Being Paul Pogba – Una storia quasi perfetta

E’ pressoché impossibile mettersi nei panni di Paul Pogba, dire quale sarebbe stata la scelta giusta, certificare noi cosa avremmo fatto al suo posto.

Dovremmo immaginare di essere un ragazzo francese che a 16 viene preso dal Manchester United, la squadra più famosa del mondo. Di giocare lì per tre anni, in quell’età dove noi finiamo lentamente l’adolescenza mentre loro, i giocatori, quelli veri, sono già adulti, fuori casa da chissà quanto.

Di avere un allenatore che crede in te, ma non ancora, non quanto vorresti, e allora arriva una squadra dall’Italia – LA squadra dall’Italia, quella di Platini, Zidane, Deschamps, Trezeguet e compagnia – che sta rinascendo mentre tu stai nascendo e ti coccola, ti lusinga fino a convincerti. Ti spiace lasciare Manchester, ma sai quanto sei forte e scommetti su di te, sapendo che un centrocampo con Pirlo, Vidal e Marchisio è fortissimo, quasi perfetto, ma sei quasi perfetto anche, e perfetto lo sarai presto, quindi non puoi avere paura.

Dovremmo immaginare, in quello Juventus-Napoli  di ottobre 2012, di subentrare a un quarto d’ora dalla fine per Vidal e di aspettare un pallone che scende piano proprio per aspettarti, fino a quando non lo prendi al volo di sinistro e lo scarichi proprio all’angolino.

Il big match di A. Il primo pallone che tocca il subentrato Pogba. E non è il suo piede.

Nelle immagini si vede Mazzarri, l’inventore mondiale del 3-5-2, che si dispera mentre sulla nostra panchina festeggia Alessio e viene da ripensare a quante ne abbiamo passate, caro Paul, in questi anni, rimanendo sempre lì al nostro posto.

E’ esattamente quello il momento in cui tutti capiscono di essere di fronte a un calciatore speciale.

Ma se solo davvero ci immedesimassimo in Paul non saremmo sorpresi, perché è proprio per quello che siamo andati alla Juventus, mica per aspettare di compiere 22 anni guardando gli altri dalla panchina.

E infatti ci prenderemmo il posto, anno dopo anno, e la nostra maglietta diventerebbe la più ambita da una generazione di piccoli juventini, fino a salire di numero, di grado, di importanza e diventare la 10. E’ in quell’estate che Marotta incontra il Barcellona, all’uscita ci regala una foto di rito con la dirigenza catalana e il mondo immagina che ok, magari non questa estate, ma Pogba è stato già venduto al Barcellona.

Ci aspetterebbero al varco anche là, con la n. 10, il Barcellona alle porte, le pressioni che esplodono, ma dopo un inizio complicato supereremmo anche questa prova, vincendo da protagonisti l’ennesimo scudetto di fila.

A quel punto –eccoci, finalmente – l’accordo col Barcellona se lo sono già scordati tutti, era la solita boutade. Ma ci sarebbero comunque le solite voci di mercato, le interviste abbracciato a Evra, la voglia di Juve ma anche di mettersi alla prova altrove, magari in un campionato dove negli ultimi anni non ha vinto sempre la stessa. Dove si guadagna di più, certo, molto di più, ma non solo, perché il Manchester United è casa ed è sempre la squadra più ricca, conosciuta e più amata del mondo e vale la pena, partito a parametro zero perché non c’era posto in squadra, tornare da calciatore più pagato della storia del calcio. Sì, è una cosa da Paul Pogba.

Non male, come storia.

Ma è complicato immaginare tutto questo e allora restiamo noi, che quel giorno col Napoli ammiravamo estasiati dalla tribuna, al gol contro l’Udinese quasi non ci credevamo, nel vederti cercare le zidanate a metà campo talvolta sbuffavamo, nell’elencare i tanti parametri zero ci mostravamo inorgogliti partendo sempre dal tuo nome (“allora, intanto Pogba, poi Khedira, Llorente, Coman, Evra”, ecc), di fronte alla goffa rabbia di chi non vince mai e ti riteneva sopravvalutato ridevamo di gusto (“non vale 70, non vale 80, non vale 90, lo sta montando la stampa” e noi giù a ridere festeggiando scudetti) e ora eccoci qua, a vivere il calciomercato più incredibile di sempre, tra arrivi straordinari e partenze che lasciano un po’ di magone, perché ci sarebbe piaciuto farci qualche altro anno insieme.

E allora buona fortuna, Paul, ma da ora l’unico interesse al momento è sapere che farà Higuain, chi verrà al tuo posto e come sta Marchisio. Il resto è un gran ricordo ma è già l’ultimo dei nostri pensieri.

Massimo Zampini

#Pogback, solo due parole: peccato e rispetto

Francesco Alessandrella

E così alla fine  sei davvero un giocatore del Manchester United. In bocca al lupo, Paul e grazie. Grazie per i tuoi gol al Napoli, puntuali come le tasse, grazie per la Dab dance, per la tua spensieratezza, le tue capigliature.

Ma permettimi, in questo momento, di lasciarti con due parole, che da qualche ora mi frullano per la testa pensando alla nostra storia.

La prima è: peccato. Peccato non solo per quello che poteva essere tra noi. Peccato soprattutto perché se è vero che il tuo obiettivo è quello di vincere un giorno il pallone d’oro, come ho letto da qualche parte, allora permettimi di dirti che hai scelto la strada più complicata, un vero e proprio salto indietro. Fossi andato alla corte di Carletto o al Barca non avrei avuto dubbi: entro due anni il premio sarebbe stato tuo. Ma per la scelta che hai fatto (guidata dagli sponsor o dal procuratore non so) hai intrapreso la strada più complicata. Ma anche un lavoro serio con Mister Allegri ancora per qualche anno, coronato magari da vittorie prestigiose, ti avrebbe dato la possibilità di arrivare davvero, e in breve tempo, al tuo obiettivo personale. Ma tant’è.

La prima è peccato, la seconda è “rispetto“. Rispetto per una società che ha creduto un te al punto di affidarti la maglia più prestigiosa; rispetto per una tifoseria che ti ha eletto suo beniamino. Rispetto che, caro Paul, in quest’ultimo mese non c’è stato. Un mese fatto di tweet enigmatici, foto senza senso, videosponsorizzai in cui l’unica cosa che emergeva era che tu e il tuo compare vi stavate divertendo alle spalle di chi ti ha accolto ragazzino di buone speranze e ti ha accompagnato alle porte della gloria. La società Juventus, caro Paul, in quasi 120 anni di storia ha superato indenne addii ben più traumatici (da Baggio a Zidane, da Platini a Pirlo, per rimanere nell’era moderna). Per tutti ci siamo rimasti più o meno male, dopo ognuno di questi abbiamo ricominciato a vincere, e lo sai bene. Per cui, nessuna tragedia, quelle le lasciamo ad altri… Ma essere presi in giro, con completa assenza di stile, permettimi, questo non ce lo meritavamo. 

Vorrei che tu portassi dietro queste due parole, nel tuo bagaglio, fatto di dribbling, tiri da fuori, colpi di testa. Perché con le persone con cui ti accompagni certamente questo non sarà il tuo ultimo trasferimento e magari la prossima volta potrai avere la possibilità di essere più chiaro prima di tutto con te stesso,provando a scegliere la strada migliore senza condizionamenti di sorta, e poi con chi ti ha voluto – veramente – bene.

In bocca al lupo, Paul e magari ci ritroveremo in Champ… Ah no, scusa!