di Fabrizio Renna
Dani Alves, 33enne brasiliano, vincitore di ben 12 trofei internazionali con le maglie di Siviglia e Barcellona (con il quale si è aggiudicato ben 3 edizioni della Champions League);
Stephan Lichtsteiner, 32enne svizzero, colonna portante della Juventus pentacampione d’Italia.
Saranno loro a contendersi la titolarità sulla corsia destra della Juve 2016-17.
Senza dubbio tra i migliori laterali difensivi al mondo, Dani e Stephan possiedono caratteristiche tecniche assai diverse tra loro con un’interpretazione del ruolo alquanto differente: più votato all’attacco il brasiliano, più abile nella fase difensiva lo svizzero). Questo dualismo sarà prezioso per Allegri, che potrà alternarli a seconda delle esigenze (idem per Evra e Alex Sandro a sinistra).
Per comprendere al meglio il contributo che i due possono offrire alla causa, analizziamo pregi e difetti nelle due fasi di gioco, cercando al contempo di capire il lavoro che Allegri chiede ai suoi esterni.
Fase offensiva
Nel 3-5-2 del tecnico livornese, in fase offensiva gli esterni devono essere innanzitutto molto abili nell’uno contro uno e nell’inserimento alle spalle della retroguardia avversaria. In fase di costruzione, hanno il compito di aprirsi tantissimo all’interno del rettangolo di gioco, andandosi a posizionare molto alti a ridosso della linea laterale. In questo modo gli esterni danno ampiezza alla manovra e allargano le distanze della linea difensiva rivale. In aggiunta, sono chiamati a dialogare spesso con gli interni di centrocampo, creando vere e proprie catene di gioco laterali.
Qui, l’interno di centrocampo (Khedira) accompagna l’azione vicino alla zona di competenza dell’esterno (Cuadrado), attivando un dialogo costruttivo.
Rispetto al 3-5-2, nel 4-3-1-2 di Allegri gli esterni difensivi non si alzano immediatamente, essendo costretti ad aiutare maggiormente in fase di costruzione e di giropalla arretrato, vista l’assenza del terzo centrale di difesa. Anche in questo schieramento, l’ampiezza del gioco offensivo viene data, quasi esclusivamente, dai terzini, col rischio di rimanere scoperti in caso di contropiede avversario (la difesa si troverebbe con soltanto due difensori centrali e il centrocampista centrale basso in copertura).
Lichtsteiner ed Evra si alzano oltre la linea di centrocampo, però in fase di copertura restano solamente i due centrali di difesa e Marchisio.
Lichtsteiner ha assimilato perfettamente entrambi i sistemi di gioco, riuscendo a compiere benissimo il lavoro tattico richiesto. Dani Alves in carriera ha giocato quasi esclusivamente come terzino a 4 (e quindi perfettamente in grado di disimpegnarsi nel 4-3-1-2 bianconero), tuttavia l’esterno di Juazeiro probabilmente riuscirà ad esprimersi ancor meglio nel 3-5-2 del tecnico toscano. Osservando, infatti, il posizionamento in campo dei calciatori del Barcellona in fase di possesso palla (prendendo spunto da questa analisi di Francesco Andrianopoli), notiamo che i due terzini si alzano rapidamente sulla linea dei centrocampisti, mentre il playmaker di centrocampo si abbassa, viceversa, su quella dei difensori centrali, che a loro volta si allargano leggermente in salida lavolpiana.
Busquets si abbassa sulla linea dei centrali Piqué e Mascherano, che si allargano; Alves e Adriano, invece, si alzano fino alla linea di metà campo.
Così facendo, il Barça si schiera, in fase di costruzione con una difesa a 3 e con gli esterni difensivi molto alti e larghi, in costante proiezione offensiva. In sostanza, il brasiliano, nei suoi otto anni di militanza blaugrana, ha svolto in costruzione grossomodo gli stessi compiti tattici a cui sarà chiamato nel 3-5-2 bianconero.
In entrambi i sistemi pertanto, Dani Alves rappresenta, in fase offensiva, un notevole “upgrade” rispetto a Lichtsteiner. Formidabile nell’uno contro uno e nel fraseggio stretto (nel Barça aveva un’intesa fantastica con Messi, come possiamo ben vedere in questi sei paradisiaci minuti, intesa che potrà affinare ad esempio con Dybala)
Alves ha dribbling ubriacante e notevole capacità d’inserimento alle spalle della difesa, e soprattutto maggiore tecnica dello svizzero che si inserisce soprattutto in progressione (celeberrimo l’asse Pirlo-Lichtsteiner). Dal punto di vista tecnico infatti il paragone tra i due risulta fin troppo ingeneroso nei confronti di Licht: nonostante i 14 gol ed i 23 assist realizzati nei 5 anni in bianconero, il pendolino elvetico denota alcune pecche tecniche evidenti in prossimità della porta rivale. Motorino inesauribile, in grado di macinare chilometri durante ogni partita, Stephan è puntuale nell’accompagnare la transizione offensiva, ma, una volta arrivato a ridosso della trequarti, raramente riesce a saltare il diretto marcatore, sbagliando a volte il cross o il filtrante per i compagni o spesso accontentandosi di corner o rimesse laterali su tocco rivale. Dani Alves, ha invece un bagaglio tecnico assolutamente eccezionale, che gli ha consentito al Barca di essere un regista aggiunto decentrato, grazie anche all’abilità tattica e alla visione di gioco. Il brasiliano incide in fase di possesso in quasi tutte le azioni offensive, sia nella costruzione che in zona gol (21 reti e ben 102 assist in maglia blaugrana).
Fase difensiva
Il 3-5-2 di Allegri, in fase difensiva, assume diverse configurazioni, a seconda dei vari momenti della gara. Quando la Juve decide di difendere bassa, la linea difensiva si posiziona a 5 (negando profondità e pericolosità in area agli avversari); quando opta per un tipo di difesa più aggressiva, la Juve si dispone con un 4-4-2, abbassando l’esterno sinistro sulla linea dei difensori, allargando leggermente il centrale di destra della difesa a 3 e tenendo alto, sulla stessa linea dei centrocampisti, l’esterno destro.
In questo caso, la linea difensiva bianconera è schierata a 5.
All’interno della stessa partita, la Juve è capace di variare sistema difensivo: qui la linea è a 4, con il laterale destro (Lichtsteiner) sulla linea dei centrocampisti e in pressione sull’esterno avversario.
Se nel 4-3-1-2 gli esterni difensivi non possono uscire in pressione troppo alti, in quanto lascerebbero dietro solamente i due difensori centrali, nel 3-5-2 i laterali, in fase di pressing, si alzano molto, andando a prendere il giocatore di fascia avversario fin quasi a ridosso della linea di metà campo. Quando, invece, la linea difensiva si abbassa, tutti e cinque i difensori attuano una marcatura a uomo molto ravvicinata, non provando a mettere in fuorigioco gli avversari e seguendo i tagli in profondità degli attaccanti e degli esterni.
Proprio in quest’ultima situazione Dani Alves risconta i maggiori problemi a livello difensivo: il brasiliani infatti, incappa spesso in amnesie dovute alla mancanza di concentrazione, come perdersi completamente l’avversario che taglia alle sue spalle, dimenticandosi di effettuare la diagonale. In questa situazione ma in buona sostanza nell’intera fase difensiva, Lichtsteiner è più abile e attento del laterale verdeoro. Dani , sia per indole, sia per abitudine nei lunghi anni in blaugrana, attacca più che difendere, non a caso la maggior parte dei suoi interventi difensivi sono anticipi ed intercetti (1.93 di media nella stagione 2015-2016) effettuati nella metà campo avversaria. Stephan, invece ha un’intelligenza tattica ed un’innata capacità di lettura del gioco avversario ed è più completo nell’assolvere ai compiti difensivi richiesti.
Evidente lo strapotere di Alves in costruzione e fase offensiva e spiccano anche gli intercetti (che ad Allegri piacciono più dei contrasti)
Dal punto di vista atletico, al netto dei problemi patiti da entrambi all’inizio della scorsa stagione (infortunio all’inguine per il brasiliano, aritmia cardiaca benigna per lo svizzero), sia Dani Alves che Lichtsteiner sembrano non accusare l’età avanzata:
- 48 presenze e 3824 minuti giocati lo scorso anno da Alves
- 37 presenze e 2811 minuti da Licht.
Entrambi sono integri fisicamente, professionisti esemplari che in carriera hanno avuto una continuità di rendimento impressionante.
Detto questo, in una stagione da più di 50 partite, i due saranno soggetti al turn over da parte di Allegri, fermo restando la titolarità di Dani Alves soprattutto negli incontri di Champions, dove l’esperienza e la qualità del brasiliano costituirà elemento fondamentale per la rincorsa bianconera in Europa.
Rincorsa terminata sul più bello due stagioni fa, quando proprio Dani Alves e i suoi sconfissero la Juve a Berlino. In quella sfida (3-1, Rakitic, Suarez e Neymar e pari momentaneo di Morata), Dani Alves sfoderò una prestazione di ottimo livello in fase offensiva, soprattutto nella prima mezzora di gioco, andando anche vicino al gol (negatogli da questa prodezza da Pallone d’Oro di Gigi Buffon).
In fase difensiva, invece, Dani commise un paio di errori abbastanza evidenti: il gol di Morata nacque proprio da un suo rilancio sballato e l’intervento falloso (non sanzionato da Cakir) in area su Pogba, avrebbe potuto forse cambiare il destino di quella finale. Lichtsteiner invece a Berlino soffrì maledettamente la velocità di Neymar e le sovrapposizioni di Jordi Alba nel primo tempo, ma riuscì a rifarsi in occasione del pari juventino quando, liberato da un magico tacco di Marchisio, mise in pezzo un pallone perfetto per Tevez con tiro respinto da Ter Stegen e tap in vincente di Alvaro.
Per concludere, l’acquisto di Dani Alves rappresenta sicuramente un colpo fantastico della dirigenza, che si è assicurata, a parametro zero, un calciatore di caratura internazionale, in grado di fare la differenza a livelli mondiali. Una squadra del calibro della Juventus, in vista dei tanti e prestigiosi obiettivi da centrare, deve avere assolutamente due alternative valide in ogni ruolo, e la concorrenza tra il brasiliano e Lichtsteiner sarà prevedibilmente una molla ulteriore, uno stimolo per entrambi a dare il meglio per una stagione si spera trionfale.
Matuidi, Witsel e Matic: trova le differenze (di campo)
Questo non è un contributo valido in assoluto. È un breve e soggettivo compendio che passa attraverso il differente impatto dei tre profili più gettonati dalla stampa. In questa soggettiva si può azzardare che qualcosa sia anche qualcosa di non molto diverso da ciò che potrebbe passare per la testa di Max Allegri in queste ore. Di campo si parla, non di mercato. Le notti, anche una soltanto, possono invertire un’intera parabola. È il bello del calcio, soprattutto quello di agosto. Agosto proprio…
BLAISE MATUIDI – Senza dubbio il più dinamico, il più pungente, il più tuttocampista dei tre. Anche il più caro, il meno accessibile, il più ambito. Detto che il Psg resta una creatura strana, si tratta di uno dei tanti mancini del centrocampo francese. Quello, diciamolo senza tanti giri di parole, a cui nessun allenatore mai rinuncerebbe. Matuidi non sparisce dalle partite, ma sul campo vibra prevalentemente nel ruolo di mezzo sinistro con senso spiccato e grande mentalità in entrambe le fasi.
Lui è un mezzo sinistro vero, quello che vorrebbe essere Kondogbia, quello che Pogba non sarà mai perché possiede troppa arte.
Con lui Allegri dovrebbe pensare necessariamente Pjanic sulla dorsale centrale (che sarebbe un bel pensare, formalmente parlando) andando poi sulla continuità con un sostituto del tutto naturale coma Asamoah. Si costruirebbe qualcosa di solido e chiaro, un centrocampo di specialisti in caso di rombo con il solito Marchisio equilibratore. Matuidi è forte, ha gamba ma non lo è. Proprio perché sarebbe assurdo togliergli quella gamba…
AXEL WITSEL – Inutile qui descrivere la differenza di passo e di impeto rispetto al francese (sarebbe un po’ come paragonargli Rabiot: c’entrano niente e infatti a Parigi li trattano come salame e mortadella). Il belga era un centrocampista centrale totale, o per lo meno prometteva di esserlo. Nasceva da stella all’insegna di classe e gol, buon fraseggio e innata capacità di incunearsi morbidamente palla al piede.
Dalla sua ha i tempi di scarico e la pulizia di calcio. Gli manca il coraggio della mezz’ala per come là si descrive nella teoria del centrocampo a tre.
Tatticamente però Witsel sa il fatto suo e questo lo rende adattabile. Il fisico e la falcata lo hanno reso pensabile come dopo-PP, anche perché Paratici è uno che non dimentica gli inizi. Sarebbe d’uopo però vederlo bianconero davanti alla difesa. Se sei a tre, in attesa di Marchisio, Pjanic palleggerebbe alla sua sinistra. Non si scappa. Witsel ha enorme senso del gioco, ma in Russia gli è sempre stato chiesto qualcosa di troppo scolastico (come è in fondo il calcio russo). Lo stesso Spalletti lo ha configurato da faro. Pochi lanci, costruzione sul corto. Non l’ideale per sopportare una squadra che si possa anche sbilanciare. Forse è questo che non convince Allegri. Anche perché i gol sono progressivamente spariti. Il bello è però bello oggettivo. Due piedi, portamento, nuova ricerca (smarrita) dei propri limiti.
NEMANJA MATIC – Lineare, muscolare, sostanzioso. Il serbo ha dalla sua il concetto di utilità. Equilibrio, centimetri, posizione, occupazione di campo. Pochi rischi. Anche per la Juve forse.
Certamente calciatore più allegriano che contiano sulla carta, non detta i tempi ma li impone di forza.
Falloso. Presente. Vertice basso. Tutto scritto. Con lui in organico si potrebbe anche un domani ripensare Marchisio (ma allora, appunto, si è dato credito al rombo partendo dal presupposto che Khedira dimostri di avere ancora tanto da dare settimana dopo settimana). Con lui davanti alla difesa davanti si può anche esagerare. In più, dicono, potrebbe anche giocare da “ultimo”. Problema che oggi quasi non si pone più, noi idealmente orfani del famoso vice-Bonucci. Come si cambia in fretta…
POSTFAZIONE – Herrera è un Matuidi parimenti strano a vedersi. Con 360 gradi di campo a favore invece che 180. Nessuno sarà mai nel breve Arturo Vidal. Ah, perché, ci servirebbe Vidal???