Il 2016 di Allegri

di Davide Terruzzi


Gli sviluppi tecnici e tattici della Juventus di Allegri nel 2016, i nodi da sciogliere nel nuovo anno per una squadra che dovrà giocare diversamente.


La Juventus conclude il 2016 da assoluta protagonista. Tutti conoscono i successi ottenuti nella prima parte della stagione, l’attuale primo posto e la qualificazione agli ottavi di Champions, il record dei punti (100) nell’anno solare. Eppure è una squadra che ha vissuto un profondo cambiamento ancora non compiutamente realizzato, a tratti solamente accennato. Il mercato ha nuovamente rivoluzionato la rosa a disposizione di Allegri privando il centrocampo del proprio totem, Paul Pogba, e consegnando al tecnico la necessità di disegnare nuovamente la propria formazione. Il mister bianconero è allenatore che disdegna gli schemi, preferisce operare per induzione, cercando di trovare e creare le migliori connessioni umane e tattiche possibili tra i suoi calciatori. La strategia e la filosofia di Allegri sono rimaste immutate nel corso di quest’anno: il suo è un calcio tecnico, pragmatico, in cui le intese tra i giocatori rappresentano l’essenza, con la tattica che deve offrire il supporto per interpretare i diversi momenti della partita. Questa capacità di vivere più gare all’interno della stessa rappresenta probabilmente una delle principali innovazioni apportate in questo triennio.

Com’è però cambiata la Juventus dopo l’ultimo mercato? Rimasta la stessa nonostante i cambiamenti? Nella prima parte dell’anno, quella che ha portato al compimento della spettacolare rimonta e alla vittoria in Coppa Italia, Allegri ha disegnato la sua formazione sulla base del 3-5-2, quel modulo che era stato archiviato nella stagione precedente e utilizzato come sistema difensivo per blindare il risultato. I precedenti tentativi effettuati nell’autunno nero erano naufragati e il tecnico ha ritrovato nel sistema conosciuto quella certezza tattica all’interno del quale creare le connessioni tra i giocatori. Pogba e Dybala sono stati i principali centri del gioco juventino. Loro due al centro della Juventus, loro due a combinare, scambiarsi la palla, dominare tecnicamente la scena. Coperti da Marchisio, centrocampista fondamentale nel portare equilibrio all’intera costruzione, i due venivano affiancati da Khedira, bravissimo nel leggere la situazione tattica, sfruttare il movimento dei compagni per attaccare gli spazi con inserimenti precisi e puntuali. Il 3-5-2 bianconero così diventava spesso un 3-4-2-1 in fase di possesso palla con rotazioni a centrocampo che portavano Pogba e Dybala a occupare gli spazi di mezzo (gli half-spaces) e grazie ai movimenti ad aprirsi della punta Mandžukić si creavano quei varchi attaccati dai centrocampisti. Quella Juventus poteva contare sulla superiorità numerica garantita dal rombo di costruzione in fase di avvio della manovra e quindi era in grado di palleggiare tranquillamente, un possesso teso a controllare la partita, dettandone i ritmi, e alla creazione degli spazi invitando il pressing avversario; i due esterni – e già nella prima parte dell’anno si è percepito il calo di rendimento di Evra e di Lichtsteiner – sempre larghi e alti per garantire l’ampiezza, sfruttandone le qualità tecniche e fisiche per saltare gli avversari. Un calcio non dogmatico che ha permesso di risolvere le situazioni non con un’unica soluzione. Gli avversari pressano? Si può saltare direttamente il pressing sfruttando le capacità di Pogba e Mandžukić; si può risalire il campo sfruttando le qualità tecniche e fisiche di Alex Sandro, del centrocampista francese, di Cuadrado, di Dybala e di Morata. Una squadra che all’interno della stessa partita è stata in grado di alternare pressing alto, difesa posizionale, fluttuando da un modulo all’altro in maniera quasi naturale, adattandosi anche alle caratteristiche degli avversari di turno.

Difensivamente la Juventus, coerentemente con quanto realizzato nella stagione precedente, si  sistemava con un compatto 4-4-2 grazie alle diagonali e agli scivolamenti effettuati sul lato sinistro, un meccanismo probabilmente mutuato da quanto fatto a Firenze da Paulo Sousa. Nella concezione tattica difensiva di Allegri l’attenzione all’uomo è fondamentale, con marcature aggressive sui possibili riceventi, superiore alla copertura degli spazi. In questo sistema le qualità da marcatori della BBC sono esaltate, garantendo alla squadra quella solidità che le ha permesso di vincere il quinto campionato consecutivo.  Una squadra sempre molto attenta e aggressiva sugli uomini anche in fase di pressing alto, sebbene le caratteristiche dei giocatori hanno consentito una pressione più bassa per poi risalire velocemente il campo.

L’estate ha visto la società molto attiva sul mercato. Gli acquisti di Higuain, Pjaca, Pjanić, Dani Alves e Benatia più la conferma di Cuadrado sono state compensate dalla cessione di Pogba, Morata, Zaza e Pereyra. Le ultime settimane di agosto hanno visto la dirigenza alla ricerca di un centrocampista ulteriore da aggiungere al reparto; le caratteristiche dei calciatori ricercati, Witsel e Matuidi, lasciavano intendere la comprensione della necessità di sostituire anche difensivamente le qualità del centrocampista francese, autentico dominatore fisicamente, e non solo tecnicamente, della squadra e dell’intera Serie A. Allegri è ripartito dal 3-5-2 come sistema di base. L’esordio di campionato contro la Fiorentina ha visto una squadra più aggressiva rispetto alla versione precedente, intenta a recuperare in posizione più alta il pallone, difendendo in avanti e giocando su ritmi elevati, nonostante dei nuovi acquisti fosse presente dall’inizio il solo Dani Alves. La rete decisiva dell’attaccante argentino, entrato dalla panchina, ha coronato una prestazione positiva che lasciava intendere una versione più offensiva rispetto alla precedente. Ancora una volta, la svolta arriva con una gara col Sassuolo. Il 10 settembre la formazione di Allegri batte agevolmente quella di Di Francesco: i primi quindici minuti sono spettacolari, la squadra domina tecnicamente gli avversari, realizza tre reti, poi controlla l’andamento della gara, prendendo rete solo su palla inattiva. Una gara in cui Pjanić e Dybala hanno agito dietro la punta, occupando efficacemente gli spazi di mezzo, con l’argentino che si defilava sul centro-destra per poi accentrarsi e liberando così lo spazio per gli inserimenti di Khedira. Eppure, a fine partita e nelle interviste dei giorni successivi, Allegri si dice non soddisfatto delle occasioni concesse (che furono pochissime onestamente) e della necessità di frenare la tendenza a difendere correndo avanti dei nuovi arrivati; giorni dopo arrivano le parole di Chiellini per ribadire l’avvertita necessità di infondere il concetto che le partite e i campionati si vincono con la solidità e non cercando lo spettacolo.

Le seguenti partite palesano le difficoltà di questa Juventus. La squadra, contro SivigliaInterPalermoGenoa, evidenzia limiti in fase d’avvio di manovra contro squadre che pressano alte e che bloccano il centro del campo con una cerniera difensiva. L’assenza di un costruttore di gioco (da notare che tutte le prestazioni con più problemi in costruzione sono avvenuti senza Marchisio in campo) ha privato di un punto nodale e di riferimento, così i giocatori hanno tentato di superare la pressione avversaria con iniziative individuali e lanci lunghi (che senza Mandžukić hanno però poco senso), senza alcuna rotazione o scambi di posizione nella linea di centrocampo, con giocatori che intendono ricevere la palla staticamente. I limiti in fase d’attacco posizionale contro difese schierate e aggressive derivano anche dalla scarsa conoscenza tattica tra i giocatori: Dani Alves è un giocatore diverso rispetto a Cuadrado e Lichtsteiner, due che si muovono con i piedi sulla linea laterale, corrono lungo la fascia; il brasiliano ama tagliare dentro il campo, prendere il pallone e agire da regista occulto. Questa sua tendenza mal si integra con le connessioni che si erano create tra Dybala e Khedira e richiede un cambiamento rispetto le abitudini: i suoi tagli devono essere abbinati da movimenti ad aprirsi dell’interno di centrocampo o della seconda punta, garantendo così un posizionamento corretto in fase di transizione. Pjanić ha incontrato problemi nel giocare sul centro-sinistra: la ricezione, la postura, la zona di campo in cui si doveva muovere limitavano e rallentavano le possibilità di giocate; difensivamente è in difficoltà quando deve correre velocemente all’indietro o quando deve occupare la zona senza difendere attaccando lo spazio e il possessore.

Allegri ha inizialmente provato a ovviare a queste difficoltà inserendo un terzino tra i tre difensori centrali per aumentare la qualità tecnica. Con le medio-piccole, infatti, i due centrali esterni si sono spesso trovati ad agire nella trequarti avversaria e la presenza di un giocatore con maggiore attitudine offensiva poteva aiutare la squadra nella creazione di azioni da rete. L’allenatore ha proceduto come al suo solito con esperimenti, tentativi (spicca Pjanić in cabina di regia con l’Inter) per cercare la strada migliore e buttare tutto quello che non ha funzionato, prove che sono state però frenate anche dai diversi infortuni patiti e che non hanno permesso alla Juventus di individuare quel sistema che si vedrà nel 2017. Allegri ha virato gradualmente ma con convinzione verso il 4-3-1-2, il modulo di riferimento nelle ultime uscite, già sperimentato, non con successo, nella sfida col Lione. Probabile che la Juventus ripartirà così anche nel 2017, così come la conoscenza reciproca tra i giocatori aumenterà migliorando di conseguenze quelle connessioni tattiche, tecniche, spaziali e temporali che determinano nel calcio di Allegri l’evoluzione della qualità del gioco.

Nelle ultime partite il tecnico bianconero ha provato a ripetere quanto visto lo scorso anno con un modulo diverso: calcio diretto, gestione della partita, difesa posizionale e aggressiva, pressing medio. Una soluzione che ha permesso di rispondere alla sconfitta di Genova e superare tre partite ostiche. Le caratteristiche dei giocatori però sembrano indicare un’altra via, più coraggiosa, per affrontare le gare. La tendenza di due centrocampisti come Pjanić e Khedira di difendere correndo avanti pone dei problemi e dei questi in fase di difesa posizionale; il loro non eccelso dinamismo va conseguentemente bilanciato grazie a giocatori di maggiore corsa, temperamento e fisicità (e questo spiega il ruolo  fondamentale di Sturaro, l’acquisto di Rincón e la caccia a Witsel). Il centrocampo, settore indiscutibilmente indebolito rispetto a due stagioni fa, rappresenta il problema principale per Allegri: la Juventus pecca ancora nelle rotazioni, negli scambi di posizione, nelle ricezioni in movimento e negli inserimenti senza palla. Pjanić è un trequartista atipico, che può affiancarsi a Marchisio in fase di costruzione per poi risalire il campo, ma è un giocatore che dipende dal movimento degli altri: sono i compagni a doversi muovere attaccando gli spazi, lui deve mettere la palla. Pjanić, ovviamente, non è Vidal, ma un calciatore diverso che può portare alla squadra soluzioni diverse.

L’anno nuovo si aprirà col rientro di diversi infortunati. Allegri dovrà creare le connessioni migliori sul centro-destra, quella zona di campo in cui si muoveranno principalmente Dani Alves-Dybala-Khedira: l’abitudine dell’argentino a defilarsi dovrà abbinarsi alla tendenza del brasiliano di tagliare verso il centro e il centrocampista tedesco dovrà essere bravo a muoversi prevalentemente in verticale leggendo gli spostamenti del numero 21. Sul centro-sinistra, con Alex Sandro che garantisce qualità, corsa e ampiezza, Pjanić potrà muoversi a piacimento tra le linee, coperto da un equilibratore fisico ma anche tecnico, abbassandosi liberando spazio da attaccare con gli inserimenti dell’interno. Una Juventus che, considerate le qualità e le caratteristiche dei giocatori, dovrà pressare più alto, sfruttare maggiormente le transizioni sui 15 metri. Un atteggiamento maggiormente aggressivo per recuperare il pallone, gestirlo, attaccare in campo aperto, nascondere gli attuali limiti in attacco e difesa posizionale. Difensivamente la formazione bianconera dovrà cercare di trovare delle soluzioni a difficoltà emerse nelle ultime partite: Allegri sembra voler utilizzare Pjanić come marcatore della principale fonte di gioco per contrastare la costruzione avversaria per poi richiedere al bosniaco lo scivolamento al fianco di Marchisio per comporre la classica forma difensiva. Operazione che non sembra poter funzionare per tutta una partita, essendo Pjanić un giocatore in difficoltà quando deve correre velocemente indietro. Non eccelle nemmeno in dinamismo Khedira: contro squadre aggressive e abili nel palleggio la presenza contemporanea dei due va equilibrata. Come si è visto col Milan, l’attuale assetto difensivo denota debolezze nel coprire l’ampiezza: per correre sugli esterni servirebbe maggiore dinamismo, ma il solo Sturaro è in grado di garantire corsa, e non si può sempre schierare Mandžukić chiedendogli di giocare come ala aggiunta per coprire il lato debole. Queste difficoltà, unite alle lacune in fase di difesa posizionale con Pjanić e Khedira non puntualmente attenti a quello che succede alle proprie spalle, dovrebbero indicare un atteggiamento maggiormente attivo, meno reattivo. Questa Juve è sempre un monolite fluido, ma è una squadra diversa rispetto a quella della prima metà del 2016. Ed è una formazione che deve liberarsi dall’ossessione della solidità per esprimere al massimo le proprie potenzialità. Una Juventus più offensiva, per le caratteristiche dei giocatori comprati, che deve giocare con maggior coraggio, trovando equilibri leggermente diversi, perché il calcio è materia semplice, non dipende dai moduli, ma dall’aiutare i calciatori ad esprimersi al meglio nascondendo i punti deboli. Non per una volontà filosofica, ma per ottenere sempre i risultati (e il risultatismo è questo: vincere) sfruttando appieno le qualità a disposizione.

 


di Enrico Ferrari


Le caratteristiche dei nuovi acquisti spingeranno Allegri a giocare diversamente?

Allegri ha ereditato tre anni fa una squadra con un impianto di gioco stabile e consolidato fondato su principi di gioco definiti e rigidi, basato sugli schemi  ripetuti all’infinito e mandati giù a memoria. A lui, per i successi ottenuti, abbiamo riconosciuto grande capacità di gestione del gruppo post “dittatura Conte”, nonché una grande capacità di rimodulare e allentare quelle rigidità tattiche e nervose che erano parse un limite per la juve soprattutto in Europa. Allegri ha consegnato così ai tifosi una squadra più “libera” e con principi di gioco diversi fondati sulla ricerca della buona tecnica finalizzata al possesso e alla gestione dei momenti della partita, pratica questa, che ha consentito, in fase offensiva, alle qualità dei singoli di dominare le partite e in fase difensiva di applicare il sistema consolidato e solido degli anni precedenti.

Allegri in più occasioni ha cercato, se pur gradatamente, di sdradicare il sistema difensivo fondato sui 3 difensori (dove la storica BBC significa sicurezza) cercando di sfruttare qualche partita chiave per imporre al gruppo, ai senatori in primis, la difesa a 4 classica. La domanda è: c’è riuscito? Nì! Fin da subito ha creato un sistema ibrido con una difesa a 3 più un esterno con caratteristiche più difensive, ma mai è riuscito a passare definitivamente alla difesa a 4 classica se non in quelle partite in cui aveva a disposizione Pirlo, Marchisio, Pogba e Vidal a centrocampo (compresa la Finale di Berlino). Ora la situazione pare in fase di stallo e questo allentare,  questa ricerca continua e definitiva passaggio alla difesa a 4, al terzo anno, pare stia compromettendo sia la fluidità di gioco che il piano tattico delle partite.

Questo forse perché abbiamo radicalmente cambiato sia centrocampo (uno dei migliori mai visti alla Juve) che attacco e qualche scricchiolio diverso dagli anni precedenti si inizia a notare nonostante il potenziale di questa squadra sia immenso. Riuscirà la Juventus a riprendersi il campo atleticamente, tatticamente e tecnicamente? Gli anni scorsi è andata bene mantenendo i punti fermi di sempre e cioè la BBC, due esterni alternativi nelle qualità e un centrocampo solido, mentre quest’anno qualcosa di diverso c’è. Quest anno tocca ad Allegri più che in passato. Gli attuali risultati e qualche buon pezzo di partita fanno ben sperare, ma qualche campanello d’allarme in più rispetto al solito sembra esserci e non è solo approccio mentale sbagliato alle partite.

Questa squadra, specie per come è costruito il centrocampo non è una squadra che può giocare lunghe fasi di partita in ripartenza, non è una squadra che può aspettare, non è una squadra che per idee di gioco dei suoi giocatori offensivi può fare partite speculando sul gol di  vantaggio che spesso arriva;  senza i Morata e i Pogba, e con il solo Cuadrado, non abbiamo più giocatori in grado di fare il break in ripartenza per chiudere le partite. Per caratteristiche tecniche e di modo di pensare al gioco di alcuni giocatori chiave questa squadra è costruita per giocare nella trequarti avversaria più tempo possibile, perché è lì che si può fare la differenza contrariamente a quanto avveniva in passato.

Allegri ha il compito di far funzionare Pjanić trequartista di possesso e trasmissione intelligente, ha il compito di rendere ancora più letale Higuain a cui attualmente arrivano poche palle giocabili in area di rigore;  Allegri ha il compito di far giocare questa squadra sfruttando al meglio l’enorme potenziale a disposizione valorizzando al meglio le caratteristiche dei giocatori chiave e cioè i sostituti di Morata e Pogba. Per queste ragioni, giudico il compito del mister non semplice ma resto fiducioso.