La Juventus perde 2-0 a San Siro contro un’Inter non stellare ma tatticamente ordinatissima che ha fatto esattamente ciò che aveva preparato, manipolando facilmente la Juventus e colpendola sempre nei punti deboli più evidenti: la fascia sinistra con Frabotta timido su Hakimi e il centrocampo “sfalsato” con una distanza tra Ramsey e Bentancur in cui Barella entrava in buchi enormi, non coperti da Chiellini impegnato a tutto campo con Lukaku.
Ecco lo spunto tattico che (non da solo) ha deciso di fatto andamento della gara e risultato (e l’utilizzo del Subbuteo per il nostro centrocampo visto ieri non è puramente casuale…)
Il problema più grave: sapevamo già tutto!
Inter-Juventus è il giorno di di una delle peggiori disfatte del decennio: difficilmente si era vista una Juventus così completamente inerme contro un avversario di sicuro valore ma non di livello così spropositato rispetto alla nostra rosa.
La Juventus è andata in difficoltà dai primissimi minuti, il pressing col recupero alto del pallone non si è mai visto e i giocatori dell’Inter sono usciti dal basso in modo ordinato e agevole, sempre, imbucandoci sistematicamente con due passaggi ogni singola volta sulla fascia destra, fonte principale delle azioni pericolose dell’Inter.
Inermi abbiamo atteso con una squadra lunghissima in modalità friabile, con Giorgio Chiellini unico a salvarsi anche se con Bonucci e Danilo ha tenuto troppo bassa la difesa con un timore visibile per le ripartenze Inter che pure avvenivano costantemente. Se per Chiellini possiamo considerare una sufficienza visto il suo rientro dopo praticamente più di un anno e l’avversario che aveva da fronteggiare, tutti gli altri restano largamente insufficienti, dai suoi compagni all’allenatore (?).
Ieri si è visto palesemente che Andrea Pirlo, per quanto possa e debba essere benvoluto ed aspettato, deve ancora formarsi come allenatore. Qualsiasi squadra di A è stata in grado di mettere in campo delle contromisure che ci hanno agevolmente messo in difficoltà, questo deve far riflettere, al di là delle assenze che in un torneo del genere prima o poi hanno tutti.
Il sistema che ha in mente Pirlo sta diventando stucchevole, lascia spesso Bentancur completamente isolato a centrocampo, e le azioni passano in modo infruttuoso spesso nelle stesse zolle di campo con gli stessi giocatori inadatti a creare gioco. Ad unire il tutto un palleggio lentissimo (altro che quella verticalità che ci aveva illuso e che abbiamo visto ieri nella rivale) che ci rende del tutto prevedibili. Ogni gara sempre poi preparata come se l’avversario fosse identico a quello della settimana precedente (l’11 visto con l’Inter è lo stesso -senza de Ligt– visto a San Siro col Milan, ma i risultati e l’avversario sono nettamente diversi). A trarre vantaggio così è un avversario scaltro e attento come Conte (stavolta) che non propone nulla si diverso rispetto al suo solito gioco contro il quale siamo inerti (stavolta a Conte basta il Piano A).
Se la Juve crea poco o nulla, anche in non possesso tenta un pressing alto che non riesce mai e porta la squadra a sbilanciarsi con imbucate clamorose (il 2-0 di Barella è simile al gol preso da Vlaohovic, o al 2-1 preso dalla Roma, etc. ).
Conta poco parlare di atteggiamento, DNA, mentalità, tutti elementi che sono un accompagnamento alla preparazione tattica alle partite, da parte di allenatore e giocatori che spesso manca clamorosamente. Inoltre, lo abbiamo capito da un pezzo, molti elementi non sono da Juventus e vanno sostituiti, soprattutto a centrocampo. E’ incredibile che da anni qualsiasi opinionista, analista ma anche un semplice appassionato si renda conto di come a centrocampo la Juve sia carente e manchi chi sappia gestire palla e inventare per gli attaccanti eppure la Juventus non pone rimedio.
Oggi
però siamo questi e dobbiamo valorizzare in qualche modo le risorse a
disposizione ma quello visto a San Siro è lontano anni luce dal modulo
corretto per farlo.
Che l’impotenza vista contro l’Inter sia il
punto di inizio per cambiare pagina e sistema tattica che -dopo 24 gare-
non sembra funzionare adeguatamente per gli uomini a disposizione e per
la facilità di lettura da parte degli avversari. Va bene lo scatto
d’orgoglio, va bene l’atteggiamento vincente e grintoso da ritrovare, ma
in questo momento l’elemento fondamentale sarebbe ritrovare quella
umiltà di capire, guardandosi in faccia schiettamente, che in questa
stagione sulla carta puoi essere anche la più forte, ma di sicuro ci
sono molte squadre più brave e urge cambiare decisamente rotta per
sterzare la stagione.
di Osvaldo Adduci
Inter-Juventus, la lezione di Conte a Pirlo
nter-Juventus finisce 2-0 e il risultato è bugiardo. I nerazzurri hanno giocato con i bianconeri. Conte ha messo a nudo tutti le difficoltà della squadra di Pirlo. Una lezione dura, una delle peggiori prestazioni degli ultimi 10 anni. Problemi di campo che richiedono una soluzione: il tempo sta per finire.
Conoscete la teoria del piano inclinato?
Se mettete una pallina su un piano inclinato, questa comincia a scendere piano piano fino a prendere sempre più velocità. Non puoi fermarla.
Inter-Juventus è stata questa. La squadra di Conte ha dettato il contesto della partita, la Juventus lo ha subito nettamente e non ha fatto nulla per trovare una soluzione.
I bianconeri arrivano alla sfida di Milano con pregi e difetti chiari ed evidenti. Antonio Conte ha studiato facilmente le contromosse e ha mosso facilmente le pedine per dichiarare scacco matto. Gli uomini di Pirlo sono stati finora in difficoltà quando hanno incontrato squadre che si difendono col blocco medio basso e chiudono accesso al centro per poi partire in transizione; problemi tanti anche nel pressing spesso disordinato e caotico in cui è facile trovare uomo libero sulla zona debole, specialmente ai fianchi e alle spalle di Bentancur e del centrocampista che entra dentro il campo (Ramsey).
Partiamo dalla fine.
Questo tweet mostra in maniera eclatante i limiti della pressione fortemente orientata a uomo. Ne abbiamo parlato e scritto spesso, così come sono evidenti passività e difficoltà a coprire in maniera razionale ed efficace gli spazi in fase di difesa posizionale.
Nel calcio di Pirlo, basato come sappiamo sui principi, per pressare e riaggredire immediatamente il possessore avversario è fondamentale fare densità attorno al pallone, collassare e scivolare in maniera aggressiva, ricercando situazioni di uno contro uno. Basandoci su questo, è evidente come la Juventus sia lontanissima da questo. I bianconeri non hanno trovato una soluzione efficace per contrastare la costruzione del gioco interista, non hanno indirizzato il gioco sulla corsia più debole, si son fatti muovere a piacimento, rincorrendo sempre gli avversari generando così buchi. Correre a vuoto è frustrante ed è quello che capito molto spesso ai bianconeri senza palla.
Come ci si voleva opporre alla costruzione a 3+2 dell’Inter? Quale era il compito dei 2 attaccanti? Chi doveva alzarsi su Brozovic? Il regista croato è rimasto sempre libero per tutta la gara, trovato con eccessiva semplicità dai difensori o con giocate a muro per liberare il terzo uomo. Come si voleva contrastare l’asse Hakimi Barella Lukaku?
Per l’Inter è stato facile per tutta la partita manovrare agilmente, costruire sul centro sinistra per poi trovare Barella tra le linee e poi aprire per Hakimi in corsa. Frabotta e Ramsey sono troppo fragili per fronteggiarli. Conte non ha dovuto nemmeno coinvolgere le due punte, spesso fondamentali nel gioco nerazzurro con le loro combinazioni nello stretto per poi pescare inserimento mezzala o servire esterno, perché i suoi giocatori hanno trovato immediatamente uomini liberi.
Sempre semplice e scolastico per l’Inter fronteggiare l’attacco posizionale della Juventus. Conte ha lasciato far girare la palla ai 3 difensori bianconeri, alzato Brozovic su Bentancur, protetto il centro costringendo la squadra avversaria a risalire il campo sugli esterni dove puntualmente scattavano raddoppi aggressivi grazie al puntuale contributo delle due mezzali. La Juve è stata statica con il pallone, assenza totale di scambi e di rotazioni di posizioni, pochissime corse. C’era ampiezza, sì, ma con giocatori piantati come bandierine; la profondità non attaccata, la rifinitura lasciata a iniziative individuali sulle fasce.
Conte ha portato a scuola Pirlo. Una lezione di gioco e di strategia. Ancora più grave non aver trovato una via d’uscita durante la partita, come testimoniato dai zeri cambi a inizio gara.
Sulla Juventus i dubbi sono tanti e costanti. È una squadra con problemi di campo, problemi che richiedono soluzioni da tanto tempo. Non ci sono più scuse per non cambiare, un cambiamento in coerenza con i principi. Pirlo, i giocatori, da Chiellini a Frabotta, ai microfoni parlano di mentalità, Dna, atteggiamento, ma le difficoltà sono legate al campo. È arrivato il momento di scegliere giocatori di qualità e con altro ritmo: non si può rinunciare ad Arthur, il centrocampista più tecnico e adatto a un gioco di possesso, a Kulusevski , Dybala e McKennie. Non possono essere preferiti a loro Rabiot e Ramsey: sarebbe stato sufficiente guardare il secondo tempo col Sassuolo per comprendere perché non si possa giocare con loro. Serve lasciare questo scolastico 4-4-2, questa pressione a uomo che non potrà mai funzionare con i giocatori scelti. Sono problemi di campo, non di atteggiamento. Risolvete i primi, vedrete che la squadra sarà molto più convinta e aggressiva.
Difficoltà di campo che nascono dalle scelte societarie. Vedere Barella e Bastoni brillare quando la Juventus ha investito dal 2016 in poi in giocatori spesso sopravvalutati, pagandoli notevolmente, o con tanti limiti senza puntare sui giocatori italiani più talentuosi è il fallimento di una strategia basata sull’ora e subito. Si poteva essere il Bayern, si è scelto di essere il Real Madrid sbagliando scelte su scelte.
Inter-Juventus è l’ultimo crocevia. Pirlo ha materiale per riflettere sui propri errori. Lecito – e giusto – per me continuare a proporre i propri principi, intelligente scegliere gli strumenti più adatti per metterlo in pratica. Di certo non sono quelli scelti ieri.
E che questa immagine rimanga scolpita per comprendere come tutti in campo debbano pensare e ragionare allo stesso modo.