Pipita il verme

La staffetta Marchisio-Pjanic comincia a somigliare a Rivera-Mazzola. Ritornare indietro nel tempo non spaventa Allegri che unico uomo fatto e finito in un contesto di disumano infinito gioca come gli pare l’ammasso di nerd che lo circonda. Allegri ha gli occhi aperti e nessun appuntamento con la Storia: può quindi comportarsi da Eichmann degli avversari mettendo in ordine ma senza regole la loro macellazione quieta. Hai voglia a dirgli, il commentatore di Juventibus come il Lele Adani stopper del Brescia, il calcio è evoluto almeno la metà della classe operaia in Germania dei ’30. Non accetteranno mai, non subiranno mai passivamente, siamo andati avanti herr Allegri, abbiamo i numeri la teoria la cultura e tutto il progetto per arrivare davanti al progresso stesso. Intanto Allegri vince le elezioni da 3 anni e brucia il Reichstag quanto gli pare tanto la colpa è di Nedved o di Tavecchio o del culo che trionfa sempre e comunque del declino del calcio italiano. Mentre gli altri vanno nel futuro Allegri torna anche dal passato se vuole. Uno dei capitoletti che s’è andato a prendere dalle antiche e sorpassate letture è la figura del verme. Higuain ormai è come Tevez. Non è più un inutile e teatrale sudamericano di quelli che negli anni ’70 Andy Kaufman avrebbe raffigurato col poncho macchiato il sombrero in erezione e la figlia grassa. Una di quelle cose intente a ponzare sentenze alla cellulite sparando castronomiche cazzate che poi Buffa ha interpretato come roba di sinistra. Finito il momento degli sketch di quartiere questi Don cosi  hanno alla Juve la chance di tramutarsi in qualcosa di meglio di un idolo da umanesimo degli sfigati. Diventano utili esecutori del proprio istinto animale: vincere senza il permesso della madre e il consenso delle merde come erano loro. Sbocciano. Ma non diventando speranza o il bello da vedere, quello è per l’Europa League. Mutano in inaccettabili e sentitissimi vermi. Il verme in natura è l’elemento che mal si adatta ai commentatori di Juventibus ed al Lele Adani stopper da Brescia. La sua presenza non è statisticamente rilevabile. Il suo movimento è del tutto straniero a Var e moviole. Non è luce ma un patto col buio del terra terra. Il suo senso pratico mal si sposa con la critica new romantic che imperversa abboffando di arte una cazzata come il calcio. Striscia fregando l’onore dello schema, violando la purezza del calcio Matia Bazar quello da brividi lungo la schiena e belle gioie da commenti di 200 tomi. E’ dannato e quindi non ha rifugio. E’ tecnico e dunque non ha l’assoluzione in nome della solidarietà pelosa ai generosi. Higuain ha da perfetto emulo di Tevez il senso del prendersi Eva bacando la mela verde di speranze e invidia di Adamo stopper da Eden, conoscendo le posizioni che contano perché sa dove trovarle. Glielo ha detto Allegri dove sono le fighe, le partite del calcio. Ai suoi piedi. Purché per terra.

 

Vincenzo Ricchiuti.

#ZeroDieci – Juve, il Potere Tranquillo

#ZeroDieci – Juve, il Potere Tranquillo

ZERO – gol in 5 gare. Non ci bucano dal buio di Chiesa a Firenze. 496 minuti di imbattibilità, 8 ore di monotonia difensiva, come il Decalogo di Kieślowski sottotitolato. Era dalla #JuveDiMarzo che Buffon non salvaguardava i suoi reni così, evitandosi di raccogliere palle dal sacco. Dai tempi di Sebastiano Rossi battuto quasi per giustizia storica. Controllo totale nella nostra metà campo. Il controllo è potere. Questo è il potere”.

UNO – il volo di Buffon che lucida la tutina da supereroe, impolverata da silenziosi discorsi su piccole crepe, uscite mancate, pre-pensionamento. Buffon è un attore con caterve di Oscar in sala da bagno che si scomoda solo quando la sfida gli solletica la punta delle dita. Lo ha fatto in Champions, lo fa ora per puntare a nuovi record nel momento clou. “Da grande poteri vengono grandi responsabilità!”.

DUEgol fissi col 4231 e gol divorati (abitudine) di Mandzukic. Un limite autoimposto, un tachimetro bloccato. La Juve accelera subito (in casa) o con gradualità (trasferta) poi scala le marce. Scarsa freddezza di Mandzukic (salvifico a Crotone), svolazzi poco incisivi di Dybala e qualche legno. Per ora bene così, ma in primavera, quando davvero conterà, attendiamo la fioritura completa. “Nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo”.

TRE – alla “sudditanza mediatica a favore dell’Inter“, di cui parla Sconcerti (!) dopo 1 ora di moviola Juve-Inter sbroccando in faccia a conduttore, Zazzaroni e co., per una caciara surreale rimbalzata da Sanremo alle Iene. Dopo decine di sviste e rigori farlocchi (ieri 12° per la Roma di capitan Nainggolan, premiato con la fascia) l’astinenza mediatica era tale che ai primi episodi il Paese è sbocciato. Sbaglia Sconcerti: non sudditanza mediatica pro-Inter, solo AntiJuve. “Il potere non è solo quello che possiedi realmente, ma quello che i nemici pensano tu abbia”.

QUATTRO – alla supponenza facilona che ci coglie in vantaggio, anche numerico. Come col Milan, la Juve ha un black-out da “troppo facile” quando Barella sbarella. Troppi (13) tiri concessi, confusione in mezzo e passaggi a vuoto nella fase centrale che incrinano l’ottimo controllo con buone accelerazione viste nel resto della gara. “Ogni potere eccessivo muore dei suoi stessi eccessi”.

CINQUE – a Chiellini. King Kong contro l’Inter, e scimmione che balla nei 17 minuti conditi da svarioni, passaggi “à la Chiellini“, interventi goffi, giallo e stop da fastidio. Sbaglia quando se lo può permettere, in attesa di non sbagliare quando conterà. “Il potere non fa le cose giuste, fa solo la storia”.

SEI – a Marchisio che inizia distratto e poco tonico. Compensa con un assist che spacca la gara e pian piano risale la china. Attenuanti: non al meglio (ce ne vorrà), al rientro, non avvezzo a giocare a due. Siamo troppo innamorati della sua versatilità per accontentarci di un assist in una gara sotto i suoi standard. In ogni caso, che Marchisio sia il primo cambio a Pjanic-Khedira, assieme a Rincon (e Lemina) è tanta roba rispetto a Hernanes soluzione emergenziale. “Il potere non si prende, si raccatta”.

SETTE– alla benefica sensazione che ci avvolge quando entra Rugani (quasi alla Barzagli). Un mix tra bravo ragazzo perfetto a cui affideresti figlia, sorella e difesa e “bastardo” (inteso come nuovo membro della BBC) in nuce, che doma gli smaliziati Borriello e Sau. Rugani assorbe conoscenza, è balsamico e non ne sbaglia mezza. “La conoscenza di per sé è potere”.

OTTO – a Cuadrado perché quando la dai al colombiano qualcosa esce. E’ il contrario degli uomini lavatrice che puliscono palle sporche, Cuadrado la sfera la strizza, la centrifuga, una slot-machine da cui può uscire: fallo, giallo, cross, dribbling, palla persa. Per un terzino è una tortura, non una palla facile da contendere, né un secondo per temporeggiare, sai che partirà, sempre. Dieci, venti, trenta scatti, ogni volta un duello. Alla fine sbrocchi, come Barella. “Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole”.

NOVE – al miglior acquisto di Gennaio, Sami Khedira. Allegri chiarissimo: Khedira è uno dei migliori al mondo a 2, l’anno scorso si è preso una vacanza giovanile da interno, perché dall’altro lato c’erano 3 giocatori in uno (Pogba). Ora Khedira è tornato dalla vacanza (e dai vuoti di inizio stagione) ha capito i suoi limiti ed è il vecchio saggio più giovane del mondo. “Il vero potere al quale un uomo deve aspirare è quello che egli può esercitare su se stesso”.

DIECI – all’essenza del calcio Higuain. 2-3 chili in meno e 1-2 gol a partita. Prevedibile, inesorabile. La meraviglia del vedere la sfera ineluttabilmente nel sacco dopo ogni occasione ci sta passando pian piano. I suoi smarcamenti sono così netti che costringono Rincon e Marchisio ad assisterlo, figuriamoci il piedino fatato di Dybala. Gol di potenza, con lo scavetto, di punta, di tallone, di testa, in acrobazia, in discesa. Probabilmente il repertorio più mortifero e ferale mai visto in bianconero. Meno elegante del bi-connazionale Trezeguet, ancor più squarciante di Tevez. Pipa non lo sposti, non gliela togli, non lo placchi, apre, guida, imposta, allarga e suggerisce e termina. E gioisce.  “Il potere è l’afrodisiaco supremo”.