Formazione tipo Torino 1946-1947
Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Ossola (Menti), Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II
Torino, 11 maggio 1947: Italia-Ungheria 3-2
Sentimenti (Juventus), Ballarin, Maroso, Rigamonti, Grezar, Castigliano, Menti, Mazzola, Ferraris II, Loik (1 gol), Gabetto (2 gol).
Basterebbe solo leggere queste due formaizoni per raccontare quanto quella squadra fu capace di scrivere la storia del calcio italiano. I giocatori di quel Torino erano già destinati a entrare nel mito ancora prima che un destino crudele li consegnasse definitivamente alla leggenda del calcio mondiale. Una squadra che amata dai suoi tifosi e dagli amanti del calcio e odiata da quelli avversari che li vedevano vincere troppo spesso, ma che allo stesso tempo nutrivano profondo rispetto per la loro forza. Altri tempi… Il Grande Torino, l’ultima società capace di vincere 5 scudetti consecutivi prima che la Juventus quest’anno si affiancasse a lei e a quella del quinquennio 1930-35. Poco importa che vi fosse la guerra di mezzo e che l’ultimo fu assegnato dopo la tragedia ancor prima che finisse il campionato, sul campo se lo era già ampiamente conquistato con 4 punti di vantaggio a 4 giornate dalla fine difficilmente l’Inter glielo avrebbe portato via. Forti in campo e fuori era una squadra già in possesso di un appeal internazionale, come si ama dire ai giorni nostri ma che, fra le altre, ha avuto anche la sfortuna di non poter giocare quella Coppa dei Campioni, nata di lì a poco, che magari avrebbe potuto andare a impreziosire ulteriormente una bacheca già piena di trionfi.
Sono giovane per aver visto giocare quell’armata granata, ma la sue leggenda mi è stata raccontata come una favola da mio nonno, juventino, che con gli occhi quasi lucidi mi parlava di quanto si debbano sempre apprezzare e rispettare gli avversari più forti di te raccontandomi le gesta di Valentino Mazzola e dei suoi compagni. Basta scorrere le statistiche: quel Torino rimediò solo 19 sconfitte in 5 stagioni (164 partite giocate prima della Tragedia), lasciando alla Juventus un solo derby vinto su 10 giocati in quei campionati.
Giampiero Boniperti arrivò alla Juventus nel 1946, agli inizi di quell’era colorata di granata, vivendo da vicino le emozioni e le sensazioni che trasmetteva quel Torino.
Negli anni ’80 ai microfoni della Rai raccontava così.
Collegandomi alle parole di Boniperti, credo che quei ragazzi avrebbero fatto sicuramente bella figura anche oggi affrontando una sfida stracittadina con una società che sarebbe stata capace di tenerle testa. Come loro un gruppo unito e forte tanto da lasciare agli avversari le briciole perdendo solamente 14 match su 188 disputati, che proprio come loro ha lasciato gioire l’altra parte della città 1 volta su 11, che proprio come loro continua a dare un contributo importante alla nazionale.
E allora mi piace chiudere gli occhi, volare con la fantasia e pensare all’emozione di vedere queste due squadre contendersi una Coppa prima in casa dell’una al Filadelfia e poi dell’altra allo Juventus Stadium. Queste due squadre così diverse, ma così simili, così lontane nel tempo e nei colori, così vicine nella grandezza e nel modo di vivere il calcio, che sicuramente si sarebbero affrontate con grinta ma anche con profonda stima e rispetto reciproca. Non sapremo mai come sarebbe finita, né se avrebbe prevalso la migliore, di certo però in campo i vinti avrebbero reso onore ai vincitori magari insegnando alle reciproche tifoserie come vivere in modo semplice e genuino la rivalità, senza travalicare nel becerume.
Chiudo questo mio breve omaggio riportando un estratto tratto proprio da un’intervista al presidente onorario della Juventus Giampiero Boniperti pubblicata nel gennaio del 2008 su La Repubblica.
Ci può raccontare di quella volta che indossò la maglia granata nelle fila del Torino Simbolo contro il River Plate, subito dopo la tragedia di Superga?
«Era appena successo un fatto eclatante, fuori da ogni logica. Il 4 maggio 1949 cercai di salire a Superga, ma fu impossibile. Mi sembrò giusto partecipare in qualche modo alla commemorazione di una squadra-mito. Indossai il granata, proprio io che non ho mai vestito nessuna casacca che non fosse quella della Juventus».
Parole venute dal cuore e che dovrebbero essere parte di ognuno di noi. Ci sono almeno 2 giorni di maggio (il 4 e il 29) in cui deve essere lasciato da parte ogni campanilismo.
Non solo in quei giorni ma ogni giorno dell’anno va poi onorata e rispettata la memoria. Un valore che va oltre ogni colore.
“Solo il fato li vinse” è la frase che spesso accompagna il racconto di questa squadra entrata di diritto nel gotha del calcio e portata via nei suoi anni migliori da un destino crudele in un nebbioso pomeriggio di maggio.
Onore a a te, Grande Torino. Onore ai caduti della Tragedia di Superga.
Giocatori
Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Émile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Julius Schubert
Dirigenti
Arnaldo Agnisetta, Ippolito Civalleri, Andrea Bonaiuti (organizzatore delle trasferte della squadra granata)
Allenatori
Egri Erbstein, Leslie Lievesley, Osvaldo Cortina (massaggiatore)
Giornalisti
Renato Casalbore (Fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti (Gazzetta del Popolo), Luigi Cavallero (La Stampa)
Maurizio Romeo.