A Doha rigori ancora fatali

La Juve passa in vantaggio con Chiellini ma viene ripresa da Bonaventura. E dopo una battaglia infinita, i rossoneri la spuntano dagli undici metri

Doha ancora una volta lascia l’amaro in bocca alla Juve e al termine di una maratona infinita, conclusa di nuovo ai rigori, premia un Milan coraggioso, che sembrava dover crollare dopo neanche venti minuti e che invece ha saputo recuperare e tenere testa ai bianconeri.

E dire che la squadra di Allegri parte fortissimo: il primo a scaldare i guantoni a Donnarumma è Sturaro, poi ci prova Mandzukic e il portiere rossonero deve rifugiarsi in angolo, quindi è Alex Sandro a concludere dal limite, con un sinistro troppo centrale: in appena nove minuti la Juve va al tiro tre volte, il Milan nessuna e, anche se non irresistibili, i tentativi sono un chiaro segno di chi è padrone del campo.

La Juve è più aggressiva, più precisa, più convinta e se Donnarumma è chiamato a un intervento miracoloso per mettere in angolo il destro di Sturaro, ottimamente servito da Higuain, sul corner seguente non può nulla sulla deviazione di Chiellini, che anticipa tutti e al volo, di sinistro, spedisce in rete il meritatissimo vantaggio. È il 18′ e fino a questo momento in campo si sono visti solo i bianconeri.

La reazione del Milan arriva con il tiro cross di Suso, non lontano dai pali e la Juve, che  poco dopo la mezz’ora perde Alex Sandro, sostituito da Evra, con il passare dei minuti sembra rilassarsi. Così si finisce per concedere campo ai rossoneri che, pur non costruendo molto, iniziano a palleggiare meglio e a prendere fiducia: Suso è tra più attivi, arriva per due volte sul fondo a crossare e la seconda è decisiva, perché a centro area trova Bonaventura, la cui girata di testa supera Buffon, oggi alla sua 600° presenza in bianconero.

Il ritrovato equilibrio nel punteggio si riflette anche nel gioco di inizio ripresa e al violento diagonale di Higuain, rispondono il solito Suso, la cui conclusione è deviata in angolo da Chiellini, e soprattuto Romagnoli, che centra in pieno la traversa deviando di testa il corner successivo.

È un botta e risposta continuo: Khedira a sfiora il gol, con un destro dal limite che chiama Donnarumma a un intervento tutt’altro che semplice e dalla porta opposta Bacca, appostato sul secondo palo, per un soffio non arriva a deviare il traversone di Kucka.

Allegri vuole una Juve più incisiva e manda in campo Dybala, acclamato da tutto lo stadio, al posto di Pjanic. È un tridente atipico quello bianconero, con la Joya che parte qualche metro indietro rispetto a Mandzukic e Higuain, ma è tremendamente efficace, perché ora la Juve è stabilmente nella metà campo avversaria. Proprio il nuovo entrato prima sfiora il palo e poi impegna Donnarumma con due sinistri rasoterra, mentre Allegri esaurisce i cambi, essendo costretto a richiamare Sturaro e a inserire Lemina.

Il Milan sembra intimorito, ma quando esce dal guscio è sempre pericoloso e ci vuole il primo, vero intervento di Buffon per respingere il colpo di testa di Bacca, pescato in area da Suso. Una combinazione che si ripete anche nel recupero, senza che il colombiano riesca a indirizzare in porta.

Nei supplementari ci sono due clamorose palle gol, una per tempo e una per parte. La prima, per il Milan: Suso, sempre lui, arriva sul fondo e pesca Bonaventura, che stoppa e spara il destro. Buffon respinge, ma sui piedi di Bacca, che ha di fronte la porta spalancata. Il colombiano però non riesce a concludere di prima intenzione a anzi controlla male, permettendo a Chiellini di chiudere sulla linea e a liberare. La seconda capita sul sinistro di Dybala, dopo una percussione di Khedira e un invitante cross basso di Evra, che l’argentino però spedisce alle stelle.

E allora servono i rigori, ancora una volta qui a Doha. E sono ancora una volta fatali. Buffon respinge quello di Lapadula, ma Mandzukic spara sulla traversa e Donnarumma ipnotizza Dybala sull’ultimo tiro, mentre Pasalic non sbaglia, consegnando la Supercoppa al Milan e un amaro rientro in Italia ai bianconeri.

JUVENTUS-MILAN 4-5  dopo i calci di rigore (1-1 dts)

RETI: Chiellini 18′ pt, Bonaventura 38′ pt
SEQUENZA RIGORI: Marchisio gol, Lapadula parato, Mandzukic traversa, Bonaventura gol, Higuain gol, Kucka gol, Khedira gol, Suso gol, Dybala parato, Pasalic gol

JUVENTUS
Buffon; Lichtsteiner, Rugani, Chiellini, Alex Sandro (33′ pt Evra); Khedira, Marchisio, Sturaro (34′ st Lemina); Pjanic (22′ st Dybala); Higuain, Mandzukic
A disposizione: Neto, Audero, Benatia, Barzagli, Hernanes, Coccolo, Asamoah, Cuadrado, Dybala, Pjaca
Allenatore: Allegri

MILAN
Donnarumma; Abate (12′ pts Antonelli), Paletta, Romagnoli, De Sciglio; Kucka, Locatelli (29′ st Pasalic), Bertolacci; Suso, Bacca (12′ pts Lapadula), Bonaventura
A disposizione: Gabriel, Luiz adriano, Honda, Niang, Fernandez, Portillo, Poli, Zapaa, Sosa

Allenatore: Montella

ARBITRO: Damato
ASSISITENTI: Di Fiore, Giallatini
QUARTO UFFICIALE: Barbirati
ARBITRI D’AREA: Valeri, Russo

AMMONITI: 35′ pt Lichtsteiner, 43′ pt Romagnoli, 13′ st Kucka, 25′ st De Sciglio, 15′ sts Higuain

A CALDISSIMO / Juve-Milan 4-5: undici metri di distanza per Allegri, Lichtsteiner ed Evra

Fabio Giambò

Era il primo concreto obiettivo stagionale, e la Juve l’ha fallito, e l’ha fallito nella maniera più sanguinosa possibile: in vantaggio nei tempi regolamentari sul Milan, in vantaggio alla lotteria dei rigori, sconfitta finale con errore di un Dybala oggi insolitamente impreciso.

Sembra essere questo lo spartito scelto da Allegri: linea a quattro dietro, Lichtsteiner però da quel lato mostra più nervosismo che quantità e qualità, e ne risente un po’ tutto lo scacchiere, a maggior ragione se la partita di Alex Sandro dall’altro lato dura poco più di mezz’ora a causa del solito problema muscolare, campanello d’allarme che ora suona fastidioso. Bene Rugani e Chiellini in mezzo, seppur con qualche sbavatura dell’ex Empoli, poi centrocampo forse troppo lento con attacco stranamente offuscato da una condizione fisica forse non eccellente di Mandzukic ed Higuain.

I primi trenta minuti sono d’alta qualità, la Juve si presenta spesso dalle parti di Donnarumma, il portierino rossonero è bravo ed attento in un paio d’occasioni su tiri da fuori, ma nulla può sulla deviazione aerea di Chiellini sugli sviluppi di un corner di Pjanic. Il già citato infortunio di Alex Sandro è lo spartiacque del match: con Evra in campo Suso si ritrova a disposizione metri e metri di campo, e proprio da un cross dell’ex Genoa, con squadra troppo schiacciata dietro, Bonaventura trova il taglio giusto a sorprendere un boccheggiante Lichtsteiner. Il ritmo cala, si ha l’impressione che l’equilibrio possa essere spezzato solo da un episodio, ed è sugli errori di Bacca da un lato e Dybala (entrato per Pjanic sulla trequarti) dall’altro che resta tutto in parità. L’altro infortunio di serata, con Sturaro out a dar spazio a Lemina, toglie altra dinamicità ai bianconeri che non riescono più a dominare in mezzo. Dagli undici metri Mandzukic e Dybala perdono le misure, indolore l’errore rossonero di Lapadula, ed allora tocca a Pasalic siglare il penalty decisivo.

Una sconfitta che manda in archivio un 2016 comunque positivo per la Juventus, ma al ritorno in campo servirà tutt’altra Vecchia Signora per dare lo scossone decisivo sia in campionato (nonostante il vantaggio in classifica sulle dirette inseguitrici) che in campo europeo.

I tre grandi dubbi tattici di Juve-Milan: sostituzioni a tavolino, rinuncia all’ampiezza, Khedira e Pjanic

Dario Pergolizzi

Seconda sconfitta consecutiva ai rigori per la Juve a Doha, che porta alla ribalta diversi interrogativi sia tattici che di approccio e interpretazione della gara da parte di Mister Allegri ed i suoi ragazzi. Tralasciando la prestazione non all’altezza di alcuni singoli, chi più e chi meno ormai fuori dal progetto titolare, ecco alcune delle perplessità principali.

In primo luogo, la cervellotica scelta di rinunciare ai portatori sani di tecnica Dybala e/o Cuadrado dal primo minuto, in nome del concetto che vuole la Juve sempre e comunque in condizione di poter dare una svolta alla gara a suo favore e piacimento dopo il sessantesimo, appare quantomeno presuntuosa.
Preparare una partita prendendosi il rischio di poterne sempre prevedere l’andamento è ai limiti della sfera di cristallo, e non sembra essere ragione sufficiente per poter panchinare il 21. L’opposto di quello che per molti è stato uno dei limiti di Conte, che da parte sua intendeva le sostituzioni a gara in corso come un fallimento della lettura tecnica preventiva, non appare essere una soluzione tanto più vincente a tavolino.

In secondo luogo, la costante rinuncia all’attacco dell’ampiezza e la fatica nel mantenere un baricentro alto. Contro un Milan che ha mostrato, sia in stagione che questa sera, di soffrire terribilmente gli attacchi sulle corsie esterne a causa della scarsa verve difensiva dei propri cursori e di subire parecchio quando è costretto a difendersi per lunghi tratti nella propria area, è parso un grande spreco la totale assenza di ribaltamenti veloci sul lato debole.
La prematura uscita di Alex Sandro (fino a quel momento letterale incubo dei difensori) è una scusante solo parziale: il dinamico Sturaro pur fornendo l’ennesima prova di grande quantità e sacrificio si è ritrovato incastrato in movimenti poco compatibili con quelli di Pjanic e del brasiliano sulla catena di sinistra, rallentando in più di un’occasione la risalita della squadra e lo sviluppo di triangolazioni efficaci.

In ultimo, la scelta di affidare un buon 75% delle uscite del pallone dalla difesa al lancio lungo per le indubbie doti di Mandzukic nei duelli aerei è sicuramente studiata a tavolino, confidando nelle buone capacità d’inserimento del centrocampista sanremese, ma ha trovato scarsa efficacia di applicazione, pur causando qualche apprensione al duo centrale milanista.
Questo tipo di giocata pare essere poco consona alle qualità di un centrocampo che in 2 dei suoi 3 impiegati offensivi trova interpreti più avvezzi al palleggio che al dinamismo incursorio: un Khedira ormai apparentemente fuori condizione da mesi sembra aver smarrito anche quel tocco di genialità negli inserimenti e nella gestione degli spazi, e le consegne offensive diventano per lui sempre più un fardello che un compito.
Miralem Pjanic invece, pur confermandosi letale assist man dalla bandierina, pare soffrire particolarmente le situazioni che richiedono corsa nello spazio e pochi tocchi. Metterlo in condizione di dialogare da vicino con Dybala, sempre in posizione di trequartista, potrebbe verosimilmente rivelarsi la chiave di volta per ritrovare agevolezza nella supremazia territoriale davanti all’area avversaria.

Supercoppa: Juventus-Milan 1-1 (4-5 dcr)

Dicono che la natura sia impazzita. Può essere, ma anche il calendario del calcio non scherza. E così il primo trofeo della stagione, come nel 2014, si gioca pochi giorni prima di Natale e sempre a Doha. Le attenzioni dei media nei giorni precedenti la partita si è spostata maggiormente sul ritardo dell’aereo rossonero più che sulla gara stessa. Allegri preferisce confermare lo stesso schieramento e gli stessi undici di partenza visti con la Roma, mentre Montella rinforza muscolarmente il proprio centrocampo e nel suo 4-3-3 offre spazio dall’inizio a Kucka e Bertolacci con Bonaventura, così come contro l’Atalanta, spostato sulla linea offensiva.

L’inizio della Juventus è aggressivo. Il pressing della Juventus è fortemente orientato sull’uomo, costringe il Milan a ragionare velocemente col pallone tra i piedi e giocare in spazi compressi con una forte densità di uomini attorno alla zona della palla. Il 4-4-2 difensivo bianconero si declina velocemente in un 4-3-1-2 quando Pjanić alza la propria posizione per oscurare o marcare Locatelli.

Rispetto alle uscite post Genoa cambia il compito difensivo richiesto a Mandžukić, sempre in linea con Higuain per cercare situazioni di 2vs2 con la coppia difensiva rossonera. La pressione bianconera ha buon esito per i primi venti minuti di gioco, non permette al Milan di trovare spazi sulle corsie esterne, la squadra resta compatta, corta, accorciando il campo sia in lunghezza che in larghezza. A differenza del Milan, la Juventus invece riesce a sviluppare un gioco diretto sfruttando il movimento del proprio ariete croato e gli inserimenti di Sturaro.

Il lato sinistro della Juventus viene sovraccaricato. Abate è preso in mezzo, stringe per tamponare l’inserimento di Sturaro ma così lascia spazio a Mandžukic con Alex Sandro pronto a sovrapporsi.

Il meccanismo di pressing impostato da Montella parte da un problema: come contrastare il due contro uno tra i difensori centrali e il solo Bacca? La risposta iniziale prevede l’innalzamento su Rugani o Chiellini dell’interno di centrocampo che si trova sul lato forte, mentre l’altro interno stringe dentro il campo e Locatelli tiene d’occhio i movimenti di Pjanić.

Il gioco diretto ha rappresentato per la Juventus l’arma migliore per trovare la via della porta; Allegri, avendo individuato nei mancati ripiegamenti difensivi di Suso il punto debole nel sistema del Milan, sovraccarica il lato sinistro con il movimento ad allargarsi di Mandžukić, le progressioni di Alex Sandro e gli inserimenti di Sturaro, bravo a posizionarsi alle spalle del centrocampo rossonero per poi buttarsi nello spazio di mezzo sfruttando i varchi creati dai movimenti dell’attaccante croato. I primi venti minuti sono così un manifesto della superiorità tecnica, tattica, atletica della Juventus. E terminano col gol di Chiellini su palla inattiva.

La Juventus nei primi venti minuti si rende pericolosa grazie anche agli inserimenti senza palla di Sturaro. 

Un manifesto che viene scalfito dal Milan. L’aggressività iniziale bianconera, sia sul pallone che sugli uomini, scema col passare dei minuti e la squadra di Allegri tende a coprire maggiormente gli spazi eccedendo nella difesa posizionale, ma alcuni accorgimenti tattici da parte di Montella hanno permesso alla squadra di crescere e prendere sempre più il controllo della partita. Il primo riguarda il pressing alto per contrastare l’inizio della manovra juventina: dopo il gol, il tecnico chiede all’esterno sul lato forte di attaccare la ricezione del difensore uscendo con un particolare angolo per impedire la giocata sull’esterno con gli interni pronti ad aggredire Marchisio.

Come cambia il meccanismo di pressing alto. Il trigger è il passaggio orizzontale tra i due difensori centrali; la ricezione di Rugani viene attaccata da Bonaventura.

La seconda lettura va a toccare l’avvio della manovra: le difficoltà a sviluppare gioco vengono risolte formando una difesa a tre con De Sciglio sul centro-sinistra, Romagnoli centrale e Paletta sul centro-destra, mentre Abate sale lungo la propria corsia e Bonaventura resta più aperto sulla sinistra. La Juventus così è costretta a uscire con uno degli interni o con Pjanić lasciando scoperti i propri fianchi, e ,senza i ripiegamenti profondi di Mandžukic, consente alle ali, col contributo di interni e terzini, di attaccare in superiorità i terzini. L’atteggiamento maggiormente conservativo della Juventus ha sicuramente aiutato il Milan, ma Montella è stato abile a correggere e limare i difetti evidenziatisi nei primi venti minuti di gioco.

Il Milan gioca a 3 in fase di costruzione. Così si assicura la superiorità numerica, mentre Abate e Bonaventura garantiscono l’ampiezza.

L’infortunio di Alex Sandro, che aveva praticamente tolto dal gioco Suso e rappresentato uno sfogo non frenabile sulla sinistra, e il conseguente ingresso di Evra hanno rappresentato uno dei momenti in cui è cambiata la partita. Il gol arriva su uno dei tanti cambi di campo punendo in ampiezza la Juve: Suso viene lasciato libero di crossare, Bonaventura è bravo a tagliare verso il campo, Lichtsteiner non marca l’uomo e si fa bruciare.

Inizia una nuova partita. L’atteggiamento del Milan continua a essere maggiormente aggressivo con un pressing alto – e la soluzione degli esterni in pressione sui centrali viene abbandonata per ritornare al piano iniziale – per ostacolare, rallentare e sporcare l’avvio della manovra da parte della Juventus. La difesa bianconera è priva di grandi individualità tecniche, particolarmente negative le prestazioni dei due terzini anche sotto questo aspetto, in grado di rompere il pressing con lanci in diagonale e giocate di qualità e forza.

L’aggressività del Milan nel secondo tempo è costante e mette in risalto le difficoltà della Juventus nell’inizio della manovra. Specialmente Lichtsteiner è apparso in netta crisi. 

Non funzionano nemmeno le rotazioni a centrocampo, specialmente Pjanić non riesce mai a trovare la giusta collocazione per ricevere il pallone azionando quei meccanismi in combinazione con Marchisio per moltiplicare le linee di passaggio o semplicemente scambiarsi la posizione.

Questa è l’unica occasione in cui il centrocampista bianconero riesce ad abbassarsi per poiservire in profondità Higuain. 

La staticità dei centrocampisti, a eccezione di un dinamico Sturaro, unita alla difficoltà dei difensori agevola il compito rossonero ed evidenzia le difficoltà bianconere in fase d’attacco posizionale. Limiti che avrebbero dovuto suggerire un pressing alto per recuperare il pallone e cogliere la retroguardia milanista in campo aperto, situazione che è stata praticata non con regolarità. La pressione non è sempre poi stata poi efficientemente organizzata con gli accorciamenti sugli uomini più vicini effettuati in ritardo, consentendo così al Milan di sfruttare al meglio il campo in tutta la sua ampiezza.

Mentre il pressing della Juventus non riesce più a essere così organizzato con costanza. E il Milan può sviluppare il proprio gioco sulle corsie laterali.

La staffetta Pjanić-Dybala ha sì portato maggiore imprevedibilità negli ultimi venti metri, ma la contromossa di Montella (fuori Locatelli, Bertolacci sulle tracce dell’argentino e Pasalić interno) ha avuto l’effetto di avere un uomo aggressivo sulle ricezioni del fantasista bianconero, apparso ancora non al meglio e in difficoltà quando ha ricevuto palla spalle alla porta avversaria. La Juventus è così passata a un 4-3-1-2 fisso, concedendo ancora di più le catene laterali al Milan dove sono state sviluppate le trame di gioco più efficaci. Montella è potuto ritornare anche a una classica difesa a 4 – anche perché il pressing della Juve sui due difensori centrali era già diminuito – con gli esterni spesso liberi di portare su la palla in maniera indisturbata, con i due interni del rombo che preferivano non uscire e raddoppiare una volta arrivato il pallone sull’esterno alto.

Il 4-3-1-2 bianconero. Il Milan coi terzini può portare palla in maniera indisturbata.

La sostituzione, forzata, Sturaro-Lemina ha permesso a Suso di vivere quindici minuti in cui ha potuto letteralmente dominare la fascia destra. Gli inserimenti degli interni suggerivano ad Evra di restare stretto sul cambio di campo per poi aprirsi una volta che il pallone veniva mosso con il cambio di campo, ma la sua rapidità è notevolmente diminuita ed è stato così spesso semplicemente bruciato; i raddoppi del gabonese sono risultati poi inefficaci, molli, stupidi tatticamente dal momento in cui spesso Lemina ha concesso all’esterno di rientrare sul sinistro o questi raddoppi non sono stati portati.

Il lato debole è scoperto. Allegri ha chiesto più volte a Evra di restare largo lasciando all’interno, Lemina, il compito di assorbire il movimento del centrocampista.

Qui Lemina consente a Suso di rientrare tranquillamente sul piede forte e di crossare in maniera efficace con una parabola sul portiere difficile da leggere per la difesa.

Il primo tempo supplementare inizia con una clamorosa palla gol (doppia a essere pignoli) sviluppatisi a termine di un lungo palleggio in cui il Milan ha potuto contare sui punti di forza mostrati dopo il gol di Chiellini: la costruzione bassa coi tre difensori, l’ampiezza garantita da Abate e dalle due ali, i movimenti a inserirsi dei centrocampisti, la qualità di Suso che si libera con irrisoria facilità di Evra.

Gli accorgimenti tattici di Allegri giungono al sesto del primo overtime. Le posizioni di Lemina e Khedira vengono invertite, permettendo all’ex Marsiglia di agire nella zona di campo in cui riesce a esprimersi; l’avvio della manovra viene ostacolato con una barriera composta dal tridente pesante con Dybala chiamato a schermare la linea di passaggio verso Bertolacci; Mandžukić, per quanto stremato, aiuta Evra e Khedira tamponando la vistosa falla che s’era aperta.

Le contromosse di Allegri. In colpevole ritardo.

La Juventus così riesce a riprendere il controllo della partita, porta più uomini alle spalle del centrocampo, complice un calo atletico rossonero, ma è poca lucida negli ultimi venti metri evidenziando la difficoltà a coordinare i propri movimenti nell’attacco della porta, un controllo che ha il proprio culmine nella clamorosa occasione capitata a Dybala. Si va così ai rigori, dove Buffon e Donnarumma dimostrano il proprio valore: come succede anche nei novanta minuti, nel calcio vince chi sbaglia di meno ed è il Milan ad aver commesso meno errori. Così, come due anni fa, quindi, la Supercoppa di Natale a Doha termina ai calci di rigori e ancora una volta è la Juventus a perdere.

Diverse sono le responsabilità della Juve. Il crimine maggiore è quello di aver pensato di poter speculare sul gol del vantaggio, riducendo le partite a episodi, rinunciando o non riuscendo a esprimere la propria superiorità per più tempo. Atteggiamento che può essere accettato in una partita di campionato, ma che ha poco senso in una partita secca. La squadra di Allegri era totalmente padrona del gioco, ma ha diminuito la propria intensità. Sbagliato ridurre tutto però a una questione mentale o filosofica. Montella è stato più bravo di Allegri nel trovare i giusti adattamenti, leggendo meglio l’andamento della partita, portando quei correttivi che hanno influito sull’andamento della gara. Il tecnico livornese ha agito in ritardo per tamponare una falla vistosa, sicuramente ha voluto sperimentare in un contesto probante il tridente pesante. Non era però la situazione tattica migliore, poiché le difficoltà bianconere a costruire gioco partendo dalla difesa non sono state risolte con l’ingresso di Dybala, ma soprattutto si sono incrementate le difficoltà nel difendere l’ampiezza.

Quella di quest’anno è una squadra diversa rispetto alle versioni precedenti; le cessioni effettuate a centrocampo negli ultimi anni hanno privato la Juventus di forza fisica, tecnica, dinamismo, aggressività, quelle doti che permettono e suggeriscono di difendersi per poi riportare in contropiede. Con Pjanić e Higuain la squadra dovrebbe pressare più alto, gestire l’andamento della gara palleggiando, giocare quindi diversamente. Questo, oltre a non peccare più di un senso di superiorità e supponenza, è il grande tema che aspetta Allegri nel prossimo 2017.