Una Juve straripante, dominante, cinica in avanti e ai limiti della perfezione in difesa, strapazza con quattro reti la Dinamo Zagabria allo Stadio Maksimir e, considerata anche al difficoltà della competizione, offre forse la prova più convincente di questo inizio di stagione.
Gli uomini di Allegri non lasciano agli avversari neanche le briciole e prendono immediatamente in mano il gioco. I bianconeri raddoppiano o triplicano i croati nelle rare volte in cui entrano in possesso palla e si gioca praticamente in una sola metà campo, con i padroni di casa ben rintanati in difesa. Con un muro di maglie blu davanti, l’unica possibilità di avvicinarsi alla porta è l’invenzione del singolo, oppure l’errore di un avversario. Hernanes al quarto d’ora cerca la prima soluzione, con una staffilata di sinistro che sfiora il palo, mentre Pjanic, al 24′, sfrutta la seconda: Sigali interviene di testa in modo maldestro sul lancio di Bonucci e serve involontariamente un assist delizioso per Pjanic, che senza lasciar rimbalzare il pallone, tocca con la punta eludendo l’uscita di Semper e appoggiando in rete.
La reazione dei croati è immediata e Schildenfeld scuote la traversa incornando la punizione di Antolic, ma è un fuoco di paglia. La Juve è padrona assoluta del campo e il vantaggio regala ai bianconeri ancora maggior sicurezza nelle giocate. Quella che si vede al 31′ è da manuale: sventagliata di quaranta metri di Pjanic che cade morbida sul petto di Higuain. Tempo che il pallone raggiunga il sinistro del Pipita ed è già 2-0.
L’azione si ripete poco dopo, con protagonisti Bonucci e Khedira, il primo al lancio, il secondo che supera Semper in uscita con un colpo di testa sul quale però la difesa croata riesce a intervenire.
La ripresa inizia con Cuadrado al posto di Pjanic. Il colombiano scambia più volte la posizione con Khedira, giocando comunque da mezz’ala. Si tratta di una novità tattica che non incide minimamente sull’efficacia del gioco dei bianconeri. La partita rimane a senso unico e non ci vuole molto perché il punteggio diventi ancor più rotondo: al 12′ Dybala ha qualche metro di spazio davanti a sé e tanto gli basta per accelerare il passo, prendere la mira e lasciar partire da oltre venti metri un sinistro teso che si spegne in rete. Per la Joya è il primo gol stagionale, ma per una perla del genere valeva la pena aspettare qualche gara.
Poco dopo il ventesimo Allegri opera la seconda sostituzione, mandando in campo Pjaca, fino a due mesi fa idolo locale, richiamando Barzagli e passando alla difesa a quattro. L’ingresso del numero 20 bianconero è salutato dal pubblico con un’ovazione e, a questo proposito, va sottolineato come i tifosi croati non smettano neanche per un secondo, neanche sotto di tre gol, di incitare la propria squadra.
Una buona dose di applausi spetta anche a Mandzukic, altro ex della gara, che al 26′ rileva Higuain. La Juve ora è schierata con il 4-2-3-1 e avendo già messo il risultato al sicuro, gli ultimi minuti sono utilissimi per testare il nuovo modulo, che esalta le qualità tecniche e la velocità di esecuzione dei tre uomini alle spalle dell’unica punta: sia Pjaca, che Dybala, che Cuadrado arrivano a impegnare ancora Semper, senza riuscire a sorprenderlo.
Chi ce la fa è Dani Alves, che a cinque minuti dal termine disegna una traiettoria maligna su calcio piazzato sulla quale il portiere interviene in modo tutt’altro che perfetto, riuscendo a toccare il pallone, ma non a rinviarlo. La sfera prende un effetto curioso e dopo essere rimbalzata sulla linea si insacca, permettendo di mettere a referto il terzo gol del brasiliano nelle ultime tre partite e di festeggiare con un poker la prima vittoria europea della stagione. Non solo: con lo spettacolare successo di Zagabria la Juve centra anche il primo posto nel girone, con quattro punti, alla pari con il Siviglia, che ha superato di misura il Lione nell’altra sfida di giornata del Gruppo H.
DINAMO ZAGABRIA-JUVENTUS 0-4
RETI: 24′ pt Pjanic, Higuain 31′ pt, Dybala 12′ st, Dani Alves 40′ st
DINAMO ZAGABRIA
Semper; Situm, Sigali, Schildenfeld, Pivaric; Antolic (27′ st Machado), Benkovic, Jonas (3′ st Fiolic); Soudani, Fernandes (13′ st Hodzic), Pavicic
A disposizione: Henrquez, Gojak, Livakovic, Peric
Allenatore: Sopic
JUVENTUS
Buffon; Barzagli (23′ st Pjaca), Bonucci, Chiellini; Dani Alves, Khedira, Hernanes, Pjanic (1′ st Cuadrado), Evra; Dybala, Higuain (26′ st Mandzukic)
A disposizione: Neto, Alex Sandro, Sturaro, Lemina
Allenatore: Allegri
ARBITRO: De Sousa (POR)
ASSISITENTI: Santos (POR), Mesquita (POR)
QUARTO UFFICIALE: Silva Manso (POR)
ARBITRI D’AREA: Xistra (POR), Verssimo (POR)
A CALDISSIMO / Dinamo Zagabria-Juventus 0-4: succede anche questo, una tranquilla serata europea
Vittoria autoritaria per la Juventus in casa della Dinamo Zagabria, un poker esterno in Champions League senza mai rischiare nulla (o quasi) dietro, una prestazione convincente dopo le critiche di Palermo di sabato scorso che serve per restituire un briciolo di tranquillità che sembrava essersi smarrita soprattutto a livello mediatico.
Ancora un cambio nell’undici iniziale per mister Allegri che concede un turno di riposo ad Alex Sandro a sinistra, riproposto Hernanes in regia, Pjanic e Khedira da interni, difesa obbligata con Barzagli, Bonucci e Chiellini davanti a Buffon, Dani Alves a chiudere a destra i cinque in mediana seppur quasi libero di girovagare un po’ ovunque da quelle parti del terreno di gioco, torna titolare Dybala accanto ad Higuain col Pipita quasi regista d’attacco con i suoi movimenti a dettare le trame di gioco bianconere.
Parte subito in pressing alto la Juve, la Dinamo è scesa in campo chiaramente per lo 0-0 tenendo tutti gli uomini dietro la palla senza forzare le giocate neanche in contropiede, ed allora è quasi scontato giocare con ventuno uomini nella metà campo croata col solo Buffon a distanza e non chiamato in causa nel giro-palla. Si prova a sfondare soprattutto a sinistra, ma la maggiore qualità dell’altra corsia rende più pericolosi gli attacchi con i soliti scambi ravvicinati fra Dybala, Dani Alves e Khedira a creare qualche problema alla difesa avversaria già in confusione dai primi minuti. I gol, però, arrivano grazie a due imbucate centrali con altrettanti svarioni difensivi: protagonista in entrambe le occasioni Pjanic, prima bravo ad approfittare di uno svarione avversario e depositare in rete il lancio di Bonucci, poi assist perfetto a pescare Higuain che sfrutta l’eccessivo spazio a disposizione per stoppare di petto ed insaccare di piatto sinistro sull’uscita del portiere. Qualche brivido di troppo ancora sulle palle da fermo, ma al riposo si va sul tranquillissimo punteggio di 0-2. Ritmi inevitabilmente più bassi nel secondo tempo, i padroni di casa giocano a non prendere la goleada anziché provare ad impensierire Buffon, la Juve trotterella e trova altri due gol: il primo porta la firma finalmente di Paulo Dybala con una conclusione da fuori dopo il solito triangolo di cui prima a destra, il secondo con una punizione di Dani Alves deviata dalla barriera dopo l’ennesima giocata della Joya imprendibile per i difensori croati.
Prima vittoria europea della stagione che vale momentaneamente il primato nel girone considerando la contemporanea vittoria del Siviglia sul Lione: 4 punti per bianconeri e spagnoli, ma differenza reti migliore per la Vecchia Signora che adesso è chiamata a far punti pesanti in Francia per ipotecare il passaggio del turno già dopo le gare d’andata.
A CALDO / Dinamo Zagabria 0-4: a furia di dire che vogliamo vincere la Champions…
Tutto molto anni ’90 nel cuore della Jugoslavia, tranne appunto il gioco degli slavi. Cioè zero pressing è fattore forse congenito, difendere quadrati è solo per la derivazione tedesca della regione croata, il resto è resa incondizionata.
Non uno stralcio delle componenti di sregolatezza di una scuola che sa vendere all’estero costringendosi alle elementari.
E allora la Juventus cosa fa? Torna indietro di un ventennio, Sacchi in Italia era comunque già passato (off topic: cosa ne avrebbe fatto lui di Cuadrado e Pjaca?) e a maramaldeggiare c’era la convinzione atavica di Marcello Lippi, tecnico che teneva in mano il bastone della serafica superiorità, uno che non si tirava indietro anche nelle rare volte in cui tirava indietro.
Cosa succedeva esattamente? Che gli avversari entravano in campo già con i capelli dritti, soprattutto quelli considerati già sulla carta inferiori, è tutto il resto di solito accadeva da sé.
Qualcosa di molto simile ha abbracciato la prestazione sul velluto della seconda del girone, partita che mette Lione al centro del villaggio. In pratica due risultati su tre per dirigersi là dove ci si sente di diritto, e quindi con il rischio di sbagliarla che può essere sventato proprio dal mantra internazionale per cui “questa Juve è tra le quattro favorite per la Champions”.
Eccolo, sotto forma di effetto benefico. Con una postilla aggiuntiva non proprio di poco conto: quella Juve là aveva lo stesso genere di comunicazione, per quel che conta, mentre conta ancora di più il peso che gravava sui nostri. Cioè il giusto. Figlio della consapevolezza. Dimostrazione ne sono state le esultanze di Pjanic e Higuain. A questo ci servono, calati nella parte mettendoci del loro. A farci sentire leggeri, forti e tehnihamente adeguati alle richieste dell’allenatore.
Dei moduli, dei massimi sistemi, delle progressioni di gioco e della gamba che è ancora quella di settembre non è il caso di discutere. Alex Sandro avrebbe fatto quanto Evra, Lemina quanto Hernanes, era proprio una partita così. Portata a termine correndo sulla scopa con la testa di cavallo di peluche tra le gambe.
Perché a forza di dire che vogliamo vincere la Champions, succede che alla fine i primi a crederci devono essere per primi gli altri.
È la più grande conquista dei due anni precedenti, credetemi.
2a Champions League: Dinamo Zagabria Juventus 0-4
di Davide Terruzzi
La Juventus vince la seconda partita del girone di Champions imponendosi con un rotondo quattro a zero. Qualche difficoltà nel primo tempo nel produrre occasioni da rete contro una formazione modesta e poco aggressiva. Prove tattiche nella ripresa.
La partita con la Dinamo è iniziata il giorno prima. Appena Massimiliano Allegri ha preso la parola in conferenza stampa. Quello del tecnico bianconero è stato un manifesto pragmatico della Juventus che è e della Juventus che dovrà essere. Vincente. Due le parole chiave: realtà e illusione. La prima indica una squadra in salute per risultati, ma ancora balbettante a livello di prestazione. La seconda suggerisce un richiamo a riportare tutti i piedi per terra: non c’è nulla di scontato, la vittoria è sempre figlia di quello che succede sul campo dove si devono manifestare i valori potenziali. Per tradurre la potenza in atto serve tempo, lavoro e pazienza. Nel frattempo, però, bisogna vincere. E questa è la dolce condanna di qualsiasi grande squadra, come la Juventus che si trova allo stadio Maksimir di Zagabria per incontrare la Dinamo. I tre punti sono una necessità per i bianconeri, usciti con un amaro pareggio dalla prima sfida casalinga con il Siviglia. Massimiliano Allegri s’affida al consueto 3-5-2, preferisce Evra ad Alex Sandro, ripropone Hernanes nel ruolo di centrale di centrocampo e schiera Dybala al fianco di Higuaín. I croati, invece, sono una formazione senza certezze. L’allenatore Sopić è ad interim, la stellina Ćorić escluso, la qualità media della formazione non degna della massima competizione continentale. La Dinamo è schierata inizialmente con un 4-3-3 – almeno così suggerisce la grafica della Uefa -, ma i numeri, come si sa, contano relativamente e assumono maggiore importanza altri aspetti.Come l’atteggiamento. Quello dei croati è iper-difensivista sin dai primi minuti. Il baricentro è molto basso, le due linee di difesa e centrocampo (rispettivamente composte da 4 e 5 giocatori) compatte, il pressing è assente. Il piano partita sembra così essere molto semplice: stiamo dietro, facciamo densità centrale, lasciamo alla Juventus un po’ di spazio sugli esterni, poi proviamo a ripartire. Le intenzioni poi vanno tradotte sul campo. E per fare un’efficace partita difensiva, come lo stesso Siviglia ha fatto, bisogna anche avere un buon possesso palla per rallentare i ritmi e difendersi anche col pallone. Quello che la squadra di Sopić non è stato in grado di fare. La Dinamo così si è comportata come una squadra che sin dall’inizio ha dato l’impressione di voler evitare un’imbarcata, provando ad affidare, e sfidare, la sorte, perché dovrebbe risultare ormai pacifico, chiaro, accertato che se incontri una squadra decisamente più forte di te e pensi solo a difenderti, devi sperare nel tuo portiere e in una prestazione inferiore degli avversari per portare a casa un buon risultato.
L’approccio della Juventus è invece stato propositivo, ma la realtà ci dice che questa squadra sta incontrando difficoltà quando incontra formazioni che chiudono il centro, impedendo ai bianconeri di trovare facilmente le giocate tra le linee, e che sono molto basse e chiuse. Nei primi venti minuti, fino al gol di Pjanić, i bianconeri sono stati indubbiamente padroni del campo, hanno tenuto il controllo del pallone e dello spazio, ma hanno prodotto poche occasioni da rete. La velocità con la quale la manovra veniva avviata e sviluppata è stata più lenta del necessario, impedendo di tenere alti i ritmi del gioco. La presenza di tre difensori più un regista, in assenza di una qualunque pressione avversaria, ha comportato questo rallentamento delle azioni bianconere: un numero eccessivo di uomini dietro la linea della palla significa anche la presenza di giocatori in meno davanti. L’altro aspetto negativo, in questo genere di partite, è che Chiellini e Barzagli si trovano in zone del campo in cui la qualità, la velocità, la precisione delle giocate richieste sono di maggior tasso tecnico.
Come evidenzia questa immagine, il collocamento e il posizionamento dei giocatori sul campo è stato migliore rispetto ad altre uscite. Specialmente Pjanić e Dybala, che hanno toccato palloni in posizione più avanzata rispetto a Higuaín, sono stati schierati praticamente sotto la punta, occupando spesso gli half-spaces. Tanti i passaggi tra i difensori; Dani Alves, per la terza partita consecutiva, è stato il giocatore con il maggior numero di palloni toccati, confermandosi il regista occulto di questa Juventus d’inizio stagione. Questa immagine evidenzia anche uno degli obiettivi indicati da Allegri: coinvolgere maggiormente i centrocampisti, creare un maggiore collegamento tra loro e le punte, far dialogare di più Dybala e Higuain (nessun passaggio tra i due nella trasferta croata).
La Dinamo Zagabria è stata in netta difficoltà nel leggere gli inserimenti senza palla dei centrocampisti o i movimenti ad attaccare lo spazio di Higuaín. La giocata che ha portato al primo gol era già stata provata in precedenza, e rappresenta una delle soluzioni per trovare varchi contro squadre che si chiudono: non forzare le giocate, mantenere il possesso, muovere anche velocemente il pallone all’indietro, per poi cercare la verticalizzazione da parte di Bonucci. La linea difensiva croata non riusciva a mantenersi stretta e compatta, facendosi eccessivamente attrarre dalla presenza dei due esterni bianconeri alti e larghi. Probabilmente anche per questa ragione Sopić ha deciso di virare verso una difesa a 5, una mossa che non si è però rivelata fortunata: pochi minuti dopo questo cambio e la Juventus trova la seconda rete. Non è un caso. Perché gli interni della Juventus riescono a trovare maggiore spazio, i difensori sono poco aggressivi: Pjanić viene servito facilmente, il difensore molla la marcatura, il bosniaco ha il tempo per premiare l’inserimento di Higuaín, che ricorda il motivo per il quale è stato acquistato: fare gol che negli anni passati difficilmente sarebbero stati realizzati.
Il secondo tempo diventa l’occasione per Allegri di sperimentare, usando una partita di Champions League come un laboratorio. La prima prova è stata quella di Cuadrado come interno di centrocampo: il tecnico, a fine partita, ha detto che il colombiano doveva agire come terzo d’attacco – un po’ quello che ha fatto Pjanić nel primo tempo – ma l’ex giocatore di Fiorentina e Chelsea non ha ovviamente né i tempi né il giusto posizionamento per essere schierato nel prossimo futuro in questo ruolo.
La seconda, ancora più interessante, è iniziata con l’ingresso di Pjaca. Il fresco ex-Dinamo partiva sulla sinistra per accentrare spesso la propria azione, lasciando spazio sulla fascia agli inserimenti di Evra. Difficile trovare un modulo di riferimento per gli ultimi minuti: poteva essere un 4-4-2 o un 4-2-3-1, ma la difesa è apparsa anche sempre a 3 con un Dani Alves più stretto e basso rispetto al terzino francese. La ripresa è stata però troppo simile a un garbage time d’enorme durata per poter dare una valutazione specifica, consistente e reale alle prove effettuate da Allegri. L’allenatore può però essere contento per la rete ritrovata da parte di Dybala, nonché per la qualità di alcune giocate da parte del croato.
La Juventus è ormai prossima a chiudere il primo ciclo impegnativo della stagione. La Dinamo Zagabria si è rivelata squadra poco impegnativa e aggressiva (hanno commesso più falli i bianconeri) e Buffon e compagni sono stati bravi a far pesare la diversa qualità. Da quando Allegri siede sulla panchina juventina ci ha abituato a inizi in cui le prestazioni non sono state sempre convincenti: in parte è dovuto a una condizione fisica non ancora ottimale, ma soprattutto a una conoscenza tra giocatori che deve ancora crescere e crearsi. Ci sono però delle costanti emerse in queste partite: le difficoltà nella costruzione del gioco quando i difensori sono pressati, le problematiche a affrontare formazioni che schierano una coppia di mediani a protezione della difesa e che tengono compatte le proprie linee. Non è solamente una questione di moduli: a far la differenza sono la velocità con la quale si muove il pallone, la tecnica e la corretta occupazione spazi. In questo Allegri e i giocatori devono lavorare per migliorare una Juventus che vuole essere protagonista in Europa, e per farlo non può solamente essere squadra difensiva.