontento con cui si chiede la testa dell’allenatore bianconero.
Intendiamoci: dubito che esista un solo tifoso della Juventus che non ritenga deludente la doppia sfida all’Ajax, al di sotto delle aspettative e delle proprie possibilità l’eliminazione ai quarti di finale di Champions, e molto probabilmente anche terminato il “ciclo” di Allegri; il problema è rappresentato dal modo in cui si manifestano tali pensieri ma soprattutto dal peccato mortale di aver fornito degli evitabili assist alla massa sterminata di haters di vario genere che non aspettavano altro che tuffarsi a capofitto in questo evitabile shitstorming gratuito, e cibarsi dei croccantini che colpevolmente gli sono stati lanciati nelle gabbie.

Da un lato abbiamo i soliti noti che hanno mantenuto la linea atta a sminuire i successi della Juventus utilizzando l’autoflagellazione del popolo bianconero solo per accentuare i classici concetti, sia per quanto riguarda l’ormai proverbiale noia del campionato italiano ucciso dalla signora omicidi

che per quanto concerne l’entità delle imprese compiute da questa squadra, che diventano addirittura “bazzecole

Dall’altro invece, la scarpetta fatta nella pentola dei coming out juventini, ha prodotto dei veri e propri capolavori con cui si è arricchito inevitabilmente il minestrone di fesserie che sistematicamente vengono partorite in occasione delle vittorie bianconere.
Per motivi ancora incomprensibili, il non essere riusciti a vincere la Champions ha determinato il misero fallimento della stagione juventina che pure si chiuderà, in linea con le precedenti tre, con due trofei conquistati su quattro disponibili, e tutto questo per il solo fatto di aver acquistato Cristiano Ronaldo (mossa di mercato che secondo alcuni ha causato addirittura l’irreversibile indebitamento del club) come se le campagne acquisti degli anni precedenti fossero state condotte in tono minore o senza acuti rappresentati da acquisti a cui la Juve non ci aveva abituato, su tutti quello di Higuain nell’estate del 2016.
E se i titoloni per celebrare il de profundis erano pronti già nelle settimane che hanno preceduto il ritorno degli ottavi contro l’Atletico, figurarsi come hanno sguazzato certi elementi in questo clima

Persino alcune figure solitamente note per la goliardia e l’ironia con cui approcciano al mondo del calcio hanno pensato che fosse giusto riunire tutti i tifosi della Vecchia Signora sotto un’unica bandiera di tristezza e apatia da festeggiamento

Aver fatto passare il concetto che non ci fosse voglia di festeggiare ha permesso a tutti, ma proprio tutti, di realizzare un rigore a porta vuota, di facile trasformazione anche per i “calciatori” meno dotati tecnicamente

Eppure, senza voler cadere nella trappola del “vi meritate tizio” o “vi siete dimenticati caio”, è innegabile che nella nostra storia abbiamo già vissuto dei periodi di oblio in cui si è dovuto assistere alle vittorie dei nostri avversari, in intervalli di tempo lunghi (un solo tricolore dal 1961 al 1972 ), molto lunghi (1986-95) o anche più brevi ma decisamente devastanti (2006-12).
E non c’entra nulla la famosa frase che ormai è diventata più uno strumento di attacco per gli avversari che un nostro mantra per vincere, perché non è tanto questione di vincere in quanto unica cosa che conti, ma di capire che vincere non è mai scontato, e su un trofeo non bisognerebbe mai sputare.
Chiedere per capire a chi anelerebbe anche alle briciole che abbiamo fatto cadere talvolta dalla nostra tavola in questi otto anni, o ancora più semplicemente leggere tutto d’un fiato questo fantastico post che ho trovato su facebook, scritto da una tifosa che evidentemente, e fortunatamente, non solo non è ancora sazia di vittorie ma è riuscita a comprendere la differenza tra il chiudere nel giusto modo una stagione comunque buona e dedicarsi poi a prepararne un’altra.

La verità e l’equilibrio sono sempre nel mezzo.

Nevio Cappella.