Allegri e la Più Grande Priorità: “Lasciatemi fare”

E’ il momento delle Grandi Priorità, quando si pensa e si ragiona di Juve. Per lo meno per come e dove ci si trova al 26 gennaio 2017. Senza nulla togliere al Mondo dei Risultati, dunque doppio successo (ma casalingo, in attesa delle controprove anche in trasferta) tra Lazio di campionato e Milan di coppa, tutta l’attenzione va alla svolta più tecnica che tattica imposta da Massimiliano Allegri in uno dei giovedì più insignificanti dell’anno.

Ha messo tutto insieme, il mister. Cinque mesi di lavoro, ma soprattutto di risposte sul campo, di alchimie tra le celebri certezze e le inebrianti novità di un mercato estivo mai così diverso per come l’ha impostato un Marotta che ha mostrato il suo lato nascosto grazie alle stimolazioni della linea presidenziale.

 

Non si smette mai di crescere, non si smette mai di imparare. E’ la dura e attraente legge del calcio.

La Grande Priorità societaria era chiara e urgente: non perdere il treno dei colossi europei e allo stesso tempo non rinnegare, e anzi rilanciare, la bontà del progetto (sportivo/finanziario) che è alla base di un ciclo senza precedenti almeno nella compressione dei numeri (da record) in proporzione al lasso di tempo. Ne è nato qualcosa di nuovo, forse accelerato, non necessariamente infallibile nel breve, ma solido nel medio-lungo termine.

Si arriva così, anche perché è ciò che interessa di più a chi ha a cuore ogni singolo appuntamento della Juventus, alla Più Grande Priorità. Cioè il campo. La cinghia di trasmissione, traduttore e interprete di successi e insuccessi, di celebrazioni e inghippi, di pretese e aspettative, è giocoforza l’allenatore. Così il momento, da quel che si evince, non è casuale perché post-Firenze e perché, attenzione, a un mese dalla ripresa della Champions League che conta.

“Lasciatemi fare!”

L’ultima chiamata nella quale ci si illumina e ci si gioca tutto. La squadra raccoglie, coglie, vuole sentirsi sublimata, a proprio agio tutti, incasellati come solo nei disegnini delle redazioni. E dalla carta all’erba è davvero lunga. La dirigenze lo sa, annuisce, acconsente. Forse è il segnale che intimamente aspettava.

 

E allora, come fare?  Strappare. Innescare una reazione a catena. Stimolare e lavorare per un qualcosa di nuovamente diverso.

Però… però… la prima puntata è sempre uno spartiacque.

Funziona?

Il ferro è caldo, Allegri è caldo, sceglie di tirare il collo al concetto ripetendosi a sorpresa proprio nella settimana delle sorprese, con catene, combinazioni e giocate anche loro per certi versi sorprendenti. E’ come indossare gli occhiali dopo mesi trascorsi a negare a se stessi di non riuscire a mettere a fuoco.

Insomma, si tratta di un corso accelerato. Succede tutto in fretta. E’ adrenalina, tutta d’un fiato. Come rinfrescare i muri di Vinovo in una notte senza staccare i poster. Ogni tanto bisognerà arrendersi, anche a riprendere in mano quelle cornici, il 3-5-2 e le fitte pagine dei tre di centrocampo. Momento nostalgia o momento saggezza poco importa, farà bene alla salute, farà da tachipirina. La caccia al futuro è appena agli inizi. La febbre salirà ed è meglio esortare fin che si è lucidi:

“Lasciatelo fare!”.

Se l’è meritata questa improvvisa voglia di volare.

Ciò che verrà ricordato di Allegri è racchiuso nei prossimi quattro mesi e mezzo.

Luca Momblano.

ANALISI TATTICA / Juve-Milan 2-1: catena sinistra decisiva, ma problemi nel possesso

ANALISI TATTICA / Juve-Milan 2-1: catena sinistra decisiva, ma problemi nel possesso

Al terzo tentativo, la Juventus riesce finalmente a sconfiggere il Milan di Montella, per giunta in una gara secca.  Condizionato probabilmente anche dall’assenza di Marchisio, Allegri sembra essersi convinto a dare una certa continuità tattica alla squadra, schierando – con l’eccezione di Lichtsteiner – praticamente la stessa formazione che così bene aveva fatto contro la Lazio.

Senza dubbio i passi avanti sono stati notevoli: rispetto all’ormai anacronistico 352, questo nuovo schieramento sembra poter maggiormente sfruttare la Juventus costruita in estate, una Juventus molto diversa rispetto a quella delle stagioni passate. Pur in mezzo a (molti) aspetti positivi, qualche leggero campanello d’allarme è suonato, e lo stesso Allegri in conferenza stampa è stato piuttosto chiaro sugli aspetti dove i bianconeri devono migliorare. In ogni caso, questi non cancellano i netti passi avanti compiuti.

 

SFRUTTAMENTO DELLA FASCIA SINISTRA

 

Domenica scorsa, la Juve aveva concentrato più della metà delle proprie offensive sulla fascia destra, con la coppia Cuadrado-Lichtsteiner rivelatasi decisiva. Contro il Milan, invece, la zona sinistra è stata l’elemento decisivo della gara. Allegri è riuscito ad approfittare in maniera eccellente della scarse verve di Suso in fase di ripiegamento. Mandzukic in tal modo ha attirato su di sé il terzino destro (Abate) e liberato spazio per Asamoah, che ha avuto molto campo davanti a sé.

I rossoneri si sono fatti continuamente sorprendere in questo tipo di situazione, e in tal modo sono arrivati i gol. Inoltre, il lancio partiva sistematicamente da un Bonucci che la pressione rossonera è andata (colpevolmente) ad aggredire con scarsa cattiveria.

Pure la punizione che ha portato al gol di Pjanic è venuta da una giocata simile, sempre grazie a un’apertura sulla sinistra da parte del difensore viterbese. In questo caso, va pure apprezzata la brillantezza e dinamicità con cui Asamoah ha puntato gli avversari. La posizione media del ghanese è stata piuttosto alta, e se uno consulta le heat map può quasi pensare che i bianconeri abbiano giocato con la difesa a 3.

La superiorità numerica in quella zona è stata una costante, e quando il Milan – col doppio svantaggio – provava ad alzare il baricentro nel tentativo di recuperare palla, la Juve riusciva ad eludere il pressing, cambiare gioco a ribaltare il campo con una velocità notevole, trovando anche il terzo gol con Khedira (annullato poi dal direttore di gara).

Mandzukic, sempre da esterno, ha di nuovo offerto una grande prestazione in fase di non possesso, che ha contribuito già citato sfruttamento della fascia sinistra, lavorando molto in coppia con Asamoah.

Seppur in fase di non possesso la Juve fosse chiaramente disposta con il 442,  isolati (e coraggiosi) affondi nel pressing del croato saltuariamente davano le sembianze di un 433. Inoltre, Mandzukic si è davvero fatto trovare ovunque, recuperando palloni a iosa e sfruttando al meglio le sue grandi dote fisiche, vincendo molti duelli. Certo, qualche inconveniente potrebbe sorgere quando non si raggiungerà il gol subito e i bianconeri dovranno cercare di superare un avversario più chiuso e passivo. In tal caso, Pjaca porterà sicuramente più qualità nel saltare l’uomo e soluzioni nella trequarti.

 

POSSESSO ROSSONERO STERILE

 

Nella prima frazione, la Juventus non è stata dominante ed aggressiva come nella sfida con la Lazio. E’ però riuscita a rivelarsi estremamente solida ed efficace, segnando in tutte le nette occasioni costruite e rendendo totalmente inoffensiva la manovra rivale.

Alcuni opinionisti, per provare a sostenere la presunta bontà della prestazione rossonera, si sono soffermati sul 68% di possesso palla milanista del primo tempo, indice secondo loro di una prestazione propositiva. In realtà, questa cifra non deve assolutamente ingannare: la stragrande maggioranza dei passaggi è avvenuta infatti dai difensori in zone estremamente arretrate del campo, spesso nella propria metà campo. La Juve, chiudendo tutte le linee del passaggio, è riuscita a mettere in mostra le molte lacune della squadra di Montella nella costruzione del gioco. Il poco movimento senza palla e un possesso estremamente orizzontale hanno prodotto meno di niente, col Milan che non è mai riuscito a trovare né Bacca né l’uomo tra le linee. La clip sotto aiuta ad avere un’idea sulla forte mancanza di idee e soluzioni: dinnanzi a situazioni del genere, focalizzarsi sulla quantità del possesso è piuttosto irrilevante.

Insomma, una situazione letteralmente capovolta rispetto al Milan-Juventus di San Siro dove, complice l’infortunio di Dybala, era stata la Vecchia Signora a mostrare difficoltà di questo tipo. Mercoledì, queste prolungate (ed inutili) fasi col pallone tra i piedi si concludevano con qualche scialbo tentativo di verticalizzazione da parte di Locatelli, però con scarso esito. Gli appena 3 key passes effettuati nel corso dei 90′ esprimono al meglio le lacune mostrate allo Juventus Stadium.

 

GESTIONE DEL PALLONE

 

Purtroppo, le principali lacune emerse dalla Juve riguardano un aspetto non certo nuovo: ossia, la gestione della palla, forse l’aspetto da cui ci si aspettavano più miglioramenti (lo stesso Allegri si è espresso più volte sul tema). Tuttavia, fin dall’esordio 2016-2017 con la Fiorentina, questa fase di gioco deve ancora essere perfezionata, coi giocatori non ancora sufficientemente brillanti nel far girare a vuoto gli avversari.

In realtà, dopo il (casuale) gol di Bacca e l’espulsione di Locatelli, i bianconeri sono comunque riusciti ad imporsi, sfruttando bene superiorità numerica ed ampiezza del campo. Pjanic in particolare è andato a nozze con i cambi di gioco che già nella prima frazione avevano colto impreparati i rivali.

 

Ben messa in campo, la Juve – oltre ad aver schiacciato il Milan ostruendone la risalita del campo – ha macinato occasioni da rete, al termine di azioni spesso spettacolari.

 

Lo spartiacque negativo non è stato il gol di Bacca o l’espulsione di Locatelli, bensì il cambio Alex Sandro-Dybala, che ha portato a un 442 col doppio centravanti. Come ammesso da Allegri, questa scelta ha dato ben pochi frutti: Dybala era l’uomo fondamentale per il corretto funzionamento dello schema, la punta di raccordo per eccellenza oltre che uno dei giocatori più tecnici della squadra. I bianconeri si sono allungati sensibilmente, con meno qualità globale nel palleggio e i due attaccanti spesso troppo stremati per ripiegare con efficacia. L’assenza dell’uomo tra le linee si è certamente rivelata un fattore determinante. I molti errori in appoggio – con la palla che a tratti pareva scottare – hanno potuto lanciare i rossoneri in transizione, di fatto l’unica circostanza in cui potevano rendersi insidiosi (anche grazie al pimpante esordio di Deulofeu).

Col senno di poi, se proprio si doveva preservare un Dybala tanto stanco quanto picchiato duramente, sarebbe stato più funzionale l’ingresso di uno come Pjaca, che tra esplosività e capacità di dribbling aveva tutte le carte in regola per impattare bene il match. Se invece si fosse voluto ragionare in maniera più “difensiva”, Allegri avrebbe potuto schierare un centrocampista in più. Purtroppo, nell’ultima parte di gara non si è riusciti ad avere un adeguato predominio in mezzo al campo, non sfruttando ottimamente la superiorità numerica.

Nonostante certe situazioni di gioco debbano necessariamente essere affinate, soprattutto quelle relative al controllo del gioco, la Juventus post Firenze ha già lanciato segnali altamente confortanti e tracciato la linea da seguire. In particolare, è evidente quanto molti uomini ora siano utilizzati in un contesto decisamente più logico per quelle che sono le loro caratteristiche. Vedremo col ritorno di Marchisio quali saranno le intenzioni di Allegri, se ci sarà o meno un ritorno ai 3 di centrocampo.