Era l’uomo più atteso, cercato da ogni fotografo, da ogni telecamera. Era quello su cui erano puntati gli occhi di tutti. In una situazione del genere un giocatore potrebbe sentire troppa pressione e defilarsi. Un campione no. Un campione la pressione non solo la regge, la trasforma in adrenalina e se ne ciba. Non è certo scoperta di questa sera che Gonzalo Higuain appartenga alla seconda categoria, ma lui decide di ribadirlo a modo suo, firmando il gol che decide Juve-Napoli e manda i bianconeri a più sette sui partenopei e, momentaneamente a più cinque sulla Roma.
L’argentino si prende la scena a venti minuti dalla fine di una partita tesa, combattuta, che offre il meglio nella ripresa, con i gol di Bonucci e Calljon e la firma decisiva del Pipita.
Nel primo tempo in effetti lo spettacolo migliore lo offre lo Stadium, che si presenta con il vestito della festa e fa registrare il record di incasso in campionato e assoluto di presenze. Il pubblico deve pazientare per vedere qualcosa che strappi un applauso, perché le due squadre si rispettano fino all’eccesso e per venti minuti, al di là del possesso palla dei bianconeri e dell’atteggiamento guardingo del Napoli, c’è ben poco da segnalare.
La prima occasione nasce dal traversone di Alex Sandro e dall’uscita di Reina, che a anticipa Mandzukic, ma consegna il pallone a Lichtsteiner, il cui destro dal limite finisce però sopra la traversa. La seconda non tarda ad arrivare, grazie alla verticalizzazione di Khedira che trova Higuain in area, anticipato al momento di concludere.
Il Napoli si fa vivo solo alla mezz’ora, con il rasoterra dalla distanza di Allan, bloccato a terra da Buffon. Il gioco è in mano alla Juve, ma la gara rimane contratta e poco spettacolare. Al 40′ Allegri perde Chiellini e invece di mandare in campo Benatia e mantenere la difesa a tre, opta per Cuadrado, dando un chiaro segnale alla squadra: si deve osare di più.
Il messaggio evidentemente viene ripetuto negli spogliatoi, perché quando i bianconeri tornano in campo dopo il riposo hanno tutta un’altra marcia e dopo aver chiuso il Napoli nella propria area per cinque minuti passano con Bonucci, che approfitta di uno svarione di Ghoulam: il tentativo di rinviare del difensore azzurro è tanto maldestro, quanto potente e precisa è la fiondata di Bonucci che colpisce al volo e spedisce alle spalle di Reina.
Ora è una partita nuova e il Napoli esce dal guscio, reagendo con veemenza allo svantaggio. Barzagli e Mandzukic salvano per due volte nell’are piccola, ma al terzo tentativo gli ospiti pareggiano con Callejon, che viene pescato da Insigne a due passi da Buffon e lo supera con un tocco in diagonale.
Con il punteggio di nuovo in equilibrio, si torna al copione del primo tempo, con la Juve che prova a farsi sotto, ma viene respinta dalla difesa avversaria e deve anzi guardarsi dalle ripartenze. Allegri sostituisce Pjanic con Marchisio e il Principino torna all’antico ruolo di mezz’ala. Tre minuti dopo il cambio, la Juve torna in vantaggio: Higuain inizia l’azione cercando in area Khedira e dopo la corta respinta di Ghoulam, arriva per primo sul pallone, scaraventando nell’angolino un rasoterra imprendibile. Il Pipita non esulta, al contrario dello Stadium, che torna a scaldarsi e a farsi sentire.
Ora bisogna evitare di permettere al Napoli di rifarsi sotto, perché quando non hanno nulla da perdere i partenopei si fanno immediatamente più pericolosi e la fiondata di Mertens che sfiora l’incrocio è un utile memorandum. Allegri si prepara all’ultimo quarto d’ora di lotta inserendo Sturaro al posto di Hernanes e riportando Marchisio in regia.
La Juve continua a fare la gara e ora ha più spazio per attaccare, ma deve comunque stare attenta, specie sui calci piazzati: un triangolo ampio quanto tutto il campo tra Cuadrado e Higuain si conclude con il colpo di testa a lato del Pipita, mentre dalla parte opposta è Mandzukic ad alzare sopra la traversa il tocco di testa di El Kaddouri. Rimane questo l’unico rischio corso dai bianconeri. Il resto è sana gestione della partita, del pallone e del cronometro. E applausi scroscianti al fischio finale.
JUVENTUS-NAPOLI 2-1
RETI: Bonucci 5′ st, Callejon 9′ st, Higuain 25′ st
JUVENTUS
Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini (39′ pt Cuadrado); Lichtsteiner, Khedira, Hernanes (31′ st Sturaro), Pjanic (23′ st Marchisio), Alex Sandro; Higuain, Mandzukic.
A disposizione: Neto, Audero, Dani Alves, Rugani, Evra, Benatia, Asamoah, Lemina, Kean
Allenatore: Allegri
NAPOLI
Reina; Hysaj, Chiriches, Koulibaly, Ghoulam; Allan (31′ st Zielinski), Diawara, Hamsik (37′ El Kaddouri); Callejon, Mertens, L. Insigne (16′ st Giaccherini)
A disposizione: Rafael, Sepe, Maksimovic, Tonelli, Maggio, Strinic, Rog, Jorginho, R. Insigne
Allenatore: Sarri
ARBITRO: Rocchi
ASSISTENTI: Meli, Costanzo
QUARTO UFFICIALE: Tonolini
ARBITRI D’AREA: Orsato, Damato
AMMONITI: 21′ pt Chiellini, 22′ pt Alex Sandro, 30′ pt Insigne, 16′ st Hernanes, 40′ st Mandzukic
A CALDISSIMO / Juve-Napoli 2-1: chi se non lui? Gonzalo Higuain e la dura legge dell’ex
Va bene la vittoria con la Sampdoria, tutti d’accordo sul fatto che il match col Lione è da considerare più decisivo in chiave generale, ma dare un segnale al campionato stasera era troppo importante per non approfittarne. Occasione non sprecata, nonostante tutto.
Allegri cambia rispetto alla sfida dello Stadium dell’anno scorso contro il Napoli di Sarri: rispolverata la BBC, Lichtsteiner la spunta a destra, turno di riposo per il rientrante Marchisio, ci pensa Hernanes a dargli fiato, per il resto scelte praticamente ovvie.
La tensione e la paura di perdere, nonostante un atteggiamento non troppo rinunciatario, si fanno sentire, anche se comunque la Vecchia Signora riesce a gestire con parecchia tranquillità grazie ad un giro-palla basso spezzato solo da qualche eccesso di confidenza del Profeta, comunque non disastroso anche se l’ingresso di Marchisio dà una scossa al gioco bianconero. Higuain visibilmente emozionato, non riesce ad impensierire la retroguardia campana, ed allora ci vuole una prodezza di Bonucci a sbloccare il risultato, complice il primo errore di serata di Ghoulam. Sul pareggio di Callejon incide particolarmente l’infortunio di Chiellini: con Giorgio ancora out per infortunio muscolare, il mister se la gioca con Cuadrado retrocedendo Lichtsteiner nei tre dietro, ed è proprio dietro allo svizzero che si infila Callejon (disattento anche Alex Sandro, comunque più che positivo per tutto l’arco del match) quando trova l’angolo giusto. E’ qui che, però, sale in cattedra il più atteso ed il meno pericoloso sino a quel momento: esce a prendere palla sulla trequarti, rifinitura per Khedira che non trova il contatto con la palla, cosa che invece fa (male) Ghoulam che restituisce la sfera al suo ex compagno, questi bravissimo a bruciare Allan e di sinistro fulminare Reina. Una saetta che fa esplodere la gioia sugli spalti, una saetta che dà una sicurezza a tutta la squadra che da lì al quinto minuto di recupero non soffre neanche la reazione nervosa degli ospiti, e che anzi sfiora il tris sempre con Higuain.
Banda Sarri dunque rispedita a -7, domani si attendono i tre punti della Roma (o qualche scivolone giallorosso…) e gli altri risultati del weekend, mentre a Vinovo si comincerà a pensare alla sfida di Champions: mercoledì col Lione è categorico imporsi.
A CALDO / Juve-Napoli 2-1: come Trezeguet, come Tevez, come Allegri
Mentre voi siete morti (all’undici iniziale) e risorti (primissima fase subito vivace), dunque poi stramazzati (all’ennesimo infortunio di Chiellini), immusoniti (inquadratura su Benatia alle spalle di Landucci) e come d’incanto rivitalizzati (da dove cribbio è spuntato Cuadrado?).
Parentesi: la capacità di non perdere la testa è nei dettagli. Uno su tutti: Cuadrado fa riscaldamento con la tuta durante l’intervallo anziché andare ad ascoltare manfrine su un sistema alternativo (4-2-unoadestra-unoforseasinistra-due punte) già catechizzato in settimana. La sua ripresa l’avete vista tutti.
Quindi poi: siete esplosi (Bonucci come solo David, coordinato su una roba all’indietro in onore di un certo Dellafiore) e poi collassati tra sigarette e miserie sullo scolastico ma chirurgico gol di Callejon (palla sopra, leggera, e attacco alla porta alle spalle del secondo centrale); non finisce mai, perché stasera è la sua sera, quella di Higuain che in questa Juve non può sonnecchiare ma ha fondo in attesa dello scatto bruciante.
E allora cosa fate? Saltate, strozzate, godete e riguardate. Riguardate bene.
Quando compri una fuoriserie i soldi sono andati.Quando compri una fuoriserie i soldi sono andati.
Che siano 12 milioni o 90. Non come David (che i suoi 40 miliardi per fare un anno di gavetta se li dovette comunque portare sul groppone), ma come Carlitos. Un gol frontale, cattivo. Un pallone che è una pietra, non ruota, spacca. Non si alza. Potrebbe andare avanti per un chilometro, non ci fosse una rete.
Poi vi fermate. E pensate. E’ il solito Allegri. Tocca e ritocca, la partita è una progressione. L’avversario è degno, lo potete dire.
Si impara da tutto. Il mister mette altro nel bagaglio. Gli spunti di riflessione sono un’enormità.
Con due uomini per parte si ragiona meglio, in questo momento sono il nostro calmante. O ricostituente. O afrodisiaco, per quel che può servire a ottobre. Fate voi.
Juve-Napoli era, è e sempre sarà Platini vs Maradona
Quando nel 2000 la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio decise di stilare la classifica dei più grandi calciatori del secolo scorso, non bisognò scorrerla più di tanto per imbattersi nei due nomi dei protagonisti di questa storia. Se – a grandi linee – gli anni 50 sono di Di Stefano, gli anni 60 di Pelé e gli anni 70 di Cruijff; gli anni 80 appartengono alle magie di Maradona e Platini, rispettivamente quinto e settimo della sopracitata classifica. Michel arrivò alla Juventus di Trapattoni nell’82 per andarsene nell’87 con tre Palloni d’Oro in più, Diego sbarcò a Napoli nell’84 per restarci fino al ‘91. Nelle tre stagioni in cui il destino di questi due formidabili campioni si incrociò, si scrisse uno dei capitoli più belli della storia del calcio italiano: le sfide tra Juventus e Napoli, tra Platini e Maradona.
PLATINI NELLA JUVE DEI CAMPIONI
E’ l’11 luglio 1982 quando l’Italia di Bearzot alza al Bernabéu la Coppa del Mondo. Quella nazionale basava le sue fondamenta su uno straordinario blocco Juve: Zoff, Gentile, Scirea, Cabrini, Tardelli e Rossi. Un gruppo che un mese più tardi avrebbe accolto in bianconero anche Michel Platini, soprannominato le Roi, il Re, stella della Francia che in Spagna si arrese solo in semifinale ai rigori contro la Germania nell’epica sfida di Siviglia, e Zibì Boniek, stella della Polonia, l’altra semifinalista con l’Italia. La Juventus era una costellazione di campioni. Un nuovo ciclo che nei quattro anni a seguire avrebbe portato i bianconeri a vincere, paradossalmente più in Europa che in Italia, due Scudetti (1984 e 1986), una coppa Italia (1983), una Coppa delle Coppe (1984), una Supercoppa Uefa (1984), una Coppa dei Campioni (1985), e una Coppa Intercontinentale (1985).
VINCE IL VERONA IN ITALIA, LA JUVE IN EUROPA
Maradona arriva al Napoli nella stagione 1984-85 e l’adattamento non è immediato. La sua prima annata con i partenopei è di transizione e si chiuderà con un campionato concluso a metà classifica. A trionfare sarà il Verona di Bagnoli, in una delle più grandi imprese sportive della storia. La Juventus di Platini veniva da un secondo posto e una Coppa Italia nell’83 e da uno scudetto e una Coppa delle Coppe nell’84, ma quella stagione in campionato le cose non stavano andando bene. Il primo incrocio tra il genio francese con quello argentino avviene infatti a Torino in un’anonima sfida di metà classifica l’antivigilia del Natale del 1984: 2-0 per i bianconeri con gol di Briaschi e, per l’appunto, di Michel. A maggio il ritorno a Napoli finì 0-0 in una partita che contava ormai poco o nulla. Quel campionato la Juve in pratica non lo giocò dedicando ogni energia alla trionfale campagna europea: Ilves Tampere, Grasshoppers, Sparta Praga e Bordeaux prima della vittoria finale contro il Liverpool. Gol decisivo su rigore di Platini e prima Coppa dei Campioni per i bianconeri, gioia rovinata dalla tragedia dei 39 morti dell’Heysel.
IL PRIMO GRANDE DUELLO
Il primo grande confronto tra i due numeri dieci fu rimandato alla stagione successiva: 1985-86. Una Juventus a punteggio pieno arrivò al San Paolo il 3 novembre: è l’appuntamento con la storia e con uno dei gol più straordinari della letteratura del calcio. Una leggendaria punizione di Maradona da dentro l’area di rigore scavalca la barriera e infila Tacconi per l’1-0 e dà i tre punti al Napoli di Ottavio Bianchi. La guerra e la rivalità era iniziata. La candidatura per il titolo dei partenopei per quell’anno però si rivelò presto poco concreta. L’inserimento nella corsa al titolo pure della Roma e l’importante impegno dell’Intercontinentale non minarono il percorso della Juventus: gli uomini di Trapattoni pareggiarono 1-1 lo scontro diretto con gli azzurri di marzo a Torino e, trascinati dai dodici gol di Platini, ad aprile si laurearono campioni d’Italia. Al Napoli le undici reti di un Maradona già fenomenale bastarono solo per arrivare al terzo posto.
RIVINCITA NAPOLI E ADDIO MICHEL
La rivincita si consumò l’anno seguente, nella stagione 1986-87. Il Napoli si rinforza sul mercato con due innesti nell’undici titolare: De Napoli e Carnevale. La Juventus dovrà sostituire in panchina il Trap con Rino Marchesi, mantenendo colpevolmente la rosa invariata. La stagione bianconera, come la precedente, parte bene arrivando a novembre imbattuti allo scontro diretto con i partenopei. Lì però il primo momento di svolta della stagione: 1-3 a Torino e il Napoli compie l’impresa portandosi al comando. La grande Juve che aveva dominato in Italia e in Europa in quegli anni non era più la stessa e non era più imbattibile. Il Napoli, più maturo, prende consapevolezza della propria forza e guidati da Maradona arrivano al giro di boa invernale ancora in vetta. Il ruolino di marcia della Juve rimase troppo lento per raggiungere gli azzurri. Michel Platini, complici gli infortuni e la pessima condizione fisica, sparisce dai radar: 16 gol alla prima stagione, 20 la seconda, 18 la terza, 12 la quarta, solo 2 nella quinta ed ultima con i bianconeri e della sua carriera. Le Roi aveva abdicato. La Juve viene tenuta a galla dalle reti di Aldo Serena ma a marzo arriva il secondo momento chiave: lo scontro diretto del San Paolo. Il 2-1 firmato da Renica e Romano sarà decisivo per indirizzare il primo titolo italiano nella storia del Napoli, che chiuderà 3 punti sopra la Juventus seconda. Platini decise di dare l’addio al calcio al termine di quella maledetta, stagione decretando la fine di un’era.
La differenza sostanziale però tra Platini nella Juventus e Maradona nel Napoli è abbastanza chiara. Michel è stato uno dei tasselli più pregiati dell’immensa storia juventina: tre trofei nazionali sui cinquanta (più due) totali, e quattro internazionali sui dieci totali di reale prestigio. Diego è stato invece – di fatto – la storia del Napoli: una Coppa Uefa, due Scudetti, una Supercoppa Italiana e una Coppa Italia. Senza di lui a Napoli hanno vinto solo quattro Coppe Italia (una Higuain) e una Supercoppa Italiana (con Higuain). Ed è per questo che la rivalità tra Juventus e Napoli ha una base storica che si limita dall’86 al 90 e si è riaccesa solo a partire dal 2011, quando il Napoli è tornato a vincere qualche trofeo e ad essere competitivo, ma realmente – almeno per ora – ancora poco rispetto al passato. Stasera allo Stadium si proverà a riportare quindi indietro le lancette del tempo agli anni ’80 di Platini e Maradona, o almeno a Napoli sperano che sia così.
Di Luca Perin
11a Serie A: Juventus Napoli 2-1
di Davide Terruzzi
Una gara bloccata tatticamente, ben interpretata difensivamente dai giocatori è decisa dagli episodi e dalle qualità dei singoli.
Senti i cori. Provi la tensione. Avverti l’emozione. Vedi le immagini dei grandi del passato. Leggi delle frasi. Ogni volta che i giocatori si trovano nel tunnel dello Stadium che porta dagli spogliatoi al campo gli occhi cadono sulla storica considerazione bonipertiana: “Alla Juventus vincere non è importante. È l’unica cosa che conta”. Lo sanno tutti. Lo conosce bene Massimiliano Allegri, un allenatore che bada molto alla sostanza più che all’estetica, ben consapevole della necessità, nonostante una conferenza stampa di vigilia in cui ha smorzato attese, della vittoria per i bianconeri. Per avere la meglio del Napoli il tecnico livornese sceglie un undici fisico, difensivo: le grafiche disegnano il classico 3-5-2 con la BBC dietro, Hernanes mediano, Lichtsteiner sulla destra. Sarri non abbandona il 4-3-3 con il falso nove, compie qualche scelta non prevista dalle varie redazioni: dietro c’è Chiriches, in mezzo c’è Diawara al posto di uno spento Jorginho.Che i due allenatori si conoscano da tempo non è un mistero. Il primo scontro diretto tra i due avvenne nel novembre del 2003. Fu una partita scialba, avara d’emozioni, senza alcuna conclusione verso lo specchio della porta. Tredici anni rappresentano però ere geologiche nel calcio e questo Juventus-Napoli non può essere paragonato neppure al match scudetto dello scorso febbraio. È stata infatti una gara diversa, dovuta a interpreti con caratteristiche differenti che richiedono anche cambiamenti di strategia. Entrambe le squadre vogliono restare alte, corte, imporre un pressing avanzato per disturbare l’avvio di manovra avversario, occupare gli spazi, sporcare le linee di passaggio. Immediatamente ci si accorge che il giro palla della Juventus non è quello classico della difesa a 3, ma prevede Barzagli nella posizione di terzino destro: l’intento, riuscito, di Allegri è quello di prendere in mezzo Mertens coi due difensori centrali e costringere Callejon e Insigne a scegliere se uscire su uno dei centrali o se disturbare la ricezione degli esterni.
Barzagli nella posizione di terzino sin da inizio gara. Così come Khedira, o Pjanic, hanno avuto il compito di aiutare la difesa offrendo una linea di passaggio sicura.
Il baricentro azzurro è alto, gli uomini di Sarri mescolano una pressione sull’uomo e un lavoro posizionale per occupare gli spazi schermando le possibili ricezioni dei giocatori bianconeri. La Juventus riesce a mantenere il possesso palla basso (il 71 per cento avviene nella metà campo juventina), lo cerca anche volutamente per chiamare e superare il pressing con lanci da parte dei difensori o dei centrocampisti o improvvise accelerazioni: è una squadra, quella di Allegri, che di fronte a un problema risponde con diverse soluzioni all’insegna del calcio anti-dogmatico e schematico del proprio allenatore. Si può abbassare uno degli interni sulla stessa linea di Hernanes, oppure si può vedere il classico centrocampo su più linee sfalsate: sono i giocatori a dover leggere la situazione interpretando correttamente l’atteggiamento degli avversari. Il buon lavoro difensivo del Napoli, come testimoniato dal dato del possesso palla, limita al minimo salariale le possibilità di servire in verticale le punte, lasciare spazi alle spalle o ai fianchi dei centrocampisti. Un rischio perché basta poco, un’uscita in ritardo o una linea di passaggio lasciata libera, per mandare in tilt l’intero meccanismo.
Anche la Juventus pressa ed è molto più alta rispetto alla partita dello scorso febbraio (baricentro avanzato di 3 metri: 50.23 contro 47.23). Il pressing bianconero è come sempre solitamente basato su una forte pressione individuale alternata alla difesa posizionale quando attaccata nella propria trequarti.
Pjanic spesso si alzava su Diawara per poi defilarsi sulla sinistra una volta superato il primo pressing. La Juventus ha preferito limitare le avanzate di Ghoulam invitando il Napoli a sfogarsi sulla propria destra.
Lo stile di gioco del Napoli è maggiormente fondato sul fraseggio nello spazio corto e sui triangoli che si devono disegnare: senza una punta di riferimento, Sarri ricerca le giocate alle spalle di Lichtsteiner o i tagli di Callejon. Il primo tempo è così bloccato, intenso, ben giocato tatticamente da parte delle due formazioni che interpretano correttamente le intenzioni dei propri allenatori.
L’infortunio di Chiellini costringe Allegri a schierare Cuadrado prima del previsto. La Juventus interpreta i vari momenti della partita giocando con più moduli. Dal 4-4-2 difensivo di partenza si passa facilmente e agevolmente a una linea di difensiva composta da 5 giocatori con l’abbassamento dell’esterno destro, oppure a una a tre pura quando Alex Sandro resta alto. In fase di possesso i bianconeri oscillano notevolmente sulla destra: l’esterno alto, che sia Lichtsteiner o Cuadrado, è chiamato a giocare a tutto campo, mentre sulla sinistra Pjanic taglia verso il centro per lasciare spazio alle avanzate di Alex Sandro. Sulla destra la Juventus è davvero multiforme: i terzini possono spingere sovrapponendosi all’esterno oppure possono restare più bloccati, interpretando i vari momenti della partita. Lo stesso fa l’esterno brasiliano sulla sinistra, che si alza o si abbassa sulla base dell’attimo. A inizio secondo tempo, la Juventus spinge con entrambi i terzini alti e larghi, lasciando i due difensori a controllare il solo Mertens.
Lo stesso atteggiamento viene mantenuto dopo il gol di Bonucci e consente al Napoli di pungere maggiormente in campo aperto. La rete del pareggio di Callejon arriva su una classica situazione della formazione di Sarri: la linea bianconera non riesce a mettere in fuorigioco lo spagnolo (Lichtsteiner si trova in quella posizione sugli sviluppi di un calcio d’angolo) mentre Alex Sandro non segue il taglio dell’esterno. È l’unica sbavatura difensiva su un’azione che per il resto della partita è stata ben letta mettendo in offside il giocatore o assorbendo il movimento.
Il Napoli, raggiunto il pari, ha una buona occasione in campo aperto, nata da un pressing portato non nei tempi giusti e con un lavoro non preciso sulle linee di passaggio. La partita viene sbloccata da una giocata di un singolo (Higuain) che arriva al termine di una sbavatura difensiva azzurra: è infatti una delle poche occasioni in cui un giocatore bianconero può ricevere tra le linee. Il rinvio di Ghoulam è sì maldestro, ma come spesso capita alla formazione di Sarri i centrocampisti arrivano in ritardo sulle seconde palle lasciando agli avversari la possibilità di colpire. Non diversamente era arrivata la rete di Zaza che decise l’ultimo match.
Ci provano gli azzurri a riagguantare la partita. Lo fanno con diverse conclusioni dalla media distanza, con una Juventus che non rinuncia al pressing alto ma che anche quando è più bassa lascia talvolta spazio alle spalle dei centrocampisti. Lo spostamento al centro della mediana di Marchisio aiuta i bianconeri a proteggere meglio la difesa grazie alla notevole capacità del centrocampista nell’occupare gli spazi.
Si potrebbe discutere per giorni senza trovare un accordo sul significato di giocare bene a calcio. Juventus-Napoli è stata una partita intensa, corretta, ben giocata tatticamente da parte delle entrambe squadre. La differenza deriva anche dalle diverse qualità dei singoli: la forza difensiva bianconera è superiore a quella degli azzurri, la pericolosità di alcuni juventini (Cuadrado, Higuain, Alex Sandro) non trova rivali negli avversari. Lo scontro diretto così può non aver entusiasmato, ma rappresenta una gara controllata e complicata, tipica del nostro campionato. La Juventus può e deve sicuramente migliorare nella qualità del gioco, specialmente a centrocampo dove troppo spesso i bianconeri tendono a voler la palla sui piedi senza dettare movimento. Il Napoli ha compiuto passi in avanti rispetto le ultime uscite, molto probabilmente ha fatto la prestazione migliore possibile, ma il problema di Sarri è che tutto questo non è bastato.