Sarà una sosta di campionato dolce per la Juve, che chiude il tour de force di sette partite in tre settimane con il successo su un Chievo tutt’altro che arrendevole, anzi determinato più che mai a rendere la vita difficile alla Signora. Servono colpi da campioni per tornare dal Bentegodi con i tre punti e i bianconeri li trovano con Mandzukic e Pjanic: il primo migliore in campo per oltre un’ora, il secondo decisivo nel momento più complicato.
Anche l’avvio di partita in effetti non è semplice, perché dopo appena cinque minuti Allegri deve già spendere il primo cambio per sostituire Barzagli, costretto a uscire in barella per un problema alla spalla, con Bonucci. L’aggressività del Chievo crea non pochi fastidi ai bianconeri, che faticano in fase di costruzione. I veronesi sono compatti e pronti a verticalizzare il gioco; per due volte riescono a sfondare con Cacciatore sulla sinistra, e si rendono anche pericolosi con il colpo di testa a lato di Spolli.
Il 600° primo tempo di Buffon in Serie A scivola via senza patemi, mentre la Juve pian piano inizia a prendere campo, anche grazie alle giocate dei propri campioni: notevole quella di Mandzukic poco prima della mezz’ora, con il croato che aggancia di testa un lungo lancio di Pjanic, evita con un sombrero l’intervento di Spolli e si presenta a tu per tu con Sorrentino, ma alza troppo la mira.
Proprio Mandzukic è l’attaccante più cercato dai compagni, anche perché con il suo continuo movimento detta spesso il passaggio. Alex Sandro lo trova in area e la sua girata di testa termina fuori di poco. La Juve ora comanda la partita e con il pressing del Chievo che con il passare dei minuti si fa meno forsennato, si finisce per giocare in una sola metà campo. Hernanes e Cuadrado cercano fortuna dalla distanza, quindi è Higuain a liberarsi in area e a provare il diagonale, respinto in angolo da Sorrentino.
È sempre Mandzukic però l’uomo più pericoloso e l’avvio di ripresa conferma la sensazione: il croato viene subito lanciato da Sturaro ed è solo un millimetrico fuorigioco a impedirgli di superare Sorrentino, ma quando pochi istanti dopo, un’analoga giocata di Cuadrado lo libera al tiro, il suo diagonale dal limite è letale. A onor del vero il Chievo aveva iniziato il secondo tempo con una rinnovata verve e la rete dei bianconeri è una doccia fredda per gli uomini di Maran, che prova a scuoterli con la 400° presenza in A di Pellissier, che entra al posto di Izco.
La Juve insiste e prova a chiudere la gara con Higuain, che arriva in area palla al piede e salta anche Sorrentino, ma viene chiuso da Dainelli al momento del tiro. Che sia importante trovare il secondo gol lo dimostra l’azione successiva, di marca veronese: Pellissier aggancia in area e dopo un rimpallo Casto arriva al tiro da ottima posizione, trovando il miracoloso riflesso di Buffon. Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo ed ecco che ancora Pellissier, scappa in area e viene steso da Lichtsteiner, procurandosi e trasformando il rigore del pareggio.
I bianconeri non si scompongono, ma ripartono ancora con maggior decisione. Certo, la situazione non è semplice, perché il Chievo si chiude e rimane pericoloso in contropiede, ma la Juve ha un’arma in più: «Dobbiamo procurarci più calci di punizione per sfruttare l’abilità di Pjanic», aveva avvertito Allegri alla vigilia della sfida. Il bosniaco obbedisce. E fa tutto da solo: prima si guadagna il calcio piazzato dal limite, poi disegna una traiettoria perfetta, che sorvola la barriera e va a spegnersi sotto l’incrocio.
Un gol fantastico che vale i tre punti, legittimati anche dalle occasioni fallite da Sturaro e Cuadrado e da un’altra fenomenale punizione di Pjanic, che si vede negare la doppietta da un gran riflesso di Sorrentino. Insomma, un po’ per imprecisione, un po’ per i meriti degli avversari, la Juve non dilaga nel finale. Ma vince ed è quello che conta… L’unica cosa che conta.
CHIEVO-JUVENTUS 1-2
RETI: Mandzukic 8′ st, Pellissier (rig.) 21′ st, Pjanic 30′ st
CHIEVO
Sorrentino; Gobbi, Cacciatore, Spolli, Dainelli, Castro; Izco (16′ st Pellissier), Radovanovic, Hetemaj; Birsa (31′ st De Guzman), Floro Flores
A disposizione: Seculin, Cesar, Frey, Gamberini, Costa, Sardo, Confente, Bastien, Inglese, Parigini
Allenatore: Maran
JUVENTUS
Buffon; Lichtsteiner (39′ st Dani Alves), Barzagli (5′ pt Bonucci), Benatia, Alex Sandro; Sturaro, Hernanes, Pjanic; Cuadrado, Higuain (34′ st Evra), Mandzukic
A disposizione: Neto, Audero, Rugani, Khedira, Lemina, Marchisio, Kean
Allenatore: Allegri
ARBITRO: Valeri
ASSISITENTI: Manganelli, Ranghetti
QUARTO UFFICIALE: Giallatini
ARBITRI D’AREA: Banti, Gavillucci
AMMONITI: 31′ pt Dainelli, 34′ st Gobbi, 40′ pt Alex Sandro, 48′ pt Radovanovic, 3′ st Cuadrado, 20′ st Lichtsteiner, 35′ st Sturaro, 37′ st De Guzman, 46′ st Cacciatore
A CALDISSIMO / Chievo-Juve 1-2: tante critiche, tanto onore! Tre punti dal cilindro di Pjanic
Archiviato il mezzo passo falso europeo col Lione, la Juve prova a ripartire dal Bentegodi di Verona contro i padroni di casa del Chievo: occasione per aumentare il distacco su Lazio e Napoli, e per mettersi comodamente in poltrona in serata in attesa del match della Roma.
Ancora scelte inedite per Allegri dal 1′: difesa a quattro con turno di riposo inizialmente per Bonucci ed Evra, fuori Marchisio e Khedira in mezzo, davanti c’è Cuadrado a supportare Mandzukic ed Higuain.
Si capisce subito che il pomeriggio è di quelli complicati: subito dopo il via botta alla spalla per Barzagli, l’ex di turno è costretto ad abbandonare il campo in barella, Bonucci richiamato d’urgenza in campo. Un po’ per i soliti problemi di fluidità di gioco, un po’ per le tante interruzioni di gioco, per mezz’ora la Juve non trova mai lo spazio giusto per rendersi pericolosa: Pjanic non si accende, Hernanes fa le prove tecniche di VAR, Cuadrado non salta mai il diretto avversario, ed allora si prova a sfondare soprattutto con Alex Sandro, anche se la prima vera conclusione arriva grazie ad un lancio di Pjanic per Mandzukic, questi bravissimo a saltare il difensore, ma decisamente troppo impreciso nella conclusione. Prima del fischio di metà gara un altro paio di brividi per Sorrentino, ma il muro clivense resiste, seppur per poco ancora: in apertura di secondo tempo, infatti, un errore di Gobbi permette a Cuadrado la verticalizzazione immediata per Mandzukic, stavolta Mario non sbaglia e trova il diagonale giusto. Vantaggio sprecato da un ingenuo Lichtsteiner che prima commette un errore in appoggio, poi atterra Pellissier in area regalando il penalty che lo stesso capitano clivense realizza. Stavolta la reazione è di qualità: Pjanic si procura e realizza la punizione vincente, poi Allegri toglie un irriconoscibile Higuain e, per assurdo, le occasioni da gol arrivano una dopo l’altra, seppur non sfruttate come si deve da Sturaro e Cuadrado. Qualche brivido finale, ma i tre punti arrivano comunque.
E sono tre punti fondamentali seppur troppo sofferti per quanto (tanto) prodotto e quanto (poco) concesso: non una prestazione eccellente, ma allo stesso modo tre punti che sarebbero potuti arrivare più agevolmente senza gli errori dei singoli. Si va alla pausa con un buon vantaggio sulle dirette inseguitrici, ma fra quindici giorni ci aspettiamo una Juve diversa, più fresca, più convinta.
A CALDO / Chievo-Juve 1-2: la differenza tra i Pellissier di oggi e i Pellissier di una volta
Contro il Chievo vale tanto quanto contro il Napoli.
Una la risolve una zampata di Higuain come da copione estivo, l’altra una punizione di Pjanic così come da copione estivo. Eppure lo si è imparato: nel calcio non vincono le figurine, non vincono le somme algebriche (anche perché non esiste squadra al mondo, o forse solo il Real Madrid di alcune epoche, che non possa contare in una sessione anche i segni meno), non vincono i freddi racconti.
Se ha ragione Allegri, che quando ha qualche sassolino nelle scarpe si lancia in metafore a go-go, questa Juve di nuova generazione è una tela in corso d’opera. Lui è il pittore, e almeno in questo non si tira indietro. Ne risponde a chi di dovere se focalizza tutto sul Lione e poi è andata com’è andata, ne risponde a se stesso se quando meno servirebbe (all’apparenza) passa alla difesa a quattro per due partite consecutive. Entrambe, proprio dopo la pesantissima vittoria contro il Napoli.
Vince la seconda, la partita che nessuno in calendario conta perché “tanto è il Chievo“. La bella normalità è il pane della Juve, la classifica che ne segue, sgranata e per qualcuno già segnata, è lo specchio. La bella normalità è questo Mandzukic, scaricato (da voi) e caricato (dalle difficoltà e dalle responsabilità). Ma, sinceramente, su Mario era facile prevedere sarebbe andata così. Arriva il suo secondo centro stagionale, ma ci si ricorderà di Pjanic.
E’ la sottile differenza tra l’attaccante operaio, amato solo da chi a calcio ci ha giocato, utile per quello che dà e quello che fa astratto da un semplicistico discorso di undici uomini, e il centrocampista con il piedino, che non si scalda e ti scalda mai abbastanza, l’uomo deputato a arrivare a avere uomini in campo che lavorino per lui. Uno status al quale Pjanic oggettivamente aspira, perché è la sua esatta indole.
Diciamolo un’ultima volta: Miralem è un ottimo calciatore acquistato con la progettualità di farne (abbastanza presto) un top player. L’esito starà alle persone, incluso ovviamente egli stesso, e contestualmente agli accadimenti. Perché ci sono gol e momenti che cambiano, traslandole su livelli ancora superiori, le carriere dei calciatori. E salto probabilmente mentale.
Qualcuno ce l’ha fatta (vedi Zidane e Nedved, i gol a cui mi riferisco li sapete comodamente ripescare da soli) e chi no (vedi Diego, Zavarov, lo stesso Moeller se vogliamo, e tutti per motivi in fondo diversi). La Juve non perdona, perché guarda sempre al succo delle questioni. Se n’è accorto anche il Chievo, una delle poche realtà che non contiene pezzi d’incoscienza in squadra.
Contro i Pellissier oggi, a differenza di una volta, vinceremo sempre. Per tutto il resto, di quel pittore che vuol essere Allegri, ci serviranno anche e soprattutto i momenti di lucida follia. A questo punto vogliamo tutto di lui, soprattutto in un anno così, dove sembra tutto fuorché spensierato. Visto che c’è ossessione da Champions, che almeno sia da ricovero. Dentro il cuore della Serie A siamo ormai spietati, nel cuore non battono più emozioni, salvo per gli juventini di Roma che una volta o l’altra avranno ragione. Beati loro.
12 Serie A: Chievo Juventus 1-2
di Davide Terruzzi
Con la vittoria del Chievo termina il primo blocco di sperimentazioni. Ora per Allegri è il tempo di raccogliere i dati e dare un volto più certo alla propria Juventus.
“Èuna partita che va portata via in qualunque modo”. Non si può dire che Massimiliano Allegri non sia stato chiaro nella conferenza stampa alla vigilia della gara col Chievo, considerata una formazione organizzata grazie al lavoro di Maran. I giorni precedenti la sfida di Verona sono stati un corso accelerato di Juventus per i nuovi acquisti: il pareggio è considerato e vissuto un dramma, la vittoria un obbligo, le polemiche e i polveroni non mancano. I bianconeri arrivano così all’ultima gara di questo impegnativo blocco con la consapevolezza che l’unica cosa che conta sono i tre punti e che per ottenerli serve concentrazione, attenzione e determinazione almeno pari a quelle dei clivensi. Allegri conferma per la seconda volta consecutiva la difesa a 4 e si affida al 4-3-epoivediamo: in difesa cambiano gli uomini rispetto mercoledì (dentro Lichtsteiner, Benatia ed Alex Sandro), a centrocampo Pjanic gioca da interno destro, Hernanes è in cabina di regia, Sturaro sulla sinistra; davanti c’è Cuadrado che parte sulla destra dietro la consueta coppia di attaccanti centrali. Sulla panchina opposta Maran sceglie il 5-3-1-1 con Birsa chiamato a non lasciare troppo isolato l’unica punta centrale.
Le difficoltà posizionali in attacco
I primi minuti di gioco sono indicativi del piano partita del Chievo. La strategia di Maran è chiara, in linea con le previsioni e ricalca piani tattici analoghi utilizzati nelle sfide con la Juventus: il pressing iniziale è alto con l’intento di rallentare e ostacolare l’avvio di manovra bianconero. Nel meccanismo clivense si presta maggiore attenzione ai possibili riceventi piuttosto che occupare le linee di passaggio: gli esterni escono sui terzini, gli interni seguono a uomo gli omologhi avversari, le due punte stanno strette con l’intento di impedire la giocata in verticale. Le azioni del gioco vengono così convogliate verso l’esterno, con il centro del campo protetto dai tre difensori centrali e dai tre mediani. L’aggressività è alta per impedire alla Juventus di giocare tranquillamente. Superato il primo tentativo di pressing, il Chievo si posiziona nella propria trequarti difensiva con un 5-3-2 sempre fortemente orientato sull’uomo.
La Juventus ha diversi modi per eludere il pressing. Si punta sulle qualità tecniche individuali dei singoli, sul palleggio paziente e prolungato con il coinvolgimento, sulla giocata in verticale per le sponde di Mandzukic. I giocatori di Allegri manovrano però eccessivamente su vie esterne senza riuscire a creare un consistente e pericoloso gioco interno. Il sistema utilizzato col Chievo è eccessivamente sbilanciato sulla destra dove si trovano i due principali creatori di gioco: Pjanic oscilla tra la mediana e la trequarti, abbassandosi per contribuire all’avvio di manovra per poi alzarsi una volta consolidato il possesso; Cuadrado si muove essenzialmente sulla fascia senza quei movimenti dentro il campo che sarebbero fondamentali anche solo per non giocare sulla stessa linea di Lichtsteiner. Sulla sinistra Sturaro è chiamato a movimenti dentro-fuori, attaccando la profondità per dare un punto di riferimento ad Alex Sandro, mentre le due punte lavorano sulla stessa linea, sono piatti, generalmente avulsi dalla manovra. Tutto questo comporta difficoltà nell’attacco posizionale con una occupazione degli spazi non propriamente efficace con gli spazi di mezzo, o corridoi che dir si voglia, non sempre riempiti.
La prestazione in regia di Hernanes non ha sempre aiutato a velocizzare la manovra. Il brasiliano è una scelta considerata sicura per quanto riguarda l’apporto difensivo, mentre in fase di possesso oscilla tra giocate vecchio stampo, quelle in cui porta eccessivamente il pallone, ad altre in cui aiuta la veloce circolazione della palla aprendo il gioco sugli esterni.
La pericolosità della Juventus nella prima mezzora di gioco dipende quindi dalla facilità con cui i giocatori riescono a creare degli strappi con azioni individuali, o in quelle occasioni, pochissime, nelle quali il Chievo è in ritardo nelle chiusure sull’uomo consentendo agli avversari di sviluppare in campo aperto le proprie trame. Mandzukic è stato il giocatore a dettare maggiormente movimenti negli spazi, generalmente ben servito da un Pjanic che sul centro-destra è a suo agio. Il Chievo con attenzione e aggressività riesce a tenere il punteggio sulla parità senza però rendersi mai pericoloso: i lanci lunghi sono una caratteristica clivense, vuoi per cercare l’immediata ripartenza, vuoi per attaccare la seconda palla con più uomini. La Juventus concede solamente un’occasione in ripartenza, situazione felicemente controllata da un solido e sicuro Benatia.
La partita non può che essere sbloccata da un’iniziativa individuale o da un errore del Chievo. Arriva su una palla persa in uscita da parte di Gobbi. La Juventus versione 2016-2017, come sottolineato diverse volte, tenta un recupero più alto del pallone per effettuare delle transizioni più corte e brevi, non potendo più contare su giocatori con caratteristiche che potevano suggerire ripartenze con più metri da attaccare. L’intercetto di Cuadrado innesca l’azione con un Mandzukic bravo ad attaccare nei tempi giusti lo spazio.
La Juve tenta ma non ci riesce
La gestione del vantaggio da parte della Juventus non è però ancora ottimale. La squadra nel secondo tempo offre delle spaziature più funzionali, grazie soprattutto alla posizione di raccordo tra reparti di Higuain, con un Chievo che è meno aggressivo, ma gli uomini di Allegri non danno l’impressione di riuscire a controllare la partita: l’intento è quello di abbassare i ritmi, e non accelerarli, punendo in contropiede gli avversari (e ci vanno molto vicini con l’attaccante argentino), ma basta poco per far cadere l’intero castello. Un errore in appoggio di un singolo, Lichtsteiner che cerca un improvvido passaggio verso il centro del campo, o un contropiede. L’azione che porta al rigore è una situazione di gioco che la Juventus non dovrebbe concedere: la squadra è posizionata male (Sturaro è avanzato, Mandzukic era rimasto a terra) su una rimessa laterale nella propria trequarti offensiva, Pjanic e Hernanes collassano sull’esterno lasciando abbandonato lo spazio davanti la difesa e non oscurano la linea di passaggio verso Birsa, nel frattempo spostato da Maran nella posizione di trequartista nel 4-3-1-2 disegnato dopo l’iniziale svantaggio, bravo poi a verticalizzate immediatamente per Pellissier: Lichtsteiner accompagna il movimento dell’attaccante non tenendo la linea del fuorigioco assieme ad Alex Sandro. La frittata è fatta, l’uno a uno è servito.
L’invenzione dell’artista
Il nuovo modulo clivense protegge però il campo in maniera meno razionale ed efficace con i terzini bianconeri che hanno ora la possibilità di portare su il pallone senza eccessiva pressione. Il gioco bianconero vive di fiammate e di strappi non consentendo alla squadra di posizionarsi correttamente per effettuare una transizione negativa tesa al recupero immediato del pallone; il Chievo ha la possibilità di attaccare in campo aperto ma la difesa della Juventus controlla agevolmente queste situazioni. Per sbloccarla serve l’invenzione di un artista e Pjanic può essere sicuramente considerato un maestro delle punizioni. Il gol del definitivo 2-1 suggerisce ad Allegri un cambio tattico: fuori Higuain, dentro Evra, per passare al 5-4-1 lasciando più spazio alle avanzate di Alex Sandro e Cuadrado. La Juventus nel finale si divora due occasioni clamorose (nella prima Alves è bravissimo a portare il pressing individualmente; la seconda vede Pjanic zidaneggiare e Cuadrado fumarsi gli avversari per poi dimenticarsi di segnare) e Sorretino si supera su un’altra punizione del bosniaco.
È giunto il tempo delle prime conclusioni
La Juventus ritorna così a Torino con i tre punti, meritati, e chiude questo blocco con un vantaggio di quattro punti sulla Roma. Allegri sta sempre più virando sulla difesa a 4, utilizzando quella a 3 come sistema da utilizzare in corsa per blindare il risultato. Già nelle occasioni in cui un terzino era stato utilizzato come centrale nel 3-5-2 di partenza si poteva questa spostamento, graduale ma costante, verso un sistema più nelle corde del tecnico bianconero. La Juventus continua a difendere con un 4-4-2 fortemente orientato sull’uomo, ma pecca ultimamente nelle coperture preventive, una situazione che è fortemente legata a come s’attacca. Le difficoltà in fase d’attacco posizionale rappresentano l’aspetto su cui Allegri e i suoi uomini dovranno maggiormente lavorare nelle prossime settimane; il recupero di Dybala consentirà di avere nuovamente a disposizione quel raccordo necessario tra i reparti, ma i rifornimenti ad Higuain non possono dipendere da un solo uomo. L’impressione è che il tecnico bianconero abbia utilizzato questi primi mesi per praticare degli esperimenti prestando attenzione ai verdetti del campo. La prestazione col Chievo potrebbe e dovrebbe indicare come Pjanic sia un interno di possesso che sul centro-destra riesce ad esprimersi al meglio: gioca nella zona del suo piede forte, guadagna un tempo di gioco, vede più campo. Un altro suggerimento arriva da Cuadrado: se lui garantisce l’ampiezza, il terzino deve muoversi per vie interne. Ora arriva la pausa e Allegri avrà tempo per riflettere sui dati ottenuti nelle sperimentazioni di questi mesi.