“Dai ragazzi non mollate, dai ragazzi non mollate…”.
Desidero cominciare così, con un incitamento nello stile della curva, questa mia missiva a cuore aperto indirizzata ai calciatori della Juventus. Il momento, lungi dall’essere drammatico, è comunque indiscutibilmente delicato, al di là dell’ultimo risultato negativo e della ancora invidiabile situazione di classifica. La prestazione più che la sconfitta di Firenze desta qualche apprensione in prospettiva futura e rischia di minare certezze che sembravano definitivamente acquisite. Fantasmi vecchi di almeno un anno ritornano a danzare minacciosi nei pensieri bianconeri e fanno riassaporare il gusto amaro della prima parte dello scorso campionato, disastrosa oltre ogni più pessimistica previsione e francamente avvilente, imbarazzante, ingiustificabile. La differenza sta nel fatto che allora tutti i mali si concentrarono in un periodo ben delimitato (le prime dieci giornate) mentre adesso riaffiorano a galla qua e là, in maniera improvvisa e altalenante, perciò anche più subdola e infida.
Firenze rappresenta il quarto k.o. stagionale juventino (tralasciando Doha) ma soprattutto è caratterizzato di connotati preoccupanti, che travalicano la contingenza dell’evento e non rientrano nell’ambito tecnico-tattico, che pure richiede le dovute attenzioni e non assolve Allegri, reo di aver operato scelte quanto meno cervellotiche, tanto nella stesura della formazione iniziale che delle sostituzioni (perché Pjanic dimenticato in panchina? Perché Pjaca anziché Mandzukic come primo cambio?).
Quello che colpisce e spaventa e l’atteggiamento di partenza della squadra, molle, svagato, del tutto inadeguato all’importanza del match, all’ostilità dell’ambiente viola e alla prevedibile, straordinaria determinazione della Fiorentina. Una incredibile, inaccettabile impreparazione alla battaglia riscontrabile in particolare in coloro che costituiscono le colonne portanti della compagine bianconera: Barzagli, Bonucci, Chiellini, Marchisio, Buffon, ossia la vecchia guardia, lo zoccolo duro dello spogliatoio, l’anima della Juve. Dai profili social di Leo e di Claudio giunge la sincera ammissione di questa sorta di vuoto mentale e caratteriale che ha attanagliato la capolista in riva all’Arno. Il problema sta nel fatto che non è la prima volta che capita, pur se non in modo così eclatante e immotivato. Se il black out nella prima mezzora di Genova, infatti, poteva essere figlio delle fatiche fisiche e psicologiche di Siviglia, se il crollo nel finale a S. Siro di fronte all’Inter di De Boer poteva essere dovuto ad un banale quanto improvvido calo di tensione unito ad una colpevole sottovalutazione dell’avversario, l’inconsistenza prolungata palesata al Franchi non ha giustificazioni logiche e offre spazio all’opprimente sospetto che questa Juve non sia più capace di reggere le pressioni come prima, sia insomma più fragile mentalmente, usurata dal tanto vincere, meno motivata, più “stanca” (di testa più che di gambe). Intendiamoci, dopo cinque scudetti consecutivi un calo motivazionale può essere anche fisiologico ma proprio per questo occorre escogitare ogni possibile stratagemma per scongiurarlo. Alla Juve non si può dormire sugli allori né vivacchiare, chi ne indossa la gloriosa maglia lo sa bene.
Ecco, quindi, l’esigenza di sottolinearlo e di ricordarlo direttamente ai nostri ragazzi, se mai ce ne fosse bisogno. L’opportunità di conquistare un sesto tricolore consecutivo dovrebbe mettere le ali ai piedi a chi ha il privilegio di poter essere protagonista di una tale, irripetibile impresa. Personalmente, da umile tifoso, voglio fortissimamente vivere questa emozione unica nella storia del nostro calcio e, come me, tanti altri innamorati della Vecchia Signora. Non deludeteci, non sciupate un percorso così mirabile, tenete duro, ricompattatevi come già avete saputo fare poco più di un anno fa dopo il Sassuolo quando nel chiuso dello spogliatoio stipulaste il patto d’acciaio che generò la fantastica rimonta coronata con il raggiungimento del 34° scudetto.
Rimanga come esempio a cui tendere il vostro meraviglioso cammino casalingo, scevro da ogni incertezza da un campionato e mezzo a questa parte (26 vittorie filate tra le mura amiche dello Juventus Stadium), nella consapevolezza, però, che pagine fondamentali di questo torneo andranno vergate lontano da Torino (a Roma e a Napoli soprattutto). Un motivo in più per ritrovare in fretta l’animus pugnandi che ci vuole per continuare a scrivere la storia, come nessun altro ha mai saputo fare.
Dai ragazzi, non mollate!
Di Carlo Vassotto