E finalmente 5-5-5

Qualcuno, forse, ricorderà l’omaggio al muro bianconero del novembre dell’anno trascorso, i più no, ma non importa. Tessevo le lodi di un uomo Juve che, non accetto discussioni, di sicuro (titolare o meno), avrebbe fatto parte di tutte le formazioni bianconere degli ultimi 40 anni, gli altri della rosa non so. Mi avventuravo nel pronostico di una rimonta da follia in un campionato divenuto impossibile, con l’emblema di una sua cavalcata in terra nemica che aveva risvegliato una squadra intorpidita dai lampi empolesi.

Ed oggi, proprio nel giorno in cui l’immenso Barzagli è, finalmente, al centro dell’attenzione – a proposito, si era già spinto in avanti sui corner tanto da attirare l’attenzione del mio pargolo tredicenne – è doveroso il tributo ad un altro guerriero bianconero, tutto condensato in 85 metri di una corsa all’indietro che ha il medesimo valore, se non più, di quella in avanti fatta a suo tempo dal difensore.

La premessa non si può trascurare. Il croato è a secco nell’anno solare, oltre che nella prima frazione, da quattro partite complete e due spezzoni che, insieme, ne fanno pari pari un’altra, e solo chi gioca lì davanti può sapere quanto sia importante buttarla dentro con continuità.

Per farlo, è imprescindibile restare sempre lucidi negli ultimi sedici metri, risparmiare carboidrati e aspettare il momento propizio per sferrare la zampata.

Insomma, se ne hai messe quattro nelle ultime sei, un folle ripiegamento potrai farlo con le gambe alleviate da un cervello sgombro dal fantasma di una rete da violare e, questo, non è poco.

Lui no, se ne fotte del tabellino e quando il suo compagno (Pereyra) se la fa scippare appena dentro l’area sugli sviluppi di un angolo sprecato, conta al volo gli altri cinque rimasti davanti a lui verso la porta, si volta immediatamente alle sue spalle e, senza alcun ulteriore indugio, si produce in uno sprint a 100 all’ora a difesa del lontanissimo Buffon.

A rallentare il pallone devono pensarci i suoi compagni, il primo dei quali (Dybala) è saltato via netto da Borriello, mentre il secondo (Marchisio) si trova nella terra di nessuno.

Ma lui, il croato, ora è solo un velocista, lucido nel tracciare una corsia leggermente obliqua che, anzi, lo allontana dalla sfera per avvicinarlo a chi, da destra, è partito come un fulmine. Perché quella palla potrà anche bucarsi ed il campo potrà esser lungo tre chilometri, ma quando saremo davanti al mio guardiano tu, chiunque sia, non avrai scampo e dovrai assaggiare il sudore della mia ascella sulla tua fronte.

Sia chiaro, da solo non ce la può fare, i suoi compagni si muovono all’unisono coprendo l’ampiezza del prato e, da sinistra a destra, fanno quello che devono.

L’esterno mancino in campo aperto dell’ex juventino libera la corsia sinistra alla galoppata di Monachello, mentre Marchisio ci mette l’anima per recuperare i metri di svantaggio, favorito dalla traiettoria a uscire della sfera. Lichtsteiner, il più arretrato, cerca la copertura giusta per donare un pizzico di equilibrio all’improvvisata linea difensiva, mentre Khedira rinviene alle sue spalle stando attento a non macchiare il sincronismo dell’off side. Barzagli, spintosi oltre confine alla ricerca di un memorabile bis, è poco dietro Madzukic, ed è anch’egli in affannoso ripiegamento, con le ginocchia ben più alte rispetto al compagno, tanto da apparire come un lunghista nella sua fase di rincorsa. Ne avrà anche lui per tutta l’azione, lo vedremo subito.

E’ il momento della foto, in posa please. Sono in cinque nel settore di campo che parte da un’estremità del cerchio di centrocampo e finisce all’altra. Loro sono solo in tre e, per fortuna, è una ripartenza.

A leggerla è venuta lunga, ma vi assicuro che è durata all’incirca tredici secondi, epilogo compreso. Monachello fa tutto bene, un tocco col sinistro per sistemarla, due di destro per portarla avanti e un cross tagliato sul secondo palo col sinistro davvero ben effettuato.

E’ il tempo del terzo scatto, stavolta col flash. E’ una magia la linea a cinque dei torinesi a sei metri da Buffon. Non perfetta, ci mancherebbe, ma sufficiente quanto basta per frapporsi con successo al traversone verso l’unico nerazzurro arrivato fin qui, mentre il rientrante Bonucci si prende cura di Borriello rimasto un po’ arretrato.

E quel nerazzurro è proprio Kurtic, che alla fine potrà dire di essersi bevuto anch’egli 85 metri di campo solo per assaggiare l’ascella madida del panzer croato, svettato più in alto di tutti a sporcare con successo la maligna traiettoria del pallone.

Rileggo e mi accorgo di aver sostituito un elogio personale con un plauso collettivo e allo stesso tempo di aver ugualmente sublimato un campione proprio perché non antepone il suo fine personale a quello del collettivo di una squadra che, sarà pure fatta di pippe, ma che traduce sul prato il 5 5 5 come nemmeno la Longobarda sapeva fare. E dire che qualcuno lo aveva preso per un coglione …

di Roberto Savino

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