Mentre quel grande circo dei media e dei social ritorna a dipingere il campionato italiano come noioso, modesto e non allenante e si prova a cercare nella malafede di arbitri e Bargiggia vari la giustificazione dei successi altrui, la Juventus si appresta a vincere il quinto scudetto consecutivo. Allegri, giustamente, dirà che la matematica non permette ancora di festeggiare e inviterà tutti a stare sul pezzo, ma razionalmente è improbabile, non impossibile, che la sua formazione si suicidi ancora. Questa stagione è stata completamente diverse dalle precedenti: il pessimo avvio ha costretto la Juventus a questa serie positiva impressionante (una dimostrazione di forza che veniva teorizzata anche un anno fa), una potenzialità che si è dovuta forzatamente realizzare in atto. Senza l’inizio desolante non ci sarebbe stato probabilmente bisogno di questa lunga striscia, il campionato sarebbe stato chiuso a marzo con un Napoli che sarebbe già stato distanziato di più punti e pertanto sfiduciato già nei primi mesi del nuovo anno ripetendo quanto successo nelle precedenti stagioni con la Roma di Garcia. Questa versione della Juventus la ricorderemo senza gradi innovazioni e picchi prestazionali; Allegri non si è inventato nulla, la squadra è ritornata a essere schierata col 352 e non si ricordano partite che segneranno un’epoca o nelle quali il dominio è stato netto e inequivocabile. A ben pensare, anzi, la Juve ha preso a pallonate le avversarie nelle prime gare di campionato, quelle in cui dimostrava ancora poco equilibrio – e infatti subiva spesso delle reti figlie di una squadra sfilacciata e lunga – e un eccesso di frenesia e volontà nel dimostrare il proprio valore da parte di un gruppo ritoccato pesantemente in estate. Nella serie che ha contraddistinto la rimonta in classifica la Juventus non ha mai lasciato la sensazione di poter arrivare a fondere il motore, ma ha affrontato le partite puntando sulla bravura tattica, la solidità difensiva, le qualità dei singoli, la determinazione, consapevolezza e tranquillità del gruppo. Allegri è un ottimo gestore e si è dimostrato ancora una volta molto intelligente riuscendo a riportare in vetta la propria squadra senza mai spingere fino in fondo il piede sull’acceleratore. Da Sassuolo in poi il campionato della Juventus è una linea retta continua e i risultati sono arrivati quasi come se fossero inevitabili; questa sensazione di ineluttabilità è quanto può aver infastidito maggiormente le rivali e rafforzato la consapevolezza all’interno dello spogliatoio juventino. Una forza normale, ordinaria per una singola partita, straordinaria nel filotto. Chiaramente la prossima stagione la Juve non potrà ripetere il pessimo inizio non essendo saggio sfidare nuovamente le proprie qualità; il mercato passa da quello che farà e non farà la società. Discorso diverso per l’Europa. Se la mente di molti ritorna agli ultimi minuti di Monaco, è meglio pensare alla prima ora di gioco della gara d’andata, quando l’atteggiamento della Juventus è stato titubante, remissivo, passivo, come se la squadra rispettasse eccessivamente le qualità degli avversari e perdesse in aggressività, lucidità e determinazione: un po’ quello che è successo nei minuti iniziali di Berlino. Se è vero, e lo è, che servono giocatori di talento e intelligenti per vincere in Europa, bisogna anche superare questo limite.