La Famiglia Agnelli e la terza stella, tante storie d’amore

 

Dylan Dog e la Juventus, nel segno del trenta.  Nella stessa settimana vado alla conferenza stampa su Dylan Dog e all’anteprima stampa del film Bianconeri Juventus Story dei gemelli italoamericani Marco e Mauro La Villa. Location diverse (la Mondadori di Piazza Duomo, la sala conferenze dello Juventus Stadium), colleghi diversi, stili diversi. Eppure qualcosa in comune c’è: il numero. Trent’anni di Dylan Dog, trenta scudetti della Juventus. Il film, non a caso, pur citandoli, si arresta nel maggio  del 2012 con la conquista del trentesimo titolo: non della terza stella, negata dalla Federazione a causa dei titoli 2005 e 2006 ingiustamente tolti da Calciopoli (quella sarà cucita sulla maglia solo l’anno scorso, dopo trentatré scudetti).  Del resto il  personaggio a fumetti creato da Tiziano Sclavi nasce editorialmente in un anno particolare: il 1986 segna la fine del primo periodo di Trapattoni allenatore, durato un decennio, e l’ultimo scudetto da lui vinto con  la Juve  (quello del suicidio della Roma con il Lecce).

Spiegano i registi Marco e Mauro La Villa: “Nati Juventini, abbiamo avuto l’idea di realizzare ‘un film’ sulla nostra amata Juventus in onore di nostro padre, Rosindo La Villa, bianconero sfegatato. Ci siamo tuffati immediatamente nella ricerca per trovare ‘una storia’ che potesse comunicare al mondo chi è davvero la Juve. Dopo la prima fase di ricerche, era chiaro che la famiglia Agnelli sarebbe stata protagonista: c’è un legame tra gli Agnelli e la squadra che non esiste in nessun’altra parte del mondo e in nessun altro sport. Per questo nelle parole dell’avvocato Gianni Agnelli abbiamo trovato in fondo una delle chiavi del nostro film: ‘La vera gara tra noi e le squadre milanesi -spiegava- sarà tra chi arriverà prima: noi a mettere la terza stella, loro la seconda’.  Partendo nel 1981 con la grande squadra di Trapattoni e Liam Brady, la storia della Juve continua con tutti i suoi alti e bassi e le svolte inaspettate verso quella terza stella che sembrava irraggiungibile! Lavorare per gli ultimi cinque  anni direttamente con la società, i giocatori e la famiglia Agnelli è stato impegnativo ma soprattutto meraviglioso: speriamo di aver portato a termine nel modo migliore l’obiettivo che ci eravamo prefissati: portare questa epica storia d’amore sul grande schermo per il pubblico Juventino in Italia e nel mondo.”

E infatti le due chiavi del film sono la terza stella e la  famiglia Agnelli, proprietaria della Juventus dal 1923: tante interviste all’Avvocato (in genere condotte da  Giovanni Minoli, juventino dichiarato), al fratello Umberto, ma anche all’ultima generazione, il Presidente Andrea Agnelli e gli Elkann, John, Lapo e Ginevra, e gli interventi dei giovani rampolli sono quasi tutti in inglese con sottotitoli (buono il loro inglese, davvero british l’accento di John, Ginevra sembra sempre sovraeccitata quando parla di Juve, quando le donne sono tifose lo sono davvero). Del resto Lapo (che era all’anteprima stampa assieme ai registi) è fra i produttori del film, con Ginevra, e infatti ci sono tantissimi suoi interventi nel film.

Va detto, però che il film non tace le tragedie familiari, dalla morte di Edoardo Agnelli, padre dell’Avvocato, ucciso dall’elica di un aereo, alla scomparsa prematura per tumore di Giovannino Agnelli nel 1997, alla tragica esistenza di Edoardo, il figlio dell’Avvocato, dall’arresto a Malindi, in Kenya, per possesso di eroina, al suicidio nel 2000.

Fedele alla sua chiave narrativa, Il film quasi sorvola sulle conquiste europee (anche se ovviamente ha spazio la tragedia dell’Heysel) citando solo en passant la splendida Coppa Uefa del 1993 (trionfo di Roby Baggio che per quel trofeo – all’epoca la Uefa era spesso più difficile della Champions, dove si qualificavano solo le vincitrici dei campionati – vinse il Pallone d’Oro) o la Champions del 1996 (che speriamo possa presto essere seguita da altre) e ignora le sconfitte in finale (meno male) .

Bianconeri Juventus Story, nei cinema solo il 10-11-12 ottobre distribuito da Nexo Digital e Good Films (l’elenco dei cinema su www.juvestory.it) vale la pena  di essere visto (so che è la domanda che qualunque lettore fa al recensore)? Obiettivamente sì. Certo, si poteva partire da prima del 1981 (anche se per noi, nati nei Settanta, la Juve del Trap dalla seconda stella in poi è la prima conosciuta), un commentatore assiduo di Juventibus lo detesterà visto che è incentrato sulla famiglia Agnelli, le critiche di Lapo all’arroganza di Moggi (“vinceva con arroganza”) possono non essere condivise, ma indubbiamente trasuda juventinità.

È narrato dalla splendida voce di Giancarlo Giannini, che riserva stoccate ironiche alle milanesi, in primis a Moratti, non ignora Calciopoli-Farsopoli (dall’assurda retrocessione in B e gli scudetti negati, al ritrovamento delle intercettazioni – ben più gravi di quelle di Moggi – che coinvolgevano l’Inter) ed è ricco di interventi e immagini esaltanti: il Trap, la prima Juve di Lippi (che giocava davvero bene, ogni riferimento ad Allegri non è del tutto casuale), lo storico, emozionante 5 maggio 2002 con lo scudetto vinto anche grazie al suicidio dell’Inter, gli interventi di Ravanelli, Buffon, Del Piero dello stesso Andrea Agnelli (davvero belle le sue dichiarazioni), ci sono filmati d’epoca poco noti.

Sarebbe stato possibile prima di Calciopoli-Farsopoli? Probabilmente no, l’essere piombati (ingiustamente) nell’Abisso ha creato una nuova consapevolezza nel tifoso bianconero. E il film nasce da un atto d’amore dei tifosi per la Juve e racconta altre storie d’amore, quella degli Agnelli per la Juve e quella dello stesso scudetto per la Signora: perché quelle con Milan e Inter sono solo relazioni di poco conto, con Roma, Napoli e Lazio scappatelle occasionali, lo scudetto ama solo la Juve.

di Stefano Priarone

Bianconeri. Juventus story: gli uomini delle stelle

di Damiano Panattoni


Da Boniperti a Platini, fino a Del Piero e Buffon: la storia degli Agnelli e della Juventus (e di una certa Italia) raccontata con passione e dovizia da Marco e Mauro La Villa nel docu-film Bianconeri. Juventus Story. Al cinema dal 10 al 12 ottobre.



La vita è fatta di scelte. Alcune facili, altre difficili. Spesso, il confine che divide una scelta facile da una difficile è delineato da pochi centimetri, dove è racchiusa l’essenza stessa della scelta. In questo caso, una scelta può diventare giusta o sbagliata, al netto della difficoltà o della facilità. Del resto, come qualcuno ha scritto, ogni individuo diventa le decisioni che prende. E lo sport, soprattutto quelli di squadra, ma nello specifico il calcio, è l’emblema di cosa vuol dire il verbo scegliere. Qui, i centimetri e addirittura i millimetri, sono gli arbitri indiscutibili; solo chi sa azzerare quel confine è destinato alla gloria, solo chi allinea il giusto e lo sbagliato raggiunge le stelle.Per capire il concetto basta tornare indietro di quasi trentacinque anni: era il 16 maggio 1982, e la Juventus, sul campo del Catanzaro, all’ultima giornata di campionato, si lottava punto a punto lo scudetto con la Fiorentina. Al 75′ l’arbitro Pieri fischia rigore per la squadra allenata da Trapattoni. E chi va sul dischetto? L’irlandese Liam Brady, ”devastato” dalla notizia che l’anno dopo, al suo posto, ci sarà un francese longilineo dalla classe pura, destinato a scrivere capitoli di storia a colpi di genio, di fantasia, di amata indolenza. Michel ”Le Roi” Platini. Nonostante questo (il ”povero” irlandese aveva tutto il diritto di non sentirsi più legato alla causa), come fosse un film, Brady prende la palla e fa gol. Uno a zero, la Juventus è campione d’Italia per la ventesima volta. La seconda stella. Da qui, narrativamente parlando, la storia della Juve si trasforma in un romanzo moderno fatto di vittorie e sconfitte (necessarie per comprendere a pieno un successo), di tragedie (troppo forti, troppo ingiuste) e di gioie, di cadute e di lucenti rinascite. Questo romanzo, che è anche, per certi versi, il romanzo di una fetta d’Italia, è riassunto ne documentario – o forse è meglio dire docu-film – ”Bianconeri. Juventus Story”, diretto da fratelli Marco e Mauro La Villa, di origini italiane ma trapiantati tra le luci di New York. E, inutile dirlo, ferventi bianconeri.

Il film, che arriverà in sala solo il 10, l’11 e il 12 ottobre grazie a Nexo Digital e Good Films – accompagnato da un prezioso volume illustrato edito da Rizzoli –, ripercorre la storia della Juventus, dagli anni di Sivori, Charles e Boniperti, fino al primo scudetto della ”rinascita” – tutto narrato dalla voce di Giancarlo Giannini –, ovvero quello del 2011-12, targato Antonio Conte, che ha permesso alla Juventus, sul campo, di forgiarsi indelebilmente con la terza stella. Perché, come suggeriscono le immagini e le interviste presenti nel documentario, da Lapo, Ginevra e John Elkann e ancora Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Gianluca Pessotto, Fabrizio Ravanelli, fino ai protagonisti di quello scudetto: Del Piero, Buffon, Marchisio, Bonucci, Pirlo, Vidal e lo stesso Conte, il filo conduttore della Juventus, in tutti i suoi cicli, è sempre stato chiaro. Ovvero la ricerca dell’eccellenza, fortemente voluta dalla Famiglia Agnelli che, nel modo più totale, ha saputo dare alla Juventus un’identità ben definita, riconoscibile e unica, impossibile da emulare. La Juventus – con il suo famigerato stile – e gli Agnelli, sono esattamente la stessa cosa, inscindibili e dipendenti tra loro.

Impreziosito da brani di Ennio Morricone, di David Bowie, di Cat Stevens, degli Hot Chocolate, oltre all’adattissima ”Stella Stai” di Umberto Tozzi e all’enfatica ”Maledetta Primavera” di Loretta Goggi (in relazione al diluvio di Perugia, dove affogò di fatto lo scudetto 99-00), ”Bianconeri. Juventus Story” è un tributo a quel calcio giocato e inteso da uomini appassionati che, decennio dopo decennio, gol dopo gol, hanno fatto del bianco e del nero qualcosa di eccezionale, tagliando verticalmente i prati verdi e la storia del nostro Paese, contraddistinta dagli operai e dal coraggio, ma anche dai paradossi e dalle (tante, assurde) incongruenze. Perché, se una cosa è oggettivamente innegabile, la juventinità, che sia quella di Giovanni Agnelli, di Michel Platini, di Gianluigi Buffon o del più semplice e puro tifoso, è qualcosa di grande, nel valore più assoluto del termine. E, forse, parafrasando la meravigliosa ”Starman” di David Bowie, si potrebbe dire: “Guarda fuori dalla finestra, riesco a vedere la sua luce”.


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