A distanza di qualche giorno dalla programmata assemblea degli azionisti Juventus Spa, possiamo fare un’analisi e un riepilogo sul significato strategico delle parole espresse dal Presidente Andrea Agnelli (d’ora in poi AA), parole come al solito tutt’altro che banali.
Il primo enunciato è stato a base di emozioni: l’orgoglio per quanto fatto, con i trofei conquistati in bella mostra davanti al palco, e la tensione dell’ambiente Juve a vivere in funzione del prossimo successo senza adagiarsi sul passato.
AA è poi passato a parlare di contesto sottolineando il fatto che l’azienda calcio europeo , negli ultimi quattro anni , ha realizzato un +25% di fatturato contro una crescita del PIL delle economie continentali nel loro complesso pari a +0.70%. Un business dunque in netta controtendenza. AA in questo senso dimostra ancora una volta una visione di alto livello, sconosciuta alla stragrande maggioranza delle altre società italiane.
Il discorso infatti è passato immediatamente all’analisi delle due grandi aree geografiche di business non ancora adeguatamente sfruttate.
Una a est e cioè la Cina, che sta pesantemente investendo nel calcio, sia domestico che internazionale, con i colossi Wanda e Infront in prima linea (la Cina vuole organizzare quanto prima una edizione dei Mondiali, e magari vincerli, a detta di AA, visto il colossale potenziale economico e umano a disposizione).
L’altra area è a Ovest e riguarda gli USA con la loro MLS (Major League Soccer) in notevole crescita e i cui diritti TV statunitensi hanno da poco raggiunto il livello di 600 milioni di dollari. Di fronte a questi mercati potenzialmente enormi ma che possono diventare anche una minaccia commerciale, l’Europa rischia – secondo AA – un fenomeno di polarizzazione. Che significa? Significa che, in base ai dati 2014/15, esistono a livello UEFA 8 club con fatturato sopra i 400 milioni, 2 club tra i 300 e i 400 milioni (Juve e Liverpool) e 14 club tra i 150 e i 300 milioni di ricavi.
La Juve dunque rischia di trovarsi nella terra di nessuno ed è un rischio che i manager Juve vogliono evitare. Come? Andiamo a vedere.
Innanzitutto la dinamica finanziaria dei sei anni di gestione Andrea Agnelli è ben delineata:
- Fatturato da 172 a 388 milioni di euro;
- EBITDA (utile lordo prima di interessi, tasse, svalutazioni e ammortamenti) da -26 a +52 milioni di euro;
- Utile netto da -95 a + 4 milioni di euro.
Tale dinamica è sostenuta da tre pilastri aziendali:
- AREA SPORT (responsabile Marotta, autore di una programmazione ambiziosa) , i cui risultati sono prioritari per il mantenimento economico della macchina Juve; la variabile dalla quale scaturisce e sgorga poi tutto il business;
- AREA RICAVI (diversi manager, tutti italiani. Ripeto: tutti italiani) , business ripartito in diverse divisioni, tutte dal consueto nome anglofono e altisonante: Global Partners and Corporates Revenues, Brand Retail and Licensing, Digital Marketing and CMR. Li potremmo riassumere tutti – in modo grossolano ma comprensibile – nella commercializzazione di qualunque oggetto della vita quotidiana con il marchio Juve “appiccicato” sopra;
- AREA SERVIZI (gestita dal dott. Aldo Mazzia, elogiato da AA in diverse occasioni), che si occupa di risorse umane, Information Technology, funzione acquisti, Finance e Real Estate , quest’ultimo artefice del progetto J Village, che vedrà la luce il primo luglio 2017 con il trasferimento della Sede della Società e dei campi di allenamento e di tutti i servizi di contorno a cominciare dal J Hotel che si aggiungerà ai già noti J Museum, J Medical e J College.
Ma quali sono quindi le sfide del domani?
AA è stato molto chiaro: continuare a vincere e continuare ad eccellere in Italia e in Europa, tenendo come benchmark (punti di riferimento/obiettivi) i principali club inglesi, tedeschi e spagnoli. Come? Utilizzando nuove leve aziendali cioè nuovi mercati (Cina e Usa, appunto) e nuovi target (segmento femminile, bambini, associazioni, convenzioni, ecc.).
Quindi AA è passato all’argomento più caldo , i ricavi indiretti (come li chiama lui) ossia i diritti TV facendo discorsi ben distinti tra UEFA e Serie A. Vediamoli.
UEFA: il Presidente ha fatto capire che il recente accordo che garantirà 4 partecipanti fisse italiane alla Champions League a partire dalla stagione 2018/19, è stato un ottimo risultato, figlio anche della minaccia di avviare una superlega alternativa.
Il giro d’affari della CL però è considerato da AA ancora sottostimato rispetto alle potenzialità e ha dunque snocciolato alcuni numeri interessanti ricavati da recenti ricerche di mercato.
Nel mondo 2,2 miliardi di persone seguono lo sport; di questi 1,6 miliardi seguono il calcio mentre “solo” 150 milioni seguono il football americano.
Ebbene , se confrontiamo due eventi clou sportivi come la finale NFL e la finale di Champions League notiamo che la seconda ha un audience di 180 milioni di persona e la prima 140. Ma il fatto più importante è che la Uefa Champions League fattura nel suo insieme 2.4 miliardi di euro mentre la NFL fattura 7 miliardi di dollari ossia – in euro – più di 6 milioni. In breve: incassa il doppio della UCL con un “pubblico” che è un decimo.
Per AA la Champions è un evento troppo europeo e poco mondiale e persino la programmazione delle partite (martedi/mercoledi ore 20.45) andrebbe rivista per raggiungere nuovi mercati sul pianeta.
SERIE A: il valore dei diritti TV italiani è cresciuto del 20% nell’ultimo quadriennio; un buon risultato ma comunque inferiore alla media europea (27%, come abbiamo detto).
Il prodotto va maggiormente valorizzato e distribuito meglio, ha affermato il presidente. Molti hanno poi commentato il suo appoggio, forse a sorpresa, a Tavecchio. Si tratta probabilmente di real politik in quanto basta riflettere sulle ultime quattro frasi dell’intervento per capire quello che ha in mente AA:
- “il sistema ha bisogno di stabilità”;
- “il dialogo tra club si deve intensificare”;
- “solidarietà sì, sostentamento no”;
- “non bisogna avere il timore di cambiare”.
Messaggi ben chiari al mondo pallonaro italiano, dove forse AA viaggia ad una velocità e ad un livello insostenibile per la maggior parte delle società della penisola, avvinghiate ancora a logiche vecchie, stantie, provinciali o con manager stranieri che non conoscono la realtà italiana e la peculiarità del nostro universo sportivo.
Da questo punto di vista la collaborazione degli altri club è piuttosto nebulosa. I cinesi (Inter e Milan) ancora non si sa che intenzioni abbiano, forse gli americani della Roma potrebbero essere un interlocutore valido, Lotito lasciamo perdere, Galliani cercherà di riciclarsi fuori dal Milan in Lega, De Laurentiis non pervenuto, Della Valle difficilmente farà accordi con gli Elkann dopo gli screzi sorti per RCS.
In bocca al lupo, Andrea .
E, così come avviene in campo, #finoallafine.