I gol dell’argentino e del colombiano regolano le rondinelle, in dieci dopo l’espulsione di Ayé. Nella ripresa il rientro di Chiellini
La Juve regola il Brescia con un gol per tempo, a firma Dybala e Cuadrado, e con una prova solida, nella quale i rischi vengono azzerati e le occasioni, almeno nella ripresa, fioccano, anche per l’inferiorità numerica degli avversari, in dieci dopo l’espulsione di Ayé . Con i tre punti, la miglior notizia di giornata è poi il ritorno di Giorgio Chiellini, in campo per l’ultimo quarto d’ora, accolto dall’ovazione del pubblico.
SPAZI CHIUSI
Rispetto alle ultime uscite mancano Pjanic e Ronaldo e il ritmo della gara non è particolarmente frizzante, ma la Juve manovra bene e gli inserimenti di Ramsey dalla destra creano qualche affanno alla difesa bresciana. Proprio in seguito ad un’incursione della gallese il portiere ospite Alfonso si scontra con un compagno ed è costretto a uscire dopo appena dieci minuti di gioco. Con lo scorrere del cronometro i lombardi prendono le misure, blindano le fasce e la manovra dei bianconeri finisce così per imbottigliarsi al centro, dove il muro di maglie azzurre ha gioco facile a chiudere gli spazi.
LA MAGIA DI DYBALA
Le Rondinelle prendono fiducia Zmrhal sfiora il palo dal limite e Bjarnason gira di testa tra le braccia di Szczesny, mentre Dybala, servito a centro area da Higuain svirgola e non centra la porta. La gara è più complicata del previsto, ma Brescia si complica la vita da solo, quando Ayé ostacola Ramsey in maniera palese e rimedia il secondo giallo in pochi minuti, oltre a concedere una punizione ai sedici metri. Quella è la mattonella di Dybala, che infatti accarezza il palo con un sinistro delizioso e sblocca il risultato. La Joya sfiora poco dopo un’altro capolavoro, quando colpisce al volo uno spiovente di trenta metri di Bentancur, ma Andrenacci è piazzato ed evita il raddoppio anche nel finale di tempo, quando vola per deviare sul palo la zuccata di Rugani.
CUADRADO RADDOPPIA
In avvio di ripresa è Higuain, servito in area da Cuadrado, a sfiorare il gol con un diagonale che Sabelli riesce a deviare sulla linea e a mettere in angolo, quindi Bonucci schiaccia di testa il corner di Dybala e Andrenacci respinge. La Juve ora tende ad allargare maggiormente il gioco e anche se appare un po’ troppo leziosa e manca l’ultimo spunto per chiudere le azioni, la partita è un monologo bianconero. Il Brescia del resto fa ben poco per raddrizzare il risultato e dà l’impressione di cercare solo di limitare i danni. Sarri cambia Ramsey con Pjanic, ma la partita del bosniaco dura una manciata di minuti, perché a causa di un fastidio all’adduttore deve subito lasciare il posto a Matuidi. Proprio il francese, alla mezz’ora, si trova nel posto giusto per fare da sponda all’incursione di Cuadrado che, partendo da fuori area e ricevendo il passaggio di ritorno, si presenta davanti ad Andrenacci e infila sul primo palo.
OVAZIONE PER CHIELLINI
Al 33′ arriva il momento di Chiellini che entra al posto di Bonucci, accolto dal boato dell’Allianz Stadium. Il Brescia, già poco proattivo prima, ora è completamente disilluso e la Juve sfiora più volte il terzo gol, con Bentancur, che ci prova due volte da fuori area, e con Higuain, che insacca di testa, ma partendo da posizione irregolare, e colpisce poi l’esterno della rete. Proprio prima del fischio finale Dybala centra anche una clamorosa traversa, che gli toglie la soddisfazione della doppietta. La gara va in archivio con il 2-0 e con una prestazione, specie nella ripresa, convincente. Ora la testa va alla Spal, gli occhi, al posticipo tra Lazio e Inter.
JUVENTUS-BRESCIA 2-0
RETI: Dybala 39′ pt, Cuadrado 30′ st
JUVENTUS
Szczesny; Danilo, Rugani,
Bonucci, (33′ st Chiellini) Alex Sandro; Ramsey (21′ st Pjanic, 28′ st
Matuidi), Bentancur, Rabiot; Cuadrado, Higuain, Dybala
A disposizione: Buffon, Pinsoglio, De Sciglio, de Ligt, Matuidi, Olivieri, Wesley
Allenatore: Sarri
BRESCIA
Alfonso (10′ pt Andrenacci);
Sabelli, Mateju, Chancellor, Martella; Zmrhal (45′ st Skrabb), Bisoli,
Dessena, Bjarnason (35′ st Ndoj), Ayè; Balotelli
A disposizione: Semprini, Spalek, Mangraviti, Viviani, Donnarumma
Allenatore: Lopez
ARBITRO: Chiffi
ASSISTENTI: Mondin, Bottegoni
QUARTO UFFICIALE: Pezzuto
VAR: Giacomelli, Ranghetti
AMMONITI: 19′ pt Bonucci, 33′ e 37′ pt Ayè, 43′ pt Higuain, 20′ st Bentancur
ESPULSI: 37′ st Ayè
uventus-Brescia 2-0. Tre punti e quella sensazione di “vorrei ma non posso”
La Juventus regola in casa il Brescia in una partita che forse “non esiste”, direbbe Luca Momblano, ma certamente “conta” e tanto. Perchè mai come in questo momento, dopo sconfitte ravvicinate e prestazioni negative, tre punti in casa contro le “rondinelle” erano l’unico esito accettabile.
Il primo tempo è soporifero, con una novità assoluta. In questi anni avevamo visto fischi dello Stadium per i singoli, da Giovinco ad Hernanes fino a Khedira. Ma quelli alla squadra sono pressoché un inedito, che matura dopo un tentativo di pasticcio Bonucci-Rugani ed una palla orizzontale di Bentancur che meritava sorte migliore (per il Brescia).
Ma sono fischi che sublimano una prima frazione nella quale, dato ormai frequente, la Juve tiene palla ma non tira in porta e gli avversari si, anche se si chiamano Brescia. Poi la follia di Aye ed il mancino from Laguna Larga (“impossibile da non amare” dice il commentatore Sky) cambiano l’inerzia e la storia, ma non le domande sul senso compiuto, se mai ci sarà, di questa squadra.
Perchè nel secondo tempo il leitmotiv è lo stesso. Dominio territoriale e quella sensazione di “vorrei ma non posso”. Palla a noi, triangoli stretti, ma siamo sempre lì, al limite. Contro, un avversario zeppo di assenze, in 10 e già di suo non irresistibile. Si crea qualche palla gol in più, come naturale. Perfino una perla: quella palla telecomandata del Pipita a Dybala che il petto di Bjarnason impedisce diventi un eurogol. Ma i ritmi sono da sbadiglio, e fino al 74′, quando Cuadrado la chiude, il derelitto Brescia senza Tonali, Torregrossa, in 10 e con il terzo portiere tra i pali, resta in partita all’Allianz Stadium. L’infortunio lampo, e forse serio, di Pjanic pochi secondi dopo l’ingresso in campo è benzina sul fuoco. Certo ci sono anche i segnali positivi: Bentancur in continua crescita e Cuadrado atleticamente in palla, su tutti.
Ma “la scintilla” deve ancora scoccare, e più che mai sembra indispensabile. In vista della ripresa della Champions e della sfida del 1° Marzo contro l’Inter, occorre qualcosa che sparigli le carte, che restituisca a questa squadra quella “ferocia” spesso evocata dal suo allenatore ma raramente mostrata in campo.
Quale potrebbe essere questa scintilla? Ai posteri la sentenza, ma il boato dello Stadium all’ingresso in campo di Giorgio Chiellini un’indicazione ce la dà.
Una Juve da Subbuteo: poco movimento senza palla
Milan-Juve e Juve-Brescia. Due facce della stessa medaglia.
La partita col Milan é stata illuminante, in un certo senso. Partita in cui la Juve non é quasi mai riuscita a rendersi pericolosa. Anche in superiorità numerica.
La ragione si è palesata lì, dinnanzi agli occhi, attorno al decimo del secondo tempo. Palla sul centro-destra, attorno al cerchio di centrocampo, e giocatori in maglia bianconera completamente fermi, immobili, piantati sulle gambe, ad attendere un passaggio che, in queste condizioni, non può che risultare sterile e fine a se stesso.
Manovra stagnante e prevedibile.
Juve-Brescia, situazione diversa, risultato per certi versi identico. Quando la palla viaggia all’altezza del cerchio di centrocampo, i movimenti (pochi) appaiono scolastici e poco convinti, non accompagnati da un’idea tattica di fondo (palla ai terzini, mezz’ali che si aprono in diagonale, verso l’esterno, spalle alla porta, una volta ricevuta palla non possono far altro che rigiocarla indietro – oggi Ramsey nel primo tempo lo ha fatto diverse volte). Risultato? 30 minuti senza lo straccio di un tiro in porta, prima della combo espulsione/punizione gol di Dybala, a falsare un pomeriggio che avrebbe potuto e dovuto essere più probante. Le manovre apprezzabili appaiono il frutto della tecnica individuale dei singoli, non prima però, di essersi scrollati di dosso qualche zavorra, soprattutto a livello psicologico, strada facendo, nel corso del match.
Le
ragioni di questa mancanza di dinamismo le scopriremo da qui a poche
settimane, quando arriveranno le partite decisive della stagione.
È
verosimile pensare che in questa fase ci sia stato un richiamo di lavoro
atletico, per “volare” poi nei mesi decisivi; fatto sta che
attualmente, più che giocatori “alati” i nostri sembrano gli omini del Subbuteo. Fermi, lì dove sono stati posizionati, incapaci di muoversi autonomamente con armonia e predeterminazione.
Un po’ allarmante, al di là di tutto, il fatto che ciò accada alla squadra di un tattico come Sarri,
uno che, in teoria, studia e guida i movimenti dei suoi in ogni zona di
campo (tranne gli ultimi 30 metri, a suo dire, ma sospetto che, se
potesse, interverrebbe anche lì).
Movimenti che, tra l’altro, in altri momenti della stagione, si erano visti ed apprezzati.
Quindi la domanda é lecita.
I nostri non hanno, attualmente, la gamba per mettere in pratica quanto chiesto, o mentalmente hanno mollato un po’ le briglie e faticano a seguire i dettami tattici dell’allenatore, andando un po’ a corrente alternata?
A prescindere dalle ragioni, l’attitudine preoccupa, soprattutto in vista Champions, perché ricorda un po’ le sorti di una Juve, quella di Capello,
dannatamente forte ma priva di idee, che rischiò di uscire col Werder
Brema prima di mostrarsi incapace anche solo di scalfire una squadra
come l’Arsenal.
Il problema é che, il pur duro Sarri, non pare aver in mano le redini dello spogliatoio
né avere quell’aria e quella personalità da sergente di ferro che aveva
don Fabio, per portare almeno in porto uno scudetto che mai come
quest’anno appare incerto e combattuto.
Altri tempi, altri
interpreti certo, però, se dalla Juventus di Capello era quasi naturale
aspettarsi che la squadra vincesse attraverso la personalità e la
straordinaria forza dei singoli, oggi, eccezion fatta per CR7, la
sensazione é che il trionfo o la sconfitta passino attraverso l’assimilazione degli schemi dell’allenatore e che, in caso di risposte negative, in questo senso, dovremmo cominciare a contemplare l’idea di un anno senza trionfi…
Nessun allarmismo, ancora.
Perché il fattore fisico può incidere, perché il gruppo, al di là di tutto, è composto da campioni che vogliono vincere e sapranno mettere da parte qualsiasi dubbio di natura tattica o “filosofica” se mai fosse questo il problema.
Concludo con una
provocazione, corroborata però dai fatti. C’è un giocatore che, durante
le partite, percorre chilometri e chilometri in movimenti senza palla…
quello che apparentemente c’azzecca meno col credo tattico di Sarri, ma
che, gira che ti rigira, alla fine ti domandi perché giochi sempre e
portando a casa la metaforica pagnotta…
Quel giocatore è Blaise Matuidi. Sarà un caso?