O dall’arabo o dal finlandese. Sono due le ipotesi sull’origine del nome Sami: “sublime, superiore, elevato” oppure “nome di Dio”.
Non è vero che il calciatore sia in continua riflessione su cosa fare della propria carriera e della propria vita. O meglio, forse fa così chi non è maturo abbastanza.
Ci sono momenti in cui, però, anche il 28enne pensa: cosa ho fatto, chi ho conosciuto, rinnovo oppure volto pagina e cerco nuovi ambiente e sfida.
Riscoprirsi, ecco. Proprio quando pare di aver realizzato cosa si è, quanto si vale.
Quando Sami Khedira viene contattato dalla Juventus, questa è diventata campione d’Italia per il quarto anno di fila ed ha perso la finale di Champions. In breve, è tornata la Juve. Ma poi Allegri: Khedira ascolta l’inglese (?) dell’allenatore che verte sul ruolo in campo, gradito, ideale. Rispetto a Madrid, l’alta responsabilità e compiti da leader.
“Il responsabile degli acquisti manco sapeva chi era Khedira”. Parole dell’ex allenatore del Real, José Mourinho, in piena guerra con l’ex DS, Jorge Valdano. Sami mai amato dal Santiago Bernabeu: i tifosi storcono il naso per il suo modo di giocare segnatamente cauto e difensivo.
Il mister non stila la formazione in base ai fischi dello stadio, specie se si chiama Mou. E Khedira, al portoghese, piace assai.
Stoccarda, Madrid e Torino. Tre città, tre club. Per chi lo ha visto giocare Q.B., è (con descrizione juve-centrica) un po’ Deschamps e un po’ Conte. Potrebbe essere accostato ad una ruspa: pulisce, sistema, spinge. Meno volgarmente: un bilancino.
Nuovo Paese, nuova cultura, nuova lingua. Sami ha sempre le idee chiare sul cosa, sul dove e sul quando. Gli piace la sfida, la competizione, eppure non è aggressivo e dominante. Da bambino si accontentava del vestito senza marca, del micro-appartamento di famiglia; oggi può comprare qualsiasi cosa, ma guidare la Smart “mi basta ed avanza. Preferirei più privacy e meno denaro, sia per me che per i miei cari”. L’accusa di aver rifiutato il rinnovo del Real perché poco remunerativo, dunque, gli fa male.
Non prenderei 11 Ronaldo: lui funziona se c’è un Gattuso
Il gioco. Germania, Spagna ed Italia: metodi, stili, elasticità, versatilità, adattamento. Perché imparare come si pensa il calcio in un Paese e nell’altro, è un vantaggio discriminante. Non è aggressivo, ma brama la vittoria: “La Juve non vince la Champions dal 1996, è ora di rivincerla. Ecco perché sono qui”.
Vuole dare sempre il suo contributo, anche se spesso non è possibile.
l’eloquenza di Bonucci
Appena sbarcato a Torino, il sesto infortunio importante (da minimo dieci giorni di stop) alla coscia durante l’amichevole di Marsiglia. Più di 120 partite non giocate per problemi fisici dal 2008 ad oggi. Questo è sempre stato il suo problema con la P. Dopo l’OM, è notabile un cambiamento: suggerita o autoimposta, Sami avvia la personale gestione del fisico senza perdere fasi e tempi di gioco. Da Juve-Siviglia ‘15 (gara nella quale anche gli ignoranti realizzano la sua capacità di sapere cosa fare prima e dopo senza ricevere palla) in avanti, il corpo del giocatore pare mutare per le risposte percepite. Non sappiamo quanto nel medio-lungo termine abbia influito lo “sciamano” Wohlfahrt, il responsabile dello staff medico della Nazionale tedesca; per le sue articolazioni, Khedira si rivolge a lui e alle sue terapie singolari (estratti da cresta di gallo e pinna di squalo) dal primo anno di Madrid.
Come tutti i calciatori, sa se sta bene. Come pochi calciatori, confessa quando non è a posto. Tornato dall’infortunio, gioca alla grande Juve-Bologna e ammette di aver faticato; chiama il CT Löw, che lo avrebbe convocato, aggiornandolo sulle condizioni e sulla preferenza di restare ad allenarsi in Italia.
Di recente il tifoso s’interroga su quali problemi avesse, perché si buttasse dentro e segnasse meno. La risposta è semplice: non disputava così tante gare di fila da quando ha terminato il liceo…Oggigiorno la soluzione di continuità è assente e questa è già una notizia da cerchiare.
Quasi il 53 per cento di duelli vinti (tackle, dribbling e aerei) sono poco meno della cifra (56) del ninja Nainggolan. In generale, i dati sono speculari alla stagione scorsa: lo scarto positivo delle chance create e quello negativo dei contrasti di testa fanno media con l’identità dei passaggi riusciti e degli intercetti.
Dispensa ordine e serenità. Non è Dio, non trascende, ma c’è un dato di fatto: con lui in campo, la Juve è imbattibile o quasi (prima sconfitta il 18 settembre 2016, Inter-Juve, oltre un anno dopo il suo arrivo).
In campo la testa, a casa il computer. Fa strategia: studia squadre e compagni avversari sia in riunione tecnica a Vinovo che nel salone tv della sua villa.
Rispetto a Madrid (mediano puro), Sami gioca mezzala. C’è un dato interessante a priori dalla discriminante posizione: al Real impiega 102 gare per realizzare 6 reti, in Serie A gliene bastano 21.
Ma soprattutto, tornando al Problema, la clou-stat è questa: a dicembre è già a 14 presenze in A sulle 17 disputabili, la scorsa stagione ha chiuso con 20 totali.
E a proposito di fisico meglio gestito, soprattutto per uno che ad aprile compie trent’anni, Sami è un unicum nella formazione della Juventus. La statistica ci dice che più (o meno) falli inducono a più (o meno) duelli vinti; solo Khedira riesce ad incrementare la cifra dei contrasti vinti non proporzionalmente ai falli commessi. Per chi ancora dubita non sia un normotipo, non sappiamo cosa dire se non di rassegnarsi.
(dati e statistiche: Squawka/Whoscored)