Il profumo della trasferta

Era da un po’ di tempo che, ahimè, non assaporavo più queste sensazioni, stupende, che danno senso ad un amore grande, seppur sportivo. Le tinte di questo amore vedono due colori, l’uno il contrario dell’altro che, insieme, trovano un connubio magico, storico. Il bianco ed il nero. Non me ne vogliano le altre formazioni che vestono questi stessi colori, quando parli di bianco e nero associandoli ad una squadra di calcio, pensi sempre e solo alla Juventus. Si vive una sorta di magia, si respira un’aria diversa, si ascoltano suoni nuovi, poche ore prima del grande evento. Io chiamo tutto questo, il profumo della trasferta.

 

Sì, perché la trasferta profuma di tutto, di tanto. La trasferta inizia qualche giorno prima con l’acquisto dei tagliandi (con le attuali condizioni siete bravi,eh..) e con la pianificazione dell’itinerario. Si decidono orario di partenza, soste, cosa mettere all’interno dello zaino, con quale auto recarsi allo stadio, se si va in auto. Se invece si va in autobus basta non perdersi l’orario di partenza ed essere al ritrovo. Ciò che succede dentro di noi, invece, non lo possiamo pianificare e neanche prevedere. Il pensiero è sempre là, fisso, attaccato come una cozza al suo scoglio per tutta la settimana che la precede. È un pensiero amico, aiuta ad arrivare a fine giornata contenti. Sai cosa ti aspetterà e sei felice. Ne parli con gli amici, al lavoro, al bar.

 

Il giorno della partita è diverso per ognuno di noi. Ogni tifoso ha le sue scaramanzie, più o meno accentuate. Chi indossa sempre la stessa sciarpa perché “sai, quella volta…” Chi invece fa colazione allo stesso orario, esce di casa allo stesso orario dell’ultima volta perché sai, non vorrei che… E ce ne sarebbero tanti altri da raccontare, uno spettacolo. Il viaggio verso lo stadio è un qualcosa di unico sia che lo si faccia in auto, sia che lo si faccia in autobus. All’interno di queste scatole di ferro si mescolano emozioni, sensazioni, pronostici, disquisizioni tattiche, movimenti di mercato degni del “premio nobel calcistico”. Per fortuna non esiste. C’è chi sceglie la playlist, chi la stazione radio, chi legge il giornale, chi guarda fuori dal finestrino e sogna le giocate dei propri idoli. Nel loro piccolo, un momento di raccoglimento.

 

Giunti allo stadio i sensi del tifoso vengono investiti da una vagonata, si avete letto bene, da una vagonata di informazioni. E lo si nota nel viso di molti tifosi. L’olfatto viene colpito dall’odore di cipolla che emanano i “sempre siano lodati” paninari che circondano l’esterno dello stadio. Chissà quante ne hanno viste loro. L’udito viene frastornato dal brusio e dai cori dei tifosi raccolti in gruppetti e gruppi un po’ più grossi. Gli accenti il più delle volte si mescolano, riunificando in un sol colpo la nostra penisola, forse più divisa che unita. Il gusto viene accontentato dal paninaro di cui sopra. Sempre sia lodato due volte.

 

La vista l’ho tenuta per ultima. Sì, perché è la prima ad emozionarti. Ti basta vedere la sagoma di cemento e ferro da lontano che il cuore comincia a batterti forte che quasi il tuo corpo non riesce a trattenerlo. I colori delle sciarpe, delle bandiere, delle maglie, dello stadio fanno il resto. Arriva poi il momento dell’entrata. Ogni tifoso ha il suo settore preferito. E per ogni tifoso l’emozione è sempre quella della prima volta.

 

Si canta, si impreca, si gioisce, ci si rammarica. Si vive il momento. Al termine della gara si saluta il vicino di posto col quale magari ci si è abbracciati al momento del gol e si esce. Altra sosta dal paninaro, per i più affamati e via per il viaggio di ritorno. Chi è senza voce, chi sogna ancora ad occhi aperti, chi aspetta al volante che la coda si sbrogli ascoltando i commenti alla radio, chi si dispera, chi gioisce e chi, collegato allo smartphone, legge i tweet con l’hastag #jvtblive.

Sono sempre mille emozioni.

Ecco, mi piace descriverlo così, il profumo della trasferta.

Beh, adesso vado a prepararmi, più tardi si parte, destinazione Verona, la partita è Chievo-Juve…spero possa essere una festa, in tutti i sensi… Fino alla fine.

 

di Andrea Favara