Qui sulla torre d’avorio

Il post Juve-Inter è stato il miglior condensato possibile del teatro del neo assurdo degli ultimi vent’anni dell’informazione sportiva italiana.

Il giornalista e scrittore Eduardo Galeano ha fotografato la bellezza insita nella popolarità (nell’accezione di grande diffusione alle masse) del fu sport più bello del mondo nel suo Splendori e miserie del gioco del calcio. Con una scrittura asciutta e diretta (rara e preziosa ormai) raccontava il carattere proletario e democratico di uno sport che “è così bello proprio perché fa parlare tutti quanti”.

Se però, come nel nostro calcio, la popolarità diventa populismo, con tutti gli annessi e connessi di un’epoca di post-verità, allora non c’è Galeano che tenga. Il fatto che il calcio faccia parlare (a caso) tutti, ma proprio tutti tutti, non mi va giù e solidarizzo con Umberto Eco e le sue “generazioni di imbecilli” a mezzo social, oltre che a rinchiudermi in una rassicurante turris eburnea dalla quale osservare, sconsolato, le miserie (di splendori ce ne sono pochi…) del cialtronismo da bar sport, veicolato con scientifica regolarità da media irresponsabili e dimentichi della nobiltà e dell’importanza del proprio ruolo.

Parliamoci chiaro: se è vero chviviamo nel tempo in cui l’ignoranza è una scelta, è altrettanto vero che “l’uomo della strada” si è visto ridurre (e di molto) le opzioni per informarsi correttamente e con cognizione di causa su quel che gli accade intorno. Succede in ambiti ben più importanti della vita quotidiana, figuriamoci nel calcio dove, ormai, il fact-checking lascia spazio al “parola più parola meno”, al click-baiting, al titolo sensazionalistico seguito da fuffa, in dibattiti TV desolanti in cui si ragliano inesattezze e non conta ciò che si dice ma chi lo dice urlando.

Tutto questo ha avuto luogo subito dopo Juve-Inter, con la complicità di un “giornalismo” che getta nel discredito chi ha nobilitato questo mestiere in passato (e chi prova a farlo anche oggi, nonostante tutto). Il circo post-gara è stato la squallida rappresentazione dell’indole da “ciuccio e presuntuoso” dell’italiano medio, che la butta in caciara quando i fatti rivelano l’inconsistenza delle sue strampalate teorie e che ritiene più importante la faziosità che la credibilità professionale. Per tacere di chi si lancia in j’accuse temerari e fantasiosi (salvo poi nascondere la mano, dopo aver tirato il sasso).

E quindi chi se ne frega se la Juventus è la squadra capolista con meno rigori a favore nei maggiori campionati europei, chi se ne frega se Rizzoli è lo stesso che annulla il gol di Pjanic a San Siro o che espelle Khedira (squalificato per due giornate) nel derby di Torino per “frasi ingiuriose” (tranquilli, Perisic non è solo), chi se ne frega se Medel per il secondo anno consecutivo gioca a pallavolo nella sua area (“ma non si poteva far vedere perché nella concitazione del momento era sfuggito” cit.), chi se ne frega se Icardi giochi al tiro al bersaglio con il suddetto Rizzoli (meno male che la mira è stata quella dei 90 minuti precedenti), chi se ne frega se il vituperato Orsato non più tardi di un anno fa era indicato come il salvatore dell’onorabilità del campionato in vista di Juve-Napoli, chi se ne frega se ci sono squadre che sono in proiezione 18 rigori a fine stagione nel silenzio generale, chi se ne frega se dal 2012 (toh!) alla squadra campione d’Italia non è consentito disputare la finale di Supercoppa nel proprio stadio come regolamento impone.

L’importante è il dito e non la luna indicata dallo stesso, in un patetico hic et nunc fatto di forzature, storture e stravolgimenti della verità a favore di telecamera, taccuino e microfono: come nella celebre scena di Fantozzi durante Italia-Inghilterra, i rigori dell’Inter diventano due, poi tre, poi quindici, Chiellini doveva essere espulso (buona per tutte le stagioni), Bonucci in ginocchio sui ceci, Higuain messo a dieta, Dybala venduto al Real Madrid e Allegri nello skybox che fu di Conte per labiali moralmente sconvenienti, mentre il povero Maran viene espulso per bestemmie.

E allora è normale che l’uomo della strada , nel frattempo diventato nella maggior parte dei casi l’analfabeta funzionale di turno, si senta obbligato a postare la foto della testata di Bonucci, un #eallorachiellini, i link con i neurodeliri dei giornalisti-tifosi, un’ intervista dei soliti Simoni o di Zeman o la mappatura della spectre FIATche sponsorizza gli arbitri, quindi la giuve rubba e Gentiloni kefffaaaaaaa?!”. Il tutto in attesa del prossimo virgolettato inventato, la prossima moviola mirata, il prossimo articolo su accantonamenti mancati e ‘ndranghetisti collusi (“e ma non ne parla nessuno!” cit. “mica come nel 2006 del sentimento popolare” autocit.) da reiterare all’infinito a prescindere da contenuti rigorosamenti non letti, cosa vuoi che importi. Senza freni, senza controllo, senza dignità.

Tutto fa brodo, like e audience in un sistema che somiglia sempre più a un gigantesco leviatano che mangia sé stesso. E, in attesa di una fine che mi auguro rapida e prossima, mi ritirerò di nuovo, sconfitto e sconsolato, nella mia torre d’avorio, con il libro di Galeano lasciato ad impolverare su uno scaffale. Mi verrebbe quasi da chiedere scusa a lui e agli altri grandi giornalisti e scrittori appassionati di calcio del passato, per il modo in cui abbiamo trasformato qualcosa di popolare in qualcosa di populista.

Ho visto cose che voi juventini… / 23 – “Sapevamo solo rubbare”

Ho visto cose che voi juventini… / 23 – “Sapevamo solo rubbare”

Ho visto juventini che si aspettavano punizioni esemplari per Dybala e la mano negata ad Allegri. Altri chiedere scuse ed ammissioni di pentimento urbi et orbi, come se avesse pubblicato la sua autobiografia a ventitrè anni scrivendo peste e corna di tutti (ogni riferimento non è puramente casuale). Brutto gesto il suo, ma noi, a post strappalacrime preconfezionati e copiaincollati su Instagram abbiamo preferito i panni sporchi lavati in casa e la reazione sul campo di ieri sera. Quando giustizia avrebbe voluto che, tra rovesciata e traversa, almeno un eurogol venisse fuori e quando, dopo una prestazione di qualità e sacrificio, ha accettato la sostituzione senza battere ciglio. Come è normale che accada. Con buona pace di chi lo vede nervoso, triste, distratto dal rinnovo del contratto e con la testa già alla Liga.

Ho visto juventini che “sì, bello questo modulo, ma troppo dispendioso. Nelle partite che contano si dovrà tornare all’antica”. Dopo la prestazione di ieri sera alcuni hanno continuato a sostenere il concetto, elogiando l’Inter e la sua capacità di “giocarsela alla pari” contro la prima della classe, grazie anche alla spregiudicatezza eccessiva del modulo juventino. Riguardando la partita ci siamo accorti che la Juve ha concesso due ripartenze e due occasioni in mischia. Sottolineando così, piuttosto, la necessità di concretizzare la superiorità espressa con sette palle gol nitide (due a testa per Dybala, Mandzukic e Pjanic, una per Higuain) oltre al gol di Cuadrado. Perchè se non la chiudi e cerchi di gestire l’1-0 rischi di beccare il pareggio in mischia, e poi hai voglia di parlare di partita anestetizzata o di campionato ucciso… Nelle tre partite con questo modulo tre clean sheet e una miriade di palle gol divorate. Secondo voi serve più equilibrio o più cattiveria?

Ho visto juventini sparare a zero su un calciatore alla volta. Partito Evra e risparmiato Hernanes, prossimo all’addio e che ormai faceva più tenerezza che rabbia, ci si è scagliati su Pjanic. Da quando il bosniaco ha iniziato a esibire prestazioni di livello, è partito lo stesso refrain per Dani Alves. Tralasciamo l’ironia social di ieri, quando, recuce da uno stop di tre mesi, il terzino ha mostrato uno stato fisico ancora approssimativo. Ci riferiamo piuttosto a chi lo considera irrimediabilmente un ex-calciatore per via di qualche post di troppo e per qualche leggerezza difensiva nei mesi pre-infortunio. Solo il tempo ci dirà, ma al momento, con un modulo di gioco più votato al possesso e all’offensiva e la Champions alle porte, noi non vediamo l’ora di rivedere in campo l’esterno brasiliano in una squadra composta da undici giocatori tutti capaci di dare del tu al pallone. L’ex blaugrana quella coppa l’ha sollevata già tre volte, e una ce la ricordiamo bene, da protagonista. Aspettiamo a bollarlo. Poi a giugno si faranno i conti, mal che vada la Cina è sempre più vicina…

Ho visto juventini rovinarsi il lunedì per le polemiche interiste sui penalty non concessi da Rizzoli. A noi l’unica cosa che ha dato fastidio è che quei rigori non ci fossero. Ci siamo dimenticati come si rubbba. Peccato!