Rileggere oggi la prima puntata di questa rubrica farebbe sorridere. Parlavamo di un Asamoah recuperato al 100% e dotato di un mancino da Playstation, di una Juve capace di far circolare la palla a velocità doppia rispetto allo scorso anno. Bisogna saper fare ironia su sè stessi quando ci si accorge d’esser stati frettolosi nei giudizi. Lo facciamo volentieri.
Lo avremmo fatto anche più severamente, ma leggere i “c’era una volta la Juventus”, gli #AllegriVattene , i “peggiore allenatore della nostra storia dopo Maifredi” (bilanciati dagli altrettanto insopportabili “vi meritate Del Neri e Zaccheroni”), ci fanno recuperare un minimo di autostima e inducono alla riflessione sull’equilibrio della tifoseria bianconera.
Da 5 anni siamo abituati a lunghe serie di vittorie consecutive, intramezzate da qualche pari e da 3-4 sconfitte a stagione. Bello che sia diventata la normalità, meno bello che si sia arrivati a pensarlo come un dato scontato, quasi “dovuto”. È necessaria un’analisi dopo due partite, Siviglia e Inter, che per motivi e dinamiche diversissime hanno lasciato l’amaro in bocca, certo. La critica è un diritto di tutti e non staremo mai qui a dispensare pass e dinieghi per il celebre “carro del vincitore” che auspichiamo sfili anche il prossimo maggio, come da tradizione. Ma l’analisi critica, che anche su questo sito trova ampio spazio, non deve cedere il passo al qualunquismo e generare l’aria irrespirabile creatasi ieri, al triplice fischio, sui social e su molte chat tematiche.
Lo scorso anno l’aria era simile dopo Sassuolo, ma 13 punti in 10 partite non sono la stessa cosa di una sconfitta a San Siro alla quarta giornata. Eppure, nonostante ciò, allora la stagione virò completamente fino a rischiare di diventare la più esaltante della storia (#EvraSpazzala!). E tutto questo avvenne con lo stesso “incapace in panchina”. L’esperienza dovrebbe aiutarci a essere meno avventati, dunque.
Una tifoseria a tratti molto matura, capace perfino di discettare spesso su bilanci e strategie economico-finanziarie (con competenza sconosciuta a molti professionisti della carta stampata), non può con tanta facilità passare dall’idolatria incondizionata al disfattismo, piangendosi addosso sotto l’ombrellone con la stessa superficialità di chi, nello stesso periodo, festeggia lo scudetto nel lido a fianco. Nell’attesa che migliori la Juve – e che Allegri riesca a mettere la squadra nelle condizioni di esprimere sul campo la superiorità che tutti le riconoscono – proviamo a migliorare noi stessi.
Giuseppe Gariffo