Che battaglia, a Bordeaux. Un’Italia mai doma esce da Euro 2016 soltanto ai calci di rigore (e a oltranza) contro la Nazionale Campione del Mondo: la Germania così è la terza semifinalista del torneo e attende oggi la vincente del match fra Francia e Islanda (Saint-Denis, ore 21).
Si diceva delle infinite emozioni di ieri sera: un match, quello fra Italia e Germania, che non è mai banale, e così è stato anche ieri sera, come era logico attendersi da un grande classico del calcio mondiale.
Nel primo tempo l’equilibrio è massimo, la difesa dell’Italia guidata da Buffon, Bonucci, Barzagli e Chiellini non concede spazi a Khedira e compagni. È anzi la nazionale azzurra ad avere l’occasione buona, verso il finale del tempo, con un pericolosissimo tiro di Sturaro (ieri titolare) che esce di poco alla sinistra della porta di Neuer.
Queste le statistiche del match:
Nella ripresa arrivano, dopo lo scoccare dell’ora di gioco, due grandi scossoni: prima la Germania passa con Ozil, che devia sottomisura un pallone proveniente da sinistra. Siamo al minuto 65, ma ne passano altri 13 e l’Italia pareggia: su un cross da destra Chiellini costringe Boateng a un fallo di mano in area. Calcio di rigore, battuto da Bonucci con un tiro perfetto, su cui nulla può Neuer.
È il punteggio, l’1-1, con cui si va non solo ai supplementari ma anche ai calci di rigore. E l’equilibrio non si sblocca nemmeno ai penalties, tant’è che ne servono ben 9 per determinare la terza semifinalista del torneo, che dopo l’errore di Darmian e il gol finale di Hector è la Germania.
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Italia-Germania, applausi e rimpianti
Tesa, nervosa, spigolosa, equilibrata, a tratti agonica, perfino drammatica. Non fosse così non sarebbe Italia-Germania. Nel segno della tradizione. Ma le tradizioni, si sa, sono fatte per essere interrotte: e, al nono tentativo (nelle precedenti otto, tra Europei e Mondiali, 4 pareggi e 4 sconfitte) i tedeschi spezzano la maledizione tricolore, seppur ai calci di rigore. Ai ragazzi di Conte, abile come al solito nel preparare la partita (con l’unica pecca, forse, di aver ritardato il cambio di uno tra Eder e Pellé che avevano dato tutto), vanno tanti applausi all’amaro retrogusto di rimpianto, con la sensazione che qualcosina in più si potesse osare.
Perché se da un lato si sapeva che, soprattutto dal punto di vista fisico, la Germania fosse solo lontana parente di quella che ci spazzò via in marzo, dall’altro il fatto che Low si schieri dall’inizio quasi a specchio (un 3-4-3 ‘spurio’ con Muller alla ricerca dello spazio ideale tra le linee) dimostra come il ct tedesco non intenda commettere gli stessi errori di Wilmots e Del Bosque. Ne vien fuori una di quelle partite a scacchi che tanto piacciono ai puristi della tattica ma che tanto male fanno a chi guarda da spettatore neutrale. L’equilibrio è evidente eppur sottile, tant’è che basta una mancata lettura di un taglio dal lato debole (Sturaro e Giaccherini su Ozil) per sbloccarla. Gigi ci tiene in partita con una parata inspiegabile, quasi quanto la smanacciata di Boateng che permette a Bonucci (sbaglierà poi in seguito, ma bisogna avere due palle d’acciaio per presentarsi – due volte – davanti a uno dei portieri più forti del mondo) di rimetterla in piedi dal dischetto.
Poi, il nulla o quasi. Come se tutto dovesse concentrarsi in quel quarto d’ora tra il 65′ e l’ 80′ e nell’attesa, snervante, dell’epilogo più ingiusto e crudele. Il primo cambio nostro arriva all’86’ (Darmian per un Florenzi con i crampi), il secondo al terzo del secondo supplementare (Insigne per Eder con problemi all’inguine), il terzo a gara finita, con Conte che si è giocato all’ultimo la carta del rigorista Zaza. Il quale imiterà malamente quanto fatto da Messi nella finale di Copa America. Ma i rigori, si sa, sono una lotteria e prendersela con Simone o con Pellè o con Darmian sarebbe solo un inutile esercizio di stile.
Resta l’immagine di una squadra che ha lottato contro i propri limiti e lo scetticismo generale, un commissario tecnico che ha dimostrato come gli allenatori, alla lunga, possano risultare più utili dei selezionatori anche in manifestazioni così, un movimento calcistico che, d’ora in poi, deve smetterla di dormire sugli allori e tornare a produrre le eccellenze di cui era capace fino a una decina d’anni fa. Con strutture, investimenti, lavoro serio sui vivai (e non attraverso la pezza delle rose contingentate e dei giocatori club trained). E dando tutto il sostegno necessario a Giampiero Ventura che, da domani, sarà chiamato alla non semplice qualificazione ai mondiali di Russia. A lui, come ai ragazzi che verranno selezionati, un grande “in bocca al lupo”.
Ai 23 di Francia, invece, applausi e ringraziamenti sentiti. Anche se con quel pizzico di rimpianto che, in serate così, fa male un pò di più.
Sturaro risponde presente: cuore e personalità al servizio di Conte
Difficile analizzare una partita del genere a mente fredda, quando l’obiettivo giudizio finale è inevitabilmente condizionato dalla delusione, dal rammarico e da tutte le emozioni negative che scaturiscono da una sconfitta ai calci di rigore. Si potrebbe finire per dimenticare che l’Italia di Antonio Conte, il ct dimissionario che ha solo il Chelsea in testa, per 120′ ha giocato alla pari con la Germania campione del mondo, la miglior squadra di Euro 2016 per distacco, una corazzata che qualche mese fa sembrava assolutamente ingiocabile, opinione rafforzata dalla disastrosa amichevole di fine marzo. 120′ minuti alla pari senza uno degli uomini chiave dell’11 azzurro, il miglior Daniele De Rossi degli ultimi anni; squalificato Motta, Conte ha deciso di spostare Parolo davanti alla difesa e inserire sul centro-destra Stefano Sturaro, recente bersaglio delle ironie e degli sfottò da parte dei tifosi neutrali e (quindi) antijuventini. Pur soffrendo come tutta l’Italia al cospetto del tecnico e potente centrocampo teutonico, il numero 14 azzurro ha disputato 120′ con intensità e personalità, senza sfigurare alla prima vera uscita importante con la maglia azzurra.
La heatmap di Sturaro ne illustra bene la duplice funzione nelle due fasi di gioco. Con l’Italia in possesso della palla il centrocampista della Juve si allarga molto, per favorire gli scambi con Florenzi e provare a servirlo scavalcando il suo dirimpettaio Hector, giocata che purtroppo non è riuscita praticamente mai ai due azzurri. In fase di non possesso invece Stefano tende ad accentrarsi, lasciando quasi sempre a Florenzi e Barzagli il compito di tamponare le discese di Hector e Ozil e piazzandosi davanti all’area di rigore per impedire gli scambi centrali tanto cari alla squadra di Low.
Passando alle statistiche, alcuni numeri evidenziano come Sturaro abbia giocato la sua solita partita di grinta e intensità, quella che probabilmente Antonio Conte gli ha chiesto ieri: lo juventino è stato il secondo assoluto ad aver affondato più volte il tackle, 5 interventi dei quali 3 riusciti, il miglior centrocampista per respinte difensive assieme a Parolo (3) e l’azzurro ad aver ingaggiato e vinto più duelli, 9 positivi sui 16 totali.
Per quanto riguarda la fase di possesso palla, Sturaro è stato uno degli azzurri meno coinvolti nel gioco della squadra, con 46 possessi e appena 28 passaggi effettuati (24 completati), meglio solo di Eder e Florenzi. Sua è stata però la più grande occasione azzurra del match, il destro da posizione defilata che Boateng ha provvidenzialmente messo in corner con la punta del piede. Sul cross basso di Giaccherini, in realtà indirizzato al centro dell’area, il numero 14 dell’Italia è bravo ad accorrere e calciare di prima intenzione col piede debole, una conclusione velenosa e rasoterra sulla quale Neuer probabilmente non sarebbe arrivato (traiettoria evidente nel video in calce al paragrafo).
Una gara efficace quella di Sturaro, senza fronzoli, poco appariscente quando l’Italia doveva organizzare la manovra ma sempre presente a mordere le caviglie dei tedeschi e chiudere le linee centrali di tiro e di passaggio. Come in bianconero, raramente Stefano sbaglia partita quando viene inserito in un contesto collaudato e ha dei compiti ben precisi, ieri sera l’ha dimostrato una volta di più.
Non sparate sul rigorista
Dal divano di casa (o, peggio ancora, a posteriori) è facile commentare una partita. Anche una che va ai calci di rigore. Anzi, soprattutto quella. Se, poi, si finisce con l’uscire da un Europeo per due soluzioni rivedibili nella lotteria degli undici metri (Zaza e Pellè) allora il terreno per gli “avrebbe dovuto fare così invece che colì” dell’ultim’ora è quantomai fertile.
Ma siccome mi/ci piace provare a guardare oltre il facile già detto, abbiamo provato ad analizzare dal punto di vista tecnico la sequenza di tiri dal dischetto che ha portato la Germania in semifinale.
Partiamo dalla conclusione di quest’analisi che poi, paradossalmente, ne è anche il principio. E cioè che le scelte dei tiratori azzurri sono state condizionate dal trovarsi di fronte uno dei portieri più forti del mondo, quel Manuel Neuer che è primus inter pares nella specialità. Il motivo? Semplice: il tedesco resta in piedi fino all’ultimo secondo utile. Sguardo di ghiaccio a condizionare l’avversario ed esplosività nell’allungo (anche su palla bassa) fanno il resto.
Gli errori di Zaza e Pellè si spiegano proprio così, in una somiglianza che va oltre il tipo di conclusione effettuata. Simone, con quella corsetta sincopata, cerca di intuire fino all’ultimo la direzione in cui si tufferà Neuer per poi incrociare dal lato opposto: arrivato all’ultimo appoggio con Neuer ancora immobile, è stato quasi naturale cercare la soluzione di potenza sotto la traversa, ma a quel punto, con il corpo messo male, era impossibile prendere lo specchio della porta. Peggio ancora è andata a Pellè che prima ha provato la strada dell’intimidazione (eppure, tutto sommato, lui il cucchiaio lo saprebbe ance fare, vedere per credere), poi ha cercato (male) l’angolo basso alla destra di Neuer che, comunque, ci sarebbe arrivato senza troppe difficoltà (come dimostrato sul secondo penalty di Bonucci).
Cosa fare, quindi, quando ci si trova davanti un portiere così? Seguire il buon vecchio adagio del “forte e centrale” e confidare nel dato che vede lo stesso Neuer tuffarsi nel 90% dei casi: i rigori di Barzagli e Parolo hanno confermato, purtroppo senza il conforto della vittoria finale, la bontà di questo assunto. In alternativa, se proprio si vuole angolare, è richiesta una precisione e una freddezza assolute (Bonucci parte I).
Certo il rimpianto aumenta anche in considerazione del fatto che la Germania ha anch’essa sbagliato 3 delle prime cinque conclusioni dal dischetto, con la solita critica sul Buffon (non) pararigori che ritorna ciclicamente. Era possibile per lui fare di più? Forse, ma c’è una sua caratteristica storica di cui si dovrebbe tenere conto in tal senso. Gigi è quel tipo di portiere che in queste circostanze ha due tipi di approccio:
- battezza un angolo e ci va, confidando nello studio dell’avversario e nella sua capacità di intuizione;
- interpreta il tutto come un tiro normale e si lancia appena parte il pallone;
Il secondo è il modus operandi dell’ultimo Buffon. Che paga grossi dividendi su conclusioni deboli e prevedibili (Muller), ma che può poco o nulla su tiri come quelli di Hummels e Kimmich, che arrivano troppo veloci e da troppo vicino per poter approntare una respinta adeguata, anche se la direzione è stata intuita.
Ma anche questa, come tutto il resto, è un’analisi di comodo ex post. La verità, forse l’unica di tutta la faccenda, è che calciare (o parare) un rigore in simili condizioni è molto più difficile di quanto appaia dall’esterno. La tecnica conta fino a un certo punto: ci vogliono testa, cuore e palle. Anche per sbagliarlo. Senza contare che non so quanti vorrebbero trovarsi di fronte a quell’armadio a quattro ante che difende la porta dei Campioni del Mondo.
Perciò non spariamo sui rigoristi. Perché loro erano lì. Noi, no. Per fortuna.
Gettin’ it wrong
Se mi avessero detto che l’Italia avrebbe finito cosi’ il suo europeo un mese fa non ci avrei creduto; ma spesso la vita e’ fatta per smentire le previsioni. E ci conferma una fatto che tutti gli analisti di qualsiasi cosa conoscono bene: e’ impossibile prevedere l’imprevedibile, per il semplice fatto che tutte le previsioni si basano sull’analisi dei precedenti. E l’imprevedibile e’ per definizione cio’ che non e’ mai successo prima.
Certo, una volta che le cose son successe, e’ abbastanza facile tornare indietro e capire dove abbiamo sbagliato; ma vale la famosa frase di Richard Feynman: “se siamo cosi’ bravi a prevedere il passato, come mai non riusciamo a prevedere il futuro?”.
Quale e’ stato il maggior fattore di errore almeno da parte mia? Il ritenere che i difetti di Conte come selezionatore fossero troppi e troppo grossi per consentirgli di fare un torneo decente. E questo perche’, come tutti, ritenevo che per vincere un campionato occorre un allenatore, ma per vincere un torneo breve con una selezione nazionale occorre appunto un selezionatore. Ma e’ evidente, al di la’ del dibattito un po’ surreale che si sta scatenandoin questo momento, che i difetti di Conte non sono difetti di campo; a livello tecnico, tattico e motivazionale e’ tra i numeri uno al mondo.
La cosa totalmente inattesa e senza precedenti e’che in questo campionato europeo gli allenatori stanno prevalendo nettamente sui selezionatori; a parte il buon successo dell’Italia, le prestazioni di Galles, Islanda e anche Ungheria (che aveva un solo giocatore in rosa che gioca nei cinque campionati principali) vanno in questa direzione, insieme ai campionati abbastanza disastrosi di Inghilterra, Belgio e Spagna (e le non brillantissime condizioni della Francia). La Germania come sempre fa eccezione: Loew e’ un buon selezionatore e anche un ottimo allenatore e infatti vinceranno la competizione.
Rimane comunque il fatto che questa e’ secondo me la prima grande competizione internazionale in cui gli allenatori si dimostrano un valore aggiunto (non citatemi l’Italia del 2006 che tutto sembrava fuorche’ una squadra di Lippi). E Conte senza dubbio e’ quello che ha il valore aggiunto piu’ alto di tutti, perche’ per contrastare il centrocampo tedesco col trio Sturaro/Parolo/Giaccherini ci vogliono doti che non esito a definire paranormali. Viceversa le cose che hanno impedito a Conte di andare fino in fondo sono imputabili ai suoi difetti da selezionatore: ha convocato due soli centrali di centrocampo, per di piu’ acciaccati e con uno dei due palesemente fermo. Si e’ portato dietro una batteria di esterni totalmente inutili e non un eventuale sostituto di Candreva che era l’unico a fare una transizione efficace sugli esterni. Ma e’ illusorio e anche futile separare i pregi di una persona dai suoi difetti: Conte ha un modus operandi che e’ quello. E gli ha consentito di vincere molto con la Juventus (non sempre fortissima), di fare una grandissima figura in nazionale (causando una unita’ di tifo che non si vedeva da tempo) e, last but not least, di ottenere un ingaggione da uno dei club piu’ forti della Premier League.
E come sempre, tutto il resto (comprese le mie considerazioni precedenti) e’ fuffa.
Il rigore di Zaza
Sul rigore di Zaza si sono sprecate battute, cattiverie e fesserie.
Sulle prime due, nulla da dire: lasciano il tempo che trovano, saranno pure virali ma sono chiaramente rivolte a bimbiminkia. Ho una considerazione di chi mi legge migliore, quindi passiamo oltre. Sulle ultime, invece, siccome si parla di calcio, magari due cosine le potremmo anche dire. Tipo: NO, Zaza NON ha sbagliato il rigore per la passeggiata che si è fatto prima di calciare. NON era un atteggiamento da sbruffone, nè una cosa improvvisata. Basterebbe cercare qualche suo rigore su Youtube per capirlo. L’ho fatto io per voi. Ecco i 5 che sono riuscito a reperire, incluso quello alla Germania.
Come vedete, i passettini li fa sempre, anche in maniera “appariscente” (osservate il penultimo, quello all’Inter, dove ci ha aggiunto pure una grossa hesitation). Fa inoltre sempre una rincorsa partendo piuttosto centralmente per poi allargarsi verso destra e cambiare direzione verso sinistra calciando col sinistro, di solito a sinistra. E’ il suo modo di tirare i rigori: piuttosto scenico se volete, ma sono automatismi e rituali che lo rendono più sicuro di sé in quei momenti. Contro la Germania, la vera “novità” è stata semmai l’aver calciato centrale e alto. Il motivo ha probabilmente un nome e cognome: Manuel Neuer. Il portiere tedesco, un fenomeno, sui rigori si tuffa veramente all’ultimo istante possibile, come un gatto, battezzando un palo e raggiungendolo in un’istante. E’ praticamente impossibile aspettarlo fino all’ultimo. Come lo batti? O scegliendo un angolino e calciandola il più angolato possibile senza vedere il portiere, oppure tirandola centrale (Barzagli, Giaccherini, Parolo). E’ quello che ha fatto anche Zaza, alzando però troppo il tiro. Il resto è filosofia o materiale per bimbiminkia. Sottraetevene con orgoglio e fierezza.