Gentile Massimo Allegri, la salutiamo e la ringraziamo per tutto quello che ha fatto. Con una certezza che viene da tutto quello che respiriamo in queste ore di troppe voci e confusione sul futuro. Perché lei tornerà, presto o tardi, tornerà a Torino sulla panchina della Juventus. Non abbiamo dubbi. E’ la storia interrotta e ben raccontata dal presidente Andrea Agnelli ad animare questo sogno, questo film che va un po’ indietro nel tempo. Perché lei Allegri, come quella fidanzata che ti lascia sul più bello, andrà a far parlare di se in altre latitudini e poi ci guarderà mentre arranchiamo con la vita di sempre. In questo week-end di pioggia non si riesce ad esser ottimisti, a consumare quella birra che abbiamo in ghiacciaia.
Dicono che lei, mister Allegri, avrebbe dovuto esser liquidato dopo la finale di Cardiff, dopo che Zidane ce l’aveva alzata in faccia quella coppa lì. Ho pianto guardando quella ragazza con la sciarpa, sugli spalti di quel catino scozzese. Ho maledetto ogni singola partita che la Juventus ha perso in Europa. Ne ricordo i marcatori e le biografie, i gesti e le maledizioni che gli ho mandato allora e per sempre. Quindi comprendo il livore di chiede “piazza pulita” dopo certe discese schifose. Eppure per l’amore che si prova per quella maglia, quest’altr’anno un pure po’ diversa, si butta giù il fango e si va avanti. Quindi si spiega ai compari che soffrono come te che Cardiff e Berlino sono cicatrici d’amore e non c’entrano nulla con Atene o Manchester. Perché la Juventus che vince e convince oggi è nata 13 anni fa, dentro il seminterrato di un albergo che l’aveva mandata in serie B con una penalizzazione monstre.
Facciamo un po’ di storia. Se oggi c’è Cristiano Ronaldo è perché un francese dolce e semplice, Didier Deschamps, mise insieme una squadra e tornammo a galleggiare, a respirare. Quando poi arrivò il presidente Agnelli si capì che si poteva pensare bene. Marotta e Paratici hanno fatto il resto, pescando e dando nuovo valore a Pirlo e Vidal, Pogba e Tevez, Morata e Marchisio. Le partenze degli ultimi anni fa comprendere quanto in alto si è andati, quasi vicini alla Luna. In tv e sui media che contano si sottolinea l’assenza della Champions dalla bacheca, il fatto di doversi voltare fino alla magica notte di Roma 1996, per poterla apprezzare. Lei, signor Allegri, ha portato coraggio e sogno, definizioni giuste e player di qualità. Poteva completare il cerchio e forse in questa fase non vi è riuscito? Non ci crediamo. Da questo lato del computer, dentro un tifo che non va molto spesso in trasferta, le ripetiamo l’augurio delle prime righe. Lei quasi certamente tornerà e ci farà vincere ancora. Per il resto aspetto le rivelazioni di chi segue il calciomercato. Gente abituata ad ascoltare agenti di rappresentanza e lobbisti, procuratori e tifosi mascherati. Lei Allegri ha provato ad insegnare che è tutto “semplice”. A volte non è così.
Simone Navarra.
Il giusto omaggio a uno dei più grandi della nostra storia
Dopo Juventus-Atalanta, andrà in onda il rito finale di ogni stagione. Quest’anno la festa di fine stagione, la festa per lo scudetto è la festa di Massimiliano Allegri. Senza se e senza ma.
Certo, si tratta della celebrazione della consegna della Coppa del Campionato di serie A, l’annuncio dei giocatori che entrano singolarmente in campo, la Coppa alzata dal Capitano, coriandoli, striscioni, sciarpe, bambini in campo, schiume da barba, Cuadrado e panita vari . Tutti contenti e poi l’autobus scoperto in giro per la città, anzi no, scusate, quest’anno la partita si gioca di sera, quindi niente bus scoperto. E’ il segno dei tempo. Il segno di un’annata iniziata alla grande e finita con un certo senso di frustrazione palpabile, non solo tra i tifosi, dopo la sconfitta contro l’Ajax.
Va bene questo è quello che è sempre stata l’ultima giornata di campionato in questi ultimi 8 anni bellissimi per noi e lentissimi e tremendi per interisti o altri tifosi. Però quest’anno è, anzi dev’essere, qualcosa di diverso.
Va celebrato uno dei più grandi professionisti che hanno guidato la Juventus. Uno che è salito sull’Olimpo dei più grandi, lì dove ci sono solo Carcano, Parola, il Trap, Zoff, Lippi, Capello, Conte.
E allora quello che auspichiamo è che lo Stadium sia bianconero come sempre, con il calore tipico di questi momenti e con tanti cori di ringraziamento per Max che, sì, ha ricevuto tanto dalla Juve con cui ha fatto il salto decisivo per raggiungere i top coach europei, ma che ha anche dato tantissimo ad un club che nell’estate del 2014 era sull’orlo della proverbiale crisi di nervi.
Oggi tutto sembra scontato. Ma Max non solo ha fatto in modo che la Juve giungesse a vincere il suo ennesimo scudetto, ma ha anche allontanato i fantasmi che bloccavano le gambe e non permettevano ai bianconeri di superare il girone di Champions, e li ha portati fino al traguardo finale contro un Barcellona troppo superiore. Ha tranquillizzato tutti, non mutando subito il sistema di gioco di Conte con cui i senatori della difesa si trovavano a meraviglia, ha dato slancio a diversi giocatori, più di tutti a Morata, gestito in maniera eccellente, ha confermato la regia di Pirlo, ha responsabilizzato ancor di più Marchisio e Vidal, si è appoggiato alla saggezza di Buffon e Evra, ha dimostrato una presenza di spirito notevole.
E’ per questo che la festa è sua. Viene però in mente che non sarà solo il Mister a salutare i tifosi questa sera. Come ricordato da Allegri nella sua bella conferenza stampa di ieri c’è da celebrare il “Professore” della difesa Andrea Barzagli, che probabilmente a breve entrerà nello staff di Antonio Conte per imparare a fare l’allenatore e chissà che un giorno non lo rivedremo allo Stadium in panchina. Sarebbe molto interessante.
Barzaglione merita tutto il calore e la festa possibili, ma siamo certi che sarà così.
Eppoi protagonista della festa sarà ancora lui, CR7, questa volta ancor più coinvolto che nell’improvvisata goliardata post Fiorentina a base di schiuma da barba e champagne (mancavano solo le birre che Howedes l’anno scorso stappava con grande perizia da tedesco vero).
E’ la festa della consapevolezza che CR7 è uno di noi e potrà essere determinante anche l’anno prossimo, quando un’altra Champions sarà lì da conquistare.
C’è da festeggiare per rendere omaggio comunque a questa Società che da azienda di alto livello del suo settore continua a rinverdire con la massima concretezza sogni di tifosi che di concreto non hanno nulla. Una Società di cui bisogna aver fiducia, almeno fino a quando non ne sbaglierà una come finora.
Nei giorni scorsi anche noi di Juventibus eravamo divisi tra chi avrebbe voluto vedere ancora Allegri in panchina e chi pensava che il suo ciclo di grandi vittorie fosse finito. Le alchimie esistono, hanno una loro durata, quasi sempre finiscono. E la storia di Allegri alla Juve non fa eccezione. La consapevolezza che cresce è che però ora, soprattutto dopo la conferenza stampa d’addio due voci, la gente cominci a capire la portata del lavoro di Allegri alla Juventus e che cominci a capire anche l’importanza di regalargli il tributo più bello e coinvolgente possibile. E’ quello che dovrà essere la Festa per lo scudetto 2019. Una festa che ci vede tutti uniti nella juventinità e nel ringraziamento ad uno dei grandi della storia di questa Società. Sciarpe al vento!
Gianluca Garro.
La vedova Allegra
Ci sono storie talmente benedette dagli Dei da avere inizi e conclusioni così perfette da fare invidia a qualunque sceneggiatore. Quando la Juve ufficializzò l’ingaggio di Allegri, dopo che l’altro, il predestinato, l’amore di un vita, scappò dalla finestra mentre dormivamo sogni più o meno tranquilli, mi ricordo, anzi è Zuckerberg a ricordarmelo ogni estate, che fui così scema da pubblicare l’immagine di Gianni di Sapore di mare che, con torta e spumante in mano, scopre che Selvaggia lo sta cornificando con Fulvio in riva al mare. Ecco, quella sensazione di smarrimento mista a delusione e stupore, che durò più o meno un quarto d’ora perché chi aveva il tempo di disperarsi quando in fondo tutto era rimasto uguale, se non addirittura migliorato, è tornato prepotentemente insieme a un’altra ufficializzazione, quella relativa alla fine dell’avventura di Allegri sulla panchina della Juve. Non eravamo tutti, ma eravamo in tanti, a dimostrazione del fatto che la maggioranza ha sempre ragione. Esattamente come quelli che vincono, ma non starò qui ad ammorbavi spiegandovi che chi produce programmi che fanno il 40% di share o pubblica un libro che vende miliardi di copie, evidentemente ha capito qualcosa in più degli altri, perché in fondo, ma mica tanto, questa è un’altra storia.
In questi ultimi cinque anni, che poi sono figli dei tre precedenti di Conte, alla Juve è successo qualcosa che sembra avere dell’incredibile, ma che in realtà ha fondamenta scientifiche. Sono qui per rasserenarci tutti: non siamo pazzi, anche se spesso lo sembriamo. In economia, infatti, esiste il concetto di utilità marginale decrescente, secondo cui se io, in preda alla fame, inizio a mangiare svariate fette di torta, mettiamo 8, le prime mi daranno una soddisfazione maggiore rispetto alle ultime, e quindi il mio grado di goduria decrescerà man mano che mi ingozzerò. E questa, insomma, è colpa di Allegri, che ci ha rimpinzato peggio di un foie gràs nel corso degli ultimi anni. Vero, direte tutti in coro, ma la ciliegina sulla torta non ce l’ha mica messa. Vero, vi risponderei io, ma a oggi, a conti fatti, sono solo due gli allenatori che sono riusciti a mangiarla, quella ciliegina, guarda caso gli stessi che, nella stessa classifica dei più grandi, stanno immediatamente prima di Max.
E quindi tutto un problema di ciliegina. Non mangiamo una torta così ben fatta da talmente tanti anni che quella ciliegina è diventata il metro di misura di tutto. Ma torniamo seri. Allegri, dicevamo, l’allenatore che è tornato a farci credere che un’altra Champions fosse possibile, che ci ha talmente distratto dai fatti nostrani da farci credere che il senso di tutto stesse altrove, che ha talmente alzato l’asticella da aver fatto sicuramente intimorire qualunque sostituto, non solo perché fare meglio di lui, in termini di risultati, è esattamente difficile, ma perché fare meglio di lui significa solo una cosa: vincere quella coppa, che alla Juve è un po’ come dire «ora vado a fare il sindaco di Roma e sistemo tutto io».
Non mi imbarcherò in discussioni riguardi il bel gioco, perché noi femmine nasciamo geneticamente risultatiste, cosa volete che ce importi che se Tizio, Caio e Sempronio fanno capolavori col pallone se poi non segnano e non vincono, o se Mister X gioca vertice basso o vertice alto, e non starò qui a sviolinare quanto triste e malinconico sia l’addio di Allegri, il che è già evidente dai modi, dalle parole e dai gesti che sono stati usati per salutarlo, perché quello che più mi interessa in fin dei conti è il dopo, come bene insegna la Juve. La verità è che, messi da parte il disastro e la delusione post Ajax, Max lascia un macigno enorme a chi sta per succederlo, un’eredità pesante che non si sa bene, giustamente, dove ci porterà. Fare meglio di Allegri significherà pure far giocare meglio la squadra, focalizzarsi più sulla parte offensiva piuttosto che alla difensiva, ma a conti fatti, vuol dire solo una cosa: vincere in Europa. Ecco, conoscendo l’ossessione che questa squadra, perché ormai di questo stiamo parlando, ha per la Champions, se fossi il nuovo allenatore della Juve, qualche scatola di Xanax me la porterei a Torino.
Ci sono storie che sono talmente benedette dagli Dei da sembrare perfette pure quando finiscono. Si dice che quelli bravi i necrologi se li sono già scritti da soli e infatti Allegri, mentre abbracciava un tapiro davanti a Valerio Staffelli, si è fatto al chiusa da solo: «Sono stati cinque anni d’amore meravigliosi, e dire che per me cinque anni di relazione sono pure tanti».
È l’ennesimo capolavoro di questa Juve. Puntare ancora alla luna mentre tutti guardano il dito.
Valeria Arena.