Di aggettivi su Buffon ne sono stati detti tanti. Ma quando SuperGigi si rende protagonista di una prestazione come quella di questa sera, è inevitabile ripetersi. Immenso sul calcio di rigore e su una serie di parate sensazionali, il Capitano è stato determinante, non meno della rete di Juan Cuadrado. «Non ho esultato sulle mie parate, perché non volevo disperdere energie – racconta – volevo restare focalizzato, mancava ancora tanto tempo, e quando resti in 10, il pensiero del rischio di perdere c’è».
E invece.
«Invece, sebbene il Lione avesse grande qualità in avanti, abbiamo risposto con compattezza in inferiorità numerica, portando a casa una vittoria che mette una seria ipoteca sul passaggio del turno». Allargando l’analisi alla squadra, Buffon resta come sempre coi piedi per terra: «La Juve deve ancora migliorare, quello che abbiamo dimostrato, specie in 11 contro 11, non basta per arrivare in fondo. È vero che poi abbiamo saputo soffrire, dimostrando senso di responsabilità, ma abbiamo ancora grandi margini di crescita, e dobbiamo utilizzare il tempo davanti a noi per crescere».
G.O.A.T.
Non servirebbero nemmeno tante parole. Basterebbe un didascalico biglietto da visita: “Gianluigi Buffon, il più forte portiere della storia del calcio”. Poi, però, tocca fare i conti con il contesto. Con le ultime due gare in Nazionale un pò così, la papera con la Spagna, le critiche in Macedonia, il tirello di Jankto che convince i non sempre sveglissimi addetti ai lavori a recitare il “solito” (si, perché è capitato anche in passato) de profundis. E poi quelle parole che suonano quasi come una profezia: “Io alle critiche rispondo sul campo”.
Come al solito. Come sempre. Sempre lui. Gianluigi Buffon, il più forte portiere della storia del calcio. Che a Lione l’unico voto che meriterebbe è un s.v. (lo stesso che prende quando passa i canonici 90 minuti in Serie A appoggiato al palo, in attesa di un’offensiva avversaria che arriva di rado) perché qualunque dato numerico vorrebbe dire ridurre tutto a qualcosa che può essere misurato. E Buffon stasera non può essere misurato. Non può essere definito. La seconda parata, quella sul tiro di Fekir deviato da Bonucci, è un oltraggio a nostra madre fisica, è figlia di un riflesso che non hai a 17 anni figuriamoci a 38. Eppure lui ci arriva. Come era arrivato prima sul rigore di Lacazette, come arriverà più tardi sul colpo di testa a botta sicura di Tolisso.
Adesso il carrozzone ripartirà. Si tornerà alla normalità, all’esaltazione del numero1 dei numeri 1, come se i tre giorni (e le due settimane) precedenti non fossero mai accadute. Quando, invece, questa sera è figlia anche di quelle altre sere. Ma non pretendiamo che tutti capiscano, figuriamoci. Si tratterebbe di uno sforzo abnorme per chi campa alla giornata, per chi cerca il titolo a effetto per ottenere il click facile. Eppure è tutto così semplice, così come l’unico titolo da dedicargli ora e sempre: “Gianluigi Buffon, il più forte portiere della storia del calcio”.
E non segue, né mai seguirà, dibattito.