ZERO – A questi ultimi giorni di calcio non giocato, quello che odiamo. Senza l’erba fluorescente, senza colpi di tacco, inserimenti tra le linee, solo e soltanto materia da antropologi, massmediologi o psichiatri. Pianti, veleni, moviole, fango, odio, video che spuntano, ciarlatani faziosi, battutine (ahi Elkann, non era meglio soprassedere?), comunicati bislacchi. Che due palle cosmiche! Abbiamo capito, il sentimento popolare è sempre quello. La Juve più che vincere può fare ben poco. Se domini ti odiano. Punto.
UNO – Il pallone che il Crotone ha recapitato in zona Buffon (spettatore con Lazio e Sassuolo e se vogliamo, con Inter e Milan…). C’era da aspettarselo ma non era scontato. Quando attacchi un muro con tanti assaltatori basta una transizione, una scivolata, un rimpallo e puoi correre qualche rischio. Non la Juve. No. Punto.
DUE – Il numero “2” più forte del decennio è stato Dani Alves, tornato titolare. Dal Camp Nou al Crotone. Dalle vette del mondo alla provincia italiana, dal tiki-taka stellare da ala dialogante con D10S Messi all’avere in linea il novizio Pjaca e montare la guardia a Stoian. Dani è un meraviglioso corpo estraneo, gemma impolverata e vezzosa per una Juve che aumenta i guastatori e deve essere più solida dietro. Eppure un diamante è per sempre. Confidiamo in Dani Alves. E poi, quel cross dell’1-0 lo mette dentro lui. Punto.
TRE – A Nainggolan. Non è un fuoriclasse, ma nemmeno un burino semplicitto poco smart. Etichette superficiali. Nainggolan è un ottimo calciatore nel pieno della maturità (e presumibile inizio del declino) ed un ragazzo sveglio che vive il suo status e la sua professione come mille altri. Il voto è a quel pensiero, espresso off records, che può portarti al massimo della tensione ma non al trionfo. L’odio e la rabbia sportiva ti fanno correre e ringhiare di più, ma solo la profonda e radicata voglia di essere il migliore, gara dopo gara, dal Barcellona al Crotone, anno dopo anno, ti fa vincere. Voglia di migliorarsi, lavorare e superarsi, fame atavica, quella hanno i campioni oltre al talento, con l’odio ci fai poco, a parte fomentare i tifosi. Il vero Campione non odia la rivale, odia la sconfitta. Punto.
QUATTRO – Alla A a 20 squadre. Il gap tra Juve e le altre ex-big è imbarazzante, ma il solco tra le altre e le ultime 3 è tragicomico. Non si tratta di minimizzare le velleità del Crotone o snobbare l’orgoglio del Palermo ma di essere realisti. Dall’Empoli al Torino 10 squadre sono già in vacanza, col solo scopo di evitare infortuni, valorizzare cartellini e timbrarlo, il cartellino. Gli 1-7 e i 2-6 sono da record storico, la sconfitta 11 vs 9 del Bologna è da Serie B ad honorem, come i 2 punti del Genoa nelle ultime 8 gare Inutile il parallelo con la Premier a 20, sia per i super-introiti TV, sia per l’innato fair play. La serie A da gennaio in poi è FALSATA. Punto.
CINQUE – Le gare col nuovo modulo. Mini-ciclo che consente un primo bilancio: dissolti i #MaChiDifende, svaniti i #ServonoCentrocampisti, non ancora fugati del tutto i #EhMailBelGioco. La Juve di Crotone con 5 cambi (2 alla prima da titolare), altri convalescenti non poteva (e doveva) offrire spettacolo contro 11 uomini asserragliati. Doveva vincere, avere risposte positive dai nuovi e andare a +7 e +9 da chi fa #BelGioco. Punto.
SEI – A Pjaca, che doveva miracolo mostrare e assaggia la dura realtà del catenaccio old style, in una Juve che non scende sull’erba per divertire ma per divertirsi a fine stagione, nelle premiazioni e sul pullman scoperto. Pjaca è il nuovo europeo (come Alves il vecchio) che deve masticare l’italianità delle cose, metabolizzarla e poi dare un contributo alla metamorfosi Juventina. Per la sua crescita valgono più 90′ così che 10′ di guizzi pirotecnici. Punto.
SETTE – A Dybala, ancora a secco, dopo miracoli di Handanovic e traverse, ma più continuo, più arrembante, e fino alla fine con gambe che mulinavano e cervello sempre attivo. Recuperare Paulino al 100% renderà sublime questa Juve. Punto.
OTTO – A Rincon. Ottimo Allegri che lo schiero in una gara “easy” sul piano del contrasto e della manovra. El Generale rompe il ghiaccio, accumulato minuti, duetta in modo grezzo nel primo tempo in un duo privo del fosforo poetico di Pjanic, ma cresce nella ripresa, meno confuso, più lineare ed essenziale e sempre cazzuto sul piano della difesa/riconquista palla. Lineare come il filtrante per Higuain. Punto.
NOVE – All’Onnipotente Mandzukic, con meno recuperi commoventi, meno colpi di tacco orgasmatici, ma con quello spunto in cui un solo tocco sintetizza e sublima mille sgroppate all’indietro. Mario crede. Crede nel cross, nella zuccata di Asa, crede nella respinta e nella scivolata. Istinto da cestista che va sul rimbalzo. Noi crediamo in Mandzukic. Punto
DIECI – All’accoglienza del tifo bianconero in Calabria, alle scene di giubilo ed emozione all’arrivo del pullman di solito preso a fischi, sassi e bastonate. Dieci e lode alle scene finali con raccattapalle e ragazzini del Crotone che invadono per toccare l’eletto Dybala e l’eroe Higuain, per immergersi nella storia. 10 anni dopo un Crotone-Juve di B. L’amore vince sull’odio. La Juve vince. Punto. Anzi 7 punti