Allegri vs Conte: quando l’ars comunicandi è (quasi) tutto

Dove eravamo rimasti?

A questo, poi, seguirono la famosa frase dei 10 euro da spendere in un ristorante da 100 e paragoni più o meno improvvidi come quelli tra la “500 e il carrarmato” e via dicendo.

Qualche giorno fa Sandro Scarpa si è interrogato su dove si trovasse la Juve attualmente e sulle prospettive di crescita a medio/lungo termine, soprattutto a livello europeo. Ebbene, dopo aver sentito la conferenza stampa della vigilia di Massimiliano Allegri, permettemi di prorompere nel più classico degli “Eppur si muove”! Perché sarà pur vero che l’ultima volta che ci presentammo in Baviera la nostra delantera era composta da Matri e Quagliarella (roba che il Morata-Zaza di domani sembra il Brasile del ’70) e a sinistra furoreggiava Peluso (altro che le critiche a Evra di questi giorni) e quindi il pessimismo misto a rassegnazione era tutto sommato comprensibile; ma è altrettanto vero che sentire chi avrebbe tutti gli alibi di questo mondo cui attaccarsi dire “le assenze non mi pesano. Abbiamo una rosa ampia che ci permette di non guardare agli assenti. Sarà una Juve all’altezza delle sue migliori gare” mi fa sperare che, indipendentemente da come andrà domani, dal punto di vista della mentalità sia scattato il clic tanto atteso. Quello che non ti fa partire battuto in partenza, quello che ti invita a guardare a quel che sarà e non a quello che avrebbe potuto/dovuto essere, quello che al sano realismo del “senza una grande gara, avremo poche possibilità. Il Bayern al 60-70 per cento gestisce le partite” mescola il “però ha anche punti deboli e lo abbiamo visto. Dobbiamo fare e non pensare“.

Perché si cresce anche in queste cose all’apparenza banali, non solo nel fatturato o nella possibilità di alzare la qualità del parco giocatori. Poi, certo, si può anche uscire perdendo male, fare 0-0 e morire di rimpianti per i primi 60 minuti dell’andata, così come fare l’impresa che poi ti obbligherebbe a provarci sul serio sulla strada per Milano. Ma non bisogna cadere nell’errore di legare tutto al risultato e/o al passaggio del turno. Allegri potrà non piacere come tecnico, ma (parere strettamente personale) si sta dimostrando un comunicatore migliore del predecessore; quanto meno in queste situazioni in cui si può facilmente (s)cadere nel maniavantismo cercando giustificazioni a ciò che sembra ineluttabile.

Quando, di ineluttabile, non c’è proprio niente, nel calcio come nella vita. E allora mi perdonerete se preferisco questo tipo di dichiarazioni al continuo ribadire il gap che c’era (e c’è, non prendiamoci in giro) tra noi e loro, su quanto ci manca per raggiungerli, su quanto bisogna fare e non è ancora stato fatto. Intanto me la gioco poi sulle giustificazioni varie ed eventuali (perché, comunque, non bisognerà dimenticare che sei andato alla partita più importante della stagione senza un titolare per reparto) ci sarà tempo. Ma dopo. Prima e durante, invece, conta solo chi può “fare o non fare”. E se possono solo Zaza e Morata, ci si deve credere con Zaza e Morata.

Fuggendo dalla facile retorica alla Any Given Sunday e affrontando questa partita per quello che è: una grande occasione per compiere un altro piccolo passo sulla Stairway to Heaven di Barca, Real e, appunto, Bayern. E se mi sembrava fattibile quella sera con Matri, Quagliarella e Peluso, figuratevi adesso.