Keep Calm e fiducia nella rivoluzione

La Juventus di Sarri perde alla 20°. Sul campo della più in forma (alla 7° vittoria di fila).

Schiaffo da De Zerbi un pugni dalla Lazio dopo 2 vittorie toste, a Bergamo e con l’Atleti.

Sembra il classico crollo atteso da 2 mesi, da Inter-Juve in poi, con un’involuzione di gioco mascherata da vittorie di corto muso e con i nodi che vengono al pettine: sterilità nonostante il volume, fragilità nonostante i singoli, centrocampo inadatto e rotto, sacrifici forzati di Higuain e Dybala e trequarti che non si trova.

Un bubbone scoppiato giustamente da Inzaghi, tra i contendenti alla panchina Juve.

E invece no!

La Juventus della prima ora è stata -vista la difficoltà della sfida- la migliore degli ultimi 2 mesi: difesa altissima, pressione efficace con 5-6 uomini incluse le punte, bel fraseggio nella metà campo rivale. Ronaldo pimpante e coinvolto, Dybala sgusciante e Bernardeschi che non le sbaglia -proprio- tutte. Il merito è di un centrocampo ben composto, intenso e propositivo: Pjanic spinto in avanti dalla difesa, Matuidi col lavoro di pressione e incursione e Bentancur sontuoso: corsa, contrasti, dribbling, verticalità e l’assist a Cristiano.

Non proprio la #JuveDiSarri (la nuova #JuveDiMarzo di Allegri) ma ottimi segnali.

La Juve produce tanto in mezz’ora -Dybala a giro, gol, Berna prima di testa, CR di testa-e rischia ZERO. Quando Benta si ferma restiamo in 10, quando entra Emre Can la Lazio gioca in 12, la Juve non esce più e becca gol al primo tiro, di testa sul secondo palo con un centrale, con Luis Alberto a cui un pigro Bernardeschi lascia il tempo di crossare.

La solita mazzata del vantaggio sprecato, ma la Juve riprende a macinare fino al secondo sliding door: Dybala tira (male) e non serve Cristiano solissimo. 2 minuti dopo Luis Alberto pesca Correa con Cuadrado che potrebbe fare di tutto -temporeggiare, arretrare, accompagnare- tranne prendere il rosso e segnare la gara. Ancora 2 minuti e Luis Alberto sciabola da 40 metri ancora per SMS, fino a quel momento annullato, che 11 vs 10 è invece libero di tagliare in area dietro i centrali, stop e tiro perfetti: buonanotte.

La Juve perde. Per tanti motivi e forse per nessuno. I punti persi a Roma compensati da punti presi “alla rovescia” (Bergamo), ma è stata una Juve molto buona con 11 “adatti” alle idee di Sarri e discreta poi con 11 uomini.

Quindi fiducia, perché nella gare “che contano” –Napoli, Wanda, Milano, 11vs11 con la Lazio– la Juve riesce a mortificare le rivali, con un modo “diverso” di dimostrare la sua superiorità.

Poi accade qualcosa che la rende fragile: i 3 gol del Napoli, i 2 dell’Atletico, il rigore di Lautaro, il crac di Benta e il rosso di Cuadrado o la papera collettiva Cuadrado-de Ligt-Buffon col Sassuolo.

La fragilità dietro -mentale soprattutto- e la fragilità fisica in mezzo ci impediscono di decollare. Finora la costruzione è stata agevolata dai risultati, ora la Juve fronteggia difficoltà pratiche e concettuali: è seconda, deve rialzarsi e non sbagliare più, e ha assenze pesanti (Chiellini, Khedira, Ramsey, Douglas, ora Bentancur) che la rendono meno profonda, meno tecnica e dominante. A Roma Pjanic, Can, Matuidi, Berna sono apparsi inferiori ai 4 della Lazio -Leiva, SMS, Correa, Luis Alberto-. Tra gli interni ora sono out il più in forma (Bentancur), i “nuovi” (Ramsey e Rabiot) e quello che “aveva capito subito” (Khedira), e restano uno “che con Sarri non c’entra ma si arrangia” (Matuidi) e uno “che con Sarri e con la Juve non c’entra più nulla” (Can).

Sarri “proverà Bernardeschi, Ramsey e Cuadrado interni” e rimedierà all’altro problema emerso in 11vs10: la vulnerabilità contro i tagli verticali, ma su quello, come sui gol da piazzato (ricordate? erano lo spauracchio dopo Napoli e Atleti e non ne abbiamo presi più), ci si lavora.

Fiducia, lavoro e costanza. Ora una gara “inutile” per riprendere morale (Leverkusen) e testare nuove soluzioni e una gara in casa (Udinese) per riprendere 3 punti e abitudini e certezze di prima.

Sandro Scarpa.

Sarri a caccia di un’intuizione

Prima di cadere nella facile trappola della depressione da prima sconfitta stagionale (a metà dicembre) e lanciarsi alla ricerca di un colpevole declamando la lista delle cose che non vanno, occorre precisare che la partita di Roma è ruotata negativamente per la Juventus attorno ad almeno tre classici episodi da “sliding doors”.
In primis l’immancabile tocco della sfiga che ci priva di Bentancur, fino a quel momento migliore in campo per distacco, poi Dybala che sbaglia due volte, fallendo un rigore in movimento e ancora di più non scaricando il regalo degli avversari su Ronaldo meglio piazzato, e infine l’arbitro Fabbri che per motivi misteriosi non sancisce nemmeno con un misero calcio di punizione un intervento killer di Luiz Felipe che sembrava essere meritevole del rosso anche a chi non tifa Juve.

Siccome nessuna di queste tre porte ha girato a nostro favore ci siamo ritrovati a commentare la cocente sconfitta romana, con l’infermeria che nel frattempo ha aggiunto un nuovo uomo al suo già fitto roster.

Dal mio personalissimo punto di vista sono tre gli spunti su cui ragionare, a partire da un raffronto con la stagione scorsa, esercizio che ad onor del vero andrebbe sempre evitato, a maggior ragione quando si paragonano due contesti cosi diversi tra loro, ma che risulta interessante soprattutto se focalizzato su un dato specifico: quello dei gol subiti.

Un anno fa la Juventus era prima in classifica, con sette punti in più dei 36 attuali, aveva realizzato nove gol in più ma soprattutto ne aveva subiti ben dieci in meno, ed è questo un dato particolarmente inquietante in quanto rappresenta la vera novità rispetto alla tradizione bianconera di avere sempre una notevole solidità difensiva, a prescindere da quanto fosse proficuo il fatturato offensivo.
Unendo questo dato alla puntualità con cui si reiterano alcuni errori (su tutti il gol subito su palla alta e cross avversario sul secondo palo) è naturale che sorga più di qualche dubbio sulla funzionalità del pacchetto arretrato.

Altro aspetto che mi lascia perplesso è quello di alcuni giocatori che probabilmente necessiterebbero un cambio di posizione in campo, a partire da quel Bernardeschi su cui siamo quasi all’accanimento terapeutico insistendo a proporlo in un ruolo che, molto probabilmente, non potrà mai essere suo.
C’è poi Pjanic, protagonista di un inizio di stagione eccezionale ma sul quale nell’ultimo mese è diventato abituale un controllo asfissiante e sistematico degli avversari che ne limita il potenziale e il raggio d’azione, ma in questo caso specifico su tutto il reparto centrale pende una serie di interrogativi che rappresentano forse il problema principale da risolvere per Sarri.
Stesso discorso di calo di rendimento per Cuadrado, che nelle ultime uscite ha riproposto più di qualche dubbio sul fatto che possa essere stabilmente il terzino destro titolare a causa di alcuni errori dovuti forse ad eccesso di generosità ma che sono risultati decisivi, in negativo.

E allora unendo i vari puntini mi sono chiesto se questo non possa essere il momento in cui all’allenatore è richiesta la classica “mandrakata” che fa svoltare la stagione e di cui la nostra storia recente è piena.
Basti pensare ad Allegri che tre anni fa vira repentinamente su un 4-2-3-1 offensivo come non mai con cui arriverà a 45 minuti dalla Champions League e allo scudetto consecutivo numero sei, o a Conte che si inventa dal nulla la difesa a tre a e la mitologica BBC.
Andando più indietro nel tempo troviamo Marcello Lippi che ci stupì con Zambrotta reinventato terzino per dare spazio a Camoranesi, e Nedved riportato a nuova vita facendogli fare l’esterno di un centrocampo a quattro.

La parola passa a Sarri su cui incombe all’orizzonte anche il primo obiettivo stagionale rappresentato dalla Supercoppa Italiana che ci sarà contesa proprio dalla Lazio di Simone Inzaghi.

Nevio Cappella.

La Juve di Sarri è il cortocircuito-Paratici

Il pesce puzza sempre dalla testa: ci torniamo in chiusura, andiamo per gradi.

Il primo grado dice che la Juventus ieri sera, in casa della Lazio, ha dominato il primo tempo, meritava di andare al riposo in vantaggio anche superiore ad un gol, ed invece si è ritrovata sull’1-1 e quasi svuotata praticamente da ogni punto di vista.

Quanto successo nella ripresa, però, è un qualcosa che desta poca meraviglia perché già da un po’ di tempo certe dinamiche sembravano o evidenti o sul punto di mostrarsi nella loro interezza.

Sarri ha perso la bussola dopo la partita con l’Inter, come se pensasse di aver trovato già il bandolo della matassa. Da lì in avanti una impressionante serie di prestazioni globalmente desolanti e situazioni tattiche imbarazzanti: guardare l’azione dell’espulsione di ieri per farsi un’idea cronologicamente fresca.

De Ligt è un campioncino e si vede, ma il suo essere acerbo sta creando qualche problemino di troppo ad una difesa comunque lasciata scoperta da un centrocampo inadeguato, forse quello peggio assortito negli ultimi 9 anni.

Danilo-De Sciglio è come sparare sulla croce rossa, non basta mica l’impegno e la serietà per fare la differenza in positivo: si sommino i cartellini e/o si dia in affiancamento fiducia ad un primavera nel caso.

Cuadrado sta seguendo la stessa parabola della squadra, ieri una serie di baggianate clamorose (sempre le stesse tra interventi pericolosi a ridosso dell’area e palle scodellate in orizzontale), ultima in ordine cronologico l’entrata senza senso che porta al rosso, con conseguente scenata successiva.

Khedira, al di là del lungo infortunio, ha dimostrato di agire a migliaia di giri di motore in meno rispetto a chiunque. Se il sostituto naturale è questo Can, però, si capisce come mai è sempre titolare.

Matuidi è arrivato: sempre generoso, sempre a sbattersi a destra e a manca, ma è fisicamente arrivato. Tecnicamente sopperiva, ora non riesce più per ovvi motivi di fiato.

Bernardeschi non può essere il trequartista della Juve: non è un accanimento particolare, semplicemente non ha le caratteristiche per fare la differenza in quella zona di campo a certi livelli.

Ronaldo deve farci capire se vuole continuare ad essere Ronaldo, al netto dei problemi fisici delle ultime settimane, o se è già entrato nell’ottica di essere fra i migliori si, ma non fra i top-5.

Capitolo infortuni: che siano traumatici o muscolari poco importa, anche perché spesso un traumatico può essere accentuato da un contesto muscolare inidoneo. È un handicap che non si può sopportare, a maggior ragione quando si presentano recidive a chiedere il conto alla cassa.

Gestione esuberi: non si tratta di volersi lamentare dell’allontanamento di un Mandzukic, o della partenza di un Kean, ma un attaccante un po’ più pesante anziché gente che il campo non lo vede neanche in allenamento pare ovvio che sarebbe stato meglio averlo in rosa.

Tornando alla considerazione iniziale: Paratici, grandissimo intenditore di calcio, non è che ultimamente qualche leggerezza l’ha commessa scatenando a cascata il resto? Per esempio, in aggiunta a quanto già detto, avere i conti a posto è fondamentale, ma se vendi male e acquisti a 0 calciatori che quasi non ci si accorge di avere o che peggio ancora fanno danni, non è che stai facendo qualcosa che insegue con successo la tua fama ben costruita nel tempo.

N.B.: Szczesny, Bonucci, Alex Sandro, Pjanic, Bentancur, Dybala, Higuain, per sottolineare, solo citandoli, che qualche nome che fa vedere la metà del bicchiere mezza piena c’è!

P.s.: chi se la prende con la Joya per il gol mangiato ieri sera dimostra che col calcio c’entra poco. L’errore è evidente e grave, ma sputare fango contro chi ha tenuto a galla la squadra nelle ultime settimane, nascondendo la polvere in ogni angolo adatto a mascherarla, è per lo meno ingeneroso.

Fabio Giambò.