Dani Alves è a Torino. L’esterno brasiliano è atterrato questa sera intorno alle 20.30 all’aeroporto di Caselle. Domani mattina sarà il secondo giocatore dopo Miralem Pjanic a sostenere le visite di idoneità al J|Medical, la nuova struttura sanitaria entrata in funzione lo scorso marzo.
La scheda scouting di Dani Alves
Biografia
Daniel Alves da Silva, conosciuto come Dani Alves, nasce il 6 maggio 1983 a Juazeiro, piccolo comune nello stato brasiliano di Bahia. Laterale di destra a tutto campo (può giocare, indifferentemente, terzino o esterno alto d’attacco), fisicamente filiforme (1.72 per 70 kg), ha nella gran tecnica di base in velocità e nella resistenza le sue caratteristiche migliori.
Dopo essersi calcisticamente formato nel Bahia, nel marzo del 2002 passa al Siviglia, inizialmente in prestito. In realtà ci mette poco a convincere gli andalusi a riscattarlo alla fine della stagione, contribuendo, poi, alla conquista di due Coppe Uefa, una Supercoppa Europea e una Coppa del Re nelle successive 6 stagioni (11 gol in 175 presenze). I problemi con la dirigenza, però, iniziano a sorgere nell’agosto del 2007. Sulla scrivania del presidente Josè Maria Del Nido arriva un’offerta da 36 milioni di euro del Chelsea, destinazione graditissima dal giocatore. Il plenipotenziario andaluso, però, giudica la cifra troppo bassa, rispedendo il tutto al mittente e dando il via ad un lungo braccio di ferro con il giocatore che solo la tragica scomparsa di Antonio Puerta riuscirà a mettere in secondo piano.
L’anno dopo l’offerta giusta è quella del Barcellona: 32 milioni più bonus (per una cifra che si aggira sui 40 milioni) consentono al brasiliano di sbarcare sulla ramblas. Dove trova l’amore tecnico della sua vita, quel Pep Guardiola che ne fa la seconda opzione offensiva della squadra dopo il tridente delle meraviglie Messi-Henry-Eto’o, sfruttandone al meglio la capacità di inserimento sui tagli alle spalle dei difensori. E’ l’autentico uomo ombra della delantera: sai che ti attaccherà dalla sua parte, ma non sai quando e come. Il risultato sono caterve di comodi assist che quei tre lì davanti devono solo mettere in porta La prima stagione è un trionfo, personale e di squadra: Liga, Champions e Coppa del Re trovano dimora al Camp Nou, con Dani che contribuisce con 5 reti in 54 presenze.
Negli anni successivi cambiano gli allenatori (Vilanova, Tata Martino, Luis Enrique) ma lui continua ad essere un punto fisso dell’undici catalano, con il quale vince praticamente tutto: 23 trofei, tra cui spiccano i 6 campionati spagnoli e le 3 Champions League. Il suo score personale con il Barca parla di 14 reti in 247 apparizioni.
Caratteristiche tecniche
Dani Alves è il classico giocatore che non avrebbe bisogno di presentazioni. Di lui, infatti, si sa praticamente tutto. Destro naturale ma dotato di un buon calcio con entrambi i piedi, tecnicamente ineccepibile e con un’ottima risposta allo sforzo nel medio/lungo periodo nonostante le 33 primavere sulle spalle, come dimostrano le 48 presenze (29 in campionato di cui 17 da titolare) e i 3834 minuti (senza reti all’attivo) disputati nel corso dell’ultima stagione. E’ in grado di ricoprire tutti i ruoli in fascia (e questo lo rende un profilo adattabile senza troppa difficoltà al 3-5-2), con una quasi ovvia predilezione per la fase offensiva: detto della sua grande capacità di inserimento alle spalle della linea difensiva, la facilità nell’1 vs 1 e nel costruirsi lo spazio da attaccare partendo da fermo, nonché il coefficiente di precisione nei cross quasi doppio rispetto ai pari ruolo in Liga (4 assist e 17 key passes nell’ultima stagione), ne fanno un evidente upgrade rispetto a Lichtsteiner. Dal quale, però, dovrebbe apprendere non pochi rudimenti su coperture difensive, diagonali e quant’altro, soprattutto in un campionato dove sono pochissime le partite già chiuse dopo mezz’ora, magari sul 4-0 come sovente gli è capitato al Barca. Non ingannino, quindi, i numeri che parlano di un solo errore difensivo (che ha portato cioè a un tiro nello specchio della porta) in tutta la stagione. Oltre la metà degli interventi difensivi di Alves sono anticipi e/o intercetti con gli avversari presi molto alti nella loro metà campo difensiva: il resto si sostanzia in rinvii in stile Barca (quindi non campanili a casaccio a pulire l’area, ma veri e propri outlet passes per avviare l’azione offensiva) e pochissime conclusioni respinte. Bene per una squadra abituata a fare la partita sempre, comunque e contro chiunque, da valutare in una Juve che, soprattutto in Champions contro le big, ha dovuto prima contenere (spesso abbassando il baricentro) e poi ripartire.
Le ultime due stagioni
Non c’è dubbio che, soprattutto se confrontata con il 2014/2015, l’ultima stagione del nostro non sia da annoverare tra le migliori della sua carriera. Nel triplete targato Luis Enrique, infatti, Dani Alves ha contribuito con una continuità di rendimento mostruosa, sopperendo alla mancanza di reti all’attivo (shot accuracy del 21% rispetto al 36 del 2015/2016) con 6 assist, 34 key passes e il 45% dei duelli con il diretto avversario vinti (che diventano 4, 14 e ancora 45% in Champions). Certo, gli errori difensivi sono molti di più (ben 5, di cui due sono costati un gol), ma in una squadra che va per i tre gol a partita si tratta di un dettaglio quasi trascurabile.
Quest’anno, invece, il calo (se di calo si può parlare) è stato soprattutto dal punto di vista mentale. Fisicamente, infatti, il giocatore è ancora integro (in tal senso, la su conformazione fisica aiuta), al netto del problema all’inguine che l’ha costretto a saltare 6 partite ad inizio annata. Concentrazione, applicazione e impegno, invece, sono stati tali da far pensare che il suo ciclo a Barcellona si sia esaurito, con le prestazioni che sono andate di pari passo a una situazione (anche contrattuale) non semplicissima.
Il nodo è proprio questo. Un Dani Alves totalmente focalizzato sul nuovo progetto torna sicuramente utile alla causa, indipendentemente da età e logorio fisico. Del resto la controprova ce l’abbiamo in casa, con un campionato vinto e una Champions ben giocata grazie anche alle 20-25 partite ad altissimo livello di Khedira. Viceversa mettere sotto contratto pluriennale un giocatore si di alto livello ma, al contempo, fortemente umorale e poco concentrato sulla realtà che lo circonda, potrebbe essere rischioso.